E Invece il “Gioco” Non Cambia, Sempre Eccellente Blues, Rock & Soul! Thorbjorn Risager And The Black Tornado – Change My Game

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Thorbjorn Risager And The Black Tornado  – Change My Game – Ruf Records          

Nel recensire il precedente, ottimo, Songs From The Road doppio dal vivo (CD+DVD)  http://discoclub.myblog.it/2015/10/17/nuovo-dalla-danimarca-furore-thornbjorn-risager-the-black-tornado-songs-from-the-road/  di Thorbjorn Risager si era disquisito anche brevemente (perché non c’è molto da dire) sulla scena musicale in Danimarca, paese da cui proviene Risager. Il nostro amico è la classica rara eccezione che conferma la regola: un ottimo cantante, da chi scrive paragonato a Chris Farlowe e David Clayton-Thomas, anche per lo stile musicale che prevede l’impiego di un gruppo, i Black Tornado, con una sezione fiati di tre elementi, ma altri si sono spinti ancora in più in là citando Ray Charles, Bob Seger e Joe Cocker, cosa che mi sembra francamente eccessiva, già i paragoni con Farlowe e Clayton-Thomas erano lusinghieri e impegnativi, cerchiamo di non esagerare. Comunque tutte suggestioni utili per inquadrare il personaggio, cantante in ogni caso dalla voce duttile, roca e potente, ma capace anche di momenti di dolcezza nelle ballate, oltre che adeguato secondo chitarrista nei brani più vicini al blues e al rock, che sono, insieme a soul e R&B i principali stili impiegati anche in questo Change My Game, secondo album di studio pubblicato per la Ruf, dopo una decade in cui comunque aveva rilasciato una serie di buoni album in studio e dal vivo, che ne avevamo rafforzato la reputazione in giro per l’Europa, e anche oltre oceano.

Per il nuovo album Risager e la sua band hanno deciso di prodursi in proprio, per cercare il tipo di sound migliore per mettere in evidenza i pregi della band: otto elementi, Thornbjorn incluso, oltre ai tre fiati, un altro chitarrista, un tastierista e una sezione ritmica, tutti rigorosamente danesi, in grado di maneggiare tempi e modalità diversi con grande classe, anche se ogni tanto, a mio parere, si cade in una pop music un filo commerciale, ma giusto un poco, come nella canzone iniziale, I Used To Love You, una lenta soul ballad notturna, che utilizza un suono pop leggermente “sintetico”, adatto forse per le radio, ma non per la grinta dei Black Tornado, anche se la voce potente di Risager e la chitarra di Peter Skjerning sono adeguate alla bisogna. Ma è un attimo, Dreamland è un poderoso R&R a tutto riff, con le due chitarre che si rispondono dai canali dallo stereo, un organo gagliardo e la sezione ritmica in piena spinta, con i fiati che punteggiano il tutto, sul tutto la voce poderosa del leader che  si conferma cantante di vaglia; non male anche la funky title track, sempre con rimandi alla musica nera anni ’70, blue-eyed soul fiatistico semplice ma efficace, senza dimenticare una Holler’n’Moan, che grazie ad un dobro malandrino si spinge fino alle rive del Mississippi per un Delta Blues molto intenso, dove risalta ancora una volta la voce di Risager, e anche l’intermezzo di una tromba stile New Orleans è molto pertinente. Hard Time ricorda addirittura il suono rock West Coast anni ’70, con una slide penetrante e armonie vocali femminili insinuanti, butto lì, tipo Eagles seconda fase.

Long Gone è un’altra canzone di stampo soul dove prevale una atmosfera sonora malinconica e notturna, molto intensa, anche se il suono ha di nuovo quelle derive “moderne” che non mi convincono appieno, ma è un dettaglio personale e non inficiano la qualità. Viceversa Hold My Lover Tight è un altro pezzo rock a tutto volume, sparato in faccia dell’ascoltatore con libidine e grinta da vendere, chitarre e organo che si contendono il proscenio con i fiati, mentre il nostro canta a voce spiegata e le chitarre ruggiscono di brutto. E anche la successiva Maybe It’s Alright mantiene questo taglio rock classico, con la band al completo che pompa energicamente, sembra quasi la J.Geils Band del periodo fine anni ’70 – anni ’80, con un bel call and response finale tra Risager e una voce femminile non precisata. Si torna al blues primo amore con una Train incalzante che viaggia sulle note di una chitarra acustica slide e di un piano, prima che entri anche il resto del gruppo, per un finale ricco di vigore. Nel finale arriva Lay My Burden Down, preceduta dal rumore di un vinile su cui scende una puntina, una ballata cupa, quasi funerea, mitteleuropea, con Thorbjorn Risager che sfoggia una tonalità tra il crooner e Leonard Cohen, prima di congedarci con un altro “viaggio” tra blues e rock a tempo di boogie-blues grazie alla sincopata City Of Love, dove chitarre, organo e fiati ancora una volta offrono soluzioni di qualità. Saranno pure danesi ma sono veramente bravi e non hanno nulla da invidiare a formazioni americane ben più titolate.

Bruno Conti