Novità Di Maggio Parte II. Luther Dickinson, South Memphis String Band, The Wandering, Glenn Frey, Royal Southern Brotherhood, Alo, Damon Albarn, John Fullbright, Sara Watkins, Keane, Richard Hawley, Pat Green, Eccetera.

 

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Ecco i dischi in uscita da domani 8 maggio.

Cominciamo con un trio di uscite per così dire inconsueto: come direbbe Asterix dal suo piccolo villaggio della Gallia, SPQA Sono Pazzi Questi Americani. Non pago del 78 giri pubblicato per il Record Store Day Luther Dickinson esce con tre nuovi album differenti e attribuiti a tre diverse sigle ma tutti con il suo zampino. Il primo, a suo nome, Hambone’s Meditations esce per la Songs Of The South ed è un disco di musica acustica strumentale ispirata da John Fahey ma soprattutto da Jack Rose e dovrebbe essere stato registrato nel 2009. Il secondo, attribuito alla South Memphis String Band, pubblicato dalla Memphis Int’l, si chiama Old Times There ed è la nuova fatica del gruppo che lo vede accanto ad Alvin Youngblood Hart, Jimbo Mathus e il nuovo arrivato Justin Showah, per la valorizzazione del lavoro delle string band e della musica tradizionale della zona del Mississippi e dintorni in generale. Il terzo album (come era stato per Dave Alvin ai tempi delle Guilty Women) lo vede affiancato da una band tutta al femminile dove spicca il nome della bravissima Shannon McNally, ma anche Amy Lavere, Valerie June e Sharde Thomas (la Lavere è una bravissima cantante e bassista di Memphis, Tennessee che ha pubblicato tre album e un EP a suo nome tra cui l’ottimo Stranger Me dello scorso anno). La band si chiama The Wandering e l’album Go On Now You Can’t Stay Here, etichetta Songs of The South anche in questo caso. Però siccome non mi piace lasciare le cose in sospeso ho fatto una piccola verifica: Sharde Thomas è una suonatrice di Fife, quella specie di flautino di che si usa nelle band tradizionali, e si destreggia alla batteria, ma è anche la nipote di Otha Turner,  e nonostante i 22 anni ha già pubblicato un disco, Valerie June è una giovane cantante blues di cui si parla molto bene che non ha ancora pubblicato album a nome suo, a parte un EP live autogestito. Sono le due “nere” del gruppo.

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Già non è che gli Eagles, a parte i dorati anni ’70, siano mai stati una band particolarmente prolifica, ma anche Glenn Frey, 4 album dal 1982 ad oggi, più un live e un paio di raccolte, non è che si sia dannato l’anima più di tanto (in senso metaforico): 20 anni da Strange Weather e cosa riceviamo in cambio? Questo After Hours, un disco di standard tratti dal grande repertorio americano, Tony Bennett, Nat King Cole, Dinah Washington e classici come The Look Of Love, The Shadow Of Your Smile, For Sentimental Reasons ma anche Caroline No di Brian Wilson, Same Girl di Randy Newman e un classico come Route 66. Ma li farà alla Eagles, in stile Weast Coast, uno pensa? Manco per niente! Allora “raffinati” come l’ultimo Curtis Stigers o un Peter Wolf? Ma nemmeno pensarci, li fa proprio da crooner, più tipo Bublé che i grandi citati prima, da night, alla After Hours come da titolo, ma con il rischio di appisolarsi durante l’ascolto. Ci ha messo due anni a farlo ma a me sono bastati due minuti per ronfare profondamente. Non per niente in molti paesi europei, Italia compresa, esce solo verso la fine giugno. Disponibile da domani sul mercato americano per la Universal. Ad essere generosi si salvano, per me, parere personale ovviamente, Worried Mind, una bella ballata con uso di pedal steel ed il western swing di Route 66. E probabilmente venderà anche parecchio, ma al sottoscritto scappa un bel “Lascia perdere Glenn”!

I Royal Southern Brotherhood sono un gruppo “meticcio” che fonde il “southern” di Devon Allman figlio di Gregg con il sound funky & soul di New Orleans di Cyrille Neville, a loro si aggiunge una solida sezione ritmica con Charlie Wooton, il bassista dei Wood Brothers e il batterista della Derek Trucks Band (e famiglia Allman in generale), Yonrico Scott. Ciliegina sulla torta Mike Zito alla chitarra solista: risultato? Del robusto southern-rock-blues-funky-soul: niente di nuovo, ma per gli amanti del genere c’è da godere. Etichetta Ruf Records, ma stranamente esce prima negli States. In attesa del nuovo live della Derek Trucks Band atteso per fine maggio, per scaldare i motori.

Tra i gruppi americani, gli Alo, Animal Liberation Orchestra, la band di Zach Gill, che incide per la la Brushfire di Jack Johnson del gruppo Universal, si collocano a metà tra lo stile jam band (con influenze Little Feat) e quel sound solare, caraibico, un po’ alla Jimmy Buffett e quindi con influenze country, pop, Bay Area. Sounds Like This è il loro quarto album e per l’estate che si avvicina questo sound è ideale, piacevole ma di qualità.

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 Terzetto inglese.

Dopo la musica africana (e lontanissimo dal suono dei Gorillaz) questa volta Damon Albarn si rivolge alla musica elisabettiana per un disco ispirato al personaggio del consigliere di Elisabetta I di Inghilterra, John Dee, matematico e genio universale era una specie di Leonardo o Francis Bacon. Quindi siamo tra cori rinascimentali, stumentazione classicheggiante e qualche deriva pre o postfolk. I Critici inglesi impazziranno dalla gioia, già me li vedo! Titolo Dr. Dee, etichetta Parlophone. Mah e Boh? Lo vedo bene in radio. Poi parlano male di Sting e dei suoi dischi con liuto, va bene essere eclettici…sarà anche un’opera (non rock) e non un disco pop ma a parte qualche brano mi sembra tutto “strano”. Io apprezzo anche la musica classica e in passato, in ambito folk britannico, ci sono stati gruppi come gli Amazing Blondel o i Gryphon, per citarne un paio, che avevano tratto ispirazione da quel periodo musicale. Vedremo, ascolterò meglio, anche se ho messo apposta un video con uno dei brani più classici perché ce ne sono altri acustici che potrebbero ingannare l’ascoltatore ed è per questo che ho detto che riascolterò, infatti alcuni pezzi mi sono piaciuti.

Tornano i Keane con Strangeland che li riporta verso le sonorità più “semplici” degli esordi dopo il suono più pasticciato di Perfect Symmetry. Eichetta Island/Universal ci sono varie edizioni speciali tra cui quella Deluxe con extra tracks ma su disco singolo che è la nuova usanza delle majors (vale anche per Glenn Frey), fare due edizioni delle quali una con meno pezzi (o di più, a seconda dei punti di vista) e poi chiedere al pubblico e ai fans quale preferiscono, tenendo conto che quella con le tracce aggiunte costa di più. Ma farne una sola oppure affidarsi alle ormai consolidate versioni Deluxe doppie, a forma di Box, com formati veramente diversi, non sarebbe meglio? Siamo ormai ai limiti della perversione, già ci sono le edizioni per il download su iTunes che spesso hanno dei brani in esclusiva, se uno deve seguire anche queste “finezze” capisco poi perché gli appassionati comprano sempre meno, sentendosi presi per i fondelli (e per i portafogli)!

Nuovo album anche per Richard Hawley, sempre su EMI Parlophone (come quello di Albarn), si chiama Standing At The Sky’s Edge e lo conferma come uno degli autori ed interpreti più validi del panorama britannico. Musica leggera ma di gran classe e raffinatezza, belle canzoni che hanno attirato anche l’attenzione di Lisa-Marie Presley per il suo album di fine mese prodotto da T-Bone Burnett, dove collaborano in alcuni brani e che sarà una bella sorpresa. Tornando a Hawley, se vi piacciono le atmosfere dark di Tindersticks, Nick Cave, il vecchio Scott Walker o il primo David Sylvian, per sparare un po’ di nomi, spero non a casaccio, ma con un’impronta più pop e senza dimenticare il suo passato nei Pulp, qui potreste trovare della buona musica.

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Tre americani!

Di Paul Thorn vi avevo parlato in termini più che lusinghieri in occasione della pubblicazione del precedente Pimps and Preachers paul%20thorn. Ora esce questo What The Hell Is Going On che è un disco tutto di covers ma sembra materiale suo, anche perché non sono canzoni ed autori notissimi: già l’etichetta, Perpetual Obscurity, ha un nome che è un programma, poi troviamo brani di Allen Toussaint, Buddy Miller, Buckingham/Nicks prima dei Fleetwood Mac, Ray Wylie Hubbard ma anche Foy Vance e Wild Billy Emerson (?!?), e c’è anche una bella versione di Walk In My Shadow dei Free di Paul Rodgers (e Paul Kossoff). Se volete verificare, sul suo sito si possono sentire dei brani in anteprima index.html. A duettare con lui Delbert McClinton e Elvin Bishop oltre alle McCrary Sisters alle armonie vocali. Musica rock sana e onesta, se l’hanno paragonato a Hiatt, Mellencamp e Springsteen un motivo ci sarà!

Anche Pat Green esce con un disco tutto di covers: Things We Wish We’d Written II, perché ne aveva già fatto un volume I nel 2001 con Cory Morrow prima di diventare famoso. Anche lui è stato definito lo Springsteen del Sud Ovest da People Magazine ma questa volta va a pescare nel repertorio di Joe Ely, Lyle Lovett, Todd Snider, Will Kimbrough, Walt Wilkins e altri meno noti ma non per questo meno bravi come chi legge questo Blog ben sa. Il disco è il suo esordio per la Sugar Hill ma il sound è gagliardo e chitarristico come si evince fin dall’iniziale All Just To get To You dal repertorio di Ely, senza dimenticare belle ballate con piano e fisarmonica in evidenza. Ci siamo capiti!

Sara Watkins con il fratello Sean e Chris Thile era la leader degli ottimi Nickel Creek, nonché la loro violinista, uno dei migliori gruppi di bluegrass-country degli ultimi anni. Poi nel 2009 ha pubblicato un album di debutto omonimo con la produzione di John Paul Jones. Ora, sempre per la Nonesuch, pubblica il nuovo album, Sun Midnight Sun che è un ulteriore passo avanti nella sua carriera solista: c’è un bel duetto con Fiona Apple in You’re The One I Love, un vecchio brano degli Everly Brothers e nel disco partecipano anche Blake Mills, uno dei chitarristi live di Lucinda Williams, che produce il disco e ha fatto anche un figurone nel recente quadruplo dei brani di Dylan per Amnesty International con la sua versione di Heart Of Mine. Tra gli ospiti anche Taylor Goldsmith dei Dawes e il suo nuovo amico Jackson Browne, Benmont Tench alle tastiere e il fratello Sean. Ci sono anche cover di Dan Wilson e Willie Nelson oltre a vari brani scritti da Watkins e Mills. Non male.

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 Per concludere in bellezza la giornata vi segnalo anche l’uscita del disco di John Fullbright From The Ground Up. Si tratta del suo esordio in studio dopo l’ottimo Live At the Blue Door di cui vi avevo parlato un paio di mesi fa sul Blog ma che risaliva al 2009/2011 john%20fullbright. Questo nuovo album esce per l’etichetta 12th street Records e lo conferma come uno dei migliori nuovi talenti nell’ambito cantautorale-roots con un bel sound con un gruppo al completo alle sue spalle che completa le sue ottime performances a chitarra e piano. Settimana ricca di ottime uscite.

Direi che per oggi può bastare, alla prossima.

Bruno Conti