“Tesori Nascosti”. Rich Hopkins & Luminarios – Buried Treasures

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Rich Hopkins & Luminarios – Buried Treasures – San Jacinto/Blue Rose 2012

Tucson è da sempre considerata una delle capitali musicali degli Stati Uniti, da lì vengono sfornati regolarmente dischi interessanti, frutto dell’impegno di artisti ispirati dal deserto dell’Arizona e dai suoni contaminati tanto dalle radici natie, quanto da ritmi e liriche messicane. Uno di questi, Rich Hopkins, appartiene alle cronache del “desert rock sound”, quel suono arso e chitarristico che si sviluppò negli anni ’80 in Arizona ed ebbe come rappresentanti primari i Thin White Rope, Naked Prey, Giant Sand ed altri outsiders minori che sfociavano nell’underground. Rich è da tempo uno degli esponenti di punta del movimento, è stato leader dei Sidewinders (e ancora oggi Witchdoctor del 1989 ne testimonia la validità sonora) e quando l’avventura è finita, prima ha mutato i Sidewinders in Sand Rubies e poi ha formato i Luminarios negli anni ’90. La fortuna di Rich Hopkins è comunque stato il passaggio alla Blue Rose, con cui ha realizzato diversi dischi e si è  costruito una solida reputazione in Germania tramite alcuni Tour , uno dei quali testimoniato dal live 3000 Germans Can’t Be Wrong e ultimamente Live At The Rockpalast Crossroads Festival.

L’attuale “line-up” del gruppo oltre al leader (chitarra e voce), è composta da Jon Sanchez alle chitarre e piano, Duane Hollis al basso, Alan Anderson alla batteria, George Duron percussioni, amici di lungo corso come Ken Andree, Amy Munoz, Winston Watson, Ernie Mendoza e la sua attuale compagna Lisa Novak cori e tamburello (co-autrice con Rich di ben nove brani di questo lavoro). Buried Treasures (come tutti quelli del suo immenso “songbook”) è il disco in cui la scrittura e le caratteristiche sonore dei Luminarios trovano piena realizzazione, attraverso canzoni che offrono un quadro composito e quanto mai vario della sua musica e che richiamano le atmosfere dilatate, i miraggi desertici, e l’uso acido e distorto delle chitarre (degne del Neil Young di Zuma).

Dopo un intro pianistico, la triade iniziale Dark Side of The Spoon, A Stone’s Throw, e in primis Betcha Gotcha Now!, brilla di un rock-sound che fa riferimento al Paisley Underground del tempo passato, che aveva nei Dream Syndicate  di Steve Wynn la massima espressione. See How They Run è una ballata elettrica dove il piano è protagonista, mentre la seguente Outta My Head in stile rock anni ’60 è trascinante, con il controcanto della Novak in evidenza. Strutter è roboante con un grande riff chitarristico, mentre la seguente Alycia Perez  cantata in spagnolo da Salvador Duran (cantante e gloria locale di Tucson) è un brano spumeggiante con sventagliate elettriche. Il livello si alza con il capolavoro del CD, una lunga e dilatata Friend of The Shooter, un rock epico, lancinante e chitarristico, che sembra uscito dalle migliori pagine del Neil Young ventoso e desertico, quello del periodo con i Crazy Horse. Si prosegue con Good Morning un brano strumentale dove sembra che le chitarre si parlino e fraseggino fra di loro, seguita dalla “title track” un brano elettrico dai toni delicati. La chiusura è un omaggio strumentale Sweet Dreams, Lisa, all’attuale musa ispiratrice del chitarrista dell’Arizona.

Rich Hopkins è un rocker di razza, e a parte il suo amore (musicale) quasi morboso per Young (di cui ha eseguito spesso le canzoni) quest’uomo sa come far parlare una chitarra e nel caso aveste qualche dubbio, ascoltate questo disco e troverete riffs taglienti, feedback e tastiere rigorosamente anni ’60, e si capisce quindi come il rock dei Luminarios abbia una connotazione molto sixties-oriented. Se non avete niente di Rich Hopkins nell’elenco dei vostri CD, e vi piace il genere, quale occasione migliore per rimediare e dare fiducia ad un nuovo amico?.

Tino Montanari