70 Anni E Non Sentirli: Un Grande! Garland Jeffreys – Truth Serum

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Garland Jeffreys – Truth Serum – Luna Park Records

Questa estate, all’incirca alla metà di luglio, ho avuto il grande piacere di assistere ad un concerto di Garland Jeffreys, in quel di Pavia, nella piazza principale della città (lo so, non ve ne ho parlato, ma lo faccio ora, incidentalmente, in coincidenza con l’uscita del nuovo album, Truth Serum). Un ottimo concerto: Garland si era esibito anche pochi giorni prima al Buscadero Day, ma nella data di Pavia il tempo a suo disposizione era decisamente superiore e quindi anche la possibilità di sviscerare il suo “magico” repertorio. Garland Jeffreys, come dico nel titolo, ha da poco superato i 70 anni, ma non lo sa, non se ne rende conto, non lo hanno avvisato, un insieme di tutti questi fattori e quindi un suo concerto è un piccolo evento: non ha perso l’abitudine di saltare giù dal palco (diciamo scendere), aggirarsi tra il pubblico con fare birichino, incitarli a cantare, creare alcune gags, anche involontarie.

In quella serata, ad un certo punto, si vede del movimento sul palco, e una signora comincia ad inveire (gentilmente) verso i musicisti della band di Jeffreys, in italiano naturalmente, e questi, non capendo cosa dice questa signora, e pensando ad una pazza, sembrano anche spaventati (in effetti, probabilmente, era un abitante della piazza che si lamentava per il volume della musica, ma erano passate da poco le dieci di sera!), Garland, memore dei suoi trascorsi italiani a Firenze, ai tempi dell’Università, prende in mano la situazione e accompagna, con tatto ma con fermezza, la distinta signora giù del palco, rivolgendosi poi al pubblico e dicendo che in tanti anni di carriera non gli era mai successo nulla del genere e che l’invaditrice ( termine non comune, ma al femminile fa così, non comune anche l’accaduto, peraltro) avrebbe potuto essere sua madre, forse dimenticando, e molti del pubblico non lo sapevano, che anche lui la sua bella settantina di anni ormai l’aveva raggiunta e quindi la “tipa” avrebbe dovuto averne più di 90, di anni, e francamente non mi sembrava. Poi ha ripreso il suo spettacolo, sciorinando con gran classe Wild In The Streets, Matador, R.o.c.k., Mistery Kids, Spanish Town, pezzi del penultimo album King Of In Between, bellissimo (vecchie-glorie-7-garland-jeffreys-the-king-on-in-between.html), cover di Dylan e del suo grande amico Lou Reed e tanti altri brani stupendi.

Nel corso del concerto annuncia ed esegue anche qualche anteprima del nuovo album Truth Serum, in uscita per l’autunno. Ottobre è arrivato e anche l’album, prodotto da Larry Campbell, con lo stesso Campbell e Duke Levine alle chitarre, Steve Jordan alla batteria, Brian Mitchell alle tastiere e Zev Katz al basso. E sapete una cosa, è un gran bel disco, ancora una volta Garland Jeffreys si conferma uno dei migliori autori e cantanti, quindi cantautore, della scena musicale americana, dai tempi dell’esordio nel lontano 1973 con un album omonimo, fiancheggiato dall’ottimo singolo Wild In The Streets e poi nelle decadi successive, la sua discografia, uscita con parsimonia, soprattutto negli ultimi anni passati a crescere la figlia Savannah, raramente ha avuto scadimenti di qualità, anche se le prove migliori, insieme all’eponimo album citato, potrebbero essere Ghost Writer, Escape Artist e l’eccellente live Rock’n’Roll Adult, ma come si fa a dimenticare American Boy & Girl e Guts For Love, quindi tutti in pratica, comunque al link della recensione di The King Of In Between trovate altre informazioni. Bruce Springsteen e David Letterman lo vogliono sui loro palcoscenici e lui non si fa certo pregare, ha detto che ha intenzione di calcare le scene almeno fino ad 80 anni e quindi gli servono nuove canzoni e quelle di Truth Serum sono ottime. Prima di parlarne, per inciso, vi ricordo anche che, a Garland Jeffreys insieme a Robyn Hitchock e al cantante cinese Cui Jian è stato assegnato il Premio Tenco 2013: secondo voi l’ineffabile “Vince Breadcrump” detto anche il Mollicone nazionale di chi avrà parlato nella sua rubrica sul TG1? Si, è proprio quello che state pensando, la Cina è vicina.

Ma veniamo alle canzoni del nuovo album del cantautore di Brooklyn: si apre con la bluesata, à la Jeffreys, title-track Truth Serum, con la slide di Levine a duettare con la solista di Campbell e Brian Mitchell all’armonica, grande partenza. Any Rain è un medium tempo rocker, nella migliore tradizione del suo repertorio, scritta per l’album precedente e conclusa nelle sessions del nuovo disco, grande lavoro ancora di Brian Mitchell, questa volta all’organo, ottimo come sempre Steve Jordan alla batteria e i due solisti pennellano con le loro chitarre, tutta la band nell’insieme è perfetta e la voce di Garland è pimpante come sempre. It’s What I Am è una bellissima ballatona acustica che ricorda il Van Morrison più ispirato o anche il Dylan di Blonde on Blonde, tra folk e soul, una vera delizia aggiunta il lavoro del pianoforte. Dragons To Slay è un “reggae-one” di quelli esagerati, chi legge queste pagine sa che non amo il genere, ma come mi pare di avere detto altre volte faccio una eccezione per Jeffreys, la Armatrading e Joe Jackson, ma non si sappia in giro (Bob Marley aveva detto ai tempi che Garland Jeffreys era il miglior cantante americano di reggae)! Is This The Real World, se non sapessimo chi l’ha scritta, potrebbe essere una canzone, e pure di quelle belle, del songbook del nostro amico Bruce, e non aggiungo altro, anzi…ma no, va bene così! Se fosse un vecchio LP, fine della prima facciata.

La seconda parte inizia con Ship Of Fools, un bel brano di impianto elettroacustico, chitarre elettriche ed acustiche si intrecciano con una fisarmonica suonata da Mitchell, il jolly dei strumentisti presenti nel CD, altra canzone che delizia i nostri padiglioni auricolari. Collide The Generations, scritto con la 17enne figlia Savannah in mente, destinata anche lei ad una carriera artistica, è il pezzo più rock di questa raccolta, con una chitarra tra lo psichedelico e l’hendrixiano nell’abbrivio del brano ed uno svolgimento nello stile del suo amico Lou Reed, gran ritmo e grinta come ai vecchi tempi. Far far away è uno di quei tipici brani in crescendo del repertorio di Jeffreys, parte lenta, con gli strumenti che entrano uno ad uno e poi diventa inarrestabile nelle ondate di melodia che si riversano sull’attonito e felice ascoltatore, ma allora si ancora buona musica in questo mondo? Ebbene sì! Colorblind Love è un funky blues dai ritmi spezzati e in levare, con il drumming agile ed inventivo di Jordan che fa da sfondo alle evoluzioni dei grandi musicisti che suonano in questo disco, con Garland Jeffreys che si lancia brevemente anche nel suo celebre falsetto. E per il finale, un po’ in tono minore, ma è l’unica, di questo Truth Serum, devo dire, ci si sposta ancora su tempi vagamente reggae, ma il ritmo lo detta il banjo(?!?) dell’ospite James Maddock, e Revolution Of The Mind, nonostante il titolo, non resterà negli annali delle migliori canzoni di Garland Jeffreys. Molte altre presenti nel disco però si’, e quindi a buon intenditore poche parole, anzi una: acquistare! Così, brutalmente.

Bruno Conti