Un Ripasso Della “Seconda Carriera” Della Storica Band Sudista. Lynyrd Skynyrd – Nothing Comes Easy 1991-2012

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Lynyrd Skynyrd – Nothing Comes Easy 1991-2012 – Hear No Evil/Cherry Red 5CD Box Set

I Lynyrd Skynyrd, tra i più leggendari gruppi southern rock ancora in attività, sono discograficamente fermi a Last Of A Dyin’ Breed del 2012 https://discoclub.myblog.it/2012/09/03/e-alla-fine-ne-rimase-uno-lynyrd-skynyrd-last-of-a-dyin-bree/ , anche se fra live e tributi non hanno mai smesso di dare alle stampe materiale a loro nome. In questi giorni il mercato vede l’uscita di ben due progetti riguardanti la band di Jacksonville: il 9 aprile verrà rilasciato in varie configurazioni Live At Knebworth ’76, una mezza fregatura dato che in gran parte era già stato pubblicato anni fa con un altro titolo (ma ve ne parlerà prossimamente ed in maniera più diffusa Bruno), mentre è già disponibile da qualche settimana Nothing Comes Easy 1991-2012, un box quintuplo in formato “clamshell” che si occupa di riepilogare parzialmente la carriera dei nostri a seguito della reunion avvenuta nel 1987, dieci anni dopo il tristemente noto incidente aereo che mise temporaneamente fine alla loro avventura. Il cofanetto ripropone quattro studio album pubblicati nel periodo indicato nel titolo oltre ad un raro EP, scelti peraltro senza un preciso criterio logico: infatti sono presenti i primi due dischi dalla reunion in poi e gli ultimi due, tralasciando quindi il periodo di mezzo formato dall’ottimo unplugged di studio Endangered Species, i discreti Twenty e Edge Of Forever ed il poco riuscito Vicious Cycle.

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Una pubblicazione quindi che interesserà più i neofiti o coloro che possiedono solo i lavori degli anni 70, visto che le strombazzate bonus tracks aggiunte ad ogni dischetto non sono né così rare né tantomeno imprescindibili. In generale il box offre comunque un buon ripasso della discografia recente del gruppo (ed il tutto è stato opportunamente rimasterizzato), con i primi due album ancora legati a doppio filo ai classici rock, blues e boogie tipicamente southern, ed il resto in cui il sound si sposta decisamente su territori hard e AOR. Il primo CD è dedicato a Lynyrd Skynyrd 1991 (indovinate in che anno è uscito), album pubblicato originariamente dalla Atlantic e prodotto dal grande Tom Dowd, con i membri della formazione “classica” Gary Rossington, Ed King, Billy Powell, Leon Wilkeson ed Artimus Pyle (che lascerà la band proprio in quell’anno sostituito da Kurt Custer), raggiunti dai nuovi Johnny Van Zant alla voce e Randall Hall alla chitarra, sostituti rispettivamente del fratello Ronnie Van Zant e di Steve Gaines, scomparsi nel già citato incidente aereo. Il disco è ancora oggi il migliore dal ’91 in poi, e può stare dignitosamente vicino ai lavori pubblicati dai nostri nei seventies, a partire dall’iniziale Smokestack Lightning, un trascinante boogie nel loro tipico stile con tutte le caratteristiche al posto giusto: voce grintosa, chitarre al vento, pianoforte infuocato e backing vocals femminili https://www.youtube.com/watch?v=rfRGWeZtUVk&list=OLAK5uy_m25iVuFxJgmtT0GFLElidVfR9G2Jv6oOk .

lynyrd skynyrd 1991

Gli altri highlights sono le potenti e rockeggianti Keeping The Faith, Southern Women, Good Thing (dalla strepitosa coda strumentale) e End Of The Road, tutte all’insegna del gran ritmo e chitarre goduriose, ben controbilanciate dalla limpida ballata elettroacustica Pure & Simple, il saltellante blues Money Man e Mama (Afraid To Say Goodbye), splendida soulful ballad di sette minuti; ci sono anche due pezzi dal suono un tantino “rotondo” (I’ve Seen Enough e It’s A Killer), ma sono entrambi perdonabili. Come unica e poco interessante bonus track abbiamo la versione “edit” di Keeping The Faith. Prodotto da un altro luminare del southern sound, Berry Beckett, The Last Rebel (1993, secondo CD del cofanetto) è ancora un buon disco anche se leggermente inferiore al suo predecessore, e comincia qua e là a spuntare qualche synth seppur usato con parsimonia. I punti di forza dell’album sono l’epica title track, forse la migliore ballata degli Skynyrd dalla reunion in avanti https://www.youtube.com/watch?v=rfRGWeZtUVk&list=OLAK5uy_m25iVuFxJgmtT0GFLElidVfR9G2Jv6oOk , il trascinante rock’n’roll Best Things In Life, sulla scia di classici come Down South Jukin’ e What’s Your Name, e la scintillante country ballad sudista Can’t Take That Away https://www.youtube.com/watch?v=fYA4XqP2Ih8 .

lynyrd skynyrd the last rebel

Non male neppure il sanguigno boogie con fiati Good Lovin’s Hard To Find, l’energica e possente One Thing, il godibile midtempo elettrico Outta Hell In My Dodge e la conclusiva Born To Run, con formidabile finale strumentale che vede il piano di Powell salire in cattedra. Anche qui con le tracce bonus non è che si siano sprecati, avendo aggiunto solo altre due edit versions (The Last Rebel e Born To Run), ed una bella rilettura acustica della title track che però è la stessa di Endangered Species. E veniamo al terzo dischetto, che ci fa fare un balzo in avanti di ben sedici anni e propone God & Guns: di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, la band ha sofferto altre perdite eccellenti (Powell, che però ha fatto in tempo a completare le sessions dell’album, e Wilkeson, mentre King ha lasciato il gruppo nel 1996 per problemi di salute) e quindi Rossington è rimasto l’unico membro originale, raggiunto però dall’ex Blackfoot Rickey Medlocke, che aveva brevemente fatto parte degli Skynyrd prima del loro esordio nel 1973, mentre gli altri componenti sono onesti mestieranti. Ma soprattutto i nostri hanno indurito all’inverosimile il suono alla stregua di un qualsiasi gruppo hard rock (con puntate verso l’AOR), ed il ricorso ad un produttore esperto in hard & heavy come Bob Marlette è significativo, così come la presenza tra gli ospiti di Rob Zombie https://www.youtube.com/watch?v=Vw_6eUgpo30&list=OLAK5uy_nHKof2QbYo33gN7YQ69kwUCAJK-zaQeM8 .

lynyrd skynyrd god and guns

Suono pesante quindi, come nella potentissima Still Unbroken, con uno di quei riffoni tagliati con l’accetta ed un assolo con steroidi a mille, o la roboante Simple Life, che però ha un ritornello decisamente radio friendly, la solida Little Thing Called You, southern rock per palati forti, l’autocelebrativa e durissima Skynyrd Nation e Comin’ Back For More, con Van Zant che sembra quasi Alice Cooper. Comunque grinta e feeling non mancano, i dischi brutti sono altri, anche se questi Lynyrd Skynyrd sono un’altra band non solo rispetto a quelli degli anni 70 ma anche paragonati ai primi due CD di questo box. Tracce del vecchio smalto ci sono ancora, come nella bella e limpida Southern Ways, che riprende volutamente il mood di Sweet Home Alabama, le ballatone Unwrite That Song, un po’ ruffiana ma dall’indubbio pathos, e That Ain’t My America, anche meglio nonostante il testo infarcito di stucchevole patriottismo, o la splendida Gifted Hands che è di gran lunga il pezzo migliore grazie anche ad un notevole finale chitarristico. Anche qui un misero bonus, Still Unbroken nella solita versione accorciata. Il quarto CD è ancora legato a God & Guns, in quanto si tratta dell’EP di sei pezzi incluso nelle prime copie del disco del 2009 (e qui di bonus tracks neanche l’ombra): tre outtakes di studio, delle quali l’unica degna di nota è il robusto country-blues Hobo Kinda Man, e tre brani dal vivo registrati nel 2007: la non eccelsa Red, White & Blue e le sempre formidabili Call Me The Breeze e Sweet Home Alabama.

lynyrd skynyrd last of a dying breed

Ed eccoci al quinto ed ultimo CD, il già citato Last Of A Dyin’ Breed del 2012, un disco con lo stesso approccio sonoro di God & Guns (e lo stesso produttore), ma nel complesso meno riuscito https://www.youtube.com/watch?v=ekOH20mxjP4&list=OLAK5uy_kPCkCe5wrWR5c1E_tAgDlWMlhDYrmncO4 . Alti e bassi, tra reminiscenze southern del bel tempo che fu e sonorità decisamente più tamarre: qualche buona canzone c’è, come l’iniziale title track, un bel boogie deciso, coinvolgente e tirato che è un piacere, la rock ballad One Day At A Time, dotata di un ritornello sufficientemente epico, la lenta Something To Live For, ballatona di livello più che buono e suonata nel modo giusto, e la fiera e potente Life’s Twisted. Il resto è hard rock di media qualità, con alcuni brani pessimi come Homegrown e Nothing Comes Easy, oltre a Ready To Fly che è uno slow abbastanza insapore. Qui le bonus tracks sono ben sei, vale a dire tutte quelle comprese nelle due edizioni deluxe dell’epoca (quella “normale” e quella esclusiva della rivista Classic Rock): quattro pezzi in studio, dei quali l’unico davvero incisivo è il rock-boogie Do It Up Right, con i suoi rimandi ai seventies, e due dal vivo, la non imperdibile Skynyrd Nation e la travolgente Gimme Three Steps, southern rock’n’roll allo stato puro. In conclusione, un boxettino che forse può valer la pena acquistare se non si conoscono i Lynyrd Skynyrd “post crash”, ma abbastanza inutile se si possiedono già i dischi in questione, anche per la deludente scelta di bonus tracks.

Marco Verdi

Il Ritorno Dei Vecchi Sudisti 1! Blackfoot – Southern Native

blackfoot southern native

Blackfoot – Southern Native – Loud And Proud Records

Come detto recentemente, parlando del Live Broadcast relativo ai concerti del 1980 e 1983 http://discoclub.myblog.it/2016/07/17/vecchi-concerti-sudisti-blackfoot-the-classic-broadcasts-chicago-1980-hollywood-1983/ , i Blackfoot nascono intorno alla metà degli anni ’70, quando Rickey Medlocke, uno dei primi membri dei Lynyrd Skynyrd, in quel di Jacksonville, Florida, decide di fondare una propria band, portatrice di un rock più duro e meno influenzato dalla country music del gruppo originale, ma sempre tipicamente sudista. Nel corso degli anni il sound si è poi via via spostato verso un hard rock più di maniera, ma nel periodo aureo dei 70’s il gruppo era uno dei migliori nell’area southern. L’ultimo disco di studio della band, After The Reign, risale al 1994, poi Medlocke è rientrato in pianta stabile nei Lynyrd Skynyrd, ma il brand, attraverso tour, concerti e vari album live è rimasto comunque attivo, pur senza la presenza del suo leader e con altri componenti della band originale a proseguire il lavoro, fino a che, nel 2012,  si riparte con una line-up completamente rinnovata con Rickey Medlocke che ritorna come produttore, factotum, voce e chitarra aggiunta, affiancato dai nuovi Tim Rossi e Rick Krasowski, entrambi alle chitarre e voci, con Brian Carpenter, basso e Matt Anastasi, batteria, a completare la formazione. Negli ultimi due anni lo stesso Medlocke ha scritto nove delle dieci tracce che compongono questo nuovo Southern Native (titolo che è un chiaro omaggio alle radici indiane pellerossa del leader), mentre l’unico brano non originale è una potente cover di Ohio, il classico di Crosby, Stills, Nash & Young, molto chitarristica (e ci mancherebbe, il brano del vecchio Neil si presta al trattamento), ma anche a livello vocale i nuovi Blackfoot sembrano avere ritrovato tracce dell’antico splendore, come dimostra questo brano, con tanto di citazione a Southern Man aggiunta al testo.

Per il resto il southern rock del gruppo è sempre duretto anziché no, ma gli eccessi hard sembrano più contenuti rispetto al periodo anni ’80: I Need My Ride è tiratissima, con riff sparati a destra e manca, Rossi e Krasowski cantano bene, la ritmica non molla il colpo e sembra di sentire gli ZZ Top moltiplicati per tre ma anche proprio i “vecchi” Blackfoot https://www.youtube.com/watch?v=mNyDz_7ez7Q . Anche la title track Southern Native non prende prigionieri, pur se il vecchio difetto di “esagerare” con suoni metallurgici a tratti riaffiora; Everyman prende la forma di una ballata più riflessiva su cui si innesta il sempre ottimo lavoro delle chitarre che rilasciano buoni soli, mentre in Call Of The Hero si cercano di mediare le due anime, quella “hair metal” e quella sudista, a tratti riuscendoci. Cosa che vieppiù  riesce in Take Me Home, dove la slide di Rickey Medlocke si innesta sulle twin guitars degli altri due solisti e si evita in parte il rischio dell’hard americano più becero anni ’70, al limite ricordando certe buone cose degli Aerosmith.

Whiskey Train si rifà ancora al suono di altre band sudiste energiche come 38 Special, Molly Hatchet, Point Blank e, di nuovo, gli stessi Blackfoot. Insomma in definitiva il suono di “questi” Blackfoot è molto vicino a quello dell’attuale band di Medlocke, ovvero gli ultimi Lynyrd Snynyrd, con cui condividono la stessa etichetta e il suono hard&heavy, vedi Satisfied Man, dove muri di twin lead guitars, wah-wah a manetta e ritmica rocciosa lasciano intravedere il vecchio sound. Love This Town abbatterebbe un treno lanciato a piena velocità a colpi di slide, lasciando allo strumentale elettroacustico Diablo Love Guitar il compito di illustrare il lato più riflessivo della band che c’è, e volendo non è male. Solite luci e ombre di queste reunion a tutti i costi, ma tutto sommato un onesto lavoro, per quanto forse inutile, se non per gli appassionati del genere che comunque ci sono e ascolteranno con piacere.

Bruno Conti

Gli Ultimi “Grandi” Del Southern Rock Ristampati! Blackfoot – Strikes, Tomcattin’, Marauder, Highway Song Live

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Il 6 agosto la piccola etichetta inglese Rock Candy ristamperà, rimasterizzati 24 Bit con librettino di 12 pagine, ma senza bonus, gli album dal n° 3 al n° 6 dei Blackfoot di Rickey Medlocke, quelli usciti in origine per la Atco tra il 1979 e il 1982, gli ultimi fuochi del miglior southern rock americano (quello delle “origini” per intenderci, buoni gruppi sudisti sono in circolazione ancora) per la band di colui che era stato uno dei membri fondatori dei Lynyrd Skynyrd (come batterista appare, insieme al bassista Greg T. Walker, nel disco Skynyrd’s First…and Last, pubblicato postumo dalla MCA nel 1978, ma registrato tra il 1971 e il 1972 e poi edito di nuovo nel 1998 come Skynyrd’s First The Complete Muscle Shoals con 17 brani e, stranamente tuttora in produzione). E, altrettanto stranamente, Medlocke è rientrato nella formazione degli Skynyrds di cui è, ancora oggi, una delle chitarre soliste con l’altro membro fondatore Gary Rossington.

Ma qui parliamo dei Blackfoot e in questi quattro dischi, insieme a Medlocke e Walker, appaiono il secondo chitarrista Charlie Hagrett e il batterista Jackson Spires. Come curiosità, nella formazione, tra il 1982 e il 1984 anche Ken Hensley, il vecchio organista degli Uriah Heep.

Ma torniamo ai quattro album, si tratta di:

Strikes 1979, con i seguenti brani Road Fever; I Got A Line On You; Left Turn On A Red Light; Pay My Dues; Baby Blue; Wishing Well; Run And Hide; Train, Train (Prelude); Train, Train; Highway Song

Tomcattin’ 1980 Warped; On The Run; Dream On; Street Fighter; Gimme, Gimme, Gimme; Every Man Should Know (Queenie); In The Night; Reckless Abandoner; Spendin Cabbage; Fox Chase

Marauder 1981 Good Morning; Payin For It; Diary Of A Working Man; Too Hard To Handle; Fly Away; Dry County; Fire Of The Dragon; Rattlesnake Rock n Roller; Searchin

Highway Song Live 1982 Gimme, Gimme, Gimme; Every Man Should Know (Queenie); Good Morning; Dry County; Rollin & Tumblin ; Fly Away; Road Fever; Trouble In Mind; Train Train; Highway Song; Howay The Lads

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Per essere onesti erano già usciti in CD, nell’era pre-remasterizzaione, tra gli anni ’80 e ’90 e il live nel 2002 per la Wounded Bird e, in tempi recenti, a febbraio, la Rhino UK ha pubblicato un Box da 5 CD nella loro Original Album Series, senza il live ma con Siogo e Vertical Smiles aggiunti, anche se le nuove versioni della Rock Candy dovrebbero essere le prime ad utilizzare una masterizzazione recente e “definitiva”, come si usa dire.

Per la legge del taglione c’è in giro una nuova versione dei Blackfoot, senza nessuno dei membri originali, ma scelti personalmente da Medlocke che li produce anche, mentre gli altri si esibiscono come Fired Guns. Strane cose!

Fate vobis, il sottoscritto vi informa poi sta a voi scegliere: se guardate anche il prezzo, i nuovi sono a prezzo pieno mentre il mini box set a prezzo speciale.

Bruno Conti