Un Sensazionale Cofanetto Per Uno Dei Tour Più Famosi (e Belli) Di Sempre. Bob Dylan – Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings

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Bob Dylan – Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings – Columbia/Sony 14CD Box Set

In questi giorni, per l’esattezza dal 12 Giugno in poi (e solo l’11 in poche sale cinematografiche mondiali, in Italia la città scelta è Bologna) uscirà sulla piattaforma Netflix l’attesissimo documentario curato da Martin Scorsese Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story, che come suggerisce il titolo narra le vicende del famoso tour del 1975 di Bob Dylan con la Rolling Thunder Revue, con immagini di repertorio, sia inedite che riprese dal noto film Renaldo And Clara, diverse performances dal vivo e le testimonianze odierne dei protagonisti di allora, Dylan incluso (spero in una prossima pubblicazione su DVD e BluRay, dato che non ho intenzione di abbonarmi a Netflix solo per vedere un singolo evento). La storia della RTR è abbastanza nota: nel 1975 Dylan era a livelli di popolarità simili a quelli del biennio 1965-66, dopo la trionfale tournée dell’anno prima con The Band, lo splendido album Blood on The Tracks e la pubblicazione del doppio LP The Basement Tapes. Bob non aveva dato seguito a Blood On The Tracks con un tour, ma verso fine anno gli venne appunto l’idea della Rolling Thunder Revue, che si rivelò essere un magnifico carrozzone di musicisti di varia estrazione che girò l’America esibendosi sia in arene già usate per concerti rock che in posti meno canonici, a volte perfino senza alcun battage pubblicitario.

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Una sorta di “anti-tour” quindi, ma che vide il nostro autore di alcune tra le migliori performance della sua carriera, coadiuvato da una super band che vedeva al suo interno chitarristi come T-Bone Burnett, Mick Ronson e Steven Soles, il polistrumentista David Mansfield, la bravissima violinista Scarlet Rivera (scoperta da Dylan stesso mentre suonava per strada) e la sezione ritmica di Rob Stoner al basso e Howie Wyeth alla batteria. Come ciliegina, giravano con Bob artisti del calibro di Joan Baez (che tornava quindi on stage con Dylan dopo dieci anni), Roger McGuinn, Ramblin’ Jack Elliott, Joni Mitchell, Bob Neuwirth, Allen Ginsberg e Ronee Blakley, che avevano tutti, chi più chi meno, dei momenti da solista durante gli spettacoli (Bob aveva invitato ad unirsi al tour anche Patti Smith e Bruce Springsteen, che però declinarono cordialmente in quanto avevano tutti e due una carriera in rampa di lancio).

Il tour ebbe due fasi, intramezzate dalla pubblicazione nel Gennaio del 1976 dell’album Desire (registrato con il nucleo della RTR, senza gli ospiti ma con Emmylou Harris alla seconda voce): l’autunno del 1975 e la primavera del 1976, che vedeva una versione più canonica e meno pittoresca del gruppo, e con meno super ospiti (questa seconda incarnazione è quella immortalata nel live album Hard Rain). Il tour divenne leggendario quindi per le serate del 1975, grazie anche alla forte campagna per la liberazione del pugile Rubin “Hurricane” Carter (incarcerato per triplice omicidio, ma innocente per gran parte dell’opinione pubblica), campagna della quale Dylan fu uno dei principali promotori, e non solo per il popolare singolo Hurricane. Finora questa prima parte del tour, a parte il già citato film Renaldo And Clara (comunque fallimentare) era stata documentata soltanto dal quinto episodio delle Bootleg Series dylaniane (che ora viene ristampato per la prima volta su triplo vinile), un doppio CD bellissimo che però adesso viene reso completamente inutile da questo monumentale cofanetto intitolato Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings, un’opera di immenso valore artistico che è anche in un certo senso il compendio audio del film di Scorsese.

Il box, 14 CD più un libretto di 56 pagine, non ha la pretesa di documentare l’intera tournée (com’era successo per l’altro box dylaniano “a cubo” con i concerti del 1966), ma inserisce “solo” le cinque serate migliori e meglio registrate (solo la parte di Bob, non quella in cui si esibiscono gli ospiti), ma con l’aggiunta di ben tre dischetti di prove di studio mai sentite prima neanche nei bootleg, ed un CD di rarità assortite. Il Bootleg Series del 2002 è presente nella sua interezza, e così anche le quattro canzoni del raro EP 4 Songs From Renaldo And Clara, uscito nel 1978, ma il resto è inedito, ed è di qualità manco a dirlo eccezionale. Certo, non mancano le ripetizioni (le scalette dei concerti erano piuttosto rigide), non è stata inclusa la famosa “Night Of The Hurricane” al Madison Square Garden, ma direi che non ci possiamo lamentare ed anzi dobbiamo godere di queste performances, che scivolano via talmente bene che il box si ascolta relativamente in poco tempo. Last but not least, nei dischetti delle prove sono presenti alcuni inediti dylaniani assoluti (anche se alcuni appena accennati), che non verranno mai più ripresi da Bob in seguito. Ma vediamo in dettaglio il contenuto dei 14 CD.

CD 1: S.I.R. Rehersals, New York Ottobre 1975. Registrato in mono come i CD numero 2, 3 e 14 (mentre i concerti sono in stereo) questo dischetto comprende diverse takes incomplete, tra cui una versione improvvisata del traditional Rake And Ramblin’ Boy, una rara I Want You (nel senso che non appariva nelle scalette dei concerti, ed è un peccato perché prometteva bene), una countryeggiante She Belongs To Me cantata con un’insolita voce carezzevole e l’inedita Hollywood Angel, un discreto pezzo di matrice blues. Tra i brani completi abbiamo la gioiosa Rita May, un breve accenno al gospel What Will You Do When Jesus Comes? (altro inedito dylaniano), una struggente Spanish Is The Loving Tongue (doveva proprio piacere a Bob, in quegli anni la ficcava ovunque) ed una ripresa del classico di Peter LaFarge The Ballad Of Ira HayesCD 2. Come il primo, anche questo CD si occupa delle prove ai S.I.R. Studios della Big Apple: come chicche abbiamo due strepitose She Belongs To Me e A Hard Rain’s A-Gonna Fall entrambe in versione blues, un medley fantastico tra This Wheel’s On Fire, Hurricane e All Along The Watchtower e due rarità come Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts (eseguita una sola volta durante il tour) e It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding). Ci sono altre due canzoni inedite scritte da Bob, la discreta ballata pianistica Gwenevere e la toccante Patty’s Gone To Laredo (molto bella, peccato sia poi sparita dai radar), senza dimenticare una splendida If You See Her, Say Hello in perfetto stile DesireCD 3: Seacrest Motel Rehersals, Falmouth, MA. Uno dei dischetti più belli del box, solo otto canzoni ma suonate con una professionalità tale che sembrano tratte da un concerto, con gemme come la stupenda Tears Of Rage (con Joan Baez), il traditional Easy And Slow, deliziosa e commovente, tra gli highlights assoluti del cofanetto, e la rara (in questo tour) Ballad Of A Thin Man.

CD 4-5: Worcester 19/11/75. Bellissimo concerto, che inizia con una bella versione, piena e rotonda, di When I Paint My Masterpiece, per poi proseguire con una scattante It Ain’t Me, Babe  ed una ispiratissima The Lonesome Death Of Hattie Carroll, davvero magnifica. Detto di sei lucide e vibranti proposte dall’imminente Desire (Romance In Durango, Isis, Hurricane, Oh Sister, One More Cup Of Coffee e Sara) e di un’eccellente Tangled Up In Blue con Bob da solo sul palco, troviamo anche un delizioso intermezzo elettroacustico con Dylan e la Baez che armonizzano come ai bei tempi con Blowin’ In The Wind, Mama, You Been On My Mind (in puro stile country-rock) ed il traditional Wild Mountain Thyme, e Joan che resta sul palco anche per una bella cover del classico di Merle Travis Dark As A Dungeon ed una fluida I Shall Be Released. Gran finale con Just Like A Woman, Knockin’ On Heaven’s Door (in cui Bob duetta con McGuinn) ed una rilettura quasi bluegrass dell’evergreen di Woody Guthrie This Land Is Your Land, dove anche la Baez, McGuinn, Elliott, Neuwirth e la Mitchell cantano una strofa. CD 6-7: Cambridge 20/11/75. Scaletta pressoché identica a quella dei due dischetti precedenti, con la sola eccezione di Tangled Up In Blue sostituita da una toccante Simple Twist Of Fate, cantata con passione e sentimento. Dylan è in formissima e molti brani sono anche meglio che a Worcester, come per esempio When I Paint My Masterpiece, Romance In Durango, Blowin’ In The Wind e Hurricane.

CD 8-9: Boston 21/11/75, Afternoon Show. Qualche cambiamento in scaletta, come una trascinante A Hard Rain’s A-Gonna Fall dal ritmo sostenuto ed arrangiamento rock-blues, una strepitosa Mr. Tambourine Man acustica (una delle più belle mai sentite) e, nella parte con la Baez, Blowin’ In The Wind e Wild Mountain Thyme sostituite rispettivamente da una splendida The Times They Are A-Changin’ e dalla squisita I Dreamed I Saw St. Augustine, mentre Dark As A Dungeon cede il posto ad una rilettura di Never Let Me Go di Johnny AceCD 10-11: Boston 21/11/75, Evening Show. Una delle migliori serate di tutto il tour, con il ritorno della scaletta “istituzionale”, compresa anche la vivace It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry al posto di Hard Rain. Non mancano comunque un paio di chicche, cioè un’intensa interpretazione del brano tradizionale The Water Is Wide (con Joan) ed una rara riproposizione di I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met) per voce, chitarra e armonica. CD 12-13: Montreal 04/12/75. Altro concerto strepitoso e scaletta più ricca del solito, 23 canzoni contro le consuete 19/20: abbiamo in aggiunta una fluida Tonight I’ll Be Staying Here With You ed un uno-due acustico da favola con le stupende It’s All Over Now, Baby Blue e Love Minus Zero/No Limit. In più, la migliore It Ain’t Me, Babe di tutte ed altrettante grandissime versioni di Hattie Carroll, Hard Rain, Just Like A Woman, una Sara di rara intensità ed una Blowin’ In The Wind con il ritornello cantato in francese.

CD14: Rarities. L’ultimo dischetto contiene una serie di brani suonati una sola volta durante il tour, o performances comunque particolari, ed inizia con una vera gemma, una toccante One Too Many Mornings a due voci (Bob e Joan), e con Eric Andersen alla chitarra, registrata al Gerde’s Folk City di New York, locale storico del Village in cui si esibì anche un giovane Dylan nel 1961. Si prosegue con una strana Simple Twist Of Fate per sola voce, piano ed una batteria insistita (versione bizzarra, ho sentito di meglio) e con una bella Isis che il violino della Rivera rende più simile a quella finita poi su Desire. Ed ecco un po’ di rarità assortite, una serie di canzoni che vedono Bob esibirsi in acustico e registrate amatorialmente, con una qualità da discreto bootleg anche se le performance sono comunque di grande valore artistico ed i titoli parlano da soli: With God On Our Side, It’s Alright Ma, The Ballad Of Ira Hayes, Your Cheatin’ Heart di Hank Williams (questa registrata un po’ meglio, ma sembra più un rehearsal che un brano live), The Tracks Of My Tears di Smokey Robinson ed una bella rilettura del traditional Jesse James. Chiusura con una tostissima It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry, incisa a New York durante il concerto “Night Of The Hurricane” e con Robbie Robertson alla chitarra solista. Un cofanetto imperdibile quindi, con un prezzo tutto sommato giusto per il contenuto (circa 70 Euro): alla fine dell’ascolto sarete talmente soddisfatti che 14 CD vi potranno sembrare anche pochi.

Marco Verdi

Finalmente E’ Arrivato Anche Il Suo Momento! E Che Disco! Bob Weir – Blue Mountain

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Bob Weir – Blue Mountain – Columbia Legacy/Sony CD

Era una vita che Bob Weir, 69 anni tra pochi giorni, non faceva un disco da solista: dopo la scomparsa nel 1995 di Jerry Garcia, Bob si è caricato sulle spalle la responsabilità di portare avanti l’eredità dei Grateful Dead, con le ristampe, i dischi dal vivo, come leader dei The Other Ones prima e dei The Dead dopo e, nell’ultimo periodo, è stato il promotore della tournée di addio dello scorso anno e del concerto tributo a Jerry (che uscirà tra un paio di settimane), oltre a girare ancora gli States con i Dead & Company. Il suo ultimo album di studio risaliva a ben sedici anni fa (Evening Moods, pubblicato con i Ratdog), ma se ci limitiamo ai dischi accreditati a lui da solo, senza quindi le sue varie bands come Kingfish e Bobby & The Midnites, dobbiamo andare indietro fino addirittura al 1978, allorquando usci il non eccelso Heaven Help The Fool. Per questo, ma non solo per questo, Bob non è mai stato considerato per quanto avrebbe meritato, in quanto è sempre stato visto un po’ nell’ombra di Garcia, obiettivamente più dotato di lui come compositore e chitarrista (ma come cantante non so), quasi come se fosse un miracolato: eppure, a ben vedere, di belle canzoni dentro e fuori dai Dead ne ha scritte molte anche lui, ed alcune sono diventati comunque dei classici (qualche titolo sparso: Sugar Magnolia, Cassidy, Jack Straw, Playing In The Band, Estimated Prophet, One More Saturday Night, Feel Like A Stranger). Ma un grande disco non lo aveva mai fatto, con la sola possibile eccezione di Ace del 1972: ma se quell’album era infarcito dalla prima all’ultima nota di puro Dead-sound (anzi, il gruppo era proprio usato come backing band, Garcia compreso), questo nuovo Blue Mountain è diverso da qualsiasi cosa mai fatta prima da Weir.

Infatti le dodici canzoni del CD, scritte tutte da Bob con l’aiuto del noto musicista Josh Ritter (che sostituisce il suo abituale partner John Barlow) hanno sì elementi rock, ma un rock classico, americano, con decisi elementi western e persino qualcosa di country e folk; Weir predilige le ballate, che vengono suonate con arrangiamenti ariosi, profondi, a volte quasi crepuscolari: suoni che fanno venire in mente spazi aperti, praterie infinite sferzate dal vento, paesaggi al tramonto. Weir (che appare invecchiatissimo sulla copertina, ma secondo me se si tagliasse barba e baffi qualche anno se lo toglierebbe) si accompagna solo alla chitarra acustica, mentre il resto è nelle sapienti mani, tra i tanti musicisti presenti, di Josh Kaufman, che suona alla grande il pianoforte e produce anche il disco, Sam Cohen alle chitarre, Joe Russo e Ray Rizzo alla batteria, oltre ai due leader dei National, Aaron e Bryce Dessner, che in atmosfere come in quelle di questo disco ci sguazzano, presenti in parecchi brani. Indicativa del sound del disco la canzone d’apertura, Only A River, una ballata dal tono epico (pare che Bob avesse iniziato a scriverla più di 50 anni fa!), strumentata con misura e caratterizzata dal timbro profondo del nostro (in ottima forma vocale), un brano quasi rarefatto ma di grande fascino, che nel ritornello ripropone il testo e la melodia della mitica Shenandoah: splendido l’uso del piano da parte di Kaufman ed il crescendo progressivo. Già da questo pezzo si capisce che i Dead sono lontani anni luce. Cottonwood Lullaby è splendida, una western song moderna, profonda, notturna, con un suggestivo coro tra una strofa e l’altra ed ancora la voce di Bob, vera sorpresa del disco, al centro di tutto: canzone perfetta per un cowboy movie girato oggi, ma in bianco e nero; Gonesville è più spedita, una godibilissima miscela tra country, western e rockabilly, con Weir che nel cantato, parole sue, si è ispirato ad Elvis: incredibile che sia lo stesso Bob Weir che suonava con il Morto Riconoscente.

Lay My Lily Down è leggermente più elettrica e roccata, tendente al blues, con un mood annerito ed un’anima quasi southern, mentre Gallop On The Run, ancora lenta e rarefatta, rimanda alle atmosfere tipiche di Daniel Lanois, con una melodia che va dritta al cuore e la voce di Bob senza la minima sbavatura. Anche Whatever Happened To Rose è lenta e riflessiva, con un altro splendido coro alle spalle ed una melodia di stampo quasi tradizionale: è possibile che la frequentazione da parte di Weir dei National abbia avuto qualche influenza su di lui, qui c’è molto delle atmosfere dei fratelli Dessner. Ghost Towns è più elettrica e cadenzata, e possiede un’andatura proprio da musica per film western: Bob canta con sicurezza un motivo fluido, che sfocia in un affascinante ritornello corale. Darkest Hour è ancora splendida, una turgida ballata dalla melodia quasi country, poco strumentata (ma che bel pianoforte), ma eseguita con un feeling incredibile; bellissima anche la folkeggiante Ki-Yi Bossie, seppur eseguita dal solo Bob con la sua chitarra, ma con la partecipazione straordinaria del leggendario Ramblin’ Jack Elliott e di un coro alle backing vocals (e yodel): alla fine vi troverete senza accorgervene a canticchiare il ritornello assieme a Bob. La maestosa Storm Country ha tracce di psichedelia, ma non nel senso dei Dead, ma piuttosto somiglia al genere molto Laurel Canyon di uno come Jonathan Wilson, con quelle sonorità sospese e circolari; il CD si chiude con la title track, ancora con Bob in perfetta solitudine, e con l’intensa One More River To Cross (si finisce come si è iniziato, con una canzone che parla di un fiume), nella quale il nostro trova un’altra melodia vincente, l’ennesima di un disco che definire sorprendente è riduttivo.

E’ finalmente giunto il momento che il mondo si accorga di Bob Weir: anche se non siete mai stati dei fans dei Grateful Dead, Blue Mountain è un disco da tenere in forte considerazione. Perfetto per le prossime serate autunnali, da alternare magari con l’ultimo Van Morrison ed il prossimo Leonard Cohen.

Marco Verdi

Forse Il Più “Grande” Dei Beautiful Losers ! Guthrie Thomas – The Band Played On

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Guthrie Thomas – The Band Played On – Self-released Moon And Back Records

Per chi non lo conoscesse, il Dr. Guthrie Thomas (ebbene sì, ha anche una laurea in farmacia) nativo di Wichita Falls, Texas, era molto popolare (anche dalle nostre parti) intorno alla metà degli anni settanta e fino ai primi ottanta, tra i “cultori” della musica di qualità, con un cantautorato a cavallo tra folk e country, con innesti rock, che richiamava i suoi maestri dichiarati, John Prine, John Stewart e Gordon Lightfoot. Le sue prime incisioni (ormai introvabili) sono state Guthrie Thomas I (75) e Lies And Alibis (76) https://www.youtube.com/watch?v=IyYti_kvziM , seguiti da altri lavori (a cadenza più o meno annuale) tra cui vi segnalo Like No Other, Street Kid, La Belle Poisoneuse, e Dear Ginny in coppia con Ramblin’ Jack Elliott. Negli anni ’90 alcuni suoi dischi vengono pubblicati dalla Taxim Records, che meritoriamente ristampa “perle” come Buffalo e This One’s For Sara, dischi nuovi come The Writer (90), Through The Years (92) e lo splendido Midnight Train (96), distribuito anche in Italia dalla IRD, disco che conteneva un “trittico” da brividi, You Can’t Buy No Love Song, Lucky In Love e Tonight I’ve Got Loving On My Mind https://www.youtube.com/watch?v=ZRFEVEBSbww . La terza fase (quella più recente) lo vede vendere i suoi CD attraverso il proprio sito http://www.guthriethomas.com/ , titoli come Old Horses e Way Back When (raccolte di materiale vario, dove spicca la meravigliosa Sweet Virginia tratta dal secondo album per la Capitol Lies And Alibis https://www.youtube.com/watch?v=35PvE_AUfIs ), ma anche nuove canzoni inedite che vengono distribuite in Medicine Men, Mirror Images e Django, prima di arrivare a questo nuovo The Band Played On http://discoclub.myblog.it/2011/08/30/rieccolo-finalmente-non-uno-non-due-non-tre-ma-ben-qua/ .

Guthrie Thomas è un virtuoso della chitarra acustica, nonché maestro del “fingerpicking” (come Bruce Cockburn,  per citare un suo pari), e lo dimostra in queste undici canzoni tristi e amare, a partire dal brano iniziale, Passing Sorrow, asciutto e lancinante, seguito da una polverosa I Ain’t Goin’ Nowhere con echi di west-coast, dal folk-rock di Stand By You, e da una splendida serenata come la title track The Band Played On, mentre The Tower è un brano di grande forza interpretativa, elegante e seducente. Un violino lancinante introduce Full Moon Rising, un country-folk con rilevanti suoni di frontiera, inframmezzato da un intermezzo strumentale delicato come Only One, che fa da preludio all’imperiosa And Then There Were None, cantata con la sua tipica voce accorata, a cui fa seguito ancora una attraente ballata “texana” come The Bird With Wings, un altro brano strumentale Two Thousand Fifteen, dove viene evidenziata ancora una volta la bravura di Guthrie con la sua “Taylor acustica” https://www.youtube.com/watch?v=DvioL3xMpvk&spfreload=10 , andando poi a chiudere, sorprendentemente, con il ritmo “bluesy” di una tirata e coinvolgente No One But You, a confermare che siamo di fronte ad un artista poliedrico, capace di esprimersi in molteplici linguaggi musicali.

Guthrie Thomas, per chi scrive, è un “songwriter” eccezionale, eccentrico e sensibile (categoria da collocare, com’è noto, fra quelle meno sponsorizzate), un signore che ha attraversato ben quattro decenni di carriera, con un “palmares” di ben 49 album (tra vinili e CD), e 5 film, forse il più “noto” il documentario Questa terra, è la mia terra, sulla vita di Woody Guthrie, dove appaiono musicisti del calibro di Willie Nelson, Waylon Jennings, John Stewart, Gordon Lightfoot, Ramblin’ Jack Elliott, Arlo Guthrie, e ovviamente Bob Dylan. Questa nuova raccolta The Band Played On conferma ancora una volta le sue note qualità di narratore in musica e la sua sensibilità artistica, e in fondo non importa se i suoi dischi sono di difficile reperibilità, per il sottoscritto l’importante è che continui a farci sognare, emozionare e a volte piangere con le sue canzoni.

Tino Montanari    

NDT conclusiva. Se mi sono “infatuato” di questo cantautore, devo ringraziare il compianto “promoter” Carlo Carlini https://www.youtube.com/watch?v=p2FOdAsb3WU , e il titolare di questo “Blog”, che me lo hanno fatto conoscere ed apprezzare.

Una Sorta Di Testamento (Musicale E Virtuale) Di Un Songwriter – Tom Ovans – Last Day On Earth

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Tom Ovans – Last Day On Earth – Floating World Records – 2 CD

Ho seguito la musica di Tom Ovans fin dagli inizi, a partire dall’acclamato Industrial Days (91) fino ad arrivare al recente Get On Board (09), e la stessa ha sostenuto nel tempo una brillante carriera artistica, pur con il fardello (comune a tanti altri) di essere indicato come “il nuovo Dylan”. Bostoniano d’origine, Tom ora vive ed opera a Nashville, dopo un lungo peregrinare per molte città degli States, da una costa all’altra, ed una lunga permanenza a New York, sempre proponendo un proprio stile di folk-rock, vissuto, duro e asciutto, in grado di lasciare sempre il segno nei suoi lavori passati, attuali e, si spera, futuri.

tom ovans lou ann bardash

Last Day On Earth è composto da 2 CD, il primo contiene 18 brani in chiave più elettrica, il secondo 16 tracce sciorinate in versione prettamente acustica, tutte uscite dalla penna di Tom e suonate con chitarre elettriche, acustiche e slide, mandolino, armonica e voce, un lavoro registrato nel cuore del Texas e prodotto dalla bella moglie Lou Ann Bardash. Non potendoli menzionare tutti come al solito (per motivi di brevità) brano per brano, dal primo dischetto mi piace segnalare l’iniziale Roll On in puro stile Ramblin’ Jack Elliott, la grintosa Poor Boy Blues, la dolce e malinconica Where Streetlights Glow e pure Never Show, con l’armonica in evidenza, la martellante title-track Last Day On Earth e la meravigliosa ballata Sleeping With The Boss che mi ricorda il migliore Tom Pacheco. La storia del blues viene rivisitata in avvio di secondo disco con Ramblin’ Jack, con gli accordi più intimi di A Drink And A Car https://www.youtube.com/watch?v=2PYNSbHZ-EY  e Oh Mama (Gonna Get Around), passando per l’armonica lancinante di Beautiful Lady, la gemma acustica di Going Down This Road, il suadente mandolino di If I Told You, una On The Gold Coast dai rarefatti accordi elettrici, spaziando con la mente in viaggi come Unbound e Streets Of Rome, e nella perfezione dell’amore della conclusiva Darlin’.

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Tom Ovans voce rauca con cadenza sofferta (come l’ultimo Dylan), è ormai da più di venti anni sulla scena, con molte miglia sulle spalle, proponendo la sua musica fatta di un folk misto a rock di classe, con reminiscenze blues, rivisitato sia in chiave elettrica che acustica, proseguendo imperterrito sulla sua strada, e queste canzoni sono una sorta di testamento virtuale, cantate con onestà artistica, caratterizzate dalla solita voce nasale e particolare, dylaniana direi, aiutato solamente da un’armonica, e dal semplice accompagnamento di chitarre, batteria e poco altro.

Se non conoscete il personaggio recuperate perlomeno i suoi primi 3 album, sono piccole gemme di primaria qualità https://www.youtube.com/watch?v=y9ZZsnNLEo0 , se invece siete dei “fans” di Ovans sapete già cosa fare, non c’è nulla di fuori posto in queste 34 canzoni, in quanto le zampate da grande songwriter ci sono sempre, basta solo avere voglia di trovarle ancora una volta.

Tino Montanari

Songwriter, Poeta, Attore e … Contadino – Tim Grimm – The Turning Point

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Tim Grimm – The Turning Point – Cavalier Music/Ird

E’ un tipo eclettico Tim Grimm: ha recitato al cinema con artisti del calibro di Harrison Ford, Russell Crowe, Al Pacino e Robert De Niro, in teatro ha lavorato con il poeta e intellettuale attivista Wendell Berry e, nell’ambito musicale, in carriera ha raccolto riconoscimenti e inciso album diventati piccoli classici della “roots-music” americana http://www.youtube.com/watch?v=5m_bY8hXJDM . Tim viene dall’Indiana, terra di contadini dalle tradizioni radicate e di John Mellencamp (di cui spesso esegue in concerto alcuni suoi pezzi famosi), propone una musica a cavallo tra le sonorità tipiche di Woody Guthrie e John Prine, e un suo disco The Back Fields è stato votato come il migliore album di “americana” nel 2006, oltre a tanti altri premi e riconoscimenti, per un artista che ha visto tutti i suoi ultimi lavori raggiungere la vetta delle classifiche di musica folk e roots (da segnalare Holding Up The World (2008) e il tributo a Tom Paxton Thank You Tom Paxton(2011).

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Tutte le canzoni di The Turning Point (alcune scritte con la moglie Jan Lucas), vedono la partecipazione di Jason Wilber (chitarrista di John Prine e titolare di alcuni interessanti lavori solisti), con il valido apporto della band “newgrass” The Underhills, dove eccellono Diederick Van Wassener e Jordana Greenberg al violino, Rebecca Ree-Lunn al banjo, il figlio Connor Grimm al pianoforte, e restando in famiglia l’armonica di Jan Lucas, con il delizioso contorno di Harpeth Lecter, Cindy Kallett e Beth Lodge-Rigal alle armonie vocali. Molto particolare anche la confezione del CD, che vedete qui sotto!

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Tim cammina sulla sottile linea tra il folk e country fin dall’iniziale The Lake, e sarete rapiti dalla melodia della seconda traccia Family History, dove il violino ricama note struggenti per poi passare alla evocativa folk song King Of The Folksingers dedicata al suo amico Ramblin’ Jack Elliott di cui si raccontano le epiche gesta http://www.youtube.com/watch?v=hN4mq6naDnQ . Si riparte con la narrazione di Rovin’ Gambler ,tra chitarra e armonica, seguita dalla title track The Turning Point, una ballata d’atmosfera con un violino che ricorda la Scarlet Rivera “dylaniana”, come la delicata Anne In Amsterdam (ricordo della visita alla casa museo di Anna Frank) http://www.youtube.com/watch?v=1-UCotSzraY . The Canyon e Indiana riportano alla mente le strade polverose e i paesaggi raccontati da Jack Kerouac, con il banjo e il violino ad accompagnare la voce narrante dell’autore, mentre con la melodica I Don’t Mind si viaggia dalle parti dello Springsteen di Nebraska. Chiudono un lavoro importante la tenue recitativa The Tree e il bluegrass di Blame It On The Dog, degna conclusione di un disco di folk “rurale”.

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Tim Grimm (per chi scrive) è uno dei musicisti e folksinger più interessanti della scena “indie” del Midwest, uno “storyteller” di razza dotato di una voce calda e avvolgente, con una visione umile e nello stesso tempo ambiziosa della sua musica, sempre coerente nello sviluppo di un suono con strumenti tradizionali, come banjo, armonica, chitarra e violino. Dopo parecchi anni passati a Los Angeles (nel periodo artistico), da qualche anno Tim con moglie e figlio è ritornato (come Cincinnato) nella sua fattoria  di 80 acri nell’Indiana, affiancando l’attività agricola a quella musicale, e il risultato è questo The Turning Point forse l’espressione più fedele e autentica di un personaggio, che sicuramente non cambierà il corso della musica, ma sono artisti come lui che all’interno di un ideale abbraccio accomunano i vari Townes Van Zandt, Guthrie Thomas e naturalmente il Dylan più poetico.

Tino Montanari

Novità Di Settembre Parte IIc. Roy Harper, Laura Cantrell, Sarah Jarosz, Alan Jackson, Bill Callahan, Live At Caffè Lena

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Avevo promesso una terza ed ultima parte sulle uscite discografiche del mese di settembre (ottobre ormai è alle porte) ed eccola qua, tra una recensione, una anticipazione a lunga gittata e news varie, questa volta parliamo di titoli proprio da “carbonari”, outsiders se preferite, alcuni di gran classe, e per qualcuno di questi dischi, insieme ad altri, già in lavorazione, non escludo dei Post ad hoc.

Ma partiamo con uno dei “grandi vecchi” della musica inglese, che sta vivendo una seconda, terza giovinezza, parlo di Roy Harper che con questo Man & Myth ha pubblicato un disco che non ha nulla da invidiare ai capolavori della sua lontana giovinezza, quando nei suoi dischi suonava gente come gli amici Jimmy Page e David Gilmour (e lui avrebbe ricambiato cantando Have A Cigar in Wish You Were Here e ricevendo un sentito omaggio come Hats Off To Roy in Led Zeppelin III). Ed ora a 47 anni dal primo album Sophisticated Beggar e a 13 dall’ultimo di studio The Green Man, esce questo nuovo CD, registrato in studio, il 22°, più una serie infinita di dischi dal vivo, antologie, raccolte di rarità, ripubblicate quasi tutte nel corso degli anni 2000 dalla Science Friction, la sua etichetta. (Ri)scoperto  prima da Joanna Newsom, poi da una schiera infinita di musicisti americani ed inglesi che lo hanno riconosciuto come fonte di ispirazione, e, last but not least, da Jonathan Wilson, suo compagno di etichetta alla Bella Union (a proposito, il nuovo disco Fanfare, esce il 15 ottobre), che lo ha ospitato nei suoi Fivestar Studios a Echopark dove sono stati registrati 4 dei sette brani di Man and Myth (titolo perfetto). In Cloud Cuckooland c’è Pete Townshend alla chitarra solista. Sono “solo” sette canzoni, ma una dura più di 15 minuti (caratteristica anche dei vecchi album di Roy Haper, che spesso avevano brani che duravano una intera facciata dei vecchi vinili). Il disco è uscito tra le recensioni trionfali delle varie riviste musicali specializzate, album del mese su Uncut, e minimo, recensioni da 4 stellette. Magari farò una bella recensione comparativa riportando i giudizi di tutta la stampa, anche il “mio” Buscadero ha dato 4 stellette meritate!

Di Laura Cantrell avevo citato in questa rubrica il precedente album Kitty Wells Dresses, uscito nel 2011 e anche se dei quattro precedenti dischi di studio il migliore rimane il primo, Not The Tremblin’ Kind, pubblicato nel 2000 (e citato da John Peel come il suo disco preferito della decade in corso e forse in assoluto di sempre), questo No Way There From Here si avvicina molto alla qualità di quel primo lavoro, tra roots rock, un country-folk che ricorda, anche nella voce, i lavori di Nanci Griffith o, per certi versi, Laura Veirs. Insomma una brava. Solita etichetta Spit and Polish non di facilissima reperibilità, ma si trova, è uscito, come il precedente di Roy Harper, questa settimana, il 24 settembre.

Sempre martedì, per la Sugar Hill, è uscito anche il terzo album della giovanissima (22 anni) Sarah Jarosz, polistrumentista, banjo, chitarra e mandolino, bravissima cantante, potrebbe essere la nuova Alison Krauss, se l’altra non fosse viva e vegeta e sempre in azione con ottimi dischi. Il nuovo CD della Jarosz si intitola Build Me Up From Bones e vede la partecipazione di molti musicisti di pregio, a partire dal fratello maggiore della appena citata Alison, Victor Krauss, grande contrabbassista, ma ci sono anche Jerry Douglas, Dan Dugmore, Kenny Malone, Aoife O’Donovan, Kate Rusby, Darrell Scott, Chris Thile e brani tratti dal repertorio di Dylan (una ottima Simple Twist Of fate) e Joanna Newsom (The Book Of Right-on), oltre a 9 brani firmati dalla stessa Sarah che si conferma anche brava autrice. Proprio un bel dischetto, se vi piacciono i nomi citati.

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Alan Jackson, uno dei dei “re” della country music, dopo quasi 25 anni di carriera, il primo album è del 1989, approda a The Bluegrass Album, e per una volta il titolo dice tutto. Dopo i due album dedicati al country gospel, Precious memories vol.2 è uscito da pochissimo, alla fine di marzo, il nostro amico Alan, con cappello e tutto, approda dall’altro lato di Nashville e pubblica un disco di Bluegrass, ma a parte un omaggio ai classici, Bill Monroe (Blue Moon Of Kentucky), e uno agli innovatori, The Dillards (There Is A Time), il resto è quasi tutto scritto dallo stesso Jackson o comunque per l’occasione da altri autori. Non ci sono nomi notissimi, a parte il produttore Keith Stegall ma il risultato, pubblicato dalla EMI Music Nashville/Universal e in uscita sempre martedì 24, è molto buono!

Bill Callahan nel 2005 ha sciolto gli Smog e dato vita ad una carriera di cantautore che ora nel 2013 approda al 5° album solista, questo Dream River, uscito il 17 settembre per la Drag City. IL disco, suono scarno ed immediato è probabilmente il suo migliore in assoluto e tra i più validi usciti in questo scorcio di stagione. Sono otto brani per un totale di 40 minuti di musica ai quali la rvista inglese Mojo ha assegnato le fatidiche 5 stellette, gran bel disco.

Confesso che fino a qualche giorno fa ignoravo l’esistenza del Caffé Lena (proprio scritto all’italiana) a Saratoga Springs, New York. Pare che si tratti della più antica coffeehouse americana dove si fa ancora musica. Il locale di proprietà di Lena Spencer (da qui il nome) ha aperto nel lontano 1960 e ora l’etichetta Tompkins Square pubblica questa cofanetto triplo, con libro fotografico accluso a cura di Joe Alper, che raccoglie oltre 40 anni di registrazioni inedite dei vari musicisti folk (e non solo) che si sono succeduti sul piccolo palco nel corso dei lustri. E’ la lista è impressionante:

Live At Caffè Lena: Music From America’s Legendary Coffeehouse, 1967-2013 3CD

DISC ONE
01 Intro by Lena Spencer / Guy Carawan Cripple Creek 1970
02 Hedy West Shady Grove 1968
03 Intro by Lena Spencer / Sleepy John Estes Holy Spirit 1974
04 Frank Wakefield and Friends Will The Circle Be Unbroken 1971
05 Jean Ritchie West Virginia Mine Disaster 1969
06 Billy Faier Hunt The Wren 1967
07 Greenbriar Boys Hit Parade of Love 1968
08 Mike Seeger O Death 1971
09 Jacqui and Bridie Hello Friend 1974
10 Tom Paxton Morning Again 1968
11 David Amram Little Mama 1974
12 Patrick Sky Reality Is Bad Enough 1971
13 Rosalie Sorrels Travelin’ Lady 1974
14 Smoke Dawson Devil’s Dream 1968
15 Utah Phillips The Green Rolling Hills of West Virginia 1974
16 Michael Cooney Thyme It Is A Precious Thing 1974
17 Kate McGarrigle and Roma Baran Caffè Lena 1972

DISC TWO
01 Intro by Lena Spencer / Dave Van Ronk Gaslight Rag 1974
02 Jerry Jeff Walker Mr. Bojangles 1968
03 Barbara Dane Mama Yancey’s Advice / Love With a Feeling 1968
04 Roy Book Binder Ain’t Nobody Home But Me 1974
05 Intro by Lena Spencer / David Bromberg The Holdup 1972
06 Ramblin’ Jack Elliott Pretty Boy Floyd 1992
07 Arlo Guthrie City of New Orleans 2010
08 Aztec Two Step The Persecution and Restoration of Dean Moriarty 1989
09 Happy And Artie Traum Trials Of Jonathan 1974
10 Rick Danko It Makes No Difference 1988
11 Paul Geremia Something’s Gotta Be Arranged 1989
12 Robin and Linda Williams S-A-V-E-D 1987
13 John Herald Ramblin’ Jack Elliott 1991
14 Pete Seeger Somos El Barco (We Are the Boat) 1985

DISC THREE
01 Sarah Lee Guthrie and Johnny Irion Folksong 2013
02 Anais Mitchell Wedding Song 2013
03 Bill Morrissey The Last Day Of The Furlough 1990
04 Patty Larkin Island Of Time 1992
05 Greg Brown Flat Stuff 1989
06 Mary Gauthier I Drink 2013
07 Sean Rowe Old Black Dodge 2013
08 Tom Chapin Cats In The Cradle 1987
09 Intro by Lena Spencer / Christine Lavin It’s A Good Thing He Can’t Read My Mind 1987
10 Bill Staines Sweet Wyoming Home 1990
11 Bucky and John Pizzarelli I Like Jersey Best 1989
12 Rory Block That’s No Way To Get Along 1989
13 Chris Smither Killing The Blues 1989
14 Tift Merritt Traveling Alone 2013
15 John Gorka Down In The Milltown 1990
16 Lena Spencer Dear Little Cafe 1972

Anche per oggi è tutto, domani incominciano la pubblicazione, vista la lunghezza, a puntate domenicali, come nei vecchi romanzi d’appendice o nei supplementi festivi, e in netto anticipo sull’uscita prevista per il 5 novembre, di un vasto resoconto dedicato da Marco Verdi al cofanetto di Bob Dylan The Complete Albums Collection Vol. One.

Bruno Conti

100 Anni + Uno! Woody Guthrie At 100! Live At The Kennedy Center

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Woody Guthrie At 100! Live At The Kennedy Center – CD+DVD – Sony Legacy

Lo scorso anno, il 14 luglio, si festeggiavano 100 anni dalla nascita di Woody Guthrie e il 14 ottobre al Kennedy Center di Washington, DC, si è tenuto un concerto per ricordare l’Anniversario. Hanno partecipato alcuni dei nomi più importanti della musica americana (ed uno scozzese in trasferta), folk, country, blues e bluegrass, di qualità in generale. Questo è il resoconto, track-by-track, del DVD che è stato ricavato dall’avvenimento, il CD dura 77 minuti, il DVD, una ventina di di più, ma visto che vengono venduti insieme, al prezzo di poco più di uno, vale lo sforzo dell’acquisto anche per coloro che sono contrari per principio all’acquisto dei DVD musicali, in fondo qui c’è anche il CD.

1. Howdi Do — Old Crow Medicine Show Vestiti come dei sopravvissuti al periodo della depressione i primi a presentarsi sul palco sono gli Old Crow Medicine Show di Ketch Secor, il sestetto procede a dimostrare perchè sono una delle migliori string bands in circolazione, in bilico tra country e bluegrass, come nella indiavolata 2. Union Maid — Old Crow Medicine Show

3. This Is Our Country Here — Jeff Daniels Il primo intermezzo parlato da parte di uno degli ospiti della serata viene seguito da quello che viene indicato come uno degli eredi migliori di Woody Guthrie (e di Bob Dylan), 4. Ramblin’ Reckless Hobo — Joel Rafael è un bellissimo bravo, reso in modo dylaniano come pochi altri sapranno fare nel corso della serata.

5. Hard Travelin’ – Jimmy LaFave Questo signore texano, in trio, con mandolino e fisarmonica si conferma uno dei migliori cantautori del panorama americana.

6. Riding In My Car — Donovan Visto che il bardo di Duluth non era disponibile per la serata la cosa più vicina era il menestrello scozzese, Donovan Leitch si conferma ancora una volta animale da palcoscenico facendo cantare il pubblico con la sua disincantata simpatia e una canzone presa dal repertorio di Woody per bambini, incisa per la prima volta nel 1965.

7. I Ain’t Got No Home — Rosanne Cash with John Leventhal In rappresentanza della famiglia Cash, Rosanne, accompagnata dal marito John Leventhal e dalla sua bellissima voce regala una dei momenti salienti della serata con una canzone che lei stessa definisce perfetta, e quella che segue 8. Pretty Boy Floyd — Rosanne Cash with John Leventhal non è da meno, uno dei capolavori assoluti di Guthrie, con un po’ del boom chicka boom di babbo John nella chitarra di Leventhal

9. I’ve Got To Know — Sweet Honey In The Rock In rappresentanza del gospel e della città di Washington, con i loro intrecci vocali ancora integri dopo una lunghissima carriera.

10. House Of Earth — Lucinda Williams Alle prese con un inedito consegnatole da Nora Guthrie pochi mesi prima e completato per l’occasione, il brano viene eseguito dal vivo per l’occasione e per la prima volta dalla Williams, bella versione, anche se molti non amano Lucinda!

11. Pastures Of Plenty — Judy Collins Un altro dei brani folk più celebri di Woody Guthrie eseguito da una delle leggende di questa musica e da una delle voci più incredibili mai espresse dal genere ancora stupenda dopo tutti questi anni, solo piano, chitarra acustica e voce, grande versione.

12. Ease My Revolutionary Mind — Tom Morello Ovviamente il chitarrista dei Rage Against The Machine, grande amico e collaboratore di Springsteen e cantante folk, non necessariamente nell’ordine, sceglie uno dei brani più politici e di “battaglia politica” del cantante di Okemah e si presenta sul palco con una band “springsteeniana” composta da molti dei protagonisti della serata, in particolare molti Old Crow Medicine Show e Jackson Browne che tornerà più tardi, un altro dei momenti migliori della serata. 

13. Deportee — Ani DiFranco with Ry Cooder and Dan Gellert Altro grandissimo chitarrista al servizio di una delle cantautrici più valide delle ultime generazioni alle prese con un’altra canzone bellissima (ma ce ne sono di brutte) e forse la preferita in assoluto di chi scrive del repertorio di Guthrie. Il violino di Gellert e la chitarra “discreata” di Cooder aggiungono magia ad una canzone che Ani DiFranco canta benissimo, con rispetto e partecipazione, come è giusto che sua.  

14. I Hate A Song (spoken word) — Jeff Daniels Secondo ed ultimo intervento parlato da parte del noto attore americano

15. You Know The Night — Jackson Browne Un altro degli highlights della serata, Jackson è già apparso in altri tributi alla musica di Woody Guthrie e anche in questa serata conferma la sua classe, un altro brano “inedito” completato da Browne, con il grande Rob Wasserman al contrabbasso, che per ragioni televisive non appare nella versione monstre da 20 minuti che era stata pubblicata su Note Of Hope, bellissima comunque!

16. So Long, It’s Been Good To Know Yuh — Del McCoury Band with Tim O’Brien Di nuovo country e bluegrass per una delle migliori formazione nel genere, aumentata per l’occasione da Tim O’Brien nel primo brano e da Tony Trischka per lo strumentale 17. Woody’s Rag.

18. Do Re Mi — John Mellencamp C’era già 25 anni in A Vision Shared e canta di nuovo lo stesso brano, ma è uno dei più celebri e coinvolgenti del repertorio di Guthrie, chi meglio dell’ex “Coguaro” Mellencamp per eseguirlo?

19. 1913 Massacre — Ramblin’ Jack Elliott Altro pezzo da 90 sul palco per un altro dei cavalli di battaglia del repertorio di entrambi, la cui melodia venne usata da Dylan per scrivere la prima canzone da lui incisa, Song For Woody. Ramblin’ Jack Elliott gli 80 li ha passati da un pezzo e non si direbbe (o forse sì?) ma rimane un grande e merita rispetto.

20. Nora Guthrie (spoken word) Un breve saluto dalla figlia e poi tutti insieme appassionatamente sul palco per il gran finale con i due brani più celebri, tra cui il secondo inno americano.

21. This Train Is Bound For Glory — All Performers

22. This Land Is Your Land — All Performers

Bella serata, da avere!

Bruno Conti