Fargo, Eccoli Ancora! Di Nuovo In Concerto E Special Edition Di A Small World In Black And White

fargo locandina concerto 31 marzo

Clienti abituali del Blog, “amici” e bravi musicisti, parlo sempre con piacere dei Fargo: in effetti dovrei dire Psychic Twins, perché, come vi avevo anticipato qualche mese fa, sono sempre loro, Massimo “Grey Wolf” Monti, autore dei testi ed eminenza grigia della band, e Fabrizio Fargo Friggione, che canta, suona la chitarra, cura la parte musicale delle canzoni e la produzione dei dischi, ora con una  nuova ragione sociale ma sempre con le vecchie passioni per la buona musica. Springsteen, Beatles, Petty, il rock americano e quello inglese, una buona melodia blue-eyed soul li trovate sempre nella loro musica e anche nelle nuove cinque canzoni che sono state aggiunte alla “Special Edition” di A Small World In Black And White.

Fargo A Small World Special Edition

Già, la nuova edizione, ma qual è quella giusta? Così a occhio direi quella a sinistra. Se volete verificare di persona (ed eventualmente acquistare il CD, se, come il sottoscritto, siete ancora amanti dei vecchi dischi fisici, per quanto digitali e non del download) martedì prossimo, 31 marzo, nella loro solita venue, la Salumeria della Musica, potrete vedere in azione la versione Mark II del gruppo, quella che si esibisce abitualmente dal vivo. Se volete ulteriori informazioni sul gruppo, con un gioco di link, andate a vedere l’ultimo Post sui Fargo, e poi, a ritroso, trovate anche tutti quelli precedenti, all’interno dell’articolo http://discoclub.myblog.it/2014/12/01/tempo-cambiamenti-i-psychic-twins-diventano-fargo-sempre-disco-vecchio-concerto-nuovo-alla-salumeria-della-musica-milano-il-2-dicembre/, con le recensioni dei due dischi.

Questo che vedete qui sopra è il video per Wonderland, una delle canzoni più belle del disco, comunque spendiamo anche qualche parola per le cinque canzoni aggiunte nella special edition (come mi ero permesso di suggerire) e che ai primi ascolti mi sembrano avere un mood più tranquillo e riflessivo, per quanto sempre ricche di belle melodie e spunti interessanti. Fabrizio ha una bella voce, profonda ed espressiva, come ho detto altre volte, e questo spirito riflessivo si affianca benissimo a quello del rocker più scatenato che si evidenzia nei concerti dal vivo, dove comunque non manca l’amore per la melodia, esemplificato dagli amati Beatles.

Good Man ha un afflato quasi springsteeniano, una bella ballata mid-tempo avvolgente, con chitarre acustiche, elettriche e tastiere che si intrecciano alla perfezione, una solista minimale che si insinua dolcemente tra le pieghe della canzone fino a caratterizzarne il suono. It Always Comes Down potremmo definirla una sorta di “the blues according to Fabrizio”, un country-blues con tanto di armonica suonata dal nostro amico Fab e un’aria pigra e rilassata che comunque ben si accorda allo spirito scanzonato della canzone, non sempre il blues è dedicato alla sofferenza, ma può avere anche risvolti positivi come quelli evidenziati in questo brano. Anche Time Has Changed è una ballata, chitarre acustiche accarezzate, una ritmica appena accennata, belle armonie vocali e un piano molto discreto, con quei piccoli tocchi di chitarra elettrica, che sono tipici degli arrangiamenti del gruppo, raffinati e mai banali. Walking On Thin Ice è sempre lenta, ma con un suono più elettrico, con le ambientazioni sonore che rimangono più sospese, per quanto sempre pronte alle consuete  aperture alla melodia e con le chitarre pungenti e ben presenti, mentre la conclusiva Sky To Shine è un acquerello acustico, una folk ballad con spirito da cantautore, che illustra il lato più intimista di Fabrizio Friggione, ben servito, come di consueto, dal testo saggio ma al tempo stesso sognante di Massimo, a conferma che i due “gemelli psichici”. anche se hanno cambiato nome, sono pur sempre sulla stessa lunghezza d’onda.

Bruno Conti

Come Avrebbe Detto Paul: The Continuing Story Of Fab And Max! Psychic Twins – A Small World In Black And White

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Psychic Twins – A Small World In Black And White – Greywolf Records Inc.

In leggero ritardo sulle premesse (e sulle promesse) ecco il secondo album dei Psychic Twins, “promettente” band milanese di rock in tutte le sue declinazioni e clienti abituali del Blog. Prima di addentrarci nei dettagli e nei contenuti spiego ai due o tre(mila) che non  l’avranno capito il titolo del post: si tratta ovviamente di un doppio omaggio ai Beatles, Fab che sta anche per Fabrizio e la prima parte da una dotta citazione dal White Album (The Continuing Story Of Bungalow Bill, ricordate?). Eh sì, perché la storia continua, dopo Crossings, pubblicato circa un annetto e mezzo fa (anche meno, visto che ha avuto “varie uscite” in epoche diverse) e di cui avete letto più volte in queste pagine virtuali http://discoclub.myblog.it/2013/06/19/quello-bravo-e-in-mezzo-nella-foto-ma-anche-gli-altri-non-so/, e l’EP a tiratura limitata “for friends and relatives only” Madd’n’Lucky, che peraltro conteneva quattro brani ora apparsi anche in A Small World…, una serie di concerti preparativi e celebrativi per la nuova uscita con la cosiddetta versione Mark II, touring band degli Psychic Twins, ovvero, citiamoli, perché lo meritano e sono bravi, garantisco, li ho visti dal vivo più volte: Fab(rizio) Friggione, voce e chitarra, Nik Taccori, alla batteria e percussioni, Cesare Nolli, al basso, Chris Lavoro, alla chitarra, Ermanno Fabbri alla chitarra, Davide Dave Rossi, alle tastiere e  Debora Cesti, voce, più Jack Jaselli, alla voce e Michele Castellana al basso, nonché ingegnere del suono e factotum alla produzione, con Fabrizio, del nuovo album.

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Dal vivo, come appena detto, sono molto bravi e grintosi e le cover che eseguono sono anche esplicative delle influenze che si agitano nella loro musica: due pezzi dei Beatles, Day Tripper Oh Darling https://www.youtube.com/watch?v=fZSJ7p-mx3o , a conferma di una passione smisurata per i Fab Four, soprattutto da parte di Fabrizio, ma anche due brani di Tom Petty, Mary Jane’s Last Dance e You Wreck Me, una Call Me The Breeze, scritta da JJ Cale, ma ostinamente riportata nella versione di John Mayer (Fabrizio, la versione più famosa è quella dei Lynyrd Skynyrd!) e naturalmente il Boss, ritratto con loro sulla copertina del primo album, con una Dancing In The Dark  decisamente ad alta densità chitarristica https://www.youtube.com/watch?v=8lH1xTGQwRY . E poi ci sono le loro canzoni, quelle firmate Fabrizio Friggione, musica e Massimo Monti, testi, e anche eminenza grigia (credo come la volpe dell’etichetta discografica) alle spalle di tutta l’operazione, in qualità di produttore esecutivo. E poi naturalmente le canzoni del nuovo album, con tutte le fonti di ispirazione citate, ma anche molta farina del sacco di chi le ha scritte, e dei musicisti che hanno suonato nell’album, fanno sì che il CD sia assolutamente e decisamente godibile, in quel suo situarsi all’incrocio (At The Crossroads) tra rock e pop, con alcune stradine di campagna che convergono in quella principale. Un capolavoro? Ovviamente sì! Scherzo, ma degno di confrontarsi con molta produzione che arriva dai due lati dell’oceano, questo si può dire, senza timori di piaggeria o paraculaggine. Ascoltatelo e mi darete ragione, si trova sulle varie piattaforme digitali, ma non ancora, a parte ai loro concerti, nel formato fisico. Insomma è un classico caso del disco che c’è ma non si trova.

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Veniamo alle undici canzoni contenute nel disco, eseguite dalla recording band, Mark I, che coincide in alcuni elementi con quella dei concerti, ma si avvale anche di altri validi musicisti. Direi, senza ricorrere ad auliche visioni o alla ricerca di reconditi significati, che siamo dalle parti del classico “It’s only rock’n’roll but we like it!”, né più, né meno. Il brano di apertura Even If You Don’t Care è un perfetto esempio di quanto appena detto: melodia solare, ritmo sostenuto, chitarre spiegate, la bella voce di Fabrizio Friggione in primo piano, tutta la band in tiro, con il basso di Paolo Legramandi e la batteria di Nik Taccori a disegnare precisi disegni ritmici, l’organo di Rossi che aggiunge le giuste coloriture al sound, impreziosito dai precisi interventi della solista di Fabrizio, che è un ottimo chitarrrista elettrico anche se dal vivo se limita a suonare solo una acustica di supporto. In The Desert Of My Brain con l’aggiunta di una pimpante tromba, courtesy of Daniele Moretto, ha una atmosfera tra il tex-mex e il gitano spagnoleggiante, una variazione sul classico tema tra rock e melodia dei soliti Psychic Twins.

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Deliziosa Brothers And Sisters, introdotta da un delicato arpeggio dell’acustica, seguito dal preciso lavoro di raccordo della solista, dal sound alla Booker T dell’organo di Davide Rossi che si produce anche in un assolo che profuma di soul; non mancano una “fischiettata” di Fabrizio e la seconda voce insinuante e sexy di, per dirla alla De Gregori, Debora “Belli Capelli” Cesti, o “Sister Black Hair”, se preferite gli America, per la fluente capigliatura nera, che si miscela perfettamente con quella di Fabrizio, mentre del basso rotondo di Castellana si evidenzia anche lo scorrere delle mani sul manico dello strumento (privilegi dell’ingegnere del suono). Il soul, se preferite il “blue-eyed soul”, quello seventies di matrice bianca, è protagonista di Small World, tromba e sax si aggiungono, pure un bel piano elettrico, il dancing bass di Legramandi e un assolo di chitarra stereo a cura di Max Elli, “lavoratissima” e spezzata nei due canali dello stereo; a completare lo spettro sonoro, Jack Jaselli canta la seconda parte del brano, aggiungendo poi le sue armonie vocali a quelle della Cesti e di Friggione per il resto della canzone. Tonight And Forever è la più springsteeniana del lotto, introdotta dal classico oh-oh-oh che la rende subito immediata e coinvolgente, ha un ritornello che ti fa venire di cantarla a squarciagola, come nelle migliori canzoni del boss, chitarre tintinnanti, pianini insinuanti, coretti molto piacevoli, per un brano che potrebbe essere un singolo potenziale se le radio trasmettessero ancora della buona musica, ci accontentiamo del video, diretto dal marito della figlia di Massimo Monti, così rimane tutto in famiglia e si risparmia (forse) https://www.youtube.com/watch?v=RSv8SU9Xkxw

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End Of September ha un taglio più riflessivo, una slide sullo sfondo, un paio di brevi interventi di chitarra acustica, sono i tratti distintivi di un brano che ci lascia apprezzare ancora una volta la voce evocativa di Mr. Friggione. Un tappeto di percussioni introduce No Man’s Land – ero già pronto all’ingresso di Keith Richards e Charlie Watts ma non arrivano – in effetti ricorda molto l’intro di Sympathy For The Devilma poi il brano rimane un acquerello prettamente acustico, con qualche reminiscenza brasilianeggiante nelle armonie vocali della Cesti e i “soliti” tocchi di colore aggiunti dalle tastiere. Wonderland è l’altro pezzo forte rock della raccolta, un bel brano in crescendo, parte piano, ma poi entrano man mano un mare di chitarre, suonate dallo stesso Fabri e da Max Elli , il ritmo si fa incalzante, rallenta e riparte in una mini jam strumentale, molto bella, che lo conclude. At The Crossroads è il terzo brano che era già presente nell’EP, anche questo dal sound molto americano, maturo, che non sfigurerebbe con molta produzione internazionale, ricco e curato negli arrangiamenti, il tocco del wah-wah è quel piccolo segno di genialità che separa una buona canzone da una normale, non male il finale con il vibrato della chitarra che si sovrappone al wah-wah e sfocia in un bel assolo di Gian Marco De Feo, brano ricco mi ci ficco. Sometimes You Do It Right è il brano che Massimo Monti ha dedicato alla figlia, penso Maddy per gli amici, una dolce ballata mid-termpo anche questa già presente nell’EP, ma che non per questo si apprezza meno, musicalmente mi pare di cogliere elementi da entrambi i lati dell’oceano, le melodie dei Beatles e il rock di Springsteen, Petty e chi volete voi. A concludere il tutto Burn Like Fire, una sorta di moderna ninna nanna in solitaria, pochi tocchi di chitarra e tastiere e la voce di Fabrizio Fargo Friggione sovrincisa varie volte per creare un suggestivo effetto.

Forse l’ho detto anche altre volte, ma, come è noto, repetita iuvant, non sembra neanche un CD prodotto in Italia, ed è inteso ovviamente come un complimento, un altro lampante caso di “italiani per caso”, un bel disco di rock (e pop), su cui potreste fare un pensierino.

Bruno Conti

Vecchi Credenti E Nuovi Emergenti! Cory Chisel & The Wandering Sons – Old Believers

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Cory Chisel & The Wandering Sons – Old Believers – ReadyMade Records 2012

Si era già fatto notare anche nell’album della Preservation Hall Jazz Band Preservation,, nel quale si esibiva insieme a molti altri ospiti, in quanto la sua formazione gospel ben si sposava con l’intero progetto. A distanza di un paio d’anni (anche tre) dall’eccellente Death Won’t Send A Letter , ottimamente recensito sul suolo americano, ma ignorato dalle nostre parti (a parte il titolare di questo blog. *NDB Era un Post con altri artisti piccoli-gioiellini-dagli-states-langhorne-slim-maldives-e-co.html), Cory Chisel si ripresenta con questo Old Believers, prodotto dal suo amico Brendan Benson. Il gruppo dei The Wandering Sons, nativi di Appleton nel Wisconsin, ha esordito con Again From The Beginning (2004) dal suono folk-rock, seguito da alcuni EP di buona fattura come Darken Your Door (2005), Little Bird (2006), Cabin Ghost (2008), e il già menzionato Death Won’t Send A Letter (2009) che ha portato Cory ad essere nominato artista dell’anno 2010 nel nativo Wisconsin.

Registrato, tanto per cambiare, in quel di Nashville, oltre alla voce femminile di Adriel Denae Harris (vero cognome Harris ma ultimamente preferisce farsi chiamare Denae, per la precisione) anche alle tastiere, si avvale della presenza di ben due Cardinals. ex “pards” di Ryan Adams, Jon Graboff alla pedal steel e chitarre e Brad Pemberton alla batteria e percussioni, oltre a Ian Craft al banjo e violino, Brady Surface al basso, Mark Watrous alle chitarre acustiche ed elettriche, oltre alla presenza rilevante  di Brendan Benson (Raconteurs), che ha curato la produzione. L’intro è affidato alla dolce Adriel con This Is How It Goes, mentre I’ve Been Accused e Old Love sono brani che richiamano sonorità anni ’70, e a seguire una “dylaniana” Never Meant To Love You con al controcanto la Denae, per poi cambiare con Please Tell Me che inizia come una love song elettrica ( ancora molto anni settanta), ma poi si apre con un arrangiamento geniale.

Laura ha un intro pianistico ed un incedere maestoso, una composizione lenta, soffice, molto melodiosa, sempre con il piano al centro dell’attenzione, splendidamente cantata da Cory, seguita da un’altra ballata Foxgloves, tra folk e pop, che cresce nel finale, quando un coro si unisce alla voce  del leader. Un arpeggio di chitarra introduce She Don’t Mind , tenue, dolce, molto raccolta,  sembra uscita dalla penna gentile di Ron Sexsmith, mentre si cambia registro con Times Won’t Change con una base folk-rock che viene ampliata dal violino di Ian Craft che invita a ballare. Si riparte alla grande con Seventeen cantata e scritta a quattro mani con Adriel, una ballata tipica della scuola “soul” anni sessanta, e chiudono il CD, tra i più belli di quest’anno, Over Jordan una brano venato di blues, e la struggente e profondamente malinconica Wood Drake, una splendida ballata elettroacustica, con la batteria che detta il ritmo, mentre l’hammond scivola in sottofondo.

Cory Chisel & The Wandering Sons con questo Old Believers ci regalano una dozzina di canzoni di buona levatura, suonate alla grande, dalla scrittura solida e sicura, con i “cromosomi” del classico rock americano, figlio di gente come Petty, Springsteen e Ryan Adams, un lavoro che cresce ascolto dopo ascolto e che, brano dopo brano, conquista per la sua varietà e la profondità dei brani medesimi. Non lasciate che questo lavoro passi inosservato, sarebbe un delitto per un artista che può rappresentare il futuro della musica “americana”, e per il sottoscritto un disco da centellinare come un cognac d’annata.

Tino Montanari 

*NDB. Questo è proprio bravo!

Dall’America Via Europa Due Ottime Voci! Parsons & Thibaud – Transcontinental Voices

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 Parsons Thibaud – Transcontinental Voices – Blue Rose Records 2011

Joseph Parsons songwriter di Filadelfia e Todd Thibaud originario di Boston (ed ex leader dei Courage Brothers), da tempo attivi sul mercato tedesco e dopo varie collaborazioni in tour, hanno deciso di sfornare questo lavoro a quattro mani (il loro secondo in coppia), per circa quaranta minuti di buona musica. I nostri “compagni di merende” si sono divisi equamente i dieci brani del dischetto, e il suono è un crocevia tra rock e radici, con influenze country e folk, ed è godibile dalla prima all’ultima nota, e non fa che confermare il loro percorso artistico, sviluppato negli anni. Accompagnano Joseph & Todd validi musicisti tra i quali Matt Muir alla batteria e percussioni, e Pete Donnelly al basso e organo, due che fanno sentire il loro peso, e si amalgamano brillantemente al “sound” impastato di chitarre acustiche e elettriche.

Thibaud, bella voce, è anche compositore prolifico ed interessante, come dimostra l’iniziale Hands of Love, seguita da una ballata cantata da Parsons The Natural Way lenta e profonda. L’alternanza nella firma dei brani continua con una deliziosa Broken Sparrow, eseguita da Todd in stile pettyano
mentre Gaze ricorda il mai dimenticato Roy Orbison. So Unkind è un brano cantato a due voci, con un ritornello che si memorizza facilmente, mentre la successiva Drowning di derivazione dylaniana, mette in risalto la voce di Joseph. I’m Right Here è senza alcun dubbio il brano migliore del lotto, una ballata di ampio respiro, cantata dai due “pards” in modo intenso e poetico. Si riparte con Float con una bella armonica (lo stesso Todd) in evidenza, mentre All That I Can Do è leggera e innocua. Chiude il CD un’altra ballata di spessore Loaded Guns di Parsons, che dimostra di essere un ottimo cantautore “intimista”, che sussurra alla vita attraverso le sue canzoni in forma emozionale.

Per concludere un dischetto fresco e sorprendente, con sonorità tipicamente americane, un lavoro ben suonato, dove tra ballate che profumano di California e un suono basato su forme “roots”,  Parsons & Thibaud, anche se non sono diventati Bruce Springsteen, John Mellencamp o Tom Petty, si sono ritagliati una onesta carriera, allietata da un seguito di culto in Europa e in particolare in Germania.

Tino Montanari

Disco Misterioso? Roy Orbison – The Last Concert

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Roy Orbison – The Last Concert – December 4 1988 – Eagle/Edel

Mistero perché, si chiederà l’attento lettore?

Intanto per le misteriose vie della discografia, perché esce nel 22° anniversario dalla sua scomparsa? Mah!

Negli Stati Uniti era peraltro uscito lo scorso anno e solo per il dowload era disponibile dal 2008 ma di non facile reperibilità: tre uscite, tre incassi, foto di copertina leggermente diverse in ogni edizione e i fans comprano e scuciono.

Anche mettersi d’accordo su luogo dove si è tenuto il concerto? Il Cd dice Cincinnati, altri dicono Akron, Ohio, altri ancora, pare chi c’era afferma che la località fosse Highland Heights, Ohio in un teatro, non oso chiedere il nome per non avere altre sette versioni.

Il concerto è sicuramente di importanza storica in quanto Roy Orbison sarebbe morto solo due giorni dopo all’età di 52 anni. Quindi quelli che ne magnificano la voce (e hanno ragione) ma poi dicono “perfino nei suoi ultimi giorni”, dicono delle fregnacce visto che non era certo un anziano (Paul McCartney, Brian Wilson e perfino Mick Jagger per non parlare di Pinetop Perkins, 97 anni, cosa dovrebbero dire?).

Altro particolare negativo è il tipo di mixaggio, fatto da un rimbambito (soprattutto nei primi brani), con la voce delle coriste in primo piano che spesso copre quella di Orbison, la batteria e le tastiere invadenti. Capisco che questa registrazione non era destinata, probabilmente, ad essere pubblicata, ma si poteva fare meglio con la tecnologia disponibile.

Se dei suoi contemporanei Presley, Cash, Lewis e Perkins si è detto che erano il Million Dollar Quartet, lui, che pure incideva per la Sun records i suoi 250.000 dollari forse non li valeva? Certo che sì!

Una delle più straordinarie voci della storia del Rock’N’Roll, in possesso di una estensione di quattro ottave, ideale per le sue ballate strappalacrime ma in grado anche di cantare pezzi scatenati come pochi altri.

Ai tempi della sua morte stava vivendo una seconda giovinezza, dopo anni di tragedie, prima con i Traveling Wilburys (Dylan, Petty, Harrison e Lynne) e poi con l’album Mistery Girl che conteneva pezzi scritti in collaborazione con U2, Costello e Jeff Lynne che l’aveva fatto conoscere anche alle nuove generazioni.

Ma tutto era (ri)cominciato con quello straordinario concerto e DVD (e CD) chiamato A Black and White Night, dove alcuni dei massimi luminari della musica rock gli rendono omaggio con grande deferenza e partecipazione: ripresi appunto in bianco e nero, ci sono Jackson Browne, T-Bone Burnett, Elvis Costello, Kd Lang, Bonnie Raitt, Jd Souther, Bruce Springsteen, Tom Waits e Jennifer Warnes, disposti a suonare anche il campanello di casa pur di partecipare alla serata.

E questo, nel formato che preferite: CD, Dvd, Bluray, Vhs è il concerto da avere. Se volete una raccolta, la doppia Essential Roy Orbison della Bmg/sony potrebbe andare bene. Oppure se siete più “ricchi”, anche di spirito, il Box Quadruplo The Soul Of Rock and Roll della Legacy Sony con 107 brani non dovrebbe mancare in una discoteca che si rispetti. Questi 3 sono i dischi da 5 stellette, poi ci sono una miriade di altri a partire a ritroso da quelli citati.

E questo? Nella seconda parte, misteriosamente, la qualità sonora migliora nettamente e Roy Orbison sconfigge anche le invadenti coriste in una micidiale versione di Crying, con alcuni acuti incredibili che ne certificano la straordinaria potenza vocale. Ma anche le versioni di Ooby Dooby, il suo primo successo, un R&R reso con una grinta da giovinetto e il gruppo finalmente al suo servizio che gira a mille con chitarrista e pianista che si guadagnano lo stipendio ma anche il batterista. In precedenza in Mean Woman Blues dove il chitarrista rilascia un notevole assolo, sale e scende con la voce dal falsetto al suo famoso marchio di fabbrica, quel minaccioso “Rrrrrrrrrrrrr” che scatena le folle.

A proposito di folle, secondo me anche gli applausi sono fasulli, presi da un altro concerto ed aggiunti ad arte, suonano “strani”, da grande spazio e non da teatro, magari sbaglio. Blue Bayou sarebbe un grande brano, ma le coriste e il pianista, qui alle prese con una tastiera elettronica fanno del loro meglio per rovinarlo, come fanno nell’uno-due iniziale di Only The Lonely, Leah, dove sono veramente insopportabili anche per i problemi tecnici di cui sopra. Non male Candyman, con un’armonica pimpante suonata dallo stesso Orbison e molto buona la  conclusiva Oh, Pretty Woman dove il leggendario Rrrrrrrrrr si scatena di nuovo in tutta la sua potenza.

Ma la seconda parte è comunque tutta all’altezza dellìa sua fama: Go, Go, Go (Down The Line) è ancora dello scatenato Rock and Roll, It’s Over è un’altra della sua melodrammatiche ballate (che tanto hanno influenzato lo Springsteen degli esordi), anche se quella tastiera sarebbe da eliminare in una esplosione termonucleare insieme alla coriste, ma che voce ragazzi!

Ottime anche la breve Working The man e la deliziosa Lana. Secondo chi c’era inspiegabile l’assenza di Running Scared che chiudeva il concerto. Solo per fans e ammiratori (che è più o meno la stessa cosa). Allora diciamo, soprattutto per collezionisti instancabili.

Bruno Conti