Lo Springsteen Della Domenica. Tanto per Ribadire La Sua Fiducia Nel Progetto! Bruce Springsteen – Western Stars: Songs From The Film

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Bruce Springsteen – Western Stars: Songs From The Film – Columbia/Sony CD

Western Stars, l’ultimo album di Bruce Springsteen uscito lo scorso mese di Giugno, è stato uno dei lavori più discussi del 2019, in gran parte a causa dell’enorme reputazione del rocker americano. Al sottoscritto il disco è piaciuto molto https://discoclub.myblog.it/2019/06/16/lo-springsteen-della-domenica-un-boss-californiano-ad-alti-livelli-bruce-springsteen-western-stars/ , ma da altre parti non è stato così, in quanto si è voluto criticare il suono delle varie canzoni e la scelta del Boss di rivestire i brani con arrangiamenti ariosi e pop, utilizzando anche un’orchestra. Il nostro aveva però spiegato che la sua intenzione era di creare un disco ispirato ai classici brani di gente come Glen Campbell e Burt Bacharach, una sorta di “pop californiano” che si distaccasse volutamente dalla sua abituale produzione. Ed a mio giudizio Bruce era riuscito in pieno nel suo intento, portando in dote brani di notevole livello e dando loro un sapore quasi cinematografico, in piena attinenza con le splendide immagini del libretto che accompagnava il CD. La maggioranza del pubblico ha mostrato di apprezzare il lavoro, decretandone il successo, ed il nostro ha così potuto completare con molta più tranquillità il progetto, che prevedeva anche un film e relativa colonna sonora.

Infatti Western Stars è anche il titolo del primo lungometraggio con Bruce come regista (insieme a Thom Zimny), un film che in realtà è una sorta di documentario sul “making of” del disco ed il cui piatto forte e la performance dal vivo di tutte le canzoni in esso contenute, registrate di fronte ad un pubblico selezionatissimo all’interno dell’enorme fienile che sorge all’interno di un terreno di proprietà di Bruce (mentre le sequenze in esterni sono state girate al parco nazionale di Joshua Tree): il film è stato presentato di recente al Toronto Film Festival (ed accolto molto positivamente), mentre lo scorso 25 Ottobre è stata pubblicata anche la colonna sonora, Western Stars: Songs From The Movie, che in pratica è il concerto dal vivo presente all’interno della pellicola. Inizialmente sono rimasto sorpreso dal fatto che Bruce in pratica “ripubblicasse” lo stesso disco a distanza di pochi mesi dall’originale di studio (esiste anche un’edizione in doppio CD con tutti e due i lavori), ma pensandoci un attimo la cosa ha senso, in quanto il musicista di Freehold ha deciso di non portare in tour il disco, probabilmente per problemi sia logistici (spostare un’intera orchestra non è uno scherzo) che di costi elevati, e quindi questa colonna sonora è un’occasione unica per ascoltare i brani di Western Stars on stage. E poi c’è il particolare da non sottovalutare che Springsteen dal vivo non è mai banale, ed anche se avendo un gruppo così numeroso alle spalle con tanto di orchestra forse non gli dà la possibilità di improvvisare come quando guida la E Street Band, c’è sempre qualcosa che rende interessante la performance.

I brani qui infatti sono perfino più ariosi che in studio, la voce è più diretta e meno “lavorata”, e soprattutto l’orchestra è più dentro alle canzoni, e riesce a dare ancora più pathos che nelle pur ottime versioni del disco uscito a Giugno. Gli arrangiamenti non cambiano, ma la prestazione è calda e coinvolgente, grazie anche al vasto gruppo di musicisti che accompagnano il nostro: infatti oltre agli “E Streeters” Patti Scialfa e Soozie Tyrell alle voci (Patti anche alla chitarra) e Charlie Giordano al piano ed organo, abbiamo Marc Muller alla chitarra, steel e banjo, Ben Butler alla chitarra e banjo, Henry Hey e Rob Mathes alle tastiere, Kaveh Rastegar al basso e Gunnar Olsen alla batteria, mentre l’orchestra è formata da una sezione archi di quindici elementi più due ai corni ed altri due alle trombe, ed il tutto è prodotto dallo stesso Bruce ancora insieme a Ron Aniello. E’ chiaro dopo questa premessa che i brani migliori di Western Stars escono ulteriormente rafforzati da questa rilettura dal vivo, canzoni come Stones, Hello Sunshine e soprattutto le maestose Sundown e There Goes My Miracle, ma anche i pezzi più intimi hanno un impatto maggiore, come l’iniziale Hitch Hikin’, le belle The Wayfarer (che ha una coda strumentale finale di piano non presente nell’originale) e Chasin’ Wild Horses o la splendida ed intensa Somewhere North Of Nashville. E poi ci sono i due brani più trascinanti del disco in studio, cioè Tucson Train e Sleepy Joe’s Café, che qui sono ancora più coinvolgenti e secondo me pronti ad entrare anche nel repertorio della E Street Band. Come bonus esclusivo per questo live abbiamo una stupenda versione della classica Rhinestone Cowboy (scritta da Larry Weiss ma resa famosa proprio da Glen Campbell), rilettura sontuosa che chiude il concerto in netto crescendo.

Se siete tra i detrattori di Western Stars non credo che questa sua controparte dal vivo vi farà cambiare idea, ma se l’album originale vi è piaciuto potreste anche entusiasmarvi.

Marco Verdi

Se Non Fosse Il Boss Non Sarebbe Neanche Male! Bruce Springsteen – American Beauty

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Bruce Springsteen – American Beauty – Sony Vinyl EP

Il problema con Bruce Springsteen è che in passato ci ha dato talmente tanti capolavori, specie negli anni settanta, che ogni volta che fa uscire qualcosa di nuovo tutti vorremmo ascoltare un nuovo Darkness On The Edge Of Town od un nuovo The River. Per carità, non è che in anni recenti il Boss abbia smesso di fare buona musica: The Rising e Wrecking Ball erano a mio giudizio due ottimi album (lasciamo stare le Seeger Sessions, un capolavoro assoluto, ma privo di brani originali), ma troppo spesso Bruce ha pubblicato dischi di livello palesemente inferiore, quasi che volesse avere sempre un CD nuovo sul mercato e così la scusa per andare in tour.

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Magic non era neanche male, ma Working On A Dream ed il recentissimo High Hopes sono due lavori troppo discontinui e raffazzonati, ed in più con una produzione massiccia (Brendan O’Brien prima, Ron Aniello poi) ed un suono gonfio che poco si addice al suo stile (la versione elettrica di The Ghost Of Tom Joad, con Tom Morello a suo fianco, pur piacendomi non poco, è quasi un brano metal). In occasione del recente Record Store Day (sempre di più un’operazione di marketing e sempre di meno una buona causa), Springsteen ha pubblicato questo American Beauty, un EP in vinile con quattro brani inediti, probabilmente assemblati nello stesso modo dell’ultimo High Hopes (cioè da sessions sparse tenutesi negli ultimi anni), e, aldilà del discorso collezionistico che avrà catapultato tutti i fans del Boss ad accaparrarsi la loro copia, l’esito riflette quello altalenante del recente CD https://www.youtube.com/watch?v=JYMc4FkSObM .

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Inciso con membri della E Street Band mescolati con sessionmen esterni (ma niente Morello), American Beauty è un dischetto che si ascolta con facilità (grazie anche alla sua esigua durata), ma nulla aggiunge a quanto fatto dal Boss negli ultimi anni. La title track è un brano rock un tantino sovrastrumentato e con una melodia che fatica ad uscire, se non dopo ripetuti ascolti (e questo non è bello) https://www.youtube.com/watch?v=QkKFaQVcfnY , mentre Mary Mary è un pezzo di base acustico, al quale sono stati aggiunti un po’ troppi strumenti: discreta, ma che non lascia traccia https://www.youtube.com/watch?v=pC0KgpCHCyw . Il lato B si apre con Hurry Up Sundown, che appartiene al filone più pop di Bruce: sembra una outtake di Working On A Dream (un disco che già di suo sembrava una raccolta di outtakes), con un arrangiamento non proprio consono al Boss, un ibrido tra Beatles ed Electric Light Orchestra https://www.youtube.com/watch?v=7a3FZagG9co .

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Bisogna attendere l’ultimo pezzo per avere finalmente un brano coi fiocchi: Hey Blue Eyes è una squisita ballata, dal mood coinvolgente ed una melodia con qualcosa di dylaniano https://www.youtube.com/watch?v=qSJQ0WFmiCE , e con un crescendo epico sullo stile di The Rising (la canzone); guarda caso è il brano meno recente, in quanto è prodotto da O’Brien (i primi tre vedevano Aniello alla consolle).

Nessuno pretende un altro Born To Run (forse neanche un altro Born In The USA), ma un disco nuovo con tutte canzoni al livello di Hey Blue Eyes sarebbe già un buon inizio.

Marco Verdi