Anche Fatti (Bene) Da Al Di Meola, I Beatles Sono Pur Sempre I Beatles – Across The Universe

al di meola across the universe

Al Di Meola – Across The Universe – earMUSIC

Tra il 2017 e il 2018 Al Di Meola ha pubblicato due dischi: Opus e Elegant Gypsy & More 40th Anniversary Live, che festeggiava appunto i 40 anni dall’uscita del suo album più fortunato (e bello) https://discoclub.myblog.it/2018/07/19/uno-dei-migliori-album-del-jazz-rock-anni-70-rivisitato-40-anni-dopo-dal-vivo-al-di-meola-elegant-gypsy-more-live/ , il secondo registrato in versione full band e il primo diciamo con “full sound” elettrico, con Al che si occupava in ogni caso di tutti gli strumenti, piano e tastiere escluse. La stessa formula sonora è stata applicata per questo Across The Universe, che come lascia intuire il titolo è un tributo alla musica dei Beatles, il secondo capitolo, in quanto già nel 2013 Di Meola aveva pubblicato il disco acustico All Your Life: A Tribute to the Beatles Recorded at Abbey Road Studios, London, che sin dal titolo esplicitava chiaramente i suoi contenuti, presentando la visione personale del chitarrista del New Jersey della musica dei Fab Four, della quale anche lui, come molti di noi, è stato un avido ascoltatore negli anni formativi e che poi è sempre rimasta nel suo cuore.

Vediamo cosa ha scelto Di Meola per il secondo capitolo del suo tributo: ovviamente non ci sono brani in comune nei due dischi, ma cambia quasi completamente l’approccio sonoro, qui decisamente più rutilante e pirotecnico, senza però mai perdere di vista l’approccio melodico e complesso della musica di Lennon & McCartney (ma anche un brano di George Harrison, e persino un frammento di un pezzo di Ringo). Come si diceva il nostro amico suona tutto; chitarre acustiche ed elettriche come piovesse, inclusa la sua celebre Gibson nera del 1971 che non suonava dai dischi dei Return To Forever e nei primi due da solista, Land Of The Midnight Sun e Elegant Gypsy, un basso Rickenbacker, lo stesso modello suonato da MccCartney, ma anche batteria e percussioni (cajon e rullante), facendosi solo aiutare da un suonatore di tablas, in un paio di brani l’accordion, il tutto utilizzando lo stesso approccio one-man-band usato dai Beatles per il White Album. Il disco ha un suono splendido, Di Meola suona utilizzando al massimo la sua tecnica sopraffina per adattare e rivisitare la musica attraverso arrangiamenti di taglio rock (jazz), con parecchie parti aggiunte da lui, visto che il suo strumento principale non è la voce, che è praticamente assente, ma le chitarre, che fanno quindi anche le parti delle voci soliste.

Prima di iniziare un cenno alla copertina, che rivisita la foto di Rock’n’Roll, il disco di John Lennon del 1975, e poi 14 canzoni in sequenza, alcune celeberrime, altre meno note e scontate, partendo proprio dall’unico brano di Harrison, una splendida Here Comes The Sun, particolarmente adatta al suono stratificato delle chitarre, che ruotano intorno alla classica 12 corde, su cui si inseriscono le parti soliste intricate ma che non tralasciano il classico riff della canzone, e tutti i brani durano il doppio degli originali. Una bella sorpresa il medley di Abbey Road, da Golden Slumbers a Carry That Weight che mantiene il fascino della melodia originale, grazie alle magiche chitarre di Di Meola https://www.youtube.com/watch?v=ewU33TXlEWg , che si trasferiscono in Oriente grazie alle derive modali di una splendida Norwegian Wood, dove il tipico melody-bridge e ritorno dei pezzi dei Beatles viene arricchito dalle tablas e soprattutto dalle lunghe improvvisazioni di Al che ricordano il suono del periodo con McLaughlin e De Lucia, prima anche una sinuosa Dear Prudence, dove appaiono brevemente le voci di Di Meola e della figlia.

Altra perla acustica è la delicata Mother’s Nature Son, sempre con le prodigiose acustiche in azione https://www.youtube.com/watch?v=jchyHiTQrEI , e quella che sembra una fisa sullo sfondo, anche se forse il brano migliore dell’album è una magnifica Strawberry Fields Forever, avvolgente e complessa, in un crescendo elettrico di rara bellezza, pure la melodia indimenticabile di Yesterday viene ampliata oltre i cinque minuti per permetterc di ascoltarei le divagazioni del nostro, che poi si cimenta in una strana Your Mother Should Know a tempo di flamenco e con le note immortali di Hey Jude, all’inizio quasi irriconoscibile, e poi ancora caratterizzata dal suono della fisarmonica che gli dà un piglio quasi mitteleuropeo. Una malinconica e mossa I’ll Follow The Sun, la dolcissima Julia, Till There Was You che parte piano e poi assume un crescendo irresistibile, e infine uno dei miei preferiti assoluti di McCartney, quel capolavoro che risponde al nome di Here, There And Everywhere, qui eseguita solo con una acustica arpeggiata  https://www.youtube.com/watch?v=fvxqgpWNew0 . Prima di congedarci un breve divertissement per Octopus Garden, “cantata” dalla figlia più piccola di Di Meola. Quindi questi sono i Beatles visti superbamente dall’occhio di un grande Musicista, innamorato della loro musica.

Bruno Conti

Uno Dei Migliori Album Del Jazz-Rock Anni ’70, “Rivisitato” 40 Anni Dopo Dal Vivo. Al Di Meola – Elegant Gypsy & More LIVE

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Al Di Meola – Elegant Gypsy & More LIVE – earMUSIC/Edel

Non si può certo dire che Al Di Meola nella sua carriera non abbia mai pubblicato dischi live: ne sono usciti almeno sei, oltre ad una decina di DVD e a quelli delle collaborazioni con John McLaughlin e Paco De Lucia, oltre a reunion varie dei Return To Forever. Uno dei suoi dischi solisti più belli del post RTF, anzi probabilmente il suo migliore in assoluto, era stato Elegant Gypsy, di cui proprio lo scorso anno si festeggiavano i 40 anni dall’uscita con un tour celebrativo. A differenza di altri eventi simili, però nel corso dei concerti non è stata eseguita la totalità dei brani contenuti in quel disco, ma solo una piccola selezione degli stessi: o almeno questo è quanto risulta dalla scaletta di questo Elegant Gypsy & More LIVE, che a sua volta festeggia quel fortunato tour. Con Di Meola suona una formazione di tutto rispetto, che forse non può competere con i RTF originali, Chick Corea, Lenny White e Stanley Clarke, oltre allo stesso Al, erano un bel “gruppettino”, e anche nell’Elegant Gypsy originale suonavano fior di musicisti, disco di cui appaiono “solo” tre brani  (manca per esempio la splendida title track), ma ci provano https://www.youtube.com/watch?v=EYl6qh_ZvDc .

Si diceva della formazione del tour: oltre a Di Meola, con la sua immancabile Les Paul, troviamo Philippe Saisse, bravissimo tastierista francese, Evan Garr, al violino, Gumbi Ortiz, alle percussioni, Elias Tona, al basso e Luis Alicea, alla batteria: il risultato è un disco scintillante che rivisita il classico jazz-rock degli anni ’70, quello mediato dal latin-rock, ma anche dal rock classico, per esempio esplicitato in una versione breve ma potente di Black Dog,  proprio il brano dei Led Zeppelin, riproposto in veste strumentale, dove il violino fa la parte della voce di Plant,, mentre Di  Meola con le sue scale velocissime e fiammeggianti cerca di non fare rimpiangere Jimmy Page, e se McLaughlin (e Larry Coryell) hanno “inventato” l’uso della chitarra elettrica nel jazz-rock, Di Meola ne è stato negli anni uno degli interpreti migliori nel corso delle decadi. One Night Last June, in origine su Kiss My Axe è una partenza strepitosa, sembra di ascoltare i primi Santana quelli migliori, con le percussioni di Ortiz e le tastiere di Saisse in grande evidenza, ma pure il violino elettrico e poi Di Meola è subito straripante, con la sua tecnica incredibile, soprattutto l’uso del vibrato, ma anche un grande gusto per i particolari ed un feeling sopraffino; Senor Mouse scritta da Chick Corea, era su Hymn Of The Seventh Galaxy, il disco con Bill Connors, ma anche Di Meola l’ha incisa su Casino, e la melodia spagnoleggiante del brano è memorabile grazie agli incisi deliziosi della solista e del piano (pur se non è da dimenticare che Di Meola nonostante il cognome, e la musica che suona, è di origine italiana).

Molto buone anche Adour, da Elysium, più lenta, sognante e raffinata, e dallo stesso disco del 2015 anche Babylon, con intermezzi vocali, un arrangiamento più composito e che dopo un inizio attendista si scatena sui vorticosi interventi dei solisti. Chiquilin De Bachim è un omaggio alla musica di Piazzolla, sound comunque rotondo ed incalzante, benché fedele alla melodia originale, che ci introduce al primo dei brani di Elegant Gypsy, una fantasmagorica Flight Over Rio, che potrebbe ricordare i Santana del periodo di Lotus o addirittura I Rush più intrippati. Di Black Dog abbiamo detto, a seguire, senza requie, sempre dal  disco del 1977 una ottima Midnight Tango, molto rilassata e godibile nelle sue morbide spire, con la chitarra ariosa di Di Meola affiancata dal piano di Saisse e dal violino di Garr https://www.youtube.com/watch?v=-TTKWMM4-W8 ; Egyptian Danza, nuovamente da Casino, evidenzia anche temi etnici comunque sempre affrontati a velocità supersoniche e con virtuosismi incredibili da Di Meola e soci che si congedano dal pubblico presente al concerto con Race With Devil On Spanish Highway, un pezzo di chiara impronta rock il cui riff rimanda nuovamente ai Santana del terzo album, con le linee liquide della solista del nostro che sono un vero piacere per gli amanti dello strumento, sempre affrontate a velocità da ritiro della patente. Un ottimo live. Esce domani 20 luglio.

Bruno Conti

In Attesa Del Nuovo Live Ecco “L’Altro” Bonamassa. Rock Candy Funk Party – Groove Is King

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Rock Candy Funk Party Featuring Joe Bonamassa – Groove Is King – J&R Adventures/Provogue

Forse, anzi sicuramente, il pubblico non è lo stesso che segue i suoi album blues, e magari neppure quelli più rock, ma uno dei motivi di interesse dei Rock Candy Funk Party è quel termine featuring, con la partecipazione di…Joe Bonamassa. Non per nulla l’album, come il primo di studio e l’ottimo Live At Iridium, esce per la J&R Adventures, l’etichetta di Joe. Possiamo definire questo progetto un “divertissement” per il chitarrista newyokese? Naturalmente, ma come tutte le cose che fa Bonamassa è sì un album creato per divertire, ma suonato, come di consueto, con tutti i crismi della grande professionalità. Poi il risultato finale è pure piacevole all’ascolto, il famoso groove del titolo non manca, se nel primo disco era un omaggio al We Want Groove di Miles Davis, in questo Groove Is King dovrebbe essere più legato al funky, perfino alla disco meno bieca, perché se la traduzione letterale di “groove” è solco, quella più vicina al senso che interessa noi è di tipo ritmico, l’equivalente, più o meno, di riff, in ambito melodico, o swing in quello jazzistico. Prima di perdermi in un cul de sac (il doppio senso è voluto) diciamo che i fattori ritmo e divertimento hanno una notevole importanza in questi progetti, ma il tutto visto in un’ottica ricercata!

Mi rendo conto che mi sto incasinando sempre di più, per cui diciamo che poco cambia rispetto agli album precedenti, Tal Bergman, il batterista e produttore, Joe Bonamassa il chitarrista, Ron DeJesus, il secondo chitarrista e Mike Merritt, il bassista (nonché figlio di Jymie, che era ai tempi il bassista dei Jazz Messengers di Art Blakey, un altro che di ritmo se ne intendeva), sempre affiancati da Renato Neto e Fred Kron alle tastiere, con l’aggiunta di una sezione fiati, guidata e arrangiata dal trombettista Randy Brecker,  con Daniel Sadownick alle percussioni (quest’ultimo e Neto, anche nei dischi precedenti), e tale Zia, alla voce. Maestro di Cerimonie è Mr. Funkadamus, ovvero un Billy Gibbons degli ZZ Top completamente calato nella parte, mentre le influenze musicali, che i vari componenti del gruppo citano alla rinfusa, andrebbero dai Daft Punk ai Brecker Brothers, da Mark Ronson ai Massive Attack, passando per i Led Zeppelin!

Sarà vero? Verifichiamo! Dopo la prima introduzione da parte di Mr. Funkadamus ci tuffiamo nella title-track Groove Is King, che diversamente da quanto ci raccontano viaggia sempre dalle parti di quel jazz-rock alla Herbie Hancock Headunters, Stratus di Billy Cobham, Return To Forever, con chitarre “cattive”, tastiere e ritmi sonori sostenuti, come usava nel primo disco e nel live. Poi Low Tide ammorbidisce leggermente i suoni, entrano i fiati, il groove si fa più funky, il basso si arrotonda, le chitarrine sono più ammiccanti e siamo dalle parti di Rufus, Earth, Wind And Fire, Average White Band,  con un vecchio synth a conferire quel flavor anni ’70. Uber Station fonde la chitarra “cattiva”  e rock di Bonamassa con dei fiati alla Brecker Brothers, perché, diciamocelo tra noi, questo disco, nonostante le influenze citate dubito fortemente che sia indirizzato ai fan di Daft Punk e Ronson (forse Mick più che Mark!) https://www.youtube.com/watch?v=gWGxjmt-9tw . East Village addirittura profuma di jazz, con il piano elettrico che si intreccia alle evoluzioni delle soliste (se no Bonamassa che ci starebbe a fare?), insomma siamo sempre dalle parti del Miles Davis “grooveggiante” https://www.youtube.com/watch?v=UH88BuNz8Bc .

If Six Was Eight (uno meno di Hendrix) è un festival di percussioni varie, mentre Cube’s Brick potrebbe passare addirittura per un brano dei Weather Report con le chitarre aggiunte (e che chitarre, qui Bonamassa ci dà dentro di gusto) https://www.youtube.com/watch?v=vJQgpVJdA6M . Torna lo sponsor Mr.Funkadamus per la presentazione del singolo Don’t Be Stingy with the SMTPE, che grazie anche al video con il gruppo di “gnoccolone” che sostituiscono i RCFP, ha quell’aura funky e danzereccia anni ’70 e anche C You On The Flip Side è puro funky con fiati. Digging In The Dirt, che è proprio quella di Peter Gabriel, già di suo si prestava al genere, ma qui, stranamente, è meno ritmata e più ricercata dell’originale, con la citata “Zia” che vocalizza nel finale https://www.youtube.com/watch?v=yYid5Do1UM0 . Don’t Funk With Me è più rockeggiante di quanto farebbe supporre il titolo, con un bel solo della tromba “trattata” di Brecker e poi i chitarristi che prendono il possesso del brano https://www.youtube.com/watch?v=OCjf9yD1AhQ , The 6 Train To The Bronx, di nuovo con tromba e chitarra in bella evidenza è più jazz che funky, e ancora di più Rock Candy, che è un pezzo di cool jazz quasi puro, anzi togliete il quasi, Rock appare solo nel titolo del brano https://www.youtube.com/watch?v=mT4gUC7sxHc . Ultimo “commercial” di Gibbons e siamo alla conclusione con The Fabulous Tales Of Two Bands, l’unica traccia che in effetti sembra una qualche outtake dei Prodigy, con intrusioni rock dei Led Zeppelin, per rovesciare le parti! Per il resto solo del sano buon vecchio jazz/rock/funky suonato come si dovrebbe!            

Bruno Conti

Un Supergruppo Di Non Famosi, Tranne Uno, Mr. Bonamassa! Rock Candy Funk Party – Takes New York Live At The Iridium

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Rock Candy Funk Party – Takes New York  Live At The Iridium 2CD+DVD J+R Rec.

Mentre è uscito anche l’atteso doppio album dal vivo con Beth Hart (nei prossimi giorni recensione completa sul Blog), Joe Bonamassa ci delizia con una delle sue tante avventure trasversali. I Rock Candy Funk Party nascono, come primo nucleo, nel 2007, dall’incontro tra il batterista e produttore Tal Bergman e il chitarrista Ron DeJesus per un disco intitolato Groove Vol.1, programmatico fin dal titolo. Negli anni successivi sono entrati via via in formazione il bassista Mike Merritt, il tastierista Renato Neto e, nel 2012, Joe Bonamassa. A questo punto le cose si sono fatte serie, la formazione ha inciso un primo CD di studio per l’etichetta di Bonamassa, We Want Groove, dove lo stile strumentale della band, che fonde jazz, rock, funky, fusion ha raggiunto una sua quadratura, rimanendo però assai ricco nel reparto improvvisazione https://www.youtube.com/watch?v=MCrXcvsRwPs .

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Tra un impegno e l’altro, il gruppo, con l’aggiunta di Daniel Sadownik alle percussioni, ha deciso di registrare un concerto all’Iridium di New York, per pubblicare un doppio CD dal vivo, con DVD (o Blu-Ray) allegato, che riporta, oltre al concerto, un ricco documentario girato dietro le quinte, più di 100 minuti di musica, nella migliore tradizione del genere, che proprio in questa modalità dà i migliori risultati. Forse non saranno un “supergruppo”, visto che l’unico famoso (ma non celeberrimo) è proprio Bonamassa, ma se conta la bravura allora ci siamo.

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Il titolo del primo disco era ispirato da un celebre album di Miles Davis, ma il primo brano, Octopus-E  ha un groove che è puro Herbie Hancock Headhunters circa Man-Child. con Wah-Wah Watson, Blackbyrd McKnight e David T-Walker alle chitarre https://www.youtube.com/watch?v=Cv_GE_n2oZQ . Non si può dimenticare il suono di Spectrum di Billy Cobham, con Tommy Bolin alla chitarra, quello dei Return To Forever di Chick Corea, Al Di Meola e Stanley Clarke, la Mahavishnu Orchestra, gli Eleventh Hour di Larry Coryell e Alphonse Mouzon, tutto un periodo glorioso che rivive nelle esplosioni ritmiche e chitarristiche di Work https://www.youtube.com/watch?v=DgoY7t1eGrQ . Ma anche il Jeff Beck del periodo jazz-rock, le percussioni latineggianti di Sadownik, le evoluzioni al basso di Merritt, le twin guitars di Bonamassa e DeJesus in We Want Groove, stanno tra il Santana influenzato da John McLaughlin, il Davis del periodo elettrico e tutto quel jazz-funky meticciato che impazzava nella prima metà anni ’70, potreste rifarvi alla famosa rubrica della settimana enigmistica, “scopri la differenza”!

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Tanto virtuosismo, ma anche tanto divertimento, la facciata accettabile del prog-rock virtuosistico e fine a sé stesso di molti gruppi (ma non tutti). Bonamassa si sente spesso e volentieri, ma è primus inter pares, le tastiere di Neto, oltre che salire al proscenio spesso, soprattutto con il piano elettrico, con la parte elettronica dei synth svolgono anche le funzioni che erano dei fiati (e parliamo sempre di We  Want Miles). Si vede e si sente che i musicisti (e il pubblico) si divertono, il wah-wah di Bonamassa (o DeJesus, o entrambi) e il piano elettrico di Neto sono frenetici nella superfunky Heartbeat,, ma il gruppo se la cava egregiamente anche nelle atmosfere liquide e sognanti di New York Song, dove anche le linee melodiche e non solo il groove inarrestabile hanno un loro spazio. Però quando la batteria di Bergman innesta le alte velocità ritmiche di Spaztastic, che sono nuovamente figlie di Spectrum, ma anche di James Brown, Sly and Family Stone e di tutti i funky drummers passati e futuri, le attitudini jam del gruppo prendono il sopravvento, in un’orgia di tastiere, chitarre e strumenti ritmici che folleggiano ondeggiando per la gioia degli ascoltatori. E siamo solo alla fine del primo CD.

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Altri sei brani nel secondo, con le lunghezze che si allungano, due oltre i dieci minuti e uno oltre i quindici: Ode To Gee sperimenta sonorità spaziali (sia come attitudine musicale che mentale, anche se non sono vestiti con quelle tutine da astronauti che impazzavano all’epoca), sempre in quel territorio tra jazz, rock e funky che è prerogativa dei Rock Candy Funk Party, non potendo tradire il proprio nome https://www.youtube.com/watch?v=c7SW3z3BVho . Un ensemble molto democratico, dove Bonamassa è la star, con i suoi soli e scale fulminanti, ma il suono è decisamente compatto, come nella “breve” Dope On A Rope, ricercato, sperimentale e ricco di inventiva nella lenta e sinuosa The Best Ten Minutes Of Your Life. Non siamo proprio a un concerto dei Kiss, per capirci, anche quando i ritmi si fanno nuovamente “fonky”  in Steppin’ Into It,  le evoluzioni sono comunque più per il cervello che per i piedi. Il rituale dell’assolo di batteria non poteva mancare, fa parte della liturgia, ma poi arrivano tutti gli altri che alla fine si scatenano nella devastante e lunghissima One Phone Call, vero tributo al jazz-rock e al virtuosismo dei suoi interpreti. Se vi piace Whole Lotta Love e non Quadrant forse avete sbagliato disco, se vi piacciono tutte e due e anche gli assolo di synth potreste averci preso!

Bruno Conti                                                      

Novità Di Giugno Parte IIa. King Crimson, Neil Young, Amy MacDonald, Pat Metheny, Giant Giant Sand, Smashing Pumpkins, Sade, Fiona Apple, Grace Potter, Glen Hansard, Return To Forever

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Sospendo momentaneamente la raffica di recensioni Blues e gli spazi dedicati al Boss per dare spazio alle moltissime uscite che come al solito si affollano in questo mese di giugno, quindi vediamo le pubblicazioni in uscita il 19 giugno e quelle già uscite il 12 giugno, di cui già non si era parlato sul Blog, diviso in due parti, oggi parte IIa.

King Crimson sospendono pure loro le pubblicazioni per il 40° anniversario della band per dare spazio a questo doppio DVDA pubblicato dala Discipline/Panegiric in Italia Self, Live In Argentina contiene materiale registrato nell’ottobre del 1994, 8 ottobre Teatro Broadway, sia in versione audio 5.1 che video. Il mese è lo stesso del doppio B’Boom, uscito nel 1995, che casualmente era sempre dal vivo in Argentina, quindi occhio. Si tratta delle registrazioni del doppio trio, Fripp, Belew, Gunn, Levin, Bruford, Mastellotto.

Sempre della serie ripubblichiamo, ripubblichiamo, ripubblichiamo è uscito questo piccolo cofanetto di Neil Young intitolato Official Release Series Discs 1-4 che semplicemente contiene i primi 4 album, Neil Young, Everybody Knows This Is Nowhere, After The Gold Rush e Harvest nelle versioni rimasterizzate uscite nel 2009. Per chi non li aveva già presi sciolti ha un prezzo interessante perché dovrebbe costare una ventina di euro, forse meno.

Amy MacDonald è una brava cantautrice scozzese, quella di This Is The Life del 2007, che pubblica per la Mercury il suo terzo album di studio (ne ha fatti anche un paio dal vivo). Non manca la solita Deluxe Edition con nove braniin più, 5 acustici, 3 singalong instrumental versions (giuro) e una traccia nascosta. E’ uscito, come i due riportati sopra, il 12 giugno.

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Sempre il 12 giugno sono usciti anche questi tre.

Dopo un paio di album in solitaria e le collaborazioni con Brad Mehldau, Pat Metheny ritorna a registrare con una band e per la prima volta da 80/81 con una band che comprende un sassofonista e clarinettista, Chris Potter, gli altri sono il “solito” batterista Antonio Sanchez e il bassista Ben Williams. Il disco si chiama Unity Band ed è uscito per la Nonesuch.

Nuovo album dal vivo per Sade, il titolo è Bring Me Home Live 2011, formato CD+DVD, ma c’è anche in DVD o Blu-Ray, etichetta RCA Sony/BMG,

Tucson è il nuovo album della band di Howe Gelb, ora Giant Giant Sand visto che si sono ampliati per fare spazio a nuovi musicisti, prima fra tutti la pedal steel dell’ottima Maggie Bjorklund, una sezione archi e tre vocalists aggiunti, Lonna Kelley, Brian Lopez e Gabriel Sullivan. Se notate dei punti di contatto con il sound dei Calexico, ricordate che Convertino e Joey Burns vengono dai Giant Sand. Etichetta Fire Records, bel disco! 

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Questi sono in uscita domani, martedì 19 giugno.

Dopo Zeitgeist nuovo album per gli Smashing Pumpkins, titolo Oceania, etichetta Virgin. Stranamente non ci sono Deluxe Editions, solo il doppio vinile.

Invece il quarto album di Fiona Apple una Deluxe Edition ce l’ha, insieme ad uno dei titoli più lunghi della storia recente The Idler Wheel Is Wiser Than The Driver Of The Screw And Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do. Comunque non ce la fa per poco ( 23 a 25, una curiosità) a battere il titolo del primo brano del disco Second Contribution di Shawn Phillips (tra l’altro bellissimo) che si chiamava She Was Waiting For Her Mother At The Station In Torino And I Know I Love You Baby But It’s Getting To Heavy To Laugh, per gli amici (SWWFHMATSITAYKILYBBIGTH). Curiosità a parte, il nuovo album della Apple è molto bello, esce per la Sony Columbia e nella versione Deluxe oltre a quel libretto verde che ricorda i vecchi registri di classe contiene anche un DVD con 5 brani video registrati al South By Southwest di Austin di quest’anno, oltre a una bonus track, costa caruccio. Solo Fiona Apple, piano, tastiere e voce e tale Seedy, che dovrebbe essere Charlie Drayton, percussioni e strumenti vari.

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Glen Hansard, irlandese, è stato il leader dei Frames fino a metà anni 2000, poi con Marketa Irglova ha iniziato l’avventura Swell Season che lo ho portato nuovamente ad essere attore nel film Once di cui aveva anche composto la colonna sonora (perché è cosa poco nota che era anche uno degli attori-cantanti nel film The Commitments). Ora parte la fase tre della sua carriera con il primo album da solista, Rhythm And Repose, che esce questa settimana per la Anti Records. Inutile dire che c’è la Deluxe Edition, singola, con 3 brani in più.

Già nel 2009 erano usciti un doppio CD Returns e un DVD registrato al Festival di Montreux che documentavano il loro tour di rientro, quello con la formazione più famosa, con Al Di Meola alla chitarra solista. Ora Chick Corea, Stanley Clarke e Lenny White, con l’aggiunta di Jean-Luc Ponty al violino e Frank Gambale alla chitarra pubblicano come Return To Forever un nuovo cofanetto triplo, 2CD+DVD, The Mothership Returns, pubblicato dalla Eagle Rock e relativo al tour del 2011. Il DVD però non ha lo stesso contenuto del doppio CD, ma si tratta di un documentario “Inside The Music” che racconta la storia del tour, due brani registrati dal vivo a Austin e Montreux e il trailer di un film che si chiamerà The Return To Forever Story di prossima uscita.

Per finire questa prima parte vi ricordo che domani è in uscita anche il nuovo album di Grace Potter And The Nocturnals, l’ottima band rock americana. L’album precedente, omonimo, non mi aveva soddisfatto a pieno, a causa di una produzione troppo “commerciale”. Questa volta la band, che dal vivo fa sempre del rock onesto e gagliardo, con la Potter ottima vocalist, si è affidata alla produzione di Dan Auerbach dei Black Keys per un brano e Jim Scott che ha lavorato con Petty, Wilco e Tedeschi Trucks band per il resto dell’album. Il risultato, pubblicato dalla Hollywood Records, solo per il mercato americano, è ottimo. Ovviamente c’è la versione Deluxe con due tracce extra più due duetti, uno con Kenny Chesney e uno con Willie Nelson. Il CD si chiama The Lion, The Beast, The Beat.

A domani per il seguito.

Bruno Conti

Un Po’ Mi Mancava! Al Di Meola – Pursuit Of Radical Rhapsody

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Al Di Meola – Pursuit Of Radical Rhapsody – Telarc

Toh chi si rivede! Lo dico per me, non per lui, era da un po’ di anni che le nostre strade non si incrociavano: Al Lawrence Di Meola, nativo di Jersey City, New Jersey, negli anni ’70 (e oltre) era stato un frequentatore abituale del mio giradischi e poi lettore CD, quasi come “l’altro” nativo dello stato del Nord America. In quegli anni si ascoltava, giustamente, di tutto e di più (e tempo permettendo mi piace farlo ancora oggi) e la scena musicale era assai movimentata. Erano gli anni delle fusioni tra diversi tipi di musica: nell’ambito jazz tutto nasceva dalla cosiddetta svolta “elettrica” di Miles Davis.

Senza farla troppo lunga molti dei suoi discepoli avevano fondato i loro gruppi, uno dei più validi ed interessanti erano sicuramente i Return To Forever di Chick Corea che nascono come gruppo acustico/elettrico nella versione con Flora Purim e Airto Moreira e diventano tra gli alfieri del jazz-rock con l’ingresso in formazione prima di Bill Connors e poi di Al Di Meola alla chitarra elettrica (e di gruppi fantastici ce n’erano molti in questo ambito, dalla Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin agli 11th Hour di Larry Coryell passando per la svolta strumentale di Jeff Beck). Musicisti, parliamo dei chitarristi in particolare, che univano il jazz con il rock di Hendrix e Santana (e mille altri), la musica latina, il flamenco e qui penso in modo più specifico a Al Di Meola che entra nei Return To Forever (riuniti proprio nel 2009 per un tour e relativo CD e DVD) nel 1974 con lo scintillante Where I have known you before e ci rimane fino al 1976 di Romantic Warrior.

Tre anni intensi che sfociano nel primo album da solista Land Of the Midnight Sun seguito dall’eccellente Elegant Gipsy e dall’altrettanto buono Casino. Nel secondo album c’era la versione di studio di Mediterranean Sundance quello straordinario duetto acustico con Paco Di Lucia che da lì a poco, con l’aggiunta di John Mc Laughlin, nel 1980, avrebbe dato il via all’epocale Friday Night In San Francisco un disco dove le chitarre acustiche raggiungono vette di virtuosismo e creatività fantastiche.

Devo dire che da quando, anche per problemi di salute dovuti al tinnito, “l’italiano” Di Meola ha abbandonato l’elettrica per dedicarsi ad uno stile ibrido che fondeva la world music, il flamenco, qualcosa di classica, un pizzico di new age come aveva fatto molto meglio agli inizi, me le ero un po’ perso per strada. Sarà la pausa di cinque anni dal precedente Diabolic Inventions And Seduction For Solo Guitar (un titolo, un programma), sarà il ritorno alla chitarra elettrica (celebrata nella reunion con i Return To Forever) alternata o spesso in accoppiata con l’acustica, sarà la scelta del materiale, tra brani originali e azzeccate cover, sarà la presenza di alcuni ospiti di prestigio ma questo Pursuit Of radical rhapsody mi sembra il suo disco migliore da lunga pezza.

Dall’apertura con la lunga suite Siberiana dove la chitarra acustica di Di Meola si misura con la fisarmonica di Fausto Beccalossi (sarà parente del mitico Evaristo? temo di no!) fino all’ingresso delle vibrazioni della chitarra elettrica mentre l’ottima ritmica del batterista Peter Kaszas e del contrabassista Victor Miranda unita alle percussioni di Gumbi Ortiz e alla seconda chitarra di Kevin Seddiki (così li abbiamo nominati tutti), tutti questi elementi ricordano i fasti del “primo” Al Di Meola tra tango, flamenco e jazz-rock come ai vecchi tempi. Paramour’s Lullaby è più melodica ma sempre con la chitarra elettrica (finalmente) in primo piano. Mawazine Pt.1 è il primo di due brevi brani ispirati (anche musicalmente) da una partecipazione a un Festival in Marocco, le percussioni sono di Mino Cinelu.

Michelangelo’s 7th Child è un brano dedicato al padre (e indirettamente al nonno napoletano Michelangelo) e fonde musica popolare, con qualche elemento classico fornito dalla sezione archi dello Sturcz String Quartet. Gumbiero è il primo dei brani più jazz latini che vede la partecipazione del grande pianista Gonzalo Rubalcaba e le percussioni di Gumbi Ortiz in grande evidenza. Fireflies è un flamenco tangato (ma esisterà, l’ho sparata lì) mentre Destination Gonzalo è un altro bel duetto latino con Rubalcaba mentre Bona è un pezzo acustico con il quartetto d’archi. Rimangono Radical Rhapsody di nuovo con Rubalcaba e con l’ottimo Peter Erskine che appare anche in altri due brani. Le due cover finali sono due grandi standard Strawberry Fields dei Beatles e Over The Rainbow, in entrambe appare Charlie Haden al contrabbasso a nobilitare le operazioni e il risultato è ottimo.

Bruno Conti