Un Altro Grande Disco Per La “Randy Newman Al Femminile”! Jude Johnstone – A Woman’s Work

jude johnstone a woman's work

Jude Johnstone – A Woman’s Work – Bojak Records

In questi giorni “post-sanremesi”, mi sembra doveroso e quasi obbligatorio tornare a parlarvi di una “vera” cantante come Jude Johnstone, a distanza di tre anni dal precedente Shatter (13) recensito da chi scrive su queste pagine http://discoclub.myblog.it/2013/06/01/sconosciuta-ma-non-per-tutti-jude-johnstone-shatter/ . La Johnstone piano e voce (arrivata con questo lavoro al settimo album), come sempre si avvale di grandi musicisti, a partire dal chitarrista Charles Duncan, il batterista Darrell Voss, il tastierista Radoslav Lorkovic, il bassista Ken Hustad, con il consueto apporto di “turnisti” del calibro del polistrumentista Bob Liepman, e di Rob Van Durren, Jill Poulos, Linley Hamilton, Larry Klein (ex marito di Joni Mitchell), Danny Frankel, anche lui alla batteria, il tutto sotto la co-produzione di Steve Crimmel e registrato nei famosi Painted Sky Studios di Cambria nella solare California.

A Woman’s Work si apre con la pianistica Never Leave Amsterdam, con la sorprendente voce di Jude accompagnata da una dolce pedal-steel, a cui fa seguito la title track, un valzer su un delicato tessuto di piano, violoncello e archi (sarebbe perfetta nel repertorio di Randy Newman), il raffinato e sofferto blues People Holding Hands, con il notevole assolo di tromba di Linley Hamilton, stesso discorso per The Woman Before Me (che avrebbe impreziosito qualsiasi disco della migliore Carole King), per poi passare ad una leggermente “radiofonica” Little Boy Blue, con una batteria elettronica che detta il ritmo del brano. Il “lavoro” della brava Jude riprende con una deliziosa What Do I Do Now, seguita da una stratosferica lenta ballata dall’aria celtica Road To Rathfriland, solo pianoforte, arpa e viola, un’altra tranquilla “song” per pianoforte e poco altro come I’ll Cry Tomorrow, per poi passare ad una ballata “rhythm and blues” come Turn Me Intro Water (sembra di risentire il favoloso periodo Stax), e affidare la chiusura ad una intima e malinconica Before You, perfetta da cantare su un qualsiasi buio palcoscenico di un Nightclub.

Le canzoni di A Woman’s Work riflettono senza ombra di dubbio l’attuale situazione sentimentale della Johnstone (un recente divorzio dopo un matrimonio durato 28 anni), un lavoro quindi molto intimo, emozionale, con arrangiamenti raffinatissimi eseguiti con strumentisti di assoluto valore, che danno vita ad un disco dal fascino incredibile, un piccolo gioiello fatto certamente con cuore e passione. Jude Johnstone non la scopriamo adesso (già in passato con l’amico Bruno abbiamo avuto modo di parlare dei suoi dischi), in quanto si tratta di una “songwriter” dalla vena poetica e passionale, e le sue canzoni sono state cantate da  artisti come Bonnie Raitt, Emmylou Harris, Stevie Nicks, Bette Midler e altri (ma è nota soprattutto per quella Unchained resa celebre da Johnny Cash).

Il forte sospetto è che questa (giovanile) signora californiana con questo settimo episodio della sua “storia” discografica, passi ancora una volta inosservata e inascoltata come era stato per i precedenti lavori, ed è un vero peccato perché A Woman’s Work resta comunque un ottimo disco di cantautorato al femminile, che piacerà a chi acquistava i dischi di Rickie Lee Jones e Carole King, ma soprattutto è un grande album per gli amanti della musica con forte presenza di pianoforte, e il grande Randy Newman in particolare viene alla mente. Da ascoltare!

Tino Montanari

NDT: Nei prossimi giorni, sempre per guarire dal “contagio sanremese” parleremo anche di un altro personaggio emarginato, ma amato dal Blog: Otis Gibbs !

Nuove Avventure “Underground” Per Lo Svedese Di New Orleans! Anders Osborne – Spacedust And Oceans Views

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Anders Osborne –  Spacedust And Oceans Views – Back On Dumaine Records

Lo svedese di New Orleans, Anders Osborne, un “cliente” abituale del blog, continua imperterrito a sfornate nuovi album: dopo lo splendido trittico (più un EP) pubblicato per la Alligator http://discoclub.myblog.it/2012/04/27/uno-svedese-di-new-orleans-a-los-angeles-anders-osborne-blac/ , culminato con l’ottimo Peace, non si è visto rinnovare il contratto dall’etichetta di Chicago, forse non era piaciuta la simpatica copertina con la bambina che mostrava l’indice?  Sta di fatto che il chitarrista e cantante ha continuato a produrre musica a livello indipendente, autofinanziandosi attraverso Pledge Music; lo scorso anno è uscito un album molto bello, a nome NMO, North Mississippi Osborne, insieme ai fratelli Dickinson, tra le cose migliori in assoluto pubblicate da entrambi, un disco dove il Ry Cooder degli anni ’70, incontrava il folk-rock-blues dei North Mississippi Allstars e la propensione di Osborne anche per la musica della Band, il sound New Orleans e altre sonorità seventies http://discoclub.myblog.it/2015/02/23/disco-bellissimo-peccato-esista-nmo-anders-osborne-north-mississippi-allstars-freedom-and-dreams/ . Purtroppo il disco all’inizio era solo per il download, poi disponibile anche sul sito di Anders, dove si può acquistare tuttora per un bel 20 $ più le spese di spedizione, insieme volendo a questo nuovo Spacedust And Oceans Views, stesso prezzo, li trovate eventualmente entrambi qui  https://squareup.com/store/anders-osborne-inc/.

Questa volta troviamo poche lancinanti cavalcate chitarristiche alla Crazy Horse, o taglienti rock-blues, ma un disco quasi pastorale, molto da cantautore, aspetto comunque sempre presente nelle opere del nostro ex barbutissimo amico (dalle ultime foto sembra l’abbia accorciata notevolmente): dalla delicata iniziale Pontchartrain, con una melodia circolare, leggere percussioni, un elegante e minimale giro di chitarra elettrica e Anders Osborne che ripete ad libitum “I am a burning man” su una melodia che ci ricorda alcune delle sue migliori canzoni più intimiste, passando per la quasi rassegnata Life Don’t Last That Long, un country-blues d’autore sereno che ricorda, come già successo in passato, certe cose minori di Jackson Browne, molto bella comunque.

Nel disco suonano ottimi musicisti, che non saprei collocare nei vari brani, in quanto nelle note non è riportato, comunque ricordo il batterista di New Orleans Johnny Vidacovich, Ivan Neville, Brady Blade, e altri meno noti come il tastierista John “Papa” Gros, il trombonista Mark McGraine, il violinista Stevie Blacke, che cura gli arrangiamenti di archi, peraltro suonati tutti sempre da lui e appare con il suo strumento nella lunga ballata Cape Cod, dove fa capolino anche una delicata steel guitar, in un brano che ricorda addirittura certe cose del miglior Van Morrison, solenne e splendida. Come molto bella è pure la precedente Lafayette, una canzone dove sembra di ascoltare la Band con alla guida e alla voce Levon Helm https://www.youtube.com/watch?v=U9bqEXv6TyQ , e il nostro che alla chitarra, con slide e wah-wah, aggiunge pepe all’arrangiamento. Qui e là si appalesa anche una voce femminile che non ho riconosciuto, ma è assai efficace nel suo supporto canterino; Wind è più ondulata e moderatamente funky, con agganci alla produzione precedente di Osborne, sempre quel cantato piano alla Browne, su una base ritmica mossa e vivace, tra chitarre, voci di supporto e tastiere sullo sfondo.

Molto bella anchee All There Is To Know, altra ballata leggermente mossa e malinconica, come pure Can You Still Hear Me, un bel blues lento caratterizzato da uno dei rari lancinanti solo della chitarra di Anders Osborne, con Move To Mississippi che accentua questo afflato chitarristico ed è uno dei brani che più si avvicina al suono dei dischi rilasciati per la Alligator, quando nella parte centrale titilla la solista con le sue tipiche sonorità acide c’è veramente da goderne. L’elettroacustica Burning Up Slowly ci riporta alla calma e alla serenità dei brani iniziali, altro notevole esempio delle capacità compositive e vocali di questo bravissimo autore e cantante, come pure la leggermente jazzata Tchoupitoulas Street Parade, dedicata ad una località della sua amata New Orleans, con i fiati che la circondano in un caldo abbraccio ed un approccio principalmente strumentale. Big Talk ci mostra entrambe le facce della musica di Osborne, quella più tirata e selvaggia della prima parte e quella sognante e morbida del resto della canzone. A concludere il tutto una “strana” From Space, che sfiora la psichedelia pura nelle parti di chitarra del nostro amico e si avvale anche di inserti recitati in cui appare tra le altre la voce di Rickie Lee Jones (difficile non riconoscerla), quasi free form music che chiude in modo bizzarro un disco per il resto molto piacevole ed accattivante, che conferma la classe di questo signore che quando leggerete questa recensione https://www.youtube.com/watch?v=k-YEhzr3tTU , il 4 maggio scorso, avrà varcato anche lui la soglia dei 50 anni.

Bruno Conti

Per Estimatori Fedeli ! Rickie Lee Jones – The Other Side Of Desire

rickie lee jones the other side

Rickie Lee Jones – The Other Side Of Desire – TOSOD/Thirty Tigers

Per quei pochissimi che ancora non la conoscessero, Rickie Lee Jones è una delle “signore” della canzone d’autore  americana, una raffinata cantautrice di Chicago, a diciannove anni trasferitasi a Los Angeles in cerca di fortuna, e leggenda (e realtà) vuole che verso la fine del ’77 al Tropicana Motel la “signorina” incontri Tom Waits, che rimase affascinato dalle composizioni e dalla personalità di Rickie, dando vita a una relazione artistica e sentimentale che si protrasse fino al 1980 (con  scorribande e sbronze condivise e la copia che appare immortalata sulla cover di Blue Valentine di Waits). Con un contratto in mano della potente Warner Bros. e la produzione di Lenny Waronker e Russ Titelman, la “ragazza” esordisce con l’omonimo Rickie Lee Jones (79), con un cast di collaboratori d’eccezione tra i quali Randy Newman e Dr.John ( disco dove era incluso un brano meraviglioso come Chuck E’s In Love, dedicato al collega e amico Chuck E. Weiss). Il disco vende oltre un milione di copie, ma il grande successo non la scalfisce, Rickie si ritira sulle colline di Los Angeles a scrivere le canzoni di Pirates (81) un lavoro ancora più raffinato e ispirato (We Belong Together brilla su tutti i brani), a cui farà seguire un bellissimo EP di cover Girl At Her Volcano (83), tra cui un inedito di Tom Waits Rainbow Sleeves, un classico del jazz come My Funny Valentine, e una sontuosa Under The Boardwalk dei Drifters, e The Magazine (84), dove spiccano una ballata come It Must Be Love, e una intrigante Theme For The Pope con la fisarmonica su un ritmo mediterraneo.

Dopo una pausa dovuta alla nascita di una bimba, la Jones pubblica Flying Cowboys (89) e Pop Pop (91), due album con diverse cover di carattere jazz, e brani di autori che vanno da Jimi Hendrix ai Jefferson Airplane (una toccante Comin’ Back To Me). Il ritorno a composizioni originali avviene con Traffic From Paradise (93), che grazie all’aiuto di “sessionmen” di lusso, tra i quali David Hidalgo (Los Lobos), Brian Setzer (Stray Cats) e Leo Kotte, la porta ad incidere alcuni dei brani migliori del suo “songbook”, oltre a una cover sorprendente di Rebel Rebel di David Bowie. Arriva anche il momento del primo live Naked Songs (95), frutto di una lunga tournèe in duo con il contrabbassista Rob Wasserman, a cui fanno seguito Gostyhead (97), un lavoro in cui la tecnologia ha un ruolo più che determinante, It’s Like This (00) con Ben Folds al pianoforte e ancora composto interamente da covers (su tutte Smile), mentre Live At Red Rocks (01) è una raffinata esibizione dal vivo che ripercorre il meglio della sua carriera e che fa da preludio al ben riuscito The Evening Of My Best Day (03), dove tra blues, jazz e funk trova il modo di scrivere una manciata di canzoni politiche, a cui farà seguito ancora una interessante e bella antologia della Rhino Duchess Of Coolsville (05), il dignitoso Balm In Gilhead (09), e infine rispunta con il quarto CD di covers The Devil Your Know (12), prodotto da Ben Harper, dove a suo modo rivisita vecchi brani di artisti rock e folk.

Finanziato con la solita campagna di “Pledge Music” The Other Side Of Desire arriva a distanza di sei anni dall’ultimo album di Rickie di registrazioni inedite, con la produzione del duo anglo-canadese John Porter (Roxy Music, Smiths, Billy Bragg, ma anche vari musicisti blues e soul) e Mark Howard e l’apporto di validi musicisti locali (il disco è stato registrato a New Orleans, dove la Jones, ma anche John Porter, risiedono): Jon Cleary all’organo e tastiere, James Singleton al basso, David Torkanowsky al pianoforte, Shane Teriot alle chitarre, Doug Belote alla batteria, e altri (tra cui troviamo come gradito ospite il grande Zachary Richard alla fisarmonica), per undici brani che risentono inevitabilmente dei suoni e dell’ambiente della città. “L’Altra Faccia Del Desiderio” parte con il singolo Jimmy Choos, un brano di indubbio spessore (dal ritmo un po’ sbilenco forse, ma è il suo fascino) e dalla melodia accattivante, seguito dal valzerone-country Valtz De Mon Pere (Lovers’ Waltz) cantato con Louis Michot dei Lost Bayou Ramblers, dove la voce di Rickie trasuda nostalgia https://www.youtube.com/watch?v=sj4HoLvO-Ns , per poi passare alle sonorità swing-blues di J’ai Connais Pas (un brano dove traspare l’antica passione per Fats Domino) https://www.youtube.com/watch?v=dT8CVhqrNPY , e raggiungere il punto più alto con la straziante e superba Blinded By The Hunt, un brano di atmosfera dall’andamento vagamente “reggae”. Le note meno buone, per chi scrive, iniziano con Infinity e I Want’t Here due canzoncine insulse e incompiute (dove stranamente Rickie gigioneggia con la voce), ma le cose brutte per fortuna finiscono qui, perché Christmas In New Orleans (anche se richiama troppo A Fairytale Of New York dei Pogues) è una signora ballata di grande fascino https://www.youtube.com/watch?v=PSO1zkXxClk , seguita dall’ammaliante “groove”di una Haunted in chiave soul (con la Jones che suona gran parte degli strumenti) https://www.youtube.com/watch?v=BOSJJu49DFY , una ballata evocativa come Fehttps://www.youtube.com/watch?v=x_7U6VbksL0et On The Ground  , la pianistica e monocorde Juliette, andando a chiudere con le atmosfere finali di una “circense” A Spider In The Circus Of The Falling Star, dal risultato lievemente noioso.

Devo ammettere che inizialmente non ero molto propenso a fare questa recensione, in quanto, per il sottoscritto, il nome di Rickie Lee Jones sarà sempre legato a quell’album d’esordio con la famosa Chuck E’s Love (ho consumato i solchi del vecchio vinile per i ripetuti ascolti), ma devo riconoscere che se The Other Side Of Desire non è un disco perfetto (tutt’altro), è pur sempre un disco di Rickie Lee Jones, un’artista che durante la sua carriera ha saputo allontanarsi dal folk meticciato e composito delle origini per abbracciare un cantautorato intimista dalle mille sfumature, jazz, rhythm and blues, rock e negli ultimi tempi pop e trip-hop (con risultati alterni), ma sempre con un tocco di classe nelle sue canzoni.

Adesso la “signora” si è trasferita a New Orleans, viaggia verso le sessantuno primavere, parla un corretto francese e si occupa della figlia e, giustamente, tutto intorno a lei, odora di leggenda.

Bentornata quindi alla Duchess Of Coolsville!

Tino Montanari

Prossime Uscite Future: Alcuni Suggerimenti. Jeff Beck, Paul Weller, Pete Townshend, Dawes, Indigo Girls, Rickie Lee Jones, Richard Thompson

jeff beck - live+

Qualche suggerimento su alcuni titoli interessanti in uscita tra fine maggio e fine giugno (oltre a quelli già segnalati con appositi Post, tipo le ristampe degli Stones  e il nuovo James Taylor e altri in uscita a maggio, che saranno oggetto del solito riepilogo riassuntivo di fine mese, oltre alle singole recensioni, che non mancano mai). Partiamo con il CD che vedete effigiato qui sopra, come dice il titolo Jeff Beck Live+ è l’ennesimo album dal vivo del grande chitarrista inglese, tuttora in giro per il mondo con il tour da cui è stato estrapolato il disco, registrato in diverse date del 2014. La tournée è in parte in solitaria, con alcune serate dove Jeff Beck si esibisce con i ZZ Top. Questo nuovo album dal vivo è in uscita per la Atco/Rhino/Warner in data 19 maggio e conterrà anche due pezzi nuovi in studio (il + del titolo), mentre entro fine anno dovrebbe uscire anche un album di studio completo, il seguito di Emotion & Commotion del 2010. CD, Ep e DVD Live di Beck ne sono usciti parecchi in questi ultimi anni, tra cui un titolo, Yosogai, solo per il mercato giapponese, che conteneva due brani in studio e una versione dal vivo di Danny Boy con Imelda May alla voce, ma questo Live+ si annuncia come una uscita particolarmente interessante: in formazione, oltre alla bassista Rhonda Smith e al batterista Jonathan Joseph, troviamo un secondo chitarrista, Nicolas Meier, ma soprattutto, alla voce, Jimmy Hall, proprio quel Jimmy Hall dei Wet Willie, già presente come cantante in quello che è probabilmente il disco più brutto di Beck Flash (ma erano gli anni ’80 e la versione di People Get Ready con Rod Stewart, salvava in parte l’album). Per l’occasione Hall, anche all’armonica, è in grande spolvero, aiutato anche dal repertorio scelto per l’occasione:

1. Loaded
2. Morning Dew
3. You Know You Know
4. Why Give It Away
5. A Change Is Gonna Come
6. A Day In The Life
7. Superstition
8. Hammerhead
9. Little Wing
10. Big Block
11. Where Were You
12. Danny Boy
13. Rollin And Tumblin
14. Going Down
15. Tribal
16. My Tiled White Floor

Negli ultimi due brani, quelli in studio, ci sono due voci femminili, Ruth Lorenzo e Veronica Bellino. Qui un piccolo assaggino https://www.yahoo.com/music/hear-it-first-jeff-beck-previews-live-118130062071.html

paul weller saturns patterns paul weller saturns patterns deluxe

Sempre il 19 maggio, anche Paul Weller pubblica il suo nuovo album Saturns Pattern, il primo ad uscire per la Parlophone del gruppo Warner ( e Paul corona il sogno di incidere per la stessa etichetta dei Beatles). Naturalmente non manca la versione Deluxe, anzi ce ne sono due, quella con CD, DVD, Vinile colorato, poster e libretto di 20 pagine, che vedete qui sopra, e quella “solo” CD+DVD.

Quest’ultima contiene l’album con 9 brani e un DVD con making of vari e due videoclips, mente la Superdeluxe ha 12 brani nel primo CD:

Tracklist
CD:
1. White Sky
2. Saturns Pattern
3. Going My Way
4. Long Time
5. Pick It Up
6. I’m Where I Should Be
7. Phoenix
8. In The Car…
9. These City Streets
[Bonus Tracks For Deluxe Box Set Only]
10. (I’m a) Roadrunner
11. Dusk Til Dawn
12. White Sky (Prof. Kybert vs. The Moons Remix)

DVD:
1. Saturns Pattern (Behind the Album)
2. Saturns Pattern (track-by-track)
3. White Sky (video)
4. Long Time (video)
5. Long Time (behind-the-scenes)
6. Saturns Pattern photo-shoot (behind-the-scenes)

indigo girls one lost day

A quattro anni dal precedente Beauty Queen Sister, esce il nuovo album, sempre per la Vanguard, delle Indigo Girls. Si chiama One Lost Day, esce il 2 giugno p.v https://www.youtube.com/watch?v=iNe6Cgewxik  e a differenza dell’ultima uscita non sembrerebbero esserci ospiti più o meno famosi, anche se la pattuglia dei musicisti utilizzati è consistente: nuovo produttore Jordan Brooke Hamlin (Lucy Wainwright Roche) e, già presenti in Beauty, Brady Blade e Carol Isaacs. oltre alla touring band delle Indigo Girls e alcuni musicisti addizionali, tra parentesi è indicato con chi hanno suonato in passato: Lex Price (k.d. lang, Mindy Smith), Butterfly Boucher (Ingrid Michaelson, Katie Herzig, Mat Kearney), Fred Eltringham (Sheryl Crow, The Wallflowers, Gigolo Aunts) e Chris Donohue (Dave Matthews, Patty Griffin, Lucinda Williams, Robert Plant) https://www.youtube.com/watch?v=PyO2JDbmsNs . Ai link trovate alcuni video del work in progresso nella registrazione dell’album https://www.youtube.com/watch?v=DUuRKu2zAF4 e https://www.youtube.com/watch?v=7ZtzcdP8uOg

dawes all your favorite bands

Sempre il 2 giugno nuovo CD anche per i californiani Dawes All Your Favorite Bands: secondo i componenti del gruppo si tratta del loro miglior album in assoluto, ma, come detto in altre occasioni, raramente ho sentito qualcuno dire il contrario, salvo pentirsene in un secondo momento. Non sembrerebbe il caso di questo album, etichetta Hub Records (??), visto che il produttore è Dawid Rawlings, da sempre garanzia di qualità, e a giudicare dalla esibizione al David Letterman Show di qualche settimana fa le premesse sono ottime https://www.youtube.com/watch?v=ym3KKRDB9-c. Nella stessa occasione hanno anche eseguito una bellissima versione del brano di Warren Zevon Desperadoes Under The Eaves richiesta espressamente dall’anchorman, in quanto tra le sue canzoni preferite in assoluto e non andata poi in onda nello show https://www.youtube.com/watch?v=drXEp-JjD6U

pete townshend classic quadrophenia cd+dvd pete townshend classic quadrophenia

Un’altra versione? Ebbene sì, dopo la versione rock, quella cinematografica, quella teatrale e innumerevoli versioni dal vivo, in fondo ci mancava un bel Classic Quadrophenia su etichetta Deutsche Grammophon (dove raggiunge Sting, tra gli autori classici dell’etichetta tedesca). A nome Pete Townshend, arrangiato dalla compagna Rachel Fuller, eseguito dalla Royal Philarmonic Orchestra diretta da Robert Ziegler, interpretato dal tenore Alfie Boe, ospiti Billy Idol e Phil Daniels, oltre allo stesso Townshend. Però al sottoscritto non mancava, e continuerà a mancare, anche dopo l’uscita, prevista, dopo vari rinvii, per il 9 giugno, almeno a giudicare dal teaser https://www.youtube.com/watch?v=o-ev6f53g8M e da questo brano eseguito da un cantante classico (magari mi sbaglio, ma mi sembra come sentire Hey Jude o Like A Rolling Stone cantate, chessò, a caso, da Bocelli, orrore)! Canzoni bellissime, ma è rock, per favore…però ognuno è libero di apprezzare. Questo non ve lo suggerisco, ve lo segnalo solo!

rickie lee jones the other side

Nuovo Rickie Lee Jones, The Other Side Of Desire, etichetta di distribuzione Thirty Tigers, la stessa di Lucinda Williams, finanziato dai fans attraverso Pledge Music e registrato a New Orleans, città dove ora vive, ispirato dall’opera di Tennesse Williams ambientata nelle strade della città della Louisiana, prodotto da John Porter, uscirà il 23 giugno. Titoli delle canzoni, le prime, nuove, scritte da una decina di anni a questa parte:

1. Jimmy Choos
2. Valtz de Mon Pere (Lovers’ Oath)
3. J’ai Connais Pas
4. Blinded By The Hunt
5. Infinity
6. I Wasn’t Here
7. Christmas in New Orleans
8. Haunted
9. Feet On The Ground
10. Juliette
11. Finale; (A Spider In The Circus Of The Falling Star)

E una piccola anticipazione…

richard thompon still

Last but not least, come dicono quelli che parlano bene, e mai fu più vero, Richard Thompson è pronto a pubblicare un nuovo disco, Still, che uscirà il 23 giugno, Proper in Europa e Fantasy negli Stati Uniti. Si tratta di una collaborazione, a livello musicale e di produzione, con Jeff Tweedy dei Wilco (nello studio di Chicago del quale è stato registrato il disco). Mica male come accoppiata: i due, in alcune interviste, hanno detto di essersi trovati molto bene a lavorare insieme, e Thompson in particolare ha ricordato che questo nuovo approccio al suono e agli arrangiamenti potrebbe essere una sorpresa per gli ascoltatori, variazioni sottili ma percepibili. Ma d’altronde quando è stato l’utimo album brutto del grande Richard (uno dei miei preferiti in assoluto)? Credo mai. Comunque ci sarà anche una versione Deluxe doppia, come usa molto spesso ultimamente nella produzione del musicista inglese, che ormai vive negli States da moltissimi anni. Questi i brani del doppio CD:

1. She Never Could Resist A Winding Road
2. Beatnik Walking
3. Patty Don’t You Put Me Down
4. Broken Doll
5. All Buttoned Up
6. Josephine
7. Long John Silver
8. Pony In The Stable
9. Where’s Your Heart
10. No Peace, No End
11. Dungeons For Eyes
12. Guitar Heroes

Deluxe Edition Bonus CD2 Variations:
1. Fork In The Road
2. Wounding Myself
3. The May Queen
4. Don’t Take It Laying Down
5. Fergus Laing

 E’ tutto per oggi, alla prossima.

Bruno Conti

Novità Di Aprile, Speciale Pasqua E Dintorni. Ultima Parte. Joni Mitchell, Patti Smith, Tom Petty, Chuck E. Weiss, Marty Stuart, Krista Detor, Jessica Lea Mayfield

joni mitchell live at the second fret patti smith dreaming of the prophet tom petty in the coliseum

Ultima parte dedicata alle uscite discografiche del mese di Aprile, fino alla seconda decade compresa, le ultime pubblicazioni del mese poi le vediamo a parte. Ovviamente per completare e recuperare il ritardo accumulato per problemi tecnici ampliamo il numero dei CD contenuti nel Post dai sei delle altre Parti (anche perché sia la Pasqua che i dintorni sono passati da tempo) a ben sette, ha, ha! Iniziamo raggruppando un terzetto di quei CD dal vivo relativi a broadcast radiofonici, diciamo semiufficiali, ma molto interessanti comunque.

Joni Mitchell – Live At The Second Fret 1966 – All Access

Si tratta della registrazione di un concerto registrato in un club di Philadelphia quando Joni Mitchell non aveva ancora pubblicato il suo primo omonimo album (conosciuto anche come Songs To A Seagull): Marcie, Michael from Mountains, Song to a Seagull and Night in the City vengono proprio da quel disco, ma ci sono anche I Dont Know Where I Stand e Both Sides Now che sarebbero uscite su Clouds oltre un anno dopo. The Circle Game Morning Morgantown addirittura nel 1970 su Ladies Of The Canyon e Little Green (il brano dedicato alla figlia data in adozione nel 1965 e di cui non si sarebbe saputo il fatto fino al 1993) nel 1971 su Blue. Per non dire di Urge For Going, scritta nel 1966, un grande successo per Tom Rush e pubblicata dalla Mitchell, come lato B del singolo di You Turn Me On I’m A Radio in vinile e su CD nell’antologia Hits solo nel 1996. Da tutto ciò si desume che è un CD da avere anche a livello di documento storico (ovviamente circolava da anni come bootleg)! Questa è un’altra data https://www.youtube.com/watch?v=yX7YbmKL1Q4

Patti Smith – Dreaming Of The Prophet – Smokin’ Records

Anche questo broadcast radiofonico è interessantissimo. Siamo nel dicembre del 1975 al Bottom Line di New York, la Smith ha appena pubblicato Horses, in novembre, e questa data fa parte di una serie di sette concerti utilizzati per rodare il gruppo dal vivo: Ivan Kral e il batterista Jay Dee Daugherty erano appena arrivati ad affiancare Lenny Kaye e Richard Sohl. Naturalmente visto che la discografia era smilza per non dire inesistente, un LP e un singolo, nel repertorio ci sono molte chicche: come nel caso di Joni Mitchell ci sono parecchi brani che sarebbero usciti negli anni a seguire, su Radio Ethiopia e Easter, ma anche cover di We’re Gonna Have A Real Good Time, Pale Blue Eyes, Louie Louie, My Generation degli Who e Time Is On My Side, dal repertorio degli Stones e altre  https://www.youtube.com/watch?v=welUa71V57o.Comunque se volete leggere la scaletta, questo è il retro della copertina.

patti smith dreaming of the prophet back

Tom Petty – In The Coliseum – Goldfish Records

Notevole anche questo concerto di Tom Petty con gli Heartbreakers dell’epoca: Mike Campbell alla solista, Benmont Tench tastiere, Howie Epstein  basso e mandolino, e Stan Lynch batteria. Siamo al Coliseum di Jacksonville, Florida (la patria anche dei Lynyrd Snynyrd) nell’estate del 1987 nel corso del tour per promuovere Let Me Up I’ve Had Enough, ma come spesso succede nei concerti di Petty la serata diventa un happening e scorrono tutti brani da altri album e cover fantastiche, con l’eccezione dell’unica Runaway Trains https://www.youtube.com/watch?v=-qKDOSHd35I , posta in conclusione del concerto, appena prima di Refugee. Per il resto ci sono Bye Bye Johnny, l’immancabile Breakdown, The Waiting, Don’t Come Around Here No More, Here Comes My Girl, ma anche For What It’s Worth dei Buffalo Springfield, Should I Stay Or Should I Go dei Clash, il blues You Can’t Judge A Book By His Cover e Any Way That You Want It dei Troggs. Dico solo: e vai!

chuck e weiss red beans

Chuck E. Weiss – Red Beans And Weiss – Epitaph/Anti

Il nostro amico, oltre ad essere stato il soggetto di una delle più belle canzoni in assoluto di Rickie Lee Jones, Chuck E’s In Love, ed essere stato grande amico della stessa e di Tom Waits, potrebbe anche essere considerato l’epitome dell’artista di culto. 5 album in circa 35 anni di carriera, a partire da The Other Side Of Town del 1981, tutti piuttosto belli e raffinati, quasi “unici”, per arrivare a questo Red Beans And Weiss, che è forse il suo migliore in assoluto, auto prodotto, anche se nel libretto sono riportati come produttori esecutivi Tom Waits e Johnny Depp. Tredici brani, dodici firmati da Weiss e una cover di Exile On Main Street Blues degli Stones (non proprio tra i più famosi di quelli che portano la firma Jagger/Richards, ma in linea con il personaggio) https://www.youtube.com/watch?v=Q3qMAfyGzaE , con i soliti personaggi, più o meno perdenti, che hanno sempre caratterizzato le canzoni di Chuck, in quello stile tra rock, blues, roots, vecchio R&B e strane traiettorie sonore https://www.youtube.com/watch?v=ooM-tn4YizI  che lo accomuna ai suoi amici Tom e Rickie Lee https://www.youtube.com/watch?v=z7k49SflL0U . Ottimi musicisti nel disco, a partire da Tony Gilkyson alla chitarra e Don Heffington alla batteria, di Depp si dice che suoni basso, batteria, chitarra, oltre alle armonie vocali, ma mi permetto di avere dei dubbi (potrei sbagliarmi, in effetti nelle due compilations dedicate alle canzoni dei pirati erano presenti entrambi). Janice Markham al violino e il sax di Jimmy Roberts provvedono a diversificare il suono. A quando il prossimo?

marty stuart gospel music

The Gospel Music Of Marty Stuart & His Fabulous Superlatives – Gaither Music/Universal

Questa è la colonna sonora di un documentario dedicato alla musica country gospel ma in pratica è l’occasione per ascoltare un concerto dal vivo di uno dei più bravi musicisti di country e dintorni del panorama americano come Marty Stuart. Il cantante, chitarrista e band leader, dopo una lunga carriera, tra country, rock e musica d’autore, è tornato ad uno stile country più tradizionale anche se non al puro bluegrass con cui aveva iniziato una quarantina di anni fa con Lester Flatt, ma sia bluegrass il che il gospel hanno sempre fatto parte del suo percorso anche se negli ultimi anni la musica si è fatta più neo-tradizionalista. Il disco è eccellente: la moglie Connie Smith, una delle icone della country music (che ha quasi venti anni più del marito) canta un brano, come Harry Stinson e Apostle Paul Martin. Kenny Vaughn suona la chitarra e completa la formazione. Gran bel disco https://www.youtube.com/watch?v=_JHXGs11Y1s .

krista detor flat eath day jessica lee mayfield make my head

Un paio di voci femminili “minori” ma interessanti. Krista Detor – Flat Earth Diary – Tightrope Diary è arrivata al suo settimo album, risiede a Bloomington, Indiana (siamo dalle parti di John Mellecamp), ha una voce cristallina tipo Judy Collins, o per stare più sul contemporaneo Meg Hutchinson o l’ottima Carrie Newcomer, quindi folk, ma con influenze country, rock, blues, begli arrangiamenti con il piano in bella evidenza (ma anche la chitarra e qui potrebbe ricordare la prima Suzanne Vega, sentire Bridges o qualcosa di Joni Mitchell, vedi Always Somewhere, Marletta e altri). Ospite al basso in un paio di brani il virtuoso Victor Wooten. Insomma una brava https://www.youtube.com/watch?v=RzAoIDOtttQ .

Jessica Lea Mayfield – Make My Head Sing – Ato era partita col botto, o meglio, dopo il primo album White Lies pubblicato sotto il nome di Chittlin’ (una sorta di mini che durava meno di mezz’ora) era stata “scoperta” da Dan Auerbach dei Black Keys, che dopo averla impiegata nei loro dischi e concerti, le aveva pubblicato il primo album ufficiale With Blasphemy So Heartfelt  e poi aveva continuato la collaborazione anche nel secondo, Tell Me, pubblicato dalla Nonesuch e nel disco solista di Auerbach. Ma se stranamente i primi dischi erano più da cantautrice tradizionale (tra molte virgolette), questo nuovo, registrato in quel di Nashville, con la produzione del marito e bassista Jesse Newport (ma tra tutti e due, suonano più o meno tutti gli strumenti, batteria esclusa) è più alternative rock https://www.youtube.com/watch?v=0RV1lBgULZk , anche se, a voler essere sinceri, non mi sembra questo capolavoro, anche se gli ho dato solo un ascolto veloce. Se avrò tempo cetrcherò di approfondire (ma quando?):

Anche per oggi è tutto, domani cerchiamo di recuperare altre uscite interessanti di questo scorcio di fine aprile, prima di tuffarci nelle uscite di Maggio che si annunciano assai interessanti (a partire da Natalie Merchant, che torna con un album omonimo di canzoni nuove dopo una “vita”!

Bruno Conti

Reload And Replay: Una Serenata A New Yok City…Across The River – Carolyne Mas Tour Italiano

Ripubblico questo Post in considerazione del tour italiano di Carolyne Mas, partito ieri da Napoli, domani sera, 11 gennaio, a Milano, allo Spazio Teatro 89, Via F.lli Zoia 89 (è la zona dietro San Siro) e poi molte altre date in giro per l’Italia, queste:

9 – NAPOLI – Archivio storico
10 – ROMA – N`Importe Quoi
11 – MILANO – Spazio Teatro 89 12 euro ingresso
12 – CLAVESANA (CN) – private event
13 – VARESE – Twiggy
16 – CASALGRANDE (RE) – Barricada Cafè
(“Storytellers Night”, con Graziano Romani
e Daniele Tenca) ingresso gratuito
17 – PIOVE DI SACCO (Padova) – Music Ale
18 – ZOAGLI (GE) – Il Banco
19 – TREZZO (MI) – Amigdala Theatre
20 – CANTU` (CO) – Allunaetrentacinquecirca

Come dimostra il disco qui sotto recensito è ancora una grande cantante, non mancate!

Bruno Conti
carolyne mas across the river

Carolyne Mas – Across The River – Route 61 Music 2013

Torna sulla scena (dopo sette anni da Brand New World) Carolyne Mas, una delle voci più autorevoli della musica d’autore statunitense. Piccola premessa a tutti i “naviganti”: tra la fine dei ’70 e i primi anni ’80, quando nelle orecchie e nel cuore di moltissimi appassionati di rock, imperversavano i vari Springsteen, Mellencamp, Tom Petty, Willie Nile, un piccolo ma meritato spazio se l’era conquistato una giovane ed irrequieta ragazza del New Jersey, con il rock’n’roll nel sangue ed una voce tagliente che trasmetteva sensazioni elettrizzanti. Narra la leggenda che la giovane e brava Carolyne sia stata scoperta sul palco  di un locale del Greenwich Village (per la precisione il Cornelia Street Cafè) alternandosi ad altri esordienti cantautori come Steve Forbert, Jack Hardy, David Massengill, Rod MacDonald (tutte “personcine” che in seguito hanno sviluppato una buona carriera). Messa sotto contratto discografico dalla Mercury, esordisce con due splendidi album, l’omonimo Carolyne Mas (79) e Hold On (80) e un promo live, il “mitico” Mas Hysteria (81) che vendette ben 250.000 copie (la ristampa è stata puntualmente recensita da Bruno sul Blog  http://discoclub.myblog.it/2011/10/06/new-york-my-father-s-place-30-anni-fa-1-carolyne-mas-more-ma/), testimonianza di tante infuocate performances. Poi improvvisamente la luce si spense, dopo un interlocutorio terzo album di studio Modern Dreams (81) e dopo una lunga pausa artistica, si crea il sodalizio con la SPV di Hannover, che porta la Mas a ritrovare  una buona vena compositiva, che si certifica con Action Pact (89), il doppio Live (92), Reason Street (93) e l’immancabile antologia che chiude la prima vita musicale di Carolyne Beyond Mercury (03), mentre la seconda (a causa di vari problemi personali), riprende con il citato Brand New World (05) e questo nuovo lavoro Across The River, che nasce e vive  principalmente per merito del produttore Ermanno Labianca, titolare della migliore etichetta italiana indipendente (Route 61 Music) http://www.youtube.com/watch?v=1xlDTOfJ8Ug

Il disco è stato registrato in Italia (Roma), e si avvale dell’apporto di validi musicisti italiani, ovvero Andrea Lupi al basso, Lucrezia De Seta alla batteria, Gianfranco Mauto piano e tastiere, Marco Valerio al cello, Piergiorgio PJ Faraglia alle chitarre elettriche, Luciano Gargiulo all’hammond, Joe Stomp ai cori, e come ospite Daniele Tenca con la sua Working Class Band  in un brano.

Mas

Apre il disco l’inedito Dizzy From the I-IV-V, con la sola voce della Mas protagonista, a cui fa seguito lo swing notturno di That Swing Thing, che ci introduce poi as una nuova sontuosa versione del classico Sittin’ in the Dark  http://www.youtube.com/watch?v=wvDYD8jVTZ8, rifatto con un arrangiamento quasi “jazz”. Una fisarmonica accompagna Under The Boardwalk, brano famosissimo portato al successo dai Drifters (ma ripreso,tra gli altri, dagli Stones, Rickie Lee Jones, Mellencamp), mentre la seguente cover di Across The River di Willie Nile, pianoforte, voce e un violino sul finale, è la cosa più commovente sentita quest’anno (da sola vale il costo del CD). La seconda parte del disco (come nei vecchi vinili) inizia con un’altra ballata, In a box, di grande intensità, mente in So Hard To Be True entrano in scena Daniele Tenca e la sua band per dare al brano una calda atmosfera blues. Arriva il momento di un omaggio al suo vecchio amico Steve Forbert, con una bella versione di Witch Blues, per poi avvicinarsi al finale con Mexican Love Song , una toccante canzone d’amore (scritta da Carolyne ai tempi del Greenwich Village (81), e una New York City Serenade di Bruce Springsteen (che ho avuto il piacere di ascoltare dal vivo dalla Mas qualche anno fa, in un locale vicino a Pavia) di una bellezza disarmante, dieci minuti di accordi ininterrotti di pianoforte, una personalissima versione, che è una vera dichiarazione d’amore alla sua città http://www.youtube.com/watch?v=J27HkRb4Lj4

In questo Across The River Carolyne Mas canta benissimo (quasi meglio che da giovane), in quanto riesce a coniugare sfumature blues e jazz, ma sempre con il rock nell’anima, confermandomi che le tante difficoltà incontrate, in carriera e nella vita, l’abbiano resa più forte, sempre pronta a rimettersi in gioco. Per quanto mi riguarda una grande conferma, un grande disco (che farà sicuramente parte della mia “playlist” di fine anno).

Tino Montanari

Novità Di Settembre Parte Ia. Neko Case, North Mississippi Allstars, Volcano Choir, Reckless Kelly, Sweet Relief III

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E siamo arrivati anche a settembre: consueta lista delle uscite previste per domani, martedì 3 settembre (le date che leggete abitualmente sul Blog, sono indicative e sono quelle segnalate da case discografiche, etichette e siti degli artisti, per cui può capitare che i CD siano in circolazione anche prima di quella data, ma in modo diciamo non ufficiale). Questa settimana escono anche le due ristampe di Mike Oldfield, Crises e Five Miles Out in vari formati, di cui cui vi avevo parlato già nel lontano giugno, dell’ottimo Okkervil River avete letto ieri, esce pure un CD+DVD, DVD o Blu-Ray di Bryan Adams, Live At Sydney Opera House, il nuovo Over The Rhine, Meet Me At The Edge Of The World, di cui vi ha parlato chi scrive, il doppio Rarities di Rod Stewart e altri dischi, tipo Nine Inch Nails e John Legend, che non rientrano nel target del Blog. Più parecchie altre novità interessanti che trovate divise in due parti, come sta diventando abitudine consolidata.

Neko Case era all’incirca da quattro anni, dai tempi di Middle Cyclone, che l’aveva portata nei Top 5 delle classifiche di Billboard, che non pubblicava un nuovo album. Anni che sono stati ricchi di problemi, tra cui una leggera forma di depressione, anche causata dal ricordo macerato per le perdite dei genitori e dell’amata nonna che erano state accantonate e in questo disco vengono affrontate di nuovo con forza. Già il titolo, lunghissimo, è indicativo, The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You. Perchè vedete due diverse copertine? Perché anche la Anti non si è tirata indietro da questa “sciagurata” abitudine della doppia versione, normale e Deluxe, ma in un disco singolo, una con tre brani in più dell’altra, molto più costosa e anche, in questo caso, con copertine e confezioni diverse. Per il resto il disco mi sembra molto bello, con la partecipazione di membri assortiti di Los Lobos, Calexico, My Morning Jacket, Camera Oscura e componenti  vari del suo “secondo gruppo”, i New Pornographers, con cui ha cantato in cinque album, oltre ai sei da solista, un paio di Live e molte collaborazioni, e la Case si conferma una delle cantautrici più brave ed eclettiche in circolazione.

Dopo l’ottimo Keys To The Kingdom del 2011 temp-086ee697a949edee280239fe48ea96b8.html, e “decine” di progetti collaterali, tornano i North Mississippi Allstars con un nuovo album di studio, World Boogie Is Coming, sempre per la loro etichetta Song Of The South e con la partecipazione, come è consuetudine nei loro dischi, di molti ospiti, da Lightnin’ Malcolm, Duwayne e Garry Burnside, Kenny Brown, Alvin Youngblood Hart, Sharde Thomas, Chris Chew, Sid e Steve Selvidge, financo Robert Plant, ma all’armonica, nei due brani iniziali. Consueto, ma sembre benvenuto, album di southern rock blues elettrico.

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Seconda “terzina” di uscite.

I Volcano Choir sono l’ennesimo gruppo di Bon Iver (o meglio di Justin Vernon), oltre agli Shouting Matches, di cui qualche mese fa era uscito il debutto Grownass Man. Repave è il secondo disco per questa sigla, dopo Unmap del 2009, che vede insieme Vernon con alcuni componenti di The Collections Colonies Of Bees, per un sound più “rude” e sperimentale rispetto al suo moniker da solista, differente anche dal semi rock-blues diretto, in trio, degli Shouting Matches. L’etichetta è la Jagjaguwar, file under alternative indie-rock-

E i Reckless Kelly dei fratelli Braun sotto cosa li cataloghiamo? Alternative country-rock. Ah, va bene. Oppure anche come “bravi”, semplicemente. Long Night Moon. che esce per la loro No Big Deal Records. dovrebbe essere l’undicesimo disco, compresi i Live, e li conferma tra i migliori eredi della grande tradizione del country-rock classico misto al southern rock del loro Texas natio, con tante chitarre e belle canzoni dalle armonie irresistibili.

Quella dei dischi della serie Sweet Relief, per la raccolta di fondi per la ricerca sulla sclerosi multipla, giunge al terzo capitolo, dopo il disco dedicato a Victoria Williams, affetta dalla malattia e il secondo, con le canzoni dello scomparso Vic Chesnutt. Questa volta, per Sweet Relief III: Pennies From Heaven il tema del disco ruota intorno alle canzoni sull’aiuto e l’assistenza a chi ha bisogno e c’è la solita pattuglia di ottimi cantanti sul CD distribuito dalla Vanguard:

Ron Sexsmith                  Pennies From Heaven

Shelby Lynne                  Brother Where Are You

Sam Phillips                     Big Spender

k.d. lang                           How Did You Find Me Here

Ben Harper                      Crazy Love

Genevieve Toupin            Heart Of Gold

Joseph Arthur                   If I Needed You

Rickie Lee Jones              Surfer Girl

Tina Schlieske                  With A Little Help From My Friends

Victoria Williams               Change Is Gonna Come

She & Him                         King Of The Road

Eleni Mandell                    I’ll Be Home

Jackson Browne               Don’t Let Us Get Sick

Per una buona causa e l’occasione per i fans di alcuni cantanti presenti di arricchire la loro collezione.

Domani il seguito delle uscite del 3 settembre.

Bruno Conti

“Sconosciuta”? Ma Non Per Tutti! Jude Johnstone – Shatter

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Jude Johnstone – Shatter – Bojak Records 2013

Quello che unisce il sottoscritto, il titolare di questo blog e il compianto Franco Ratti (e, si spera, “molta” altra gente), è la passione musicale per Jude Johnstone, una signora nata nel Maine, ma californiana di adozione che, tanto per cambiare, è tra i segreti meglio custoditi del cantautorato femminile americano. La Johnstone ha iniziato la sua carriera musicale alla precoce età di otto anni, e già a sedici suonava in una band. Scoperta da Clarence Clemons (il mitico sassofonista della E-Street Band e compagno di bevute del Boss), negli anni ha scritto canzoni per grandi artisti come Bonnie Raitt, Bette Midler, Trisha Yearwood, Johnny Cash (la famosa Unchained che dava il titolo al secondo album della serie American Recordings), Jennifer Warnes, Stevie Nicks e tanti altri che evito di menzionare per mancanza di spazio. Ero venuto a contatto con la musica di Jude all’epoca dei suoi primi due dischi da solista, l’esordio Coming Of Age (2003) e soprattutto On A God Day (2005), dove si rivelava una cantautrice dotata e ispirata che faceva un buon uso soprattutto del pianoforte. In seguito i suoi lavori Blue Light (2007), Mr.Sun (2008), Quiet Girl (2011) e anche questo ultimo Shatter sono mutati, hanno preso una impronta diversa, con composizioni dai toni più jazzati, raffinati e intimi, in cui ha riscoperto le sue radici, fatte di ascolti di Sarah Vaughan e Tony Bennett.  

Shatter, prodotto dalla stessa Johnstone e registrato nei Mad Dog Studios di Los Angeles (CA), si avvale di fidati strumentisti, gente del calibro di Danny Frankel alla batteria, Radoslav Lorkovic alle tastiere e alla fisarmonica, Kevin McCormick alle chitarre, Marc Macisso al sax, Dan Savant alla tromba, più altri musicisti di area “losangelina”.

Ad aprire il disco è la title track Shatter, un brano che strappa il cuore, mentre nelle successive What A Fool e The Underground Man la matrice jazz si fa più intensa. La Johnstone si destreggia sia nelle ballate più oscure come When Does Love Get Easier e Girl Afraid, in cui si apprezza uno splendido duetto tra piano e fiati, sia nei brani in cui è maggiore l’influenza blues, come nel caso specifico di Touchdown Jesus, dove brilla il piano di Lorkovic. Una tromba lancinante introduce la splendida Halfway Home, una canzone lenta e sensuale, seguita dal valzer cadenzato di Who Could Ask For More, e verso la fine fanno capolino la ninna nanna di Your Side Of The Bed e il suono caraibico di Free Man dove imperversa il sax di Marc Macisso.

Per chi ha amato i dischi di Rickie Lee Jones e attualmente quelli di Mary Gauthier, Shatter sarà una piacevole sorpresa, infatti Jude Johnstone ha messo insieme undici brani di ottima fattura, dagli arrangiamenti raffinati e dall’anima dolce e romantica. Mi auguro che molti di voi si accostino a questa grande cantautrice, in quanto questo lavoro è un disco dal fascino incredibile, che pur non aggiungendo nulla alla storia musicale americana, evoca un tempo che non c’è più, con canzoni che sembrano fatte apposta per far chiudere gli occhi e costruirci sopra un sogno, e questo mi basta a definirlo un piccolo gioiello di poesia musicale.  

Tino Montanari   

La Prima “Vera” Irish Band Americana! Solas – Shamrock City

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Solas – Shamrock City – Thl Records 2012/2013

Continua il nuovo capitolo della “saga” dei Solas, iniziato con For Love And Laughter (2008), proseguito con il seguente The Turning Tide (2010), per arrivare a questo Shamrock Cit,y con l’attuale line-up composta dallo storico polistrumentista e attuale leader Sèamus Egan, dalla violinista e vocalist di New York Winifred Horan, dal fisarmonicista di Belfast Mick McAuley, dal bravo chitarrista e pianista Eamon McElholm, e dalla nuova vocalist Niamh Varian-Barry, cui tocca l’ingrato compito di succedere alle bravissime Deirdre Scanlan (dal 2000 al 2008) e ultimamente all’irlandese Mairèad Phelan.

Il gruppo formatosi nel lontano ’96, annoverava tra le sue file artisti irlandesi e statunitensi, ed era depositario di un suono corposo, in cui gli strumenti della tradizione venivano accompagnati da un ricco e caldo tappeto percussivo, dove l’elemento celtico era senza dubbio predominante, il tutto certificato dal trittico iniziale, con l’esordio Solas (96), cui faranno seguito Sunny Spells & Scattared (97) e The Words That Remain (98). Il sodalizio iniziale con la label Shanachie Recordsprosegue nell’ambito del folk revival contemporaneo, con album sempre su uno standard elevato come The Hour Before Dawn (2000), The Edge Of Silence (2002), Another Day (2003) e Waiting For An Echo (2005). Scritturati dalla Compass Records e per celebrare la prima decade di attività, i Solas danno vita ad un concerto dal vivo Reunion: A Decade Of Solas (2006) che metteva insieme l’allora attuale line-up, membri fondatori che se ne erano andati da tempo e ospiti di riguardo che avevano suonato nei loro album (evento proposto sia in CD che in DVD).

Fatto il punto della decennale produzione discografica, il gruppo riparte (senza Karan Kasey e John Doyle, gli altri membri fondatori, rientrati per l’occasione, ma che avevano già lasciato il gruppo tra il 1999 ed il 2001) dai due album menzionati all’inizio, dove la brava Mairéad Phelan canta anche motivi di grossi personaggi come Richard Thompson (The Ditching Boy) Bruce Springsteen (Ghost Of Tom Joad), Rickie Lee Jones (una stupenda riedizione di Sailor Song) e brani di autori minori (ma non meno interessanti) quali Josh Ritter (A Girl in The War) e Karine Polwart (Sorry) ,cercando di dare sempre una personale anima celtica.

Con Shamrock City il gruppo propone un progetto ambizioso, un singolare concept album che scava in una storia familiare di immigrazione, con la morte di un certo Michael Conway, prozio del padre di Sèamus Egan, il leader indiscusso della band, avvalendosi, nello sviluppo della storia, di un cast di musicisti ospiti tra i quali Rhiannon Giddens del trio Carolina Chocolate Drops, il grande cantante scozzese Dick Gaughan, Aoife O’Donovan cantante del gruppo folk bluegrass Crooked Still e il bassista dei Lunasa Trevor Hutchinson, che contribuiscono ad un “sound” folk più contemporaneo, dove si fondono le “radici” e la musica celtica. Il disco si apre con Far Americay una ballata scritta da McAuley (il lamento di una madre) che Niamh Varian-Barry canta con profonda e malinconica partecipazione, seguita dalla briosa Tell God and The Devil, mentre Michael Conway è il brano principale nel quale Egan lascia ampio spazio agli strumenti a corda, per farne apprezzare la dolcissima melodia.

Si riparte con uno strumentale sotto forma di reel Girls On The Line, mentre Lay Your Money Down, uno splendido bluegrass, viene preso per mano dalla brava Rhiannon Giddens, seguito dal valzer malinconico Arbor Day, cantato dall’altrettanto brava Aoife O’Donovan, mentre Welcome The Unknown è uno struggente brano strumentale, valorizzato dal violino di Winifred Horan. La parte finale narrativa della storia, inizia con il ballo scatenato dello strumentale High, Wide, and Handsome, poi entra in scena la voce inconfondibile di Dick Gaughan in Labour Song (una storia di minatori), seguito dal tradizionale Am I Born To Die?, arrangiato dai Solas come un brano dei tempi d’oro dei Fairport Convention, dove emerge la voce angelica della Varian-Barry, concludendo con una canzone di speranza, No Forgotten Man in memoria di tale William J.Parks.

I Solas sono sulla breccia dal ’96, passano gli anni anche per loro, eppure l’entusiasmo, l’energia, la voglia di ricercare e creare che sprigionano non si affievolisce e si mantengono su uno standard sempre elevato e significativo. La loro forza resta comunque il collettivo (nonostante i vari cambi di formazione), come certificato da questo lavoro, con la voce della nuova entrata Niamh, il flauto, il whistle e il mandolino di Sèamus, il violino della Winifred, la fisarmonica di Mick, la chitarre e le tastiere di Eamon, per un perfetto equilibrio di brani originali e strumentali. Quello che il vostro “umile recensore” ha chiamato il nuovo capitolo della saga Solas, è un disco davvero splendido e sontuoso, un chiaro esempio di come si possa suonare della celtic music con uno spirito e una ventata di freschezza, e di cui certamente i Solas sono tra gli alfieri nel panorama musicale mondiale.

Tino Montanari   

Dalla Lontana Australia. Missy Higgins – The Ol’ Razzle Dazzle

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*NDB. Uno potrebbe pensare che l’artista femminile con il maggior numero di album al n°1 delle classifiche australiane possa essere Kylie Minogue o al limite, vista la sua lunga carriera, Olivia Newton-John. E invece, in compagnia anche di Delta Goodrem, con 3 album al primo posto, seguono tutte Kasey Chambers che di numeri uno ne ha avuti quattro. A questo gotha australiano si è aggiunta recentemente anche Missy Higgins che però, a differenza delle altre, di album ne ha pubblicati solo tre, tutti giunti in vetta. E come quelli di Kasey Chambers gli album della Higgins sono sempre di qualità notevole come vi spiega Tino Montanari al quale lascio la “parola”.

Missy Higgins – The Ol’ Razzle Dazzle – Eleven/Vagrant Records 2012

Melissa “Missy” Higgins è una giovane cantautrice Australiana, nata da una famiglia di musicisti a Melbourne nello stato di Victoria, e dimostrando di essere musicalmente molto “precoce”, suonava il pianoforte già dall’età di sei anni e cantava a dodici, e quando era ancora una studentessa ha vinto una gara che riguardava artisti senza contratto, sponsorizzata da una radio locale (Triple J.) La Higgins dopo aver esordito con un EP nel Novembre 2003 (Missy Higgins) e un secondo Scar (2004), debutta finalmente con l’album The Sound Of White (2004), seguito dal pregevole On A Clear Night (2007) e dopo una ulteriore pausa ritorna con questo The Ol’ Razzle Dazzle prodotto dal duo Boucher & Jones, e registrato in quel di Nashville.

Accompagnano Missy in questo lavoro, oltre alla bravissima “pluristrumentista” e produttrice australiana Butterfly Boucher (a lungo collaboratrice di Sarah McLachlan e cantautrice in proprio con tre album all’attivo), Nick Buda alla batteria, Chris Carmichael  alle chitarre, Brad Jones al basso (che è anche il co-produttore del disco e ha lavorato in passato con Chuck Prophet, Hayes Carll, Josh Rouse e Over The Rhine tra gli altri), Daniel Tashian alle tastiere, David Henry al violino, per un rivestimento sonoro più elettrico del solito delle canzoni. Il CD inizia con la “radiofonica” Set Me On Fire, mentre Hello Hello e Unashamed Desire sono brani suonati con mestiere e con un valido accompagnamento vocale. Everyone’s Waiting è una dolce ballata con il cello e il piano che creano un tappeto sonoro fluido ed affascinante, cui fa seguito All In My Head altra “ballad” tersa, impreziosita da uno straordinario lavoro al piano, cantata con forza e convinzione.

Con Temporary Love si ritorna alle sonorità anni settanta (con corettini da discoteca), mentre Watering Hole sembra un brano uscito dal profondo sud, una perfetta “gospel song”. Il ritmo si alza con Tricks, firmata insieme a Katie Herzig (altra cantautrice delle ultime leve, spesso accostata a Brandi Carlile), un brano dal ritornello avvolgente e a seguire If I’m Honest, una folk-song dagli strepitosi arpeggi acustici, mentre Cooling Of The Embers è un brano che si sviluppa attraverso le note suadenti del piano. Ma il disco non finisce di sorprendere con Hidden Ones, un brano che entra lentamente, ma poi si apre con una ritmica contagiosa, ma soprattutto con la conclusiva Sweet Arms Of a Tune, una canzone per voce, piano e chitarra, quattro minuti assoluti di  bellezza “celestiale”, una meraviglia.

Missy Higgins è una cantautrice di stampo classico, con uno stile personale che mischia melodia e dolcezza, con una voce che sta a metà tra i “mostri sacri” Joni Mitchell e Rickie Lee Jones, con un suono molto pianistico che la avvicina ad altre giovani emergenti come Vienna Teng o Vanessa Carlton (ma è più creativa della prima, e meno commerciale della seconda), con la particolarità di usare il piano come seconda voce, il che la accosta alla brava Regina Spektor.

Ammetto di avere un debole per questa “fidanzata” d’Australia, dove è popolarissima e aspettavo da cinque anniquesto suo terzo lavoro che non delude l’attesa, in quanto Melissa scrive canzoni che hanno un’anima, e musicalmente parlando è un talento notevole, ampiamente dimostrato nelle sue ballate coinvolgenti. Non so se avremo un seguito in tempi brevi di questo The Ol’ Razzle Dazzle , in quanto la “signorina” dimostra di avere anche altri interessi (ha debuttato come attrice in Bran Nue Dae, una sorta di musical), e persegue la causa dei diritti degli animali e dell’ambiente, ma quando la farà la sua musica avrà sempre un posto di rilievo nel mio cuore.

N.D.T. : Una menzione la merita pure la splendida grafica della copertina, a cura dell’artista Kate Tucker.

Tino Montanari