Disco Piccolo Ma Sincero, Grande Band! NRBQ – Happy Talk

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NRBQ  – Happy Talk – Omnivore Records/Warner

La nascita della band viene fatta risalire al 1966, e come spesso capita gli NRBQ hanno quindi già festeggiato il loro 50° Anniversario con il bellissimo cofanetto High Noon – A 50-Year Retrospective, pubblicato lo scorso anno dalla Omnivore Recordings https://www.youtube.com/watch?v=9E_cltUB7Ow . Ma come si calcolano questi eventi andando a cercare proprio i primi passi dei gruppi in oggetto, così si è fatto per gli Stones che il loro quinto decennio di carriera lo hanno commemorato nel 2012, a 50 anni dalla prima apparizione sul palco del Marquee (ma il primo singolo è del 1963 e l’album del ’64), e così spesso si fa per altri artisti, in qualche caso posticipando le date, come è successo recentemente per Jeff Beck, che il concerto alla Hollywood Bowl lo ha registrato nel 2016 (e pubblicato) nel 2017, ma sui palchi, prima con i Tridents e poi con gli Yardbirds, ci saliva dal ’64-’65.

nrbq high noon

https://www.youtube.com/watch?v=XnBYByM_PAU

Quindi come si suole dire le date sono degli optionals per le case discografiche che le utilizzano a piacere: comunque nel 1966 Terry Adams, il cantante e pianista originale della formazione c’era già, alla nascita del New Rhythm and Blues Quintet (poi Quartet), come era presente nel primo disco della band, l’omonimo NRBQ del 1969 https://www.youtube.com/watch?v=0kz6qtnlOmw , e lo è tuttora, per l’uscita di questo mini album Happy Talk, dove dei vecchi pards ormai non c’è più nessuno, alcuni morti, altri se ne sono andati, con Adams troviamo Scott Ligon alla chitarra, Casey McDonough al basso, e John Perrin, alla batteria, l’ultimo arrivato nel 2015, ma in tre brani c’è Conrad Choucroun. Lo stile non pare cambiato di una virgola nel corso degli anni, ha avuto molti alti e bassi a livello qualitativo, ma anche sulla scia della pubblicazione del box, sembrano avere ritrovato la vecchia verve, quel saper fondere rock, pop, R&B, un pizzico di jazz, folk e country, oltre ad una abbondante dose di umorismo ed allegria, e il vigore delle bar bands più classiche, in uno stile appunto che pare avere influenzato band inglesi come Brinsley Schwarz, Rockpile, e i loro leaders Nick Lowe e Dave Edmunds, NRBQ  a loro volta influenzati agli inizi dal R&R e dal jazz (nel primo disco c’era una cover di un brano di Sun Ra), ma anche splendide canzoni melodiche, come questa tratta da un finto live allo Yankee Stadium https://www.youtube.com/watch?v=Jm5nIoDviD8

NRBQ photo

https://www.youtube.com/watch?v=R2_GsuNwPRA

Questo vizio delle cover non lo hanno mai perso, infatti nel nuovo album troviamo Only The Lonely di Roy Orbison, in una brillante versione che avrebbe fatto felice l’autore, ma anche i Beatles, o i Lowe e Costello ricordati, pop music di prima classe, semplice ma accattivante e struggente il giusto, ma anche una ripresa di Happy Talk, la title track che viene dal songbook di Rodgers & Hammerstein, e che era nel musical South Pacific, qui trasformata in una deliziosa e malinconica canzone che ricorda i suoni dei Beach Boys dell’epoca d’oro. Anche Blues Blues Blues è una cover, di tale John Locke (non quello degli Spirit), che non si da dove spunti, ma fonde le 12 battute rivisitate, il rock and roll e il rock classico con souplesse sopraffina e la giusta dose di grinta e raffinatezza, sparsa senza remore anche attraverso la 6 corde pungente di Ligon. Non manca neppure una delle loro classiche novelty song, già il titolo è un programma Yes, I Have A Banana, scritta da Ligon, McDonough e Adams, brano che esplora anche il loro lato country (grazie al pianino honky-tonk del buon Terry che è peraltro strumentista di grande valore, sentitevi l’album del 2015, Talk Thelonius, dove riproduceva a modo suo la musica di Monk https://www.youtube.com/watch?v=wjr9ufLE2_c ), divertente e dai doppi sensi inevitabili, ma suonata in modo impeccabile, come pure l’eccellente Head On A Post che sembra qualche brano perduto dei Rockpile, o degli Nrbq stessi, che in fondo questo “stile” lo hanno inventato https://www.youtube.com/watch?v=e98qWKLRpRU e sembra sappiano sempre praticarlo con la dovuta carica, non smorzata dal passare del tempo. Un album intero sarebbe stato gradito, ma ci accontentiamo.

Bruno Conti

Meglio Da Solo Che Male Accompagnato? Non Sempre Vale La Regola! Dave Edmunds – Alive And Pickin’

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Dave Edmunds – Alive And Pickin’ – It’s About Music.com

Questo è uno strano CD: uscito una prima volta nel 2005, solo come mail order per il Canada, poi nuovamente, ed è la edizione che circola ora, nel 2008, autogestito dallo stesso artista tramite la It’s About Time. Sta di fatto che il disco è sempre stato raro, abbastanza difficile da reperire, e forse se ne sono accorti solo i fan più accaniti, per cui vale comunque la pena di parlarne. Tra l’altro l’album, registrato probabilmente all’inizio degli anni 2000, non riporta altre informazioni, se non i titoli dei brani, ed il fatto di essere stato registrato alla Saints David Hall di Cardiff, quindi il nostro gioca in casa. Non ci sono i nomi dei musicisti, perché Dave Edmunds, nonostante la bella Fender elettrica con cui è immortalato sulla foto di copertina, suona da solo, in versione perlopiù acustica, da cui il titolo Alive And Pickin’, e il fatto che nel corso del concerto ci siano parecchi brani strumentali in versione “picker” appunto, e molti classici del passato, brani del repertorio di Merle Travis, pezzi blues, classici assoluti della canzone, oltre a molti brani dello stesso Dave, dei Love Sculpture e dei Rockpile.

Il nostro amico era lontano dalle scene da parecchio tempo, e comunque negli ultimi venti anni praticamente ha registrato solo quattro canzoni nuove, per il disco Again, uscito nel 2013, ma che riportava registrazioni degli anni ’90, e anche il disco del 2015, On Guitar – Rags And Classics, completamente strumentale, riportava registrazioni nuove, sette, e brani ripescati dal passato, versioni piacevoli ma non memorabili di pezzi famosissimi, A Whiter Shade Of Pale, God Only Knows, Wuthering Heights, Your Song e così via http://discoclub.myblog.it/2015/07/23/esperimento-riuscitosolo-metadave-edmunds-on-guitarrags-classics/ . Anche il il Live che stiamo esaminando le sue tre stellette (di stima) se le meriterebbe, ma ovviamente Edmunds sarebbe da gustare con un bel gruppo rock alle spalle, magari proprio i Rockpile dell’amico Nick Lowe, ma anche in questa ambientazione sonora più succinta la classe del performer si gusta sempre, Dave ha una ottima voce, da perfetto rocker, ma è anche un vero virtuoso dello strumento, come aveva dimostrato, ad inizio carriera, con la sua famosa rivisitazione elettrica della “danza delle spade” di Khachaturian, diventata Sabre Dance, pubblicata dal suo primo gruppo, i Love Sculptures, che per il resto facevano dell’ottimo British Blues, e il brano c’è, conclude il disco in una versione vorticosa, che sembra provenire da un’altra serata, visto che si sono anche basso e batteria, o forse è una base preregistrata, anche se non sembra, però…

Così nel corso del concerto ascoltiamo, alla rinfusa, I Hear You Knocking, il suo primo successo della fase rock successiva, per quanto sempre del 1970, qui proposta in medley con Mess Of Blues di Elvis Presley, acustiche entrambe, ma ricche di grinta. Poi arriva il periodo dell’invenzione del pub-rock, insieme ai Brinsley Schwarz dell’amico Nick, ai Ducks De Luxe, ed altre band successive, il tutto con un disco del 1972 Rockpile, che diventerà anni dopo il nome della sua band più nota, e uno dei migliori gruppi R&R di sempre, un solo disco, ma tanti concerti e in Repeat When Necessary del 1980 erano comunque sempre loro. In ogni caso il concerto si apre con il bluegrass di Blue Moon Of Kentucky di Bill Monroe, che sarebbe diventato il R&R di Elvis, con il grande picking di Edmunds, vero virtuoso dell’acustica, ma ci sono, sparsi qui è là, i suoi classici rock, come Girls Talk, il secondo brano, una Lady Madonna dei Beatles, in versione strumentale quasi irriconoscibile, e poi Queen Of Hearts, I Knew The Bride. Troviamo vari altri strumentali, Blue Smoke, un Welsh Medley quasi classico, Swingin’ 69 di Jerry Reed, ma anche una ottima Mystery Train, sempre Elvis, che poi diventa un travolgente strumentale in fingerpicking. Ancora strumentali Love Letters On The Sand, Sweet Georgia Brown e una strana Sukyyaki, nonché Smile. Mentre per Let It Rock basta il titolo, peccato che non ci siano più brani di questo tenore, a favore di un lungo strumentale Allegro, che è un medley di brani di musica classica. Insomma, ripeto, un dischetto “strano” per vari motivi, forse indirizzato più ai fan(atici) di Dave Edmunds, ma non disprezzabile nell’insieme, accompagnato comunque è molto meglio!

Bruno Conti

 

Un Esperimento Riuscito…Solo A Metà! Dave Edmunds – On Guitar…Rags & Classics

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Dave Edmunds – On Guitar…Rags & Classics – RPM CD

Ho sempre considerato Dave Edmunds, rocker gallese di Cardiff, uno di quelli che nel corso della carriera non hanno mai sbagliato un disco, sia da solista che con i Love Sculpture ed i Rockpile: ogni suo album varia dal discreto all’ottimo, ed anche negli episodi minori Dave ha sempre saputo tirare fuori qualche zampata (i due lavori di metà anni ottanta, Information e Riff Raff, il suo periodo Jeff Lynne – anche lui ne ha avuto uno – non convincevano più per le sonorità pop elettroniche che per le canzoni). Poi, dopo il buon Plugged In del 1994, ben vent’anni di silenzio, interrotti soltanto da qualche live (A Pile Of Rock merita l’acquisto) ed un CD, Hand Picked, composto interamente da brani strumentali e venduto solo sul suo sito, poco più di un divertissement inciso in solitudine e prodotto con due soldi; una lunga assenza, durante la quale Edmunds ha avuto anche seri problemi di salute (un attacco di cuore che per poco non gli è stato fatale), terminata a sorpresa alla fine del 2013 con la pubblicazione di …Again, un disco nuovo solo in parte, che riproponeva diversi brani tratti da Plugged In, nel frattempo andato fuori catalogo, completandoli con cinque incisioni nuove di zecca, che ci facevano ritrovare un musicista in ottima forma.

Ora, direi di nuovo a sorpresa, abbiamo tra le mani un altro album da parte di Dave, intitolato On Guitar…Rags & Classics, nel quale il nostro riprende l’idea alla base di Hand Picked, cioè incidere un disco di covers di pezzi più o meno noti in versione strumentale per chitarra solista, e renderla stavolta disponibile su scala più larga. Edmunds, oltre che un rocker coi fiocchi, è anche un bravissimo chitarrista, che ha sempre messo il senso del ritmo e della melodia davanti a qualsiasi tipo di virtuosismo fine a sé stesso, ma un disco come Rags & Classics è un grande rischio. Niente da discutere dal punto di vista tecnico, l’album è suonato in maniera perfetta (si occupa ancora di tutto Dave stesso, e non è bravo soltanto alla sei corde), ha un bel suono ed è prodotto con professionalità, ma i problemi sono principalmente due: la scelta delle canzoni, in quanto a fianco di brani adatti allo stile del gallese ci sono alcuni pezzi che con lui c’entrano come i cavoli a merenda, creando a volte un effetto straniante, e l’interpretazione, il più delle volte troppo didascalica, quasi come se il nostro avesse avuto paura di rischiare. Aggiungiamo a tutto ciò l’uso inutile e fastidioso in alcuni pezzi del sintetizzatore (solo un paio per fortuna), ed il fatto che i brani presenti non siano universalmente conosciuti come “guitar songs”, ma canzoni normali nelle quali la chitarra sostituisce la voce: il rischio Fausto Papetti (con la chitarra al posto del sax) o Richard Clayderman (chitarra sì, pianoforte no) è dunque dietro l’angolo.

L’album contiene dieci brani, e curiosamente lascia tutte le stranezze nella prima parte (il vecchio lato A degli LP), riservando il meglio per la seconda, nella quale Dave propone pezzi di artisti che lo hanno influenzato in gioventù, ed anche la versione rivisitata di un pezzo di musica classica (esperimento già effettuato con successo in passato con la Danza delle Spade di Khachaturian). Il CD inizia con la celeberrima A Whiter Shade Of Pale dei Procol Harum, che è sì una grande canzone, ma è famosa soprattutto per il riff di organo ispirato a Bach, che qua viene risuonato pari pari da Edmunds: la chitarra riprende la linea vocale originariamente di Gary Brooker in maniera inappuntabile ma senza provocare grandi sussulti emotivi.

I Believe I Can Fly è proprio la hit errebi-pop di R. Kelly, una scelta poco comprensibile da parte di un rocker come Edmunds: in più, l’arrangiamento è piuttosto sdolcinato e, anche se il suono della chitarra preso da solo è strepitoso, il contesto mi lascia assai perplesso. Ne avrei fatto a meno. God Only Knows (uno dei capolavori dei Beach Boys) ha lo stesso identico (ma proprio uguale!) arrangiamento dell’originale presente su Pet Sounds, creando quindi un pericoloso effetto karaoke, e sostituire la voce di Carl Wilson con la chitarra non mi pare una grande idea; Wuthering Heights è proprio la hit di Kate Bush, bella canzone per carità, ma non capisco cosa c’entri con Edmunds (che qui sembra più Mike Oldfield che sé stesso), mentre Your Song (eseguita molto bene peraltro, con l’acustica) è forse il brano più inflazionato di Elton John, mi sarei aspettato un pezzo più “chitarrabile”, che pure non manca nel songbook del pianista inglese.

L’album migliora di colpo con il traditional Black Mountain Rag (incisa tra gli altri da Doc Watson e Chet Atkins), un coinvolgente bluegrass suonato da Dave in perfetto stile da picker, mentre Classical Gas (di Mason Williams) è anche meglio: sempre eseguita con la chitarra acustica, vede Edmunds tirar fuori il meglio dalla melodia, già bella di suo, e rivestirla con un suono potente e rock, denso e ricco di pathos. Finalmente il Dave Edmunds che conosciamo. Green Onions la ascolterei volentieri anche in una versione per kangling tibetano, e Dave fa la sua porca figura anche se non rischia per niente, lasciando l’organo come strumento solista e limitandosi ad usare la chitarra come faceva Steve Cropper; Cannonball Rag, di Merle Travis, è un altro pickin’ tune, e Dave lo rende alla grande, per poi chiudere con una divertente interpretazione della Sinfonia N. 40 In Sol Minore di Mozart in veste spoglia e quasi folk.

Quindi un disco non del tutto riuscito e anche un po’ confuso, con la seconda parte decisamente meglio della prima, che a mio giudizio è più adatta ad essere usata come sottofondo in una serata romantica: un album che, se non fosse ascritto a Dave Edmunds, sarebbe passato inosservato.

Marco Verdi

Sempre Nove Sotto Zero, Ma Più Di Trent’Anni Dopo! Nine Below Zero – Don’t Point Your Finger + Third Degree

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Nine Below Zero – Don’t Point Your Finger – 2 CD A&M Universal

Nine Below Zero – Third Degree – 2 CD A&M Universal

Dopo la folgorante ristampa nel 2012 del bellissimo Live At The Marquee, in versione CD+DVD (di cui potete leggere qui http://discoclub.myblog.it/2012/10/06/un-piccolo-classico-nine-below-zero-live-at-the-marquee/), prosegue la ripubblicazione, da parte della Universal, dei primi album dei Nine Below Zero, quelli di studio, usciti per la A&M nel 1981 e 1982. Entrambi, rispetto alle versioni pubblicate dalla BGO, aggiungono un disco, o di materiale dal vivo, nel caso di Don’t Point Your Finger o la versione alternativa dell’album, quella prodotta da Glyn Johns, mai pubblicata prima, e molto migliore rispetto a quella uscita all’epoca, aggiungo io. Il disco da avere è indubbiatemente il Live At The Marquee, e i motivi, come ricordato sopra, li trovate nel Post a lui dedicato, ma soprattutto Don’t Point Your Finger (At The Guitar Man), per restituirgli il titolo completo, è ancora un signor disco. Siamo nel 1981, in piena epoca New Wave (anche il precedente Live era uscito solo l’anno prima), ma il gruppo, almeno per questo disco, resiste ancora alle mode musicali del tempo: c’è la grinta del punk e del combat rock di alcuni gruppi e solisti britannici che impazzavano all’epoca, ma anche il rigore di certo pub rock e blues corrosivo, tipico dei Dr. Feelgood, c’è l’onda lunga della second wave del British Blues (o terza, se preferite), con gruppi come la Blues Band di Paul Jones, la De Luxe Blues Band di Danny Adler, o band come i Rockpile, che avevano elementi roots, R&R e blues nella loro musica, per non parlare dei vari Costello, Graham Parker, il primo Joe Jackson, Nick Lowe, i Jam di Paul Weller, che suonavano un rock energico, misto a pop, che aveva molti punti di contatto con i Nine Below Zero, e ne parliamo tra un attimo, in relazione a Third Degree.

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La differerenza sostanziale rispetto a molti dei nomi citati era la presenza di un’armonicista al limite del virtuosismo come Mark Feltham che alzava molto la quota Blues nell’ambito sonoro del gruppo. E in Don’t Point Your Finger armonica ce n’è ancora molta, suonata in un modo particolare, molto energico, vicino al rock, simile a quello che avrebbe usato nella decade successiva John Popper dei Blues Traveler. Un soffio poderoso, elettrico, che si fa largo tra le sciabolate e i riff energici di Dennis Greaves, il chitarrista e voce solista, nonché autore principale della band che, forse anche per colpa delle scelte della casa discografica, emarginerà sempre di più la presenza di Feltham dai loro dischi, con la fine della prima parte della loro storia dopo l’uscita di Third Deegree. Non dimenticate che il nome derivava da un famoso brano dell’armonicista Sonny Boy Williamson, ma era diventato a sua volta molto conosciuto in Inghilterra perché veniva utilizzato in una popolarissima sitcom della BBC, The Young Ones,  in onda proprio in quel periodo e dove appariva anche il gruppo, nella prima puntata, con 11 Plus 11.

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Musicalmente, si diceva, il disco attinge molto dal blues, ma anche dal R&B, da certa mod music di cui erano stati maestri gli Who negli anni ’60 e uno dei loro produttori preferiti, Glyn Johns, si occupa dell’album. Dennis “The Menace” Greaves scrive la quasi totalità dei brani, con un piccolo aiuto dal batterista Mickey Burkey in tre, mentre le tre cover sono dei classici: Treat Her Right, del soul, un brano che hanno fatto in tantissimi, da Otis Redding a Jerry Lee Lewis, passando per Thorogood e Rory Gallagher, le cui traiettorie si sono intrecciate per alcuni anni con quelle di Feltham, quando l’armonicista entrò nella sua band, portandosi poi via la sezione ritmica per dare vita ad una nuova breve versione dei Nine Below Zero, versione in stile NBZ a tutta velocità, con armonica e chitarra in grande spolvero; Sugar Mama, il pezzo di Chester Burnett (a.k.a. Howlin’ Wolf) è uno slow blues di quelli canonici e tosti, grande versione, in tutto degna del disco dal vivo http://www.youtube.com/watch?v=ie4LPys-A8g , mentre Rockin’ Robin è un altro piccolo gioiello dal passato, un rock’n’roll scatenato che permette alla sezione ritmica di mettersi in evidenza mentre Greaves e Feltham sono indaffaratissimi. Ma tutto l’album funziona, dall’iniziale tiratissima One Way Street, che ha il solito tiro frenetico dei migliori brani dei NBZ, passando per il rock di Doghouse, con l’armonica di Feltham che ricorda moltissimo le sonorità del suo “discepolo” John Popper http://www.youtube.com/watch?v=PWOrE5UMGtU . Helen è una delle loro rare concessioni (fino a quel momento) al pop melodico, deliziosa comunque, ma si torna subito al blues classico con una Ain’t Comin’ Back dove Greaves si cimenta anche alla slide http://www.youtube.com/watch?v=04NS3jTvCbs , ottime anche I Won’t lie e Three Times Enough che ricorda i migliori Dr. Feelgood, ma tutto il disco è di ottima qualità.

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E in più gli hanno aggiunto, in questa versione doppia, il concerto completo, registrato il 24 ottobre del 1981 al Granary di Bristol per la serie BBC Session – In Concert http://www.youtube.com/watch?v=taiyq3nCZns , che se non raggiunge lo splendore di Live At The Marquee, poco ci manca: tra le chicche una scoppiettante Don’t Point Your Finger At The Guitar Man che riscopre gli splendori del migliore rockin’ blues, Three Times Is Enough che nella versione in concerto, se possibile, acquista ulteriore grinta, il loro classico Ridin’ On The L&N cantata a squarciagola e con Feltham che fa i numeri all’armonica, Eleven Plus Eleven che sarebbe uscito nel successivo Third Degree, una sontuosa I Can’t Quit Baby, blues all’ennesima potenza, Treat Her Right (abbiamo un riff, geghe geghe geghe, uhm!) http://www.youtube.com/watch?v=QyXzuCZ2jN4 , Sugar Beat (And Rhythm Sweet), il nuovo singolo che ha un giro di basso e un ritmo che ricorda i migliori Police, più scatenati. Per concludere con i quasi dieci minuti di una versione indemoniata di One Way Street che incorpora nel lungo medley classici del soul, del r&R e del blues.

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Più o meno un paio di mesi prima erano entrati in studio ancora con Glyn Johns, per registrare il nuovo album Third Degree (ma questo il pubblico non lo sapeva). E non sapeva neppure che la casa discografica, la A&M, aveva respinto quella versione, in favore di una nuova versione, prodotta da Simon Boswell, che incorporava tutti gli stereotipi del pop britannico di quegli anni, 11 brani 11, tutti firmati da Greaves, ma con un sound molto commerciale, quasi new wave, basso slappato, ritmi spezzati, più di un accenno di reggae. Di 11+11 abbiamo detto, la versione è gagliarda http://www.youtube.com/watch?v=ExM1vP-rhH4 , con Feltham ben presente all’armonica e Greaves alla chitarra, come nella successiva, ancora buona, Wipe Away Your Kiss, un giro di basso alla Taxman o tipo Jam (che erano quasi la stessa cosa), tastiere aggiunte, coretti sgargianti, la chitarra tagliente, ma niente armonica. Che però riappare nella vivace Why Can’t We Be What We Want To Be, pop ma ancora di buona qualità. Tearful Eye sembra un brano di Nick Lowe, come solista o con i Rockpile, niente male devo dire, e anche True Love Is A Crime rimane su quelle coordinate sonore, con un breve intermezzo, pur se brevissimo, dell’armonica di Feltham. Ma Egg On My Face ha sempre quel sound dove il basso è in primissimo piano, l’organo si fa largo e lo spazio per l’armonica è meno marcato, in questo suono decisamente pop. Sugarbeat (and Rhythm Sweeet) nella versione di studio accentua le somiglianze con i Police, l’armonica è tristemente in sottofondo, come nella successiva Mystery Man, che ricorda gli episodi più orecchiabili dei Jam o addirittura dei Level 42, niente di male http://www.youtube.com/watch?v=TNCyc32M-B8 , ma con i NBZ, come direbbe Tonino, che c’azzecca. Loro sono sempre bravi ma East Street, SE 17 con i suoi ritmi ska-reggae sembra un pezzo dei Madness e You Don’t Love Me oscilla addirittura verso Spandau Ballet e New Romantics, prima di una ultima vigorosa scrollata di armonica e chitarre a tutto ritmo con la conclusiva You Can’t Say Yes And You Can’t Say No, ma sempre con il basso molto marcato di Brian Bethell in primo piano nel missaggio.

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La versione di Glyn Johns, che appare nel secondo CD, è meno pompata e commerciale, ma forse più vicina allo spirito della band e anche se la versione di Why Don’ You Try Me Tonight, che era apparsa su Borderline, non raggiunge i vertici di quella di Ry Cooder, è sempre un bel sentire rispetto ad alcuni brani della versione ufficiale di Third Degree, e l’armonica si sente, eccome se si sente http://www.youtube.com/watch?v=J15SPf2OEZ0 . Mama Talk To Your Daughter è un blues coi fiocchi, i controfiocchi e tutto il pappafico, bellissima. E anche Johnnie Weekend non presente nell’album uscito nel 1982 è un brano per nulla disprezzabile. E, come dicevo all’inizio, tutta questa versione mi sembra decisamente migliore di quella di Boswell, più naturale e organica al sound della band. Comprando questa versione doppia del CD, con il combinato dei due album, anche Third Degree rimane un album su cui mettere le mani, mentre Don’t Point Your Finger, nell’economia del gruppo, ma non solo, si avvicina quasi all’indispensabile. Se poi pensate che sono usciti a prezzo speciale, io un pernsierino ce lo farei.

Bruno Conti

Novità Di Agosto Parte III. Lenny Kravitz, Hard-Fi, Rockpile, Stephen Malkmus, Emerson,Lake & Palmer, Mungo Jerry, Eccetera

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Continuano imperterrite le uscite discografiche, queste sono del 23 agosto 2011 (naturalmente per il mercato italiano dovete aggiungere una settimana, 30 agosto, come per quelle delle settimane precedenti, in definitiva esce tutto a fine mese)!

Nuova etichetta, Roadrunner/Warner per Lenny Kravitz, per l’album Black And White America ma non ci sono sostanziali cambiamenti nello stile musicale anche se i testi sono ispirati da un documentario visto da Lenny che riguarda il razzismo nell’America del post Obama. Poteva mancare la Deluxe Edition CD+DVD? Certo che no! E infatti c’è, insieme ad una versione definita Deluxe Fan Edition dove oltre al DVD extra (che contiene il solito Making Of ma anche 6 video esclusivi tra cui 2 versioni acustiche, quindi interessante) trovate un doppio vinile e libro fotografico di 46 pagine. Ammetto che saranno almeno quindici anni che non prendo un disco di Kravitz, quindi direi dal terzo album.

Terzo album per gli Hard-Fi, si chiama Killer Sounds e viene pubblicato dalla Atlantic. Il primo album della band punk/rock ballabile inglese aveva venduto più di un milione di copie, il secondo poco più di 300.000, il prossimo…

Nuovo album dell’ex Pavement Stephen Malkmus con la nuova band dei Jicks, titolo Mirror Traffic. Il precedente Real Emotional Trash era proprio bello, mi aveva ricordato non poco lo stile chitarristico dei Television. Dopo il tour della reunion con i Pavement, questo nuovo album esce per la Matador con la produzione di Beck e ha un suono più tranquillo, quasi pop senza le escursioni chitarristiche del precedente. Dopo un primo veloce ascolto non sembra male.

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Sezione “a volte ritornano”: Barbra Streisand pubblica (anche in versione doppio CD) questo What Matters Most che nel sottotitolo spiega tutto Sings The Lyrics of Alan and Marylin Bergman, ovvero quelli che avevano scritto i testi di The Way We Were, You Don’t Bring Me Flowers e varie altre canzoni uscite in album diversi nel corso degli anni e qui raccolte tutte insieme nel secondo bonus disc. Nel primo la Streisand ha raccolto altri dieci brani che non aveva mai inciso tra cui The Windmills of You Mind, Nice’n’ Easy e I’ll never say Goodbye. Se vi interessa c’è poca differenza di prezzo tra le due edizioni per cui vi consiglierei quella doppia, entrambe Columbia Records (come sempre dal 1963) (anche se ho verificato e in Italia c’è una certa differenza di prezzo più marcata che all’estero)!

L’anno scorso erano 40 anni dai tempi di In The Summertime ma i Mungo Jerry di Ray Dorset (bella tintura di capelli nel video) hanno continuato sempre a fare dischi (il precedente era del 2007) e quindi “a volte ritornano” vale fino a un certo punto. Comunque questo Cool Jesus esce per la 7Music e il sound è la solita miscela di Blues (soprattutto, come è sempre stato), country, rockabilly, easy listening e pop. Piacevole.

Stesso discorso anche per Suzi Quatro con questo In The Spotlight, distribuito dalla Cherry Records a 5 anni del precedente Back to the drive. Prego notare che è tornato il produttore e autore Mike Chapman, quello dei tempi d’oro e di Sweet, Blondie, Pat Benatar, Knack, Tina Turner  e mille altri. Nel brano Singing With Angels (molto bello peraltro), scritto dalla stessa Suzi in tributo a Elvis e prodotto da Andy Scott degli Sweet, ci sono i Jordanaires e James Burton alla chitarra. Apperò! E delle cover di Goldfrapp e Rhianna ne vogliamo parlare?

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Settore live e ristampe potenziate. La colonna sonora del film O Brother Where Art Thou esce in versione Deluxe (il 23 negli States e il 30 in Europa) per la Lost Highway/Universal. In America la prima versione ha venduto quasi 7 milioni e mezzo di copie.

Questa è la tracklist della versione doppia così potete decidere se ricomprarlo. Propenderei per il sì!

Disc One: The Original O’Brother Where Art Thou

1. “Po’ Lazarus” – James Carter and prisoners

2. “Big Rock Candy Mountain” – Harry McClintock

3. “You Are My Sunshine” – Norman Blake

4. “Down To The River To Pray” – Alison Krauss

5. “I Am A Man Of Constant Sorrow” – The Soggy Bottom Boys

6. “Hard Time Killing Floor Blues” – Chris Thomas King

7. “I Am A Man Of Constant Sorrow” – Norman Blake

8. “Keep On The Sunny Side” – The Whites

9. “I’ll Fly Away” – Alison Krauss & Gillian Welch

10. “Didn’t Leave Nobody But The Baby” – Emmylou Harris, Alison Krauss & Gillian Welch

11. “In The Highways” – Sarah, Hannah, and Leah Peasall

12. “I Am Weary, Let Me Rest” – The Cox Family

13. “I Am A Man Of Constant Sorrow” – John Hartford

14. “O Death” – Ralph Stanley

15. “In The Jailhouse Now” – The Soggy Bottom Boys

16. “I Am A Man Of Constant Sorrow” – The Soggy Bottom Boys

17. “Indian War Whoop”- John Hartford

18. “Lonesome Valley” – Fairfield Four

19. “Angel Band” – The Stanley Brothers


Disc Two: Bonus Disc

* Unreleased Tracks

* 1. “Hard Time Killing Floor Blues” – Colin Linden

* 2. “You Are My Sunshine” – Alan O’Bryant

* 3. “Tishamingo County Blues” – John Hartford

4. “Mood Indigo” – Duke Ellington

* 5. “Cow Road” – T Bone Burnett

6. “I’ll Fly Away” – The Kossoy Sisters

* 7. ‘Big Rock Candy Mountain” – Van Dyke Parks

8. “Admiration” – Duke Ellington

9. “Tom Devil” – Ed Lewis and the Prisoners

* 10. “Keep On The Sunny Side” – The Cox Family

* 11. “Angel Band” – Sarah, Hannah, and Leah Peasall

* 12. “Big Rock Candy Mountain” – Norman Blake

* 13. “Little Sadie” – Norman Blake

* 14. “In The Highways” – The Cox Family

* 15. “That Hog’s Foot Further In The Bed” – John Hartford

* 16. “The Lord Will Make A Way” – Fairfield Four

* 17. “In The Jailhouse Now” – Harley Allen                        

Disco dal vivo per i grandi Rockpile di Dave Edmunds e Nick Love (ma anche Billy Bremner e Terry Williams). 16 brani dal vivo, Live At Montreux 1980, Eagle Records/Edel, purtroppo niente DVD (al momento) per una delle band più pop & Rock che sia mai esistita in Inghilterra. Con i brani di Seconds of Pleasure e qualche classico del rock. Grandi! Se non li conoscete, consigliatissimo.

L’anno scorso vi avevano fatto comprare il CD, quest’anno, giustamente, esce anche la versione in DVD di 40th Anniversary Reunion Concert, High Voltage Festival 25 July 2010. Emerson, Lake & Palmer devono avere pensato, perchè fargli comprare solo il CD e quindi ecco anche il DVD per la Concert One Ltd. Non ho verificato se ha gli stessi brani.

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Per finire una curiosità. In attesa dell’album che uscirà il 17 ottobre, quello che dovrebbe essere il fratello “più bravo” degli Oasis, Noel Gallagher pubblica con i suoi High Flying Birds un CD singolo (formato in via di estinzione) con The Death of You and me.

Anche per oggi è tutto, alla prossima.

Bruno Conti