Forse Fin Troppo Vintage, Ma Sempre Una Gran Voce Soul! James Hunter Six – Hold On!

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The James Hunter Six – Hold On! – Daptone Records

Noterete che nel titolo del Post ho detto forse, perché James Hunter,  a ben guardare, non vive di suoni del passato, ma abita in una sorta di mondo parallelo, dove Sam Cooke, Jackie Wilson, Ray Charles, Bobby “Blue” Bland, Solomon Burke e James Brown sono vivi e vegeti, e la “modernità” al limite può essere rappresentata da un giovane Van Morrison, che poi in effetti è stato il mentore e poi lo sponsor di Hunter, nell’aiutarlo a lanciare la sua carriera solista. Carriera iniziata nei lontani anni ’80 quando James, con lo pseudonimo di Howlin’ Wilf, muoveva i primi passi in questo mondo parallelo dove la musica era addirittura quella degli anni ’50, il primo R&B, il rock and roll primevo, i primissimi sommovimenti della soul music, un suono più crudo e meno rifinito rispetto a quello attuale, nel primo disco attribuito a Howlin’ Wilf & The Veejays  pubblicato nel 1986 dalla Big Beat, etichetta della Ace, alla quale Hunter aveva mandato dei demo. Il disco, Cry Wilf!, uscì all’inizio solo in vinile e la versione in CD solo dal 2006, ma è tuttora in catalogo, come pure un bellissimo DVD dal vivo Ya Ya, in circolazione dal 2007 per la Cherry Red https://www.youtube.com/watch?v=1fe03WPirlQ . Questi sono gli inizi, poi usciranno anche un EP, un disco dal vivo ed un altro album omonimo, mai ristampati in compact, prima che nel 1991 inizi la collaborazione con Van Morrison, che lo vuole con sé dal vivo, prima nel 1991 per alcune date e poi nel tour da cui verrà tratto A Night In San Francisco del 1994, e poi ancora in un paio di brani in Days Like This, dove appare con il suo vero nome di James Huntsman.

Van Morrison, che ha definito Hunter una delle migliori voci e dei segreti meglio custoditi del R&B britannico, poi renderà il favore apparendo come ospite, insieme a Doris Troy, nel disco di esordio di James Believe What I Say, dove addirittura i due duettano in Turn On Your Love Light https://www.youtube.com/watch?v=1QkMpMAteqU  Ain’t Nothin’ You Can Do. Poi, dopo un passaggio alla Ruf, Morrison gli farà avere un contratto alla Universal/Concord dove il nostro pubblicherà tre album, l’ultimo come The James Hunter Six, Minute By Minute, prodotto da Gabriel Roth, il co-fondatore della Daptone Records, che oltre ad essere di nuovo dietro alla console anche in questo Hold On!, lo pubblica pure per la propria etichetta. Anzi, per questo sesto album di James i due addirittura hanno deciso di optare per la registrazione su un vecchio nastro a 8 piste e in mono (e per quello al’inizio uso quel fin troppo, che però vuole essere assolutamente benevolo). Fin dal disco del 2006 People Gonna Talk Hunter esegue solo canzoni scritte di proprio pugno, niente cover, ma il profumo che si respira è ovviamente quello dei vecchi dischi della Brunswick (l’etichetta di Jackie Wilson), della SAR (quella di Sam Cooke), della Chess o della Stax, puro soul, ma arricchito da innesti twist, boogaloo, ska, blues, qualche tocco da crooner e tanta classe, oltre ad una voce melismatica ed espressiva come poche ce ne sono in giro nell’attuale panorama della musica, bianca o nera.

Sono dieci brani, per poco più di mezz’ora di musica, ma tutti da gustare con grande piacere, grazie anche all’eccellente band, con due fiati, un tastierista, molto bravo al piano e ottimo all’organo, e lo stesso Hunter alla chitarra: si parte sparati con il cantante di Colchester, dalla voce rauca e poderosa che. nel primo brano If That Don’t Tell You convoglia gli aspetti istrionici del grande vocalist Jackie Wilson, tra urletti e ritmi scatenati a colpi di sax e organo, per poi regalarci una splendida This Is Where We Came In , dove tra cha-cha-cha, bossa nova e soul, sembra di ascoltare un rinato Sam Cooke, con la sua voce splendida e vellutata, arricchita dai coretti dei backing vocalists, tra doo-wop e gospel, e quei whoo-whoa che erano il marchio di fabbrica del cantante di Clarksdale, delizioso anche il lavoro al piano di Andrew Kingslow; (Baby) Hold On. decisamente più mossa, è un bel soul-twist, dove sax, chitarra e ritmica ben spalleggiano il pirotecnico vocalismo del nostro amico https://www.youtube.com/watch?v=tsW1lq__vws . Something’s Calling, il primo singolo è una ballata soul, quasi da crooner https://www.youtube.com/watch?v=YCQsjLsVX8M , come amava anche Cooke, ma qui la voce è più profonda e vellutata, potrebbe ricordare Chuck Jackson,  grande cantore dell’uptempo soul newyorkese, magari meno noto ai più, ma è quello di Any Day Now I keep fogettin’ (l’ha incisa pure Bowie). A Truer Heart è un altro delizioso brano soul, con leggeri tocchi ska, sempre contrappuntato dai quei coretti che si insinuano sotto pelle e un breve break di armonica nella parte centrale, che è la ciliegina sulla torta di un dolce perfetto.

Free Your Mind (While You Still Got Time) è il momento James Brown dell’album, con la sua andatura mossa e funky, un must per gli artisti della Daptone, con James Hunter che rilascia qualche urletto tipico del Godfather of Soul e con la band che tenta anche qualche deriva à la Motown. Light Of My Life, ondeggiante e punteggiata dai fiati, è più leggera e scanzonata, arricchita da un breve assolo di organo che più vintage come sound non si può, mentre Stranded è uno di quei classici brani uptempo, con battito di mani, coretti e fiati avvolgenti, di cui Sam Cooke e  il suo discepolo Otis erano maestri, tra leggeri falsetto e piccoli urletti. Satchel Fool è uno strumentale latineggiante, con fiati sincopati, organo e la chitarra solista di Hunter a rievocare il sound fine anni ’50, con l’assolo di sax che cerca di aggiudicarsi il match con gli altri strumenti, qualcuno ha detto The Champs Tequila? Vince la bambolina! Per l’ultima canzone James Hunter ha tenuto uno dei brani migliori del disco, una In The Dark che è uno splendido mid-tempo soul che se non è degno delle migliori composizioni di Charles Brown Ray Charles poco ci manca e ci fa lasciare questo Hold On! con un sorriso compiaciuto stampato in volto.

Bruno Conti

L’Ultima Ristampa Dell’Anno: Le Origini Di Uno Dei Migliori! Them – The Complete Them 1964-1967

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Them – The Complete Them 1964-1967 – Exile/Sony Legacy 3CD

A mio modesto parere (e so che anche Bruno è d’accordo con me) Van Morrison è uno dei più grandi songwriters di sempre: personalmente è nella mia Top Three subito dopo Bob Dylan e prima di Paul Simon (dal punto di vista della pura scrittura di canzoni, poi per una serie di altri motivi preferisco gente come Bruce Springsteen, Neil Young e John Fogerty) *(NDB Come sanno i lettori del Blog aggiungerei Richard Thompson). Credo però che anche il più sfegatato dei fans debba ammettere che il buon Van abbia un carattere piuttosto difficile (eufemismo), che lo ha portato, specie negli ultimi anni, a cambiare case discografiche con la stessa frequenza con cui io mi cambio le calze. Ho quindi reagito con più diffidenza che entusiasmo quando ho letto dell’acquisizione da parte della Sony di tutto il catalogo dell’irlandese (tranne la splendida trilogia Astral Weeks, Moondance e His Band & The Street Choir, non di sua proprietà, ma che ha beneficiato di recente di ristampe potenziate, ed il parzialmente rinnegato Blowin’ Your Mind), con l’intento di pubblicarlo a blocchi con l’aggiunta di bonus tracks: infatti un’operazione simile era cominciata nel 2008 con la Universal ma, dopo alcune ristampe dove peraltro le tracce aggiunte erano pochine, il nostro aveva deciso di interrompere tutto lasciando l’opera monca.

Il tempo farà chiarezza, ma l’inizio di questa nuova operazione promette alquanto bene: infatti Van ha deciso di cominciare proprio dal principio, cioè dai Them, band da lui fondata nel 1964 a Belfast insieme a Billy Harrison, Alan Henderson, Eric Wrixon (poi rimpiazzato da Pat McAuley) e Ronnie Millings, pubblicando The Complete Them 1964-1967, un’antologia nuova di zecca che comprende i primi due LP del quintetto (The Angry Young Them e Them Again) oltre ai singoli ed EP nei primi due CD, ma soprattutto un terzo CD con ben venti brani inediti (su 24 totali), cosa inaudita per uno come Morrison così geloso dei propri archivi; se aggiungiamo che Van in persona ha scritto le esaurienti note del libretto accluso è facile capire perché questo triplo CD manda in soffitta tutte le precedenti antologie del gruppo (ed aggiungerei la rimasterizzazione quasi perfetta).

Riascoltando i brani dei primi due dischetti balza subito all’occhio (anzi, all’orecchio) come i Them fossero ben più di una semplice band di gioventù: Morrison aveva già una voce formidabile (non me ne vogliano li altri, ma il gruppo è 98% Van, lo dimostra il fatto che quando hanno provato a continuare senza di lui non se li è filati più nessuno), è le canzoni ci mostrano le influenze blues, soul ed errebi del nostro, il quale se le porterà dietro durante tutta la carriera. Tra le molte cover, abbiamo infatti canzoni di Ray Charles, Jimmy Reed, John Lee Hooker, Fats Domino, James Brown ed altri, autori da sempre indicati da Van come alcuni dei suoi ispiratori principali. Grande merito va poi riconosciuto a Bert Berns, molto più che un semplice produttore: Berns ha infatti aiutato molto Van ad approfondire certe conoscenze musicali, gli ha dato innumerevoli consigli, ed in più ha scritto per il gruppo alcune tra le loro più belle canzoni (Here Comes The Night su tutte, ma anche I Gave My Love A Diamond, Go On Home Baby, la splendida (It Won’t Hurt) Half As Much, My Little Baby) https://www.youtube.com/watch?v=TLkPlLpWh7o .

Il resto però è puro merito di Morrison e soci, un misto di rock, blues e soul di alto livello e dal suono molto americano, che in certi momenti ricorda il sound dei primi Stones (Go On Home Baby) e degli Animals (I’m Gonna Dress In Black); Van, poi, non ci ha messo molto ad imparare a comporre, se già al secondo brano autografo (dopo l’elettrica e quasi psichedelica One Two Brown Eyes https://www.youtube.com/watch?v=Y68xQfBn3kU ) ha tirato fuori l’immortale Gloria, ancora oggi suonata come bis finale in molti suoi concerti. Ma le belle canzoni si sprecano, dal rock blues di Baby Please Don’t Go (con un non accreditato Jimmy Page alla chitarra ritmica) https://www.youtube.com/watch?v=d7qNnyF3wtQ , alla meravigliosa Here Comes The Night (un brano che uno come Willy DeVille deve aver ascoltato fino alla nausea), la strepitosa Don’t Look Back (John Lee Hooker), la potente Bright Lights, Big City (Jimmy Reed), l’irresistibile rock’n’roll di (Get Your Kicks On) Route 66 (Nat King Cole). Nel secondo CD, dove Tommy Scott sostituisce Berns, assistiamo alla maturazione di Morrison come autore: sue sono infatti la bellissima Could You Would You, la splendida My Lonely Sad Eyes https://www.youtube.com/watch?v=XHPRCaXEd5M , un folk-rock solare dalla melodia sopraffina, Bad Or Good, un errebi che sfiora la perfezione, la fluida Hey Girl, nella quale si intravedono le atmosfere che renderanno sensazionale Astral Weeks https://www.youtube.com/watch?v=eyUKCB45dPU , o la grandissima Friday’s Child, ancora oggi una delle composizioni più belle dell’irlandese https://www.youtube.com/watch?v=NY3ltdG9vBQ . E’ bello confrontare anche la raffinata versione di I Put A Spell On You, sinuosa e seducente, con quella più roccata e “fisica” dei Creedence Clearwater Revival, oppure bearsi davanti all’eterea resa di una splendida It’s All Over Now, Baby Blue di Bob Dylan (Van affrontava anche autori contemporanei, c’è pure un’intrigante Richard Cory di Paul Simon).

Ma, come già detto, è il terzo CD che offre un’inattesa pioggia di inediti: non ci sono canzoni mai sentite, “solo” demo, alternate takes e versioni dal vivo di brani noti, ma per un fan è la manna dal cielo. Si parte con quattro demo: una Don’t Start Crying Now diretta ed ancora grezza, una Gloria già sulla buona strada per diventare il classico che sappiamo, una One Two Brown Eyes meno incisiva dell’originale ed una Stormy Monday Blues già notevole; poi abbiamo una versione alternata e più lenta (ma niente male) di Turn On Your Lovelight, una Baby Please Don’t Go grintosa ma non molto diversa dall’originale ed una Here Comes The Night con delle sfumature differenti che me la fanno apprezzare quasi di più. E’ quindi la volta di tre pezzi dal vivo alla BBC, Gloria e All For Myself, ottime, ed ancora Here Comes The Night, che se non si è capito mi piace assai. Altre sette versioni alternate, tra le quali spiccano (It Won’t Hurt) Half As Much e My Little Baby, che non arrivo a dire che sono meglio degli originali ma se la battono, una sontuosa How Long Baby ed una sempre bellissima One More Time https://www.youtube.com/watch?v=7WtHplp_57I . Completano il dischetto altri tre brani live (le solite Gloria e Here Comes The Night, più One More Time), le single versions di Call My Name e Brimg’Em On In, la bella Mighty Like A Rose (non pubblicata all’epoca ma edita in una precedente compilation del gruppo) https://www.youtube.com/watch?v=MAtEx-cbpZ4  ed un’altra take di Richard Cory https://www.youtube.com/watch?v=DIh978OR7X8 .

Nell’attesa di vedere nel 2016 gli sviluppi del catalogo morrisoniano, godiamoci questo triplo CD: Van era già un grande, e questi 69 brani sono qui a dimostrarlo.

Marco Verdi

Recuperi (E Sorprese) Di Fine Anno 1. Aiuto! Il Mio Lettore Va A Fuoco! The Sonics – This Is The Sonics

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The Sonics – This Is The Sonics – Revox CD

Quando è uscito questo disco l’ho preso più che altro per curiosità, senza immaginare che mi sarei ritrovato a fine anno ad inserirlo tra i miei dieci preferiti del 2015. I Sonics, storica garage band proveniente da Tacoma, stato di Washington, erano inattivi discograficamente addirittura dal 1967 (il peraltro rinnegato Introducing The Sonics, in quanto Sinderella del 1980 era composto da rifacimenti di alcune loro canzoni, ma nulla di nuovo), e gli anni diventano 49 se si conta dal loro secondo LP, Boom, che seguiva di un anno il bombastico esordio di Here Are The Sonics. I Sonics sono il prototipo della band di culto per antonomasia, di scarso (per non dire nullo) successo, ma di grande influenza per le generazioni di musicisti a venire: il loro suono, un rock’n’roll grezzo, potente ed aggressivo, viene considerato il progenitore del punk degli anni settanta e del grunge dei novanta, ed i due dischi del biennio 1965-1966 sono la punta di diamante del movimento garage sotterraneo, insieme agli album di band quali The Wailers, The Kingsmen e Paul Revere & The Raiders (questi ultimi però il successo lo conobbero eccome), anticipando di diversi anni l’effetto della storica compilation Nuggets (dalla quale erano peraltro assenti, ma furono inclusi con la loro Strychnine nella riedizione espansa in box del 1998).

I musicisti che hanno più o meno fatto riferimento negli anni al gruppo di Tacoma sono molteplici: i nomi più noti sono quelli dei Nirvana, White Stripes, Dream Syndicate, Flaming Lips e perfino Bruce Springsteen, che ha più volte proposto dal vivo la cover di Have Love, Will Travel di Richard Berry nell’arrangiamento proprio dei Sonics. This Is The Sonics non è però un disco di settantenni bolsi e patetici che si sono rimessi insieme per ricordare i vecchi tempi, ma una vera e propria bomba sonora che mi ha lasciato senza fiato, una scarica elettrica che attraversa le dodici canzoni del CD con la stessa forza di una scossa tellurica. I membri originali sono tre su cinque (Gerry Roslie, voce, piano e organo, Larry Parypa, chitarra solista e voce, Rob Lind, sassofono, armonica e voce), coadiuvati da Freddie Dennis (Kingsmen) al basso e voce e da Dusty Watson (Dick Dale Band) alla batteria, e con questo disco ci dimostrano che nonostante l’età sono in grado di dare dei punti (e tanti) anche a gente di due o tre generazioni successive.

Ma il disco, che si divide tra cover e brani originali, non è solo musica suonata a volume alto, ma anche con grande energia e feeling, un muro sonoro dominato dalla chitarra di Parypa che mena fendenti e riff a destra e a manca e dal sassofono impazzito di Lind, con una sezione ritmica che definire rocciosa è poco, un rock’n’roll quasi primordiale, con elementi blues ed errebi che colorano maggiormente il tutto. Fare una disamina dettagliata brano per brano in questo caso è quasi inutile, in quanto tutto il disco è una fucilata dal primo all’ultimo pezzo, a partire dall’uno-due iniziale da k.o., con la cover di I Don’t Need No Doctor (Ray Charles), un rock-blues tirato allo spasimo che ricorda il suono del disco dello scorso anno di Roger Daltrey con Wilko Johnson (ma con un sound ancora più “primitivo”), e la devastante Be A Woman, suonata a ritmo indiavolato e con il ritornello letteralmente sparato in faccia dell’ascoltatore.

La grezza Bad Betty precede uno degli highlights del CD, cioè una cover incredibilmente energica di You Can’t Judge A Book By The Cover di Willie Dixon (però portata al successo da Bo Diddley), con il sax in evidenza, ed una The Hard Way che spazza via in un sol colpo l’originale dei Kinks (non certo gli ultimi arrivati). Tra le mie preferite ci sono anche il rock’n’roll suonato ai duecento all’ora Sugaree, la furiosa Look At Little Sister (Hank Ballard, peraltro rifatta mirabilmente negli anni ottanta da Steve Ray Vaughan), la roca Livin’ In Chaos (mi brucia la laringe solo ad ascoltarla) e le conclusive Save The Planet e Spend The Night, che mettono definitivamente al tappeto chiunque sia ancora in piedi a questo punto.

E’ da molto tempo che un disco non mi dava questa adrenalina: per me album rock’n’roll dell’anno.

Marco Verdi

Anche Senza Fratelli Ed Amici E’ Sempre Grande Musica! Gregg Allman – Live: Back To Macon, GA

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Gregg Allman – Live: Back To Macon, GA – Rounder/Universal 2CD + DVD

Mandati definitivamente in pensione gli Allman Brothers Band (anche se nel mondo della musica non è mai detta l’ultima parola, basti vedere i Grateful Dead che, dopo i concerti d’addio, ci hanno preso gusto e hanno deciso di proseguire con l’aiuto di John Mayer) Gregg Allman ha oramai soltanto più la carriera solista della quale prendersi cura, anche se l’età avanzata e la salute non proprio di ferro lasciano più di un dubbio per il futuro (anche se ha già programmato concerti fino al 2016). Il suo ultimo disco di studio, Low Country Blues (del 2011) http://discoclub.myblog.it/2011/01/12/il-notaio-conferma-grande-disco-gregg-allman-low-country-blu/  era forse il suo lavoro migliore insieme all’esordio solista Laid Back, un solido disco di rock-blues nel quale il vecchio Gregg dimostrava di non aver perso un’oncia né dell’antico magic touch né della sua proverbiale maestria (oltre a mostrare una grinta invidiabile per un quasi settantenne). Ora il nostro pubblica questo doppio Back To Macon, GA, registrato nella cittadina dove tutto ebbe inizio (ma anche dove finirono in maniera tragica le vite prima del fratello Duane e poi di Berry Oakley) il 14 Gennaio dello scorso anno nella suggestiva cornice della Grand Opera House, un teatro di appena mille posti costruito nel lontano 1884.

Nel corso del concerto Gregg ripercorre un po’ tutta la carriera, inserendo naturalmente anche parecchi brani della band che gli ha dato la popolarità (ma evitando fortunatamente Two the Hard Way, il disco inciso nei settanta con l’allora fidanzata Cher), fornendo una performance solida e vibrante, lontana dell’essere solamente un pretesto per autocelebrarsi come hanno fatto di recente, peraltro molto bene, i Lynyrd Skynyrd con One More For The Fans (nel quale compare pure Allman stesso con la splendida Tuesday’s Gone), anche perché un progetto analogo dedicato a Gregg era già uscito lo scorso anno, il bellissimo All My Friends. In Back To Macon vediamo quindi Gregg accompagnato solo dalla sua road band (oltre al figlio Devon ospite alla chitarra e l’ex Allman Brothers Marc Quinones alle percussioni, abbiamo Scott Sharrard alle chitarre, Ron Johnson al basso, Ben Stivers alle tastiere, Steve Potts alla batteria, Jay Collins al sassofono, Art Edmaiston e Dennis Marion alla tromba, mentre Gregg si divide tra piano, organo e chitarra), senza neppure mezzo ospite (Warren Haynes in almeno una canzone potevo anche aspettarmelo, Dickey Betts no dato che non si parlano da anni), ma il risultato finale è forse ancora più compatto ed unitario, in quanto c’è solo Gregg con le sue canzoni, senza gli alti e bassi tipici dei tributi.

Inutile dire che nei  sedici brani del doppio CD (nel DVD, o BluRay, ce ne sono due in più, Stormy Monday e Floating Bridge) c’è di che godere, grazie ad una serie formidabile di pezzi che, anche se in molti casi si conoscono a menadito, fa sempre un immenso piacere riascoltare, anche se in versioni più sintetiche e meno dilatate di quelle proposte dagli Allman Brothers. Circa un’ora e mezza (nel CD) di grandissima musica, durante la quale Gregg, che è ancora in possesso di una formidabile voce, ci delizia con una serie di performance elettriche e ad alto tasso emozionale, ben seguito da un ensemble di musicisti che non ha paura di nessuno.

Il primo CD si apre, forse non a caso, nello stesso modo del mitico Live At Fillmore East, cioè con il classico di Blind Willie McTell Statesboro Blues, potente come sempre, con Sharrard che cerca di non far rimpiangere Duane (compito assai arduo), Gregg che canta subito alla grande e piano e fiati che girano a mille. Poi il nostro alterna classici degli Allman ad episodi del suo passato solista (qui presenti in misura maggiore): tra i primi troviamo una grintosa Ain’t Wastin’ Time No More, con un grande assolo chitarristico, e soprattutto la strumentale Hot’Lanta, infuocata come nelle migliori serate degli ABB, mentre tra i secondi la fluida I’m No Angel, tipica southern ballad, calda e profonda (e che voce), il blues lento e notturno con accenni jazzati Queen Of Hearts, eseguito con classe sopraffina, lo scattante blues di Muddy Waters I Can’t Be Satisfied, unico estratto da Low Country Blues a parte Floating Bridge sul DVD, la cover di These Days di Jackson Browne (era su Laid Back), che ci fa apprezzare il Gregg Allman balladeer, lo scintillante slow Brightest Smile In Town, introducendo il quale Gregg ricorda con orgoglio che è stato inciso anche da Ray Charles, per terminare con una squisita cover di I’ve Found A Love di Wilson Pickett, piena di anima, con Gregg che canta come se non ci fosse domani e la band che suona da Dio.

Nel secondo dischetto si ribaltano le gerarchie, in quanto del repertorio solista di Gregg sono presenti soltanto la solida Before The Bullets Fly e l’inedita Love Like Kerosene, un veloce rock-blues scritto da Sharrard, buono ma non trascendentale. Poi è tutto ABB, a partire da quella che è erroneamente considerata la canzone più popolare del Gregg Allman solista, cioè Midnight Rider: la versione famosa è infatti quella su Laid Back, ma Gregg l’aveva già “provata” qualche anno prima con i Brothers su Idlewild South; a seguire abbiamo una tostissima Don’t Keep Me Wonderin’, la leggendaria Melissa, una ballata che non ha bisogno di presentazioni ma va solo ascoltata in religioso silenzio, la mitica Whipping Post, che qua non è forse nella sua versione definitiva (è molto più corta di come la facevano gli ABB) ma è sempre un gran bel sentire, ed il classico di Sonny Boy Williamson One Way Out (che chiude il concerto), un pezzo che Gregg secondo me riuscirebbe anche a suonare bendato e con una mano sola.

Un bellissimo live album, che chiude, forse, il cerchio di una splendida carriera, con il rimpianto di non aver mai visto passare dalle nostre parti un musicista di questo calibro.

Marco Verdi

Ebbene Sì, Eccolo Di Nuovo! Anteprima Joe Bonamassa – Different Shades Of Blue

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Joe Bonamassa – Different Shades Of Blue – Mascot/Provogue 23-09-2014

Un altro!?! Già immagino che questa sarà stata la prima reazione a caldo di molti di voi all’annuncio di questo nuovo, ennesimo, disco di Joe Bonamassa. E’ stata anche la mia. Poi ragionandoci sopra a mente fredda, uno fa due calcoli: in effetti l’ultimo album di studio, Driving Towards The Daylight, è uscito nel maggio del 2012. Oddio, è vero che nel frattempo sono usciti due album in collaborazione con Beth Hart, uno in studio e uno doppio dal vivo http://discoclub.myblog.it/2014/04/11/potrebbe-il-miglior-live-del-2014-beth-hart-joe-bonamassa-live-amsterdam/ , il Beacon Theatre – Live From New York https://www.youtube.com/watch?v=duBkUREYP-o , il terzo e ultimo capitolo con i Black Country Communion, Afterglow, considerato cosa vecchia, ma uscito “solo” nell’ottobre, sempre del 2012. Le due collaborazioni con i Rock Candy Funk Party, compreso l’eccellente Live At Iridium http://discoclub.myblog.it/2014/04/08/supergruppo-famosi-tranne-mr-bonamassa-rock-candy-funk-party-takes-new-york-live-at-the-iridium/ . Vogliamo aggiungere i quattro capitoli concertistici della serie Tour De Force, preceduti dal fantastico An Acoustic Evening At The Vienna Opera House.

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Bisogna ammettere che non sono pochi, medie che non si vedevano dai tempi aurei del rock, quelli a cavallo tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 quando la prolificità non dico fosse considerata un punto di merito, ma non era neppure merce così rara. Come recita il comunicato stampa che annuncia l’uscita di Different Shades Of Blue, prevista per il 23 settembre, stiamo parlando del primo album di materiale originale di Joe Bonamassa da due anni a questa parte, scritto tutto a Nashville, nell’arco del 2013, anno in cui si era astenuto dal pubblicare nuovi dischi di studio, una rarità, aggiunge l’estensore di quelle note, nella frenetica attività del nostro. Brani scritti  anche con Jonathan Cain, James House e Jerry Flowers, oltre al suo collaboratore abituale, il produttore Kevin Shirley, che ancora una volta siede dietro la consolle. Non saprei dirvi quali e con chi, perché nelle informazioni che ho al momento non è riportato. Posso aggiungere che il disco, nelle intenzioni di Bonamassa, è una sorta di ritorno alle matrici blues della sua musica, ma cercando al contempo di aggiungere al lavoro un lato maggiormente “sperimentale” rispetto ai progetti precedenti https://www.youtube.com/watch?v=Ev0oreq0LIo .

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Il disco, concepito a Nashville, è stato poi registrato in quel di Las Vegas, allo Studio At The Palms, con la consueta abbondante pattuglia di collaboratori: non c’è più Arlan Schierbaum alle tastiere, sostituito dal “mitico” Reese Wynans, coronando il sogno di Joe di suonare con un componente dei Double Trouble di uno dei suoi miti di gioventù, Stevie Ray Vaughan. Solita sezione ritmica con Anton Fig alla batteria e Carmine Rojas al basso, che viene affiancato da Michael Rhodes, che lo suona in alcuni brani. La novità sostanziale è la piccola sezione di fiati, retaggio delle collaborazioni con Beth Hart, che aumenta ulteriormente la quota blues & soul, Lee Thornburg, a tromba e trombone e Ron Dziubla ai sassofoni, oltre all’immancabile Lenny Castro alle percussioni, i backing vocalists, Doug Henthorn e Michelle Williams e una sezione archi, la Bovaland Orchestra, usata con parsimonia, a occhio, anzi a orecchio, direi in un brano. In totale undici  brani, di cui uno, è un breve frammento strumentale di un minuto e venti https://www.youtube.com/watch?v=ctMIr_bNb80 .

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Vediamoli. Hey Baby (New Rising Sun), il brano appena citato, suona (e lo è) come un breve omaggio a Jimi Hendrix, un altro degli eroi del pantheon musicale del nostro. Oh Beautiful! Solo voce, con molto eco, poi parte un riff, direi circa Led Zeppelin II, un pezzo rock con l’organo di Reese Wynans che incombe sulla chitarra di Bonamassa che oscilla tra Kashmir e derive simil psichedeliche, prima di esplodere in uno dei suoi classici assoli, un misto di classe e di potenza (credo che ormai siamo tutti d’accordo che il buon Joe non sia solo un volgare picchiatore, ma uno dei migliori chitarristi dell’attuale epoca della musica rock). E qui lo dimostra, Page rimasterizza i suoi vecchi dischi, Bonamassa “rimasterizza” il passato. Love Ain’t A Love Song ricorda le collaborazioni con Beth Hart, che hanno riportato a galla il mai sopito amore di Joe per il blues e il soul, e in genere con quei tipi di musica che prevedono l’uso dei fiati, Thornburg e Dziubla, ben spalleggiati da Henthorn e Williams, rispolverano questo stile funky-blues non solo nei classici del passato, ma pure in queste nuove composizioni “ispirate” a queste coordinate. La produzione di Shirley porta tutto alla luce con un nitore sonoro che ci permette di apprezzare anche le evoluzioni sonore della solista. Living On The Moon è il primo blues puro, fiatistico, ma con un drive boogie shuffle che si apre alle continue invenzioni della solista, sempre in grande spolvero, ma utilizzata con gusto e misura. Heartache Follow Wherever I Go è una ulteriore variazione su questo canovaccio Blues fiatistico, un pezzo cadenzato, con le percussioni di Lenny Castro che aggiungono un piccolo tocco di esotismo, mentre l’organo di Wynans è sempre ben presente, fino a un ricchissimo assolo di Bonamassa, prima con il wah-wah, poi esplorando quasi con libidine trattenuta il manico della sua chitarra https://www.youtube.com/watch?v=n9V8f9fRuIw .

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Never Give All Your Heart torna alle tessiture rock più classiche del musicista newyorkese, piano acustico e chitarra lancinante a cavalcare un brano che ondeggia tra momenti riflessivi e atmosfere più rarefatte, fino all’ingresso dell’organo di Wynans e da lì va nella stratosfera del rock, con un assolo di quelli che sprizzano potenza pura e reiterata. Torna il blues, in una versione ancora più canonica, con uno shuffle ad altra gradazione fiatistica. I Gave Everything for you (‘Cept The Blues), con la solista a duettare con il piano su sonorità care ai maestri del passato. La title track, nonché singolo portante del disco, Different shades of blue, è una di quelle hard ballads malinconiche e melodiche che sono nelle corde del Bonamassa più mainstream, chitarre acustiche ed elettriche che si intrecciano con naturalezza, in un brano che piace fin dal primo ascolto, glorificato dal “solito” fluentissimo” e conciso assolo nel finale https://www.youtube.com/watch?v=Z3_GOk36JD0 . Get Back My Tomorrow è uno dei brani che cerca di sperimentare con diverse soluzioni sonore, tra strumenti elettrici ed acustici che cercano di allontanare il mood dalle classiche 12 battute, ma è anche uno di quelli che al momento mi convince meno. Trouble Town, viceversa, è un super funky fiatistico che tiene conto anche delle recenti avventure collaterali con i Rock Candy Funk Party, meno jazz e più sanguigno blues, con una bella slide. Conclude So What Would I Do, un bellissimo lento che non poteva mancare in un disco di Joe Bonamassa che si rispetti, Reese Wynans a piano ed organo, tira la volata al suo titolare che ben si comporta con una interpretazione vocale che ha quasi dei richiami allo stile di Ray Charles, anche nell’uso degli archi, nobilitata da un misurato assolo, più di finezza che di forza, a conferma della bravura di questo signore https://www.youtube.com/watch?v=BEQUo_QHqSQ . Non ancora un capolavoro ma un ennesimo lavoro solido e convincente. Esce il 23 settembre, edizione con libretto Deluxe di 64 pagine, ma senza brani extra, ovviamente più costosa, negli Stati Uniti e poi in Europa uscirà anche la versione “normale” senza libretto, più risparmiosa!

Bruno Conti       

Che “Strano”, Piacevole Disco… Paul Carrack – Rain Or Shine

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Paul Carrack – Rain Or Shine – Carrack-uk/Proper

Che “strano” disco, che album particolare. Niente di particolarmente trascendentale, in ogni caso un’opera inconsueta. Paul Carrack recentemente ha fatto parte della touring band di Eric Clapton https://www.youtube.com/watch?v=3wTur8PQV2Q , ma il musicista britannico ha una lunga militanza nella scena musicale: prima, negli anni ’70, con i pub-rockers melodici e aperti al pop Ace, quelli di How Long per intenderci https://www.youtube.com/watch?v=XwisOIAwQxY (che rimane il suo brano più conosciuto), poi con Frankie Miller e Roxy Music, negli Squeeze in sostituzione di Jools Holland, una prima collaborazione con Clapton e poi la lunga militanza con Mike And The Mechanics. Carrack è principalmente un tastierista (ma se la cava con tutti gli strumenti) nonché un ottimo cantante, dotato di una bella voce, più che mielosa, vellutata, intrisa di pop e soul, quello che si usa definire blue-eyed soul, comunque in grado districarsi anche come crooner, molto meglio di quelli che circolano al momento, tra il tripudio delle folle.

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Nella sua lunga carriera ha sfornato almeno una ventina di dischi come solista, sempre in bilico tra i generi, ma con l’amato Ray Charles spesso vicino al cuore. Più il Ray Charles balladeer, country, quello più morbido e meno soul, ma pur sempre “genius”. La stranezza di questo disco, se così vogliamo chiamarla, sta nella strana inversione dei ruoli in alcuni brani: i brani blue-eyed soul spesso vengono interpretati con uno stile da crooner, quasi alla Sinatra (di cui riprende ottimamente Come Rain or Come Shine nel finale) o tipo Lou Rawls, con grande profusione di archi, forse anche esagerati in alcuni momenti e qualche brano soul, per esempio la bellissima (If Loving You Is Wrong) I Don’t Want To Be Right, grande successo dei primi ’70 di Luther Ingram, ma la facevano anche Bobby “Blue” Bland e Millie Jackson, come se fosse un lussurioso standard della canzone americana.

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Oppure inserendo a tratti i fiati che danno una patina Philly soul o Motown a Time Waits For No One (che non è quella degli Stones), quando la sua voce quasi accarezza le note https://www.youtube.com/watch?v=F4CSfYoQXl0 . Stepping Stone, con il figlio Jack alla batteria e Paul che suona tutti gli altri strumenti, archi esclusi, ma organo d’ordinanza compreso, è un altro esempio di questo soul sofisticato, siamo nei dintorni di Boz Scaggs, da solo o con i Dukes Of September, meno immediato, più “adult oriented” forse, ma in possesso di una sua classe peculiare https://www.youtube.com/watch?v=D4ewksUGty4 . That’s All That Matters forse esagera con gli archi e lo zucchero, ma non si può non apprezzare una voce come quella di Carrack, uno di quei bianchi “neri” che ogni tanto graziano il mondo del pop https://www.youtube.com/watch?v=rb-Jip1MATQ . One In A Million è un incrocio tra People get ready e gli O’Jays o Harold Melvin, e perché no anche Al Green, vi ricordate, magari non come timbro vocale, ma come idea, il vecchio Rod Stewart? You Don’t Know Me è il primo omaggio al Ray Charles di Modern Sounds In Country & Western Music, un brano country scritto per Eddy Arnold, diventato uno degli standard più amati del grande Ray, incisa anche da Willie Nelson, Dylan, Presley, da Van Morrison su Days Like Days e da mille altri, rimane sempre una gran canzone, come la successiva e già citata I Don’t Want To Be Right, sempre con l’organo che scivola in modo quasi lubrico, sotto quegli archi esagerati.

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Hard Times (No One Knows Better Than I) porta proprio la firma di Ray Charles come autore ed era su The genius sings the Blues, Carrack non avrà mai la classe di Charles, ma ci si mette di impegno, piano, organo e voce sono ottimi, i fiati sono ben piazzati e gli archi non rompono i maroni ( in qualche brano ci stanno bene)! Anche I’m Losing You è un grande brano, viene dal repertorio di Brenda Lee, una ballata che fa uscire il crooner che è in Carrack, malinconica e melodica senza essere troppo “carica”, forse per adulti, ma se Bublé piace a grandi e piccini, qui saremmo su un altro pianeta interpretativo, quindi…come non detto. Sarà anche musica per “vecchi” ma Life’s Too Short ha un piglio danzereccio di quelli sani, con fiati e organo sempre ben presenti, R&B vecchia scuola, anche se poi porta la firma di Paul Carrack https://www.youtube.com/watch?v=gc-kBmImLZQ . Per Come Rain Or Come Shine avevo fatto il paragone con Sinatra, ma Paul la canta come se fosse il figlio illegittimo di una avventura europea del grande Ray. Disco “strano”, ma in fondo assai piacevole.

Bruno Conti

Potrebbe Essere Il Miglior Live Del 2014! Beth Hart Joe Bonamassa – Live In Amsterdam

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Beth Hart & Joe Bonamassa – Live In Amsterdam – 2CD/2DVD/Blu-ray Jr/Mascot/Provogue

Presi separatamente sono fantastici. Lui, Joe Bonamassa, è uno dei migliori chitarristi rock (e blues, jazz, funky, come dimostra il recente doppio CD con DVD dei Rock Candy Funk Party di cui avete letto qualche giorno fa), lei, Beth Hart, è il prototipo di come deve essere la perfetta cantante rock (ma con un amore smisurato per soul, jazz e canzone d’autore). Insieme diventano irresistibili e complementari. A chi scrive è capitato di vederli in concerto, ognuno per conto proprio e l’esperienza è stata molto soddisfacente in entrambi i casi. In questo album, nel formato che preferite, il risultato è una delle rare occasioni in cui unendo due talenti si ottiene esattamente la somma delle due personalità: Bonamassa ha già pubblicato “miliardi” di dischi dal vivo (quatto in contemporanea lo scorso novembre), quindi in questa accoppiata, può riservarsi il ruolo “semplicemente” del Chitarrista (anche se con la C Maiuscola), lasciando il proscenio alla Hart, che è il perfetto animale da palcoscenico, esagerata e vibrante, ma anche con una anima malinconica e scura, solare e divertente nel suo interscambio con il pubblico, più “composta” nella  nuova immagine da panterona, con taglio di capelli e colore più sobri, ma sempre pronta a scatenarsi all’impronta https://www.youtube.com/watch?v=BA7cCeSW2Ic .

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I fortunati che erano presenti al Koninklijk (uno scioglilingua) Theater Carré di Amsterdam, il 30 giugno dello scorso, hanno potuto godersi lo spettacolo di persona, per tutti gli altri questo Live, direi, è quasi imperdibile. Veniamo al contenuto. Si parte con lo swing divertente di Them There Eyes, per rompere il ghiaccio, formazione con i fiati aggiunti, primo assolo jazzato per Joe, un brano della Billie Holiday meno sofferta e più disincantata, piacevole ma non memorabile, Beth non potrà mai essere “Lady Day” ma se la cava egregiamente. Sinner’s Prayer è il primo blues che comincia a scaldare l’atmosfera della serata, un vecchio pezzo di Ray Charles, molto virato verso il rock-blues più sanguigno, quasi subito in uno stile che ricorda Humble Pie e Led Zeppelin, novelli Page e Plant (anche se lei è più carina, la voce c’è), Joe è alla slide. Anche Can’t Let Go non molla la presa, sempre modalità slide, ritmi serrati e veloci per il brano di Lucinda Williams, completamente cambiato rispetto all’originale, ma comunque musica ad alto tasso adrenalinico e sempre cantato alla grande. For My Friend ,scritta in origine da Bill Withers, diventa un infuocato brano rock, come avrebbero potuto farlo i citati Humble Pie o gli Zeppelin, molto cadenzato e tirato, e la successiva Close To My Fire non abbassa la tensione, anche se i tempi rallentano e il brano pop degli Slackwax, nato per una pubblicità, diventa quasi uno standard soul degli anni ’60, con la chitarra di Bonamassa che aggiunge solo tocchi di colore https://www.youtube.com/watch?v=HMuz3ANHPj0 .

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Il vero soul esplode con Rhymes, i fiati sincopati e l’organo di Shierbaum alzano la temperatura, lei canta come una novella Etta James (anche se è dura) e Joe fa il Clapton della situazione. L’omaggio a Etta prosegue con una sanguigna Something’s Got A Hold On Me, Beth Hart sfoggia la sua ugola d’oro, a metà tra il R&B nero (sottolineato da fiati e coristi) e la “cattiveria” del rock duro, incarnato dalla solista ispirata di Bonamassa, che dal vivo concede di più rispetto alle versioni di studio. Cambio totale di atmosfera per il brano scritto da Melody Gardot, con Tomorrow Is As Black As Night si passa ad un fumoso locale della New York anni ’60, immaginate una Nina Simone bianca sul palco, con Joe che fa il Kenny Burrell della situazione, con alcune pennellate jazz, prima di rilasciare un assolo blues che è un miracolo di equilibri sonori e potenza, bellissimo. Chocolate Jesus è il classico brano waitsiano che appariva nel primo album della coppia, l’ottimo Don’t Explain (eccellente, come il successore Seesaw, da avere entrambi), Schierbaum alla fisarmonica, il sound è molto rilassato ed europeo, ma l’assolo di Joe è tagliente e cattivo come pochi, e lei canta con impegno ammirevole, confermandosi la migliore voce femminile di stampo rock attualmente in circolazione https://www.youtube.com/watch?v=DPks5XAwfxQ .

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Baddest Blues, con Beth che siede al piano, viene dal repertorio solista della cantante losangelena, una struggente ballata dedicata alla madre, con la band che aggiunge intensità alla voce fantastica della Hart. Intensità che rimane nella successiva Someday After Awhile, il classico slow blues che è lo showcase per l’anima più Claptoniana di Bonamassa, che canta e suona come fosse posseduto dal fantasma del buon Eric, e che assolo, fluido e ricco di classe, alla faccia di quelli che lo considerano un “fracassone”. Presentazione dell’ottima band e poi si riparte con Well Well, un rock’n’soul alla Delaney & Bonnie (grande Joe), le ambientazioni mitteleuropee di If I Tell Tou I Love You, ancora della Gardot, un omaggio ad un’altra Regina, Aretha Franklin, con il soul puro di Seesaw (che voce, ragazzi), un momento raccolto ed emozionante con una Strange Fruit assai sentita da Beth, che è una grande fan della Holiday, e poi di nuovo una fucilata rock-blues con una micidiale Miss Lady che conclude il concerto https://www.youtube.com/watch?v=mHW4YARgcJA .Ma ci sono i bis: I Love You More Than You’ll Ever Know è un blues lento ed intensissimo, scritto da Al Kooper per i Blood, Sweat & Tears, di cui faceva un’ottima versione anche Donny Hathaway, con Beth e Joe che danno il meglio di sé nei rispettivi ruoli di cantante e chitarrista. Nutbush City Limits non la faceva nessuno così bene dai tempi di Ike & Tina Turner, grandiosa e con una energia dirompente  e poi gran finale con l’ennesima versione di I’d Rather Go Blind, una canzone che la Hart ha reso propria nel corso degli anni e che è seconda solo, come versione, a parere di scrive, a quella originale di Etta James, ma di poco. Credo che dischi dal vivo così belli non ne usciranno molti quest’anno, “giustamente” ai Grammy non hanno vinto nulla come coppia, ma Live In Amsterdam sarà difficile da superare (anche se pure il Musicares Tribute a Bruce Springsteen è un gran concerto, entrambi registrati lo scorso anno), per il momento Live del 2014 https://www.youtube.com/watch?v=Jjv9Hmu5Vj0 !

Bruno Conti

Meglio Tardi Che Mai! The Animals – The Mickie Most Years And More

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The Animals – The Mickie Most Years And More – Real Gone 5CD Box Set

Il titolo del post ha una doppia valenza: innanzitutto è riferito al fatto che parlo di questo box set con notevole ritardo, essendo lo stesso uscito negli ultimi mesi del 2013, anche se non è mai troppo tardi per parlare di buona musica (o grande musica, come in questo caso), soprattutto se trattasi di ristampe.

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In secondo luogo sono oltremodo felice che qualcuno si sia finalmente ricordato degli Animals, dato che quando si parla di gruppi inglesi degli anni sessanta, dopo lo scontato dualismo Beatles – Rolling Stones, si passa subito agli Who e spesso (ma non sempre, purtroppo) ai Kinks, o alla triade Yardbirds – Cream – Fleetwood Mac se si è appassionati di blues, o ancora a Led Zeppelin e Deep Purple se si parla di hard rock (anche se queste ultime due band sono più frequentemente associate agli anni settanta), ma quasi mai ci si rammenta della band di Newcastle-upon-Tyne: quindi questo cofanetto della benemerita Real Gone, che racchiude i primi dischi del gruppo (discografia americana, più completa di quella inglese), giunge graditissima.

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Gli Animals furono una tra le band tra le più influenti dei sixties (chiedete per informazioni a Bruce Springsteen, Tom Petty e, anche se non lo ammetterà mai, a Van Morrison), un quintetto che fondeva in maniera mirabile rock, blues e soul, e che aveva i suoi punti di forza nella formidabile voce di Eric Burdon, una delle ugole più “nere” tra i bianchi, assolutamente in grado di adattarsi sia ai brani più grezzi che a quelli più melodici, e nell’organo di Alan Price, in grado di fare molto spesso la differenza (completavano il gruppo il chitarrista Hilton Valentine, il bassista Chas Chandler (futuro manager di Hendrix) ed il batterista John Steel).

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Non scrivevano molti brani originali, ma rivisitavano brani famosi e meno famosi del panorama blues, soul e pop, perlopiù americano (Willie Dixon, Ray Charles, un vero idolo per Burdon, Chuck Berry, John Lee Hooker, ma anche famose coppie di autori come Goffin – King o Mann – Weil), il tutto con un grande gusto ed un feeling micidiale, in alcuni momenti forse erano addirittura meglio degli Stones stessi, almeno in quegli anni.

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Andiamo a vedere brevemente i cinque CD inclusi in questo box, album prodotti da Mickie Most (tranne l’ultimo, come da titolo del box) e riproposti rigorosamente in mono.

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I Just Wanna Make Love To You: EP di sole quattro canzoni, pubblicato nel 1963. Un dischetto che rivela un gruppo ancora un po’ da sgrezzare ma già con idee e feeling al posto giusto: oltre alla title track (un classico di Willie Dixon ma più noto nella versione di Etta James), troviamo Big Boss Man di Jimmy Reed, una prima versione di Boom Boom di John Lee Hooker e Pretty Thing di Bo Diddley.

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The Animals: album del 1964 che si apre con la leggendaria House Of The Rising Sun, noto traditional che gli Animals avevano appreso dalla versione presente sul primo album di Bob Dylan (che a sua volta l’aveva rubacchiata a Dave Van Ronk, ma questa è un’altra storia…), ma che qui rivoltano come un calzino, dandone un’interpretazione potente e drammatica nello stesso tempo, una performance tra le più memorabili della storia del rock (e per una volta non è retorica), dall’arpeggio di chitarra di Valentine, definito in maniera geniale dal giornalista David Fricke (che cura le note di questa ristampa) “la colonna sonora di una camminata verso il patibolo”, all’assolo di organo di Price, fino all’incredibile prova vocale di Burdon: un brano da pelle d’oca anche la millesima volta che lo si ascolta, uno di quei pezzi sui quali si potrebbe scrivere un libro http://www.youtube.com/watch?v=MgTSfJEf_jM .

(NDM: ricordo un bellissimo film di Martin Scorsese, Casino, nel quale veniva usata questa canzone nel momento chiave della pellicola, e cioè quando nel finale gli eventi precipitavano e molti dei protagonisti ci lasciavano le penne, secondo me uno dei migliori momenti in assoluto di fusione tra musica e cinema http://www.youtube.com/watch?v=1FZ2FA-epcE .)

E’chiaro che questo brano da solo fu in grado all’epoca di trainare l’album fino al numero sette della classifica, ma all’interno ci sono molte altre canzoni di pregio, dall’ottima resa di The Girl Can’t Help It (Little Richard), ai due noti classici di Chuck Berry, Memphis Tennessee e Around And Around http://www.youtube.com/watch?v=H2kzqP__uXc , fino al trascinante finale con la bella I’ve Been Around di Fats Domino.

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 The Animals On Tour: registrato in studio (e non dal vivo come il titolo farebbe supporre), al disco manca un pezzo alla House Of The Rising Sun, ma nell’insieme è più riuscito del suo predecessore, e Burdon canta bene come non mai. Con ben tre brani di Ray Charles (tra cui la stupenda Hallelujah, I Love Her So e la sofferta I Believe To My Soul, con un riff di piano che ritroveremo molto simile qualche mese dopo in Ballad Of A Thin Man di Bob Dylan http://www.youtube.com/watch?v=4XsdYQCG12Q ), la vivace Let The Good Times Roll e lo strepitoso blues di Big Maceo Merriweather Worried Like Blues, con la band che gira a mille e Burdon che dà i punti a tutti i suoi colleghi dell’epoca http://www.youtube.com/watch?v=GaxTzdpz8EA .

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Animal Tracks: del 1965 come il precedente, questo è un altro grande disco: si apre con la splendida We Gotta Get Out Of This Place http://www.youtube.com/watch?v=jxNEiZhpinY , altro successo del gruppo, e contiene anche un’intensa versione della notissima Don’t Let Me Be Misunderstood http://www.youtube.com/watch?v=HHjKzr6tLz0 , per non parlare della formidabile resa di Bring It On Home To Me, seconda solo all’originale di Sam Cooke http://www.youtube.com/watch?v=ZntYBFyuZd4 . E con ben cinque pezzi su dieci a firma Eric Burdon, dei quali il gustoso errebi I Can’t Believe It  è sicuramente il migliore.

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Animalization: prodotto da Tom Wilson (il “more” del titolo del box), già noto per aver collaborato con Dylan e Simon & Garfunkel, il disco non si discosta molto dai predecessori, proponendo la solita riuscita miscela di cover e brani originali: Don’t Bring Me Down è la più nota http://www.youtube.com/watch?v=I0KrLaaCkPQ , ma spiccano anche See See Rider, You’re On My Mind e la notevole Cheating (dalla quale Tom Petty ha preso senz’altro spunto per scrivere la sua Breakdown http://www.youtube.com/watch?v=lddcmEhrh88 ). Arriva Barry Jenkins alla batteria, mentre il nuovo tastierista Dawe Rowberry appariva già dal precedente Animal Tracks!

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Questo box ha comunque tre difetti, che comunque spariscono se paragonati alla qualità della musica contenuta: in primo luogo l’assenza di Animalism, cioè l’ultimo album americano prima che Burdon sciogliesse e riformasse il gruppo, spostando l’asse della musica sul rock psichedelico tipico di San Francisco.

Il secondo difetto riguarda le bonus tracks, appena dodici in cinque CD, e nessuna di esse veramente inedita (perlopiù ci sono brani apparsi su singolo, missaggi differenti o versioni stereo di brani già presenti in mono): tra tutte spicca la bellissima It’s My Life, uno tra i momenti migliori per Burdon e soci http://www.youtube.com/watch?v=H3GNKUE-d9c .

Infine, la confezione, veramente cheap: un box di cartoncino sottile (che alla terza o quarta volta che lo si apre è già usurato), niente libretto, ed i CD presentati nella jewel box più basic in assoluto, quella per intenderci con la parte davanti della costa nera e rigata.

In più, in omaggio all’interno, troviamo una maglietta non particolarmente bella (io la uso come pigiama), con il risultato che, una volta estratta, i CD ballano allegramente da una parte all’altra del box.

Ma, come ho detto prima, sono quisquiglie (la confezione però è brutta brutta): la musica è davvero sublime, ed i soldi richiesti sono ben spesi fino all’ultimo euro.

Marco Verdi

Forse Non Si Presenterà Neppure Al Suo Funerale! George Jones 1931-2013

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Ieri se ne è andato, alla età di 81 anni, George Jones, uno degli ultimi grandi della country music di Nashville. Per lui parlano le cifre, oltre 60 album di studio, un paio di live, una ventina di raccolte, 14 Numeri Uno. Ha fatto più “comebacks” nella sua vita musicale che Elvis, Tina Turner e i Rolling Stones messi insieme. Quattro mogli (tra cui la grande Tammy Wynette), quattro figli dai diversi matrimoni (ma non dalla Wynette), una vita di eccessi tra droga e alcol, tanto che neppure Jim Morrison e Janis Joplin sono stati così “trasgressivi”, fino a meritarsi l’appellativo di No-Show Jones, quando nel 1979 non si presentò a 54 suoi concerti e il suo manager dell’epoca fu arrestato per spaccio di cocaina (e per la serie che non gli mancava nemmeno il senso dell’umorismo, ha scritto anche una canzone sull’argomento, proprio No-Show Jones)!

Ma è stato anche uno dei più grandi cantanti della storia della musica country, in possesso di una fantastica voce baritonale, ha saputo meritarsi la stima dei musicisti più disparati in epoche diverse: il suo primo numero 1, White Lightning, uscito nel marzo 1959, era stato scritto da J.P. Richardson che era il vero nome di The Big Bopper, uno dei musicisti coinvolti nella caduta dell’aereo in cui morirono anche Buddy Holly e Ritchie Valens. Narrano le leggende metropolitane (e anche la sua autobiografia, dal titolo profetico, I Lived To Tell It All ) che per registrare quel brano, gli occorsero ben 83 tentativi, tanto era sotto l’effetto dell’alcol, e non stava registrando qualche complesso brano psichedelico da Sgt. Pepper o Electric Ladyland, che dovevano essere ancora inventati.

Il suo Phil Spector, negli anni ’70 e ’80 è stato Billy Sherrill, un grande produttore della Music City che ha lavorato anche con Johnny Cash, Costello, Shelby Lynne, Ray Charles, David Allan Coe, ma anche in molte porcherie inenarrabili, dalle sonorità orribili, per chi non ama il country più commerciale, e oltre. Negli ultimi anni ha anche registrato con Aaron Lewis (l’ex cantante degli Staind convertito al country) e Charlie Daniels per una cover di Country Boy, l’ultimo suo brano ad entrare nelle classifiche nel 2010, per la 168a volta, la prima era stata nel 1955.

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Se avete tanti soldi a disposizione ci sono questi tre cofanetti della Bear Family tedesca (se sono ancora in produzione) che raccolgono il meglio della sua produzione dal 1962 al 1971 artist_George-Jones.html:

She Thinks I Still Care The Complete United Artists Recordings 1962-1964 5 CD

Walk Through This World With Me The Complete Musicor Recordings 1965-1971 part 1 5 CD

A Good Year For The Roses The Complete Musicor Recordings 1965-1971 part 2 5 CD

E con 15 CD e 300 o 400 euro avete coperto solo una decade della sua discografia. Ma più modestamente esistono molte antologie (e immagino molte ne usciranno ancora) che coprono le fasi della sua carriera, anche economiche. Per esempio la Real Gone Music ha pubblicato proprio in questo periodo un box super economico 7 Classic Albums Plus Bonus Tracks & Singles che in 4 CD e 105 canzoni riporta il periodo Starday/Mercury dal 1954 al 1962, prima dell’avvento dei Beatles, per una cifra che non dovrebbe superare i 15 euro. Copertina dischetti e titoli dei brani a seguire:

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Track Listings
1. Why Baby Why
2. Seasons Of My Heart
3. It’s Ok
4. Let Him Know
5. Play It Cool
6. Hold Everything
7. Boat Of Life
8. You Gotta Be My Baby
9. What Am I Worth
10. Your Heart Turned Left (And I Was On The Right)
11. I’m Ragged But I’m Right
12. Yearning (To Kiss You)
13. Still Hurtin’
14. Taggin’ Along
15. Crazy Arms (Leon Payne)
16. I Walk The Line (Benny Barnes)
17. Sweet Dreams
18. A Satisfied Mind (Joe ‘Red’ Hayes)
19. You Are The One (Leon Payne)
20. Searching (Jeanette Hicks)
21. I Take The Chance (George Jones & Jeanette Hicks)
22. Blackboard Of My Heart (Leon Payne)
23. Hold Everything
24. Heartbreak Hotel
25. Any Old Time
26. I Want You, I Need You, I Love You (Eddie Blank)
27. Conscience I’m Guilty (Benny Barnes)
28. Yes I Know Why
29. The Good Ole Bible
30. Will The Circle Be Unbroken
31. My Lord Has Called Me
32. Take The Devil Out Of Me
33. Jesus Wants Me
34. A Wandering Soul
35. We’ll Understand It
36. Cup Of Loneliness
37. If You Want To Wear A Crown
38. My Soul’s Been Satisfied
39. White Lightning
40. I’m With The Wrong One
41. That’s The Way I Feel
42. Life To Go
43. Don’t Do This To Me
44. Give Away Girl
45. You’re Back Again
46. No Use To Cry
47. Nothing Can Stop Me
48. Flame In My Heart
49. Color Of The Blues
50. Treasure Of Love
51. Who Shot Sam
52. Money To Burn
53. Cold Cold Heart
54. Hey Good Lookin’
55. Howlin’ At The Moon
56. There’ll Be No Teardrops Tonight
57. Half As Much
58. Jambalaya (On The Bayou)
59. Why Don’t You Love Me (Like You Used To Do)
60. Honky Tonkin’
61. I Can’t Help It (If I’m Still In Love With You)
62. Settin’ The Woods On Fire
63. One Is A Lonely Number
64. Maybe Little Baby
65. Run Boy
66. I’m A One Women Man
67. Settle Down
68. Heartbroken Me
69. Rain Rain
70. Frozen Heart
71. I’ve Got Five Dollars And It’s Saturday Night
72. Cause I Love You
73. You’re In My Heart
74. You All Goodnight
75. Big Harlan Taylor
76. Accidentally On Purpose
77. Sparkling Brown Eyes
78. Out Of Control
79. Heartaches By The Number
80. I Love You Because
81. If You’ve Got The Money (I’ve Got The Time)
82. Talk To Me Lonesome Heart
83. Poor Man’s Riches
84. I’ll Be There (If You Ever Want Me)
85. Oh Lonesome Me
86. I Walk The Line 2.
87. Life To Go
88. Window Up Above
89. Just One More
90. It’s Been So Long Darling
91. Nothing Can Stop My Love
92. No No Never
93. If I Don’t Love You (Grits Ain’t Groceries)
94. I Gotta Talk To Your Heart
95. Tall Tall Trees
96. Too Much Water
97. Don’t Stop The Music
98. You Never Thought
99. No Money In This Deal
100. All I Want To Do
101. Gonna Come Get You
102. Uh Uh No
103. Family Bible
104. Tender Years
105. Did I Ever Tell You (With Margie Singleton)

O, ancora più “risparmioso”, c’è il classico doppio CD della serie Sony BMG, The Essential George Jones: The Spirit Of Country, che attraverso 44 brani traccia la sua carriera, 7 brani dal periodo Starday Mercury trattati nel box precedente, 3 del periodo U.A. 1962-1965 (e qui, volendo, esiste anche una doppia antologia della Razor and Tie che ha lo stesso titolo del box Bear Family She Thinks I Still Care), 5 dal periodo Musicor 1965-1970, il resto viene tutto dal catalogo Epic, dal 1970 in avanti, compresi i 4 duetti con Tammy Wynette e altri con Johnny Paycheck, Ray Charles, Merle Haggard e James Taylor (altro suo grande ammiratore, oltre a Elvis Costello che ha cantato alcuni suoi brani in Almost Blue). Copertina, fronte e retro, con i titoli dei brani la trovate a seguire:

the essential george jones front.jpgthe essential george jones back.jpg 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se invece siete “completisti” esistono oltre 200 CD in catalogo dedicati a George Jones, tra cui molti Twofers, ovvero dischetti che riportano 2 album alla volta, pubblicati dall’etichette più disparate.

Un piccolo “ricordo” ed excursus nella carriera di un grande della musica country del ‘900,  se ne parla solo in queste occasioni ma, come diceva il Maestro Manzi, Non E’ Mai Troppo Tardi: temo che, purtroppo, almeno al suo funerale, si dovrà presentare!

R.I.P.: George Jones Saratoga, Texas 12-09-1931 – Nashville, Tennesse 26-04-2013.

Bruno Conti

Un Capolavoro! E Il 16 Settembre Sono 87, Auguri! Ladies And Gentlemen…Mr. B.B. King

b.b. king box set.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

B.B. King – Ladies And Gentlemen…Mr. B.B. King 10 CD o 4 CD Universal 25-09-2012 *****

Ormai come sapete le ripubblicazioni e i Box Set si sprecano, ogni occasione è buona, anche l’anniversario scelto per questo cofanetto volendo è abbastanza risibile: il 50° anniversario dalla firma del contratto con l’ABC-Paramount, perché poi il primo album per l’etichetta, Mr. Blues uscirà nel 1963. Ma in questo caso il fatto è del tutto marginale, quello che conta è il contenuto strepitoso. 10 CD curati dal principe di queste edizioni, Bill Levenson, il più grande curatore, ingegnere e produttore per questo tipo di operazioni, per intenderci colui che ha realizzato i box di Derek And The Dominos Layla, degli Allman Brothers Dreams e di Peel Slowly And See dei Velvet Underground, per citarne alcuni, oltre alla serie Chronicle della Universal e decine di altri titoli, “pensionato” frettolosamente dalle case discografiche e ora tornato in pista alla grande per questo cofanetto.

Si tratta di 194 brani inseriti in ordine cronologico, dal 1949 al 2008, un vero paradiso per gli amanti del Blues e non solo, uno dei casi in cui vale assolutamente la pena di assegnare le 5 stellette per il capolavoro o al limite mezza stelletta in meno perché in tutto questo ben di Dio non c’è neppure un inedito (uno per la verità!), ma dovendo già scegliere tra una produzione immane i curatori hanno cercato quantomeno di inserire almeno un brano per ogni album pubblicato dal 1963 ai giorni nostri con qualche rarità, pescata soprattutto tra i duetti e nei dischi di altri artisti. Il tutto corredato da un bel libro di 72 pagine, ricco di foto e con le note firmate dal giornalista americano Ashley Kahn, specializzato in jazz e blues e da Dick Shurman, che per noi appassionati è semplicemente Magic Dick della J. Geils Band, una autorità nel campo.

Per la prima volta questo cofanetto è multi-label, ovvero c’è anche il materiale inciso per la Bullet, Modern/RPM e Kent/Crown tra il 1949 e il 1962, sparso nei primi due dischi, con 50 brani che illustrano la nascita del mito B.B. King quando Lucille non era ancora il nome della sua chitarra ma lui era già uno dei più grandi artefici dello strumento e tuttora risiede al n° 3 della classifica All Time della rivista Rolling Stone, dietro Hendrix e Duane Allman ma davanti al suo discepolo Clapton, e in risalita dal 6° posto della precedente edizione. Si parte con i primi brani editi nel 1949 su due singoli per l’etichetta Bullet e attraverso gli anni si toccano anche le collaborazioni con le orchestre di Count Basie e Duke Ellington, un brano a testa, le prime versioni di Sweet Little Angel e Rock Me Baby, veri capisaldi del suo repertorio, poi replicati varie volte negli anni a venire soprattutto in grandissime versioni dal vivo, ma in questo primo periodo ci sono tantissimi classici delle dodici battute del Blues, conosciuti anche nel repertorio di altri musicisti.

Dal terzo compact parte la disamina del repertorio più conosciuto, quello che attraverso la ABC, Impulse, Mca e Geffen, quindi tutti di quella che oggi si chiama Universal, ci porta ai giorni nostri. Gli anni ’60 sono quelli più importanti: il primo Mr. Blues (non conosciutissimo) è rappresentato da 6 brani, del grandissimo Live At The Regal del 1965 appaiono 5 brani e dell’altrettanto indispensabile Live And Well del 1969 ce ne sono quattro, oltre a moltissimi brani usciti in quegli anno solo in 45 giri e quindi rintracciabili solo in antologie varie. Di quel periodo è anche l’unico brano del cofanetto che riporta la fatidica scritta “previously unreleased” per una versione inedita di I Wonder Why del 1964 sul terzo CD. Sempre del 1969, a cavallo dei CD 4 e 5 ci sono 4 brani a testa tratti da Live And Well e Completely Well, fantastici.

Gli anni ’70 iniziano sul 5° compact con 5 brani estratti da uno dei suoi dischi più belli registrati in studio Indianola Mississippi Seeds per proseguire con 3 brani da Live At Cook County Jail e quattro da Live In Japan, entrambi del 1971, ma il secondo edito solo nel 1999. 3 tracce tratte dall’altrettanto indispensabile In London dal 1971 e una a testa dai due album registrati in collaborazione con il grande cantante Bobby “Blue” Bland li trovate sempre nel sesto CD. Tre brani da Midnight Believer il disco del 1978 registrato in collaborazione con i Crusaders aprono il settimo dischetto e da lì in avanti si trovano molti dei suoi duetti e collaborazioni, spesso rari: When Loves Come To Town con gli U2 del 1988, Right Place, Wrong Time con Bonnie Raitt dalla colonna sonora di Air America, Since I Met You Baby in coppia con Gary Moore, dal vivo al Town And Country nel ’93, uscito solo su un CD singolo. E nel disco 9 ce ne sono moltissimi: con Robert Cray, Etta James, Diane Schuur e con Marty Stuart e i Rolling Stones da Deuces Wild uno dei dischi migliori dell’ultimo periodo. L’ultimo disco ci porta nel nuovo secolo con due brani tratti dal disco registrato con Eric Clapton e poi ancora accoppiate fantastiche con Ray Charles e da 80, con Van Morrison e Elton John. Gli ultimi quattro brani sono tratti dall’eccellente One Kind Favor del 2008, quello prodotto da T-Bone Burnett, che potrebbe essere il suo ultimo e gli ha fruttato l’ennesimo Grammy.

In mezzo a tanti gioielli c’è anche un po’ di fuffa, per esempio il suono della batteria di Into The Night, peraltro tratto da una colonna sonora famosissima, non si può sentire, orrido, anche se lui canta benissimo e Lucille disegna le solite linee soliste inconfondibili, quando suona e canta Mr. Riley B. King, classe 1925 (87 anni il 16 settembre, tanti auguri), lo riconosci subito. E con questo cofanetto pantagruelico potete passare una intera giornata ad ascoltare alcune delle musiche migliori che sono state registrate in questi 63 anni. Si dice spesso, ma in questo caso è d’obbligo: Imperdibile!

Bruno Conti

P.S. Per chi vuole risparmiare o non è così appassionato di Blues ne verrà pubblicata anche una versione ridotta in 4 CD. 

E questa è la lista completa dei contenuti:

 

B.B. King, Ladies and Gentlemen…Mr B.B. King (Hip-O/UMe, 2012)

Disc 1: Three O’Clock Blues (1949-1956)

  1. Miss Martha King
  2. When Your Baby Packs Up and Goes
  3. Got the Blues
  4. Take a Swing with Me
  5. B.B. Boogie
  6. Don’t You Want a Man Like Me
  7. Fine Looking Woman
  8. She’s Dynamite
  9. Three O’Clock Blues
  10. That Ain’t the Way to Do It
  11. You Know I Love You
  12. Woke Up This Morning
  13. Please Love Me
  14. Blind Love
  15. The Woman I Love
  16. Whole Lotta’ Love
  17. Everyday I Have the Blues
  18. Love You Baby (a/k/a Take a Swing with Me)
  19. When My Heart Beats Like a Hammer
  20. You Upset Me Baby
  21. Sneakin’ Around
  22. Shut Your Mouth
  23. Boogie Rock
  24. Ten Long Years
  25. Crying Won’t Help You
  26. Bad Luck
  27. Troubles, Troubles, Troubles

Disc 2: Rock Me Baby (1956-1962)

  1. Sweet Little Angel
  2. Early in the Morning
  3. (I’m Gonna) Quit My Baby
  4. On My Word of Honor
  5. Days of Old
  6. Recession Blues
  7. Please Accept My Love
  8. Everyday I Have the Blues  (with The Count Basie Orchestra)
  9. Precious Lord
  10. Sweet Sixteen, Parts 1 & 2
  11. Don’t Get Around Much Anymore (with The Duke Ellington Orchestra)
  12. I’ll Survive
  13. (I’ve) Got a Right to Love My Baby
  14. It’s My Own Fault
  15. You Done Lost Your Good Thing Now
  16. Walking Dr. Bill
  17. Catfish Blues (Fishin’ After Me)
  18. Partin’ Time
  19. You’re Breaking My Heart
  20. Rock Me Baby
  21. Blue Shadows
  22. The Jungle
  23. That Evil Child

Disc 3: How Blue Can You Get? (1963-1966)

  1. You Ask Me
  2. I’m Gonna Sit In ‘Til You Give In
  3. Blues At Midnight
  4. My Baby’s Coming Home
  5. Chains of Love
  6. Sneakin’ Around
  7. Slowly Losing My Mind
  8. How Blue Can You Get?
  9. Whole Lotta Lovin’
  10. I Wonder Why (previously unreleased)
  11. Please Accept My Love
  12. Help the Poor
  13. Never Trust a Woman
  14. Worryin’ Blues
  15. Stop Leadin’ Me On
  16. Everyday I Have the Blues (Live at The Regal Theatre)
  17. Sweet Little Angel (Live at The Regal Theatre)
  18. It’s My Own Fault (Live at the Regal Theatre)
  19. How Blue Can You Get? (Live at the Regal Theatre)
  20. Please Love Me (Live at The Regal Theatre)
  21. Tired of Your Jive
  22. All Over Again
  23. I’d Rather Drink Muddy Water
  24. Cherry Red
  25. You’re Still a Square
  26. Don’t Answer the Door, Parts 1 & 2
  27. Waitin’ on You
  28. Night Life

Disc 4: Why I Sing The Blues (1966-1969)

  1. Gambler’s Blues (Live at The International Club)
  2. Buzz Me (Live at The International Club)
  3. Sweet Sixteen, Parts 1 & 2 (Live at The International Club)
  4. Think It Over
  5. Done Got Wise
  6. Paying the Cost to Be the Boss
  7. I’m Gonna Do What They Do to Me
  8. Dance with Me
  9. Lucille
  10. Watch Yourself
  11. You Put It on Me
  12. Messy But Good
  13. Get Myself Somebody
  14. My Mood (Live at The Village Gate)
  15. I Want You So Bad
  16. Get Off My Back Woman
  17. Why I Sing the Blues

Disc 5: The Thrill is Gone (1969-1971)

  1. The Thrill is Gone
  2. Confessin’ the Blues
  3. So Excited
  4. No Good
  5. Go Underground
  6. Nobody Loves Me But My Mother
  7. Chains and Things
  8. Ask Me No Questions
  9. Hummingbird
  10. Everyday I Have the Blues (Live at Cook County Jail)
  11. How Blue Can You Get? (Live at Cook County Jail)
  12. Worry, Worry (Live at Cook County Jail)
  13. Sweet Sixteen (Live at Sankei Hall)
  14. Eyesight to the Blind (Live at Sankei Hall)
  15. Niji Baby (Live at Sankei Hall)
  16. The Thrill is Gone (Live at Sankei Hall)

Disc 6: Lucille Talks Back (1971-1976)

  1. I Got Some Help I Don’t Need
  2. Blue Shadows
  3. Ghetto Woman
  4. Ain’t Nobody Home
  5. Guess Who
  6. Five Long Years
  7. I Like to Live the Love
  8. To Know You is to Love You
  9. Philadelphia
  10. Three O’Clock Blues (Live with Bobby “Blue” Bland)
  11. Lucille Talks Back
  12. Reconsider Baby
  13. Don’t Make Me Pay for His Mistakes
  14. Let the Good Times Roll (Live with Bobby “Blue” Bland)
  15. Don’t You Lie to Me
  16. Mother Fuyer
  17. The Same Love That Made Me Laugh

Disc 7: When It All Comes Down (I’ll Still Be Around) (1977-1982)

  1. When It All Comes Down (I’ll Still Be Around)
  2. Hold On (I Feel Our Love is Changing)
  3. Never Make Your Move Too Soon
  4. Better Not Look Down
  5. Happy Birthday Blues
  6. I’ve Always Been Lonely
  7. Caldonia (Live at The University of Mississippi)
  8. I Got Some Help I Don’t Need (Live at The University of Mississippi)
  9. Life Ain’t Nothing But a Party
  10. The Victim
  11. There Must Be a Better World Somewhere
  12. Nightlife/Please Send Me Someone to Love
  13. Inflation Blues
  14. Sell My Monkey
  15. Darlin’ You Know I Love You
  16. Make Love to Me

Disc 8: When Love Comes to Town (1984-1992)

  1. Into the Night
  2. Six Silver Strings
  3. When Love Comes to Town – U2 with B.B. King
  4. Standing on the Edge of Love
  5. Lay Another Log on the Fire
  6. Take Off Your Shoes
  7. Nobody Love Me But My Mother (Live at San Quentin Prison)
  8. Right Place, Wrong Time (with Bonnie Raitt)
  9. All Over Again (Live at The Apollo)
  10. I’m Moving On
  11. Back in L.A.
  12. Fool Me Once
  13. There is Always One More Time
  14. Monday Morning Blues (Blues for Mr. G)
  15. Since I Met You Baby (Live at the Town & Country) (with Gary Moore)

Disc 9: Blues Man (1993-1999)

  1. Playin’ with My Friends (with Robert Cray)
  2. There’s Something on Your Mind (with Etta James)
  3. I Gotta Move Out of This Neighborhood/Nobody Loves Me But My Mother
  4. You Don’t Know Me – Diane Schuur & B.B. King
  5. Stormy Monday Blues – The GRP All-Star Big Band with B.B. King
  6. Rock Me Baby (Live at The Rosengarten)
  7. Confessin’ the Blues (with Marty Stuart)
  8. Paying the Cost to Be the Boss (with The Rolling Stones)
  9. Blues Man
  10. Bad Case of Love
  11. Blues Boys Tune
  12. I’ll Survive
  13. Ain’t Nobody Here But Us Chickens
  14. I’m Gonna Move to the Outskirts of Town
  15. Ain’t That Just Like a Woman
  16. Caldonia

Disc 10: Key to the Highway (2000-2008)

  1. Ten Long Years – Eric Clapton & B.B. King
  2. Key to the Highway – Eric Clapton & B.B. King
  3. I Got to Leave This Woman
  4. Monday Woman
  5. Don’t Go No Farther
  6. You’re on Top
  7. Back Door Santa
  8. Exactly Like You
  9. Sinner’s Prayer – Ray Charles with B.B. King
  10. Early in the Morning (with Van Morrison)
  11. Rock This House (with Elton John)
  12. You Have a Way
  13. Everybody Loves You
  14. Key to the Highway (Live at B.B. King’s Blues Club)
  15. Midnight Blues
  16. Get These Blues Off Me
  17. See That My Grave is Kept Clean
  18. Waiting for Your Call
  19. Haunted House

Disc 1, Tracks 1-2 from Bullet single 309, 1949
Disc 1, Tracks 3-4 from Bullet single 315, 1949
Disc 1, Track 5 from RPM single 304, 1950
Disc 1, Track 6 from RPM single 318, 1951
Disc 1, Track 7 from RPM single 348, 1952
Disc 1, Track 8 from RPM single 323, 1951
Disc 1, Tracks 9-10 from RPM single 339, 1951
Disc 1, Track 11 from RPM single 363, 1952
Disc 1, Track 12 from RPM single 380, 1953
Disc 1, Track 13 from RPM single 386, 1953
Disc 1, Track 14 from RPM single 395, 1953
Disc 1, Tracks 15 and 18 from RPM single 408, 1954
Disc 1, Tracks 16 and 20 from RPM single 416, 1954
Disc 1, Tracks 17 and 21 from RPM single 421, 1954
Disc 1, Track 19 from RPM single 412, 1954
Disc 1, Track 22 from RPM single 430, 1955
Disc 1, Track 23 from RPM single 435, 1955
Disc 1, Track 24 from RPM single 437, 1955
Disc 1, Track 25 from RPM single 451, 1955
Disc 1, Track 26 and Disc 2, Track 1 from RPM single 468, 1956
Disc 1, Track 27 and Disc 2, Track 2 from RPM single 492, 1957
Disc 2, Track 3 from RPM single 494, 1957
Disc 2, Track 4 from RPM single 479, 1956
Disc 2, Track 5 from Kent single 307, 1958
Disc 2, Track 6 from Kent single 4572, 1972
Disc 2, Track 7 from Kent single 315, 1958
Disc 2, Track 8 from Kent single 327, 1959
Disc 2, Track 9 from B.B. King Sings Spirituals (Crown 5119, 1959)
Disc 2, Track 10 from Kent single 330, 1960
Disc 2, Track 11 from Compositions of Duke Ellington (Crown 5153, 1960)
Disc 2, Track 12 from King of the Blues (Crown 5167, 1960)
Disc 2, Tracks 13-14 from Kent single 333, 1960
Disc 2, Track 15-16 from Kent single 350, 1960
Disc 2, Track 17 from Kent single 351, 1960
Disc 2, Track 18 from Kent single 396, 1964
Disc 2, Track 19 from Kent single 362, 1961
Disc 2, Track 20 from Kent single 393, 1964
Disc 2, Track 21 from Kent single 426, 1965
Disc 2, Track 22 from Kent single 462, 1967
Disc 2, Track 23 from Kent single 4562, 1971
Disc 3, Tracks 1-6 from Mr. Blues (ABC 456, 1963)
Disc 3, Track 7 from ABC-Paramount single 10486, 1963
Disc 3, Tracks 8 and 11 from ABC-Paramount single 10527, 1964
Disc 3, Track 9 from ABC-Paramount single 10576, 1964
Disc 3, Track 12 from ABC-Paramount single 10552, 1964
Disc 3, Tracks 13-14 from ABC-Paramount single 10599, 1964
Disc 3, Track 15 from ABC-Paramount single 10616, 1965
Disc 3, Tracks 16-20 from Live at The Regal (ABC-Paramount 509, 1965)
Disc 3, Track 21 from ABC-Paramount single 10675, 1965
Disc 3, Track 22 from ABC-Paramount single 10724, 1965
Disc 3, Tracks 23-24 from Confessin’ the Blues (ABC 528, 1966)
Disc 3, Track 25 from ABC-Paramount single 10766, 1966
Disc 3, Track 26 from ABC single 10856, 1966
Disc 3, Tracks 27-28 from ABC-Paramount single 10889, 1966
Disc 4, Tracks 1-2 from Blues is King (BluesWay BLS 6001, 1967
Disc 4, Track 3 from BluesWay single 61012, 1967
Disc 4, Track 4 from BluesWay single 61004, 1967
Disc 4, Track 5 from His Best/The Electric B.B. King (BluesWay BLS 6022, 1968)
Disc 4, Tracks 6-9 from Blues on Top of Blues (BluesWay BLS 6011, 1968)
Disc 4, Tracks 10-11 from Lucille (BluesWay BLS 6016, 1968)
Disc 4, Tracks 12-13 from For the Love of Ivy soundtrack (ABC 7, 1968)
Disc 4, Track 14 from BlueWay single 61022, 1969
Disc 4, Tracks 15-18 from Live and Well (BluesWay BLS 6031, 1969)
Disc 5, Tracks 1-4 from Completely Well (BluesWay BLS 6037, 1969)
Disc 5, Tracks 5-9 from Indianola Mississippi Seeds (ABC 713, 1970)
Disc 5, Tracks 10-12 from Live at Cook County Jail (ABC 723, 1971)
Disc 5, Tracks 13-16 from Live in Japan (ABC Japan 841, 1971)
Disc 6, Track 1 from L.A. Midnight (ABC 734, 1971)
Disc 6, Tracks 2-4 from In London (ABC 730, 1971)
Disc 6, Tracks 5-6 from Guess Who (ABC 759, 1972)
Disc 6, Tracks 7-8 from To Know You is to Love You (ABC X794, 1973)
Disc 6, Track 9 from Friends (ABC S825, 1974)
Disc 6, Track 10 from Together for the First Time (ABC-Dunhill DSY-50190, 1974)
Disc 6, Tracks 11-13 from Lucille Talks Back (ABC D898, 1975)
Disc 6, Track 14 from Together Again…Live (ABC-Impulse ASD-9317, 1976)
Disc 6, Tracks 15-17 from King Size (ABC AB-977, 1977)
Disc 7, Tracks 1-3 from Midnight Believer (ABC AA-1061, 1978)
Disc 7, Tracks 4-6 from Take It Home (MCA 3151, 1979)
Disc 7, Tracks 7-8 from Now Appearing at Ole Miss (MCA 2-8016, 1980)
Disc 7, Tracks 9-11 from There Must Be a Better World Somewhere (MCA 5162, 1981)
Disc 7, Track 12 from Love Me Tender (MCA 5307, 1982)
Disc 7, Tracks 13-16 from Blues ‘N Jazz (MCA 27119, 1983)
Disc 8, Tracks 1-2 from Six Silver Strings (MCA 5616, 1985)
Disc 8, Track 3 from Rattle and Hum (Island 91003, 1988)
Disc 8, Tracks 4-6 from King of the Blues 1989 (MCA 42183, 1989)
Disc 8, Track 7 from Live at San Quentin (MCA 6455, 1990)
Disc 8, Track 8 from Air America soundtrack (MCA 6467, 1990)
Disc 8, Track 9 from Live at The Apollo (GRP GRD-9637, 1991)
Disc 8, Tracks 10-13 from There is Always One More Time (MCA 10295, 1991)
Disc 8, Track 14 from Garfield: Am I Cool or What? (GRP GRD-9641, 1991)
Disc 8, Track 15 from “Parisienne Walkways ’93″ CD single (Virgin VSCDT 1456, 1993)
Disc 9, Tracks 1-3 from Blues Summit (MCA 10710, 1993)
Disc 9, Track 4 from Heart to Heart (GRP GRD-9767, 1994)
Disc 9, Track 5 from All Blues (GRP GRD-9800, 1995)
Disc 9, Track 6 from How Blue Can You Get? Classic Live Performances 1964-1994 (MCA 2-11443, 1996)
Disc 9, Tracks 7-8 from Deuces Wild (MCA 11711, 1997)
Disc 9, Tracks 9-12 from Blues on the Bayou (MCA 11879, 1998)
Disc 9, Tracks 13-16 from Let the Good Times Roll: The Music of Louis Jordan (MCA 088 112 042-2, 1999)
Disc 10, Tracks 1-2 from Riding with the King (Reprise 47612, 2000)
Disc 10, Tracks 3-6 from Making Love is Good for You (MCA 088 112 241-2, 1999)
Disc 10, Track 7 from A Christmas Celebration of Hope (MCA 088 112 756-2, 2001)
Disc 10, Track 8 from Reflections (MCA B0000532-02, 2003)
Disc 10, Track 9 from Genius Loves Company (Concord 13431 2248-2, 2004)
Disc 10, Tracks 10-11 from 80 (Geffen B0005263-02, 2005)
Disc 10, Tracks 12-13 from A Touch in Common: One Touch EP (Geffen, 2005)
Disc 10, Track 14 from Live (Geffen B0009770-02, 2006)
Disc 10, Tracks 15-19 from One Kind Favor (Geffen B0011971-02, 2008)