Definirlo Controverso E’ Un Eufemismo, Ma Di Certo Era “IL” Produttore Rock Per Antonomasia: A 81 Anni E’ Morto Phil Spector.

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Ho già scritto diversi necrologi per questo blog, ma questa forse è la prima volta in cui non so da che parte cominciare, per la grandezza del personaggio ma anche per il suo essere decisamente controverso e scomodo: il fatto che la morte, per complicazioni dovute al Covid, lo abbia colto lo scorso sabato 16 gennaio nel carcere di Corcoran in California dove era rinchiuso dal 2009 per omicidio della modella ed attrice Lana Clarkson è sintomatico del tipo di soggetto.

phil spector getty images

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Sto parlando di Harvey Philip Spector, che tutto il mondo però conosceva come Phil Spector, produttore rock con la P maiuscola ed il primo a mettere la figura di chi stava dietro la consolle sullo stesso piano dell’artista in sala di incisione in fatto di importanza, ed in alcuni casi perfino ad un livello superiore. Spector era senza mezzi termini un genio, un personaggio visionario ed eccezionalmente avanti coi tempi (anche nel vestire), inventore del celeberrimo “Wall Of Sound”, un vero e proprio muro del suono creato usando strumenti rock come chitarre, basso, tastiere e batteria ma duplicandoli ed anche triplicandoli usando una vera e propria folla di musicisti in studio così da creare una sorta di “orchestra rock” (e molto spesso aggiungendo anche sezioni di archi e fiati), facendo anche un ampio uso del riverbero, una tecnica che secondo lui aveva più efficacia con le registrazioni in mono rispetto a quelle in stereo, che non amerà mai.

phil spector Backtomono 1958-1969

Ma Spector non inventò solo un suono (dal quale in seguito presero spunto una miriade di musicisti: Brian Wilson, per esempio, credo che gli dedicherebbe volentieri un monumento, ed anche Bruce Springsteen dichiarò più volte che per Born To Run si era ispirato al Wall Of Sound), ma fu anche uno dei primi produttori a co-scrivere spesso i brani in cui era coinvolto e, specie nei primi tempi, ad orientare le scelte commerciali dei gruppi da lui seguiti e spesso da lui scoperti, così da diventare una sorta di producer-talent scout-manager. Maniaco della perfezione, Spector era capace di far suonare una canzone anche cinquanta volte di fila per trovare la take giusta, esasperando non poco i musicisti in studio con lui, che però si guardavano bene dal dirgli qualcosa, intimoriti dal suo approccio “vagamente” dittatoriale e dal fatto che spesso si presentava in studio armato (pare per sicurezza personale dopo un episodio di bullismo di cui fu vittima nel 1958). Nato nel 1939 nel Bronx da una famiglia ebrea di origine russa non troppo benestante, Phil all’età di dieci anni subisce il trauma del suicidio del padre, ed in seguito si trasferisce con la madre e la sorella a Los Angeles, dove impara a strimpellare la chitarra e comincia ad interessarsi attivamente alla musica rock’n’roll e pop, formando con tre amici di scuola il suo primo gruppo, i Teddy Bears, i quali grazie all’amicizia del nostro con il produttore Stan Ross riescono a registrare e pubblicare qualche singolo: uno di questi, To Know Him Is To Love Him (epitaffio scritto sulla tomba del padre), raggiunge addirittura il primo posto in classifica vendendo ben un milione di copie https://www.youtube.com/watch?v=tIUf6dOGc1c .

phil & ronnie spector

Il successivo singolo ed album non sono però un successo e Phil, sempre più interessato alle tecniche di produzione piuttosto che a stare sotto la luce dei riflettori, scioglie la band, va a New York ed inizia a lavorare sotto le dipendenze dei leggendari songwriters Leiber & Stoller, scrivendo con Jerry Leiber Spanish Harlem che diventerà una hit per Ben E. King https://www.youtube.com/watch?v=OGd6CdtOqEE ; dopo qualche contributo in session come chitarrista unito ad alcune produzioni minori incoraggiato proprio dai due autori, il successo di How Love How You Love Me delle Paris Sisters convince Spector ad intraprendere la carriera di produttore a tempo pieno.

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Tornato a Hollywood, fonda la Philles Records insieme al discografico ed amico Lester Sill, e si specializza nella produzione di singoli pop in cui si trovano le prime tracce del Wall Of Sound, contribuendo al successo di “girl groups” come The Crystals (Uptown, Da Doo Ron Ron, Then He Kissed Me e He’s A Rebel i pezzi volati più in alto in classifica) https://www.youtube.com/watch?v=v-qqi7-Q19k  e The Ronettes (la classica Be My Baby, Walking In The Rain, Baby I Love You), delle quali sposerà la leader Veronica Bennett che ancora oggi a molti anni dal divorzio si fa chiamare Ronnie Spector https://www.youtube.com/watch?v=jSPpbOGnFgk . Altri nomi che conosceranno la popolarità grazie alle produzioni di Phil sono Darlene Love, Connie Francis, Bob B. Soxx & The Blue Jeans e soprattutto il duo vocale maschile dei Righteous Brothers (che non erano affatto fratelli), specie con le famosissime You’ve Lost That Lovely Feelin’ https://www.youtube.com/watch?v=xbg1gkWb0Wo  e Unchained Melody (che conoscerà un eccezionale rigurgito di popolarità nel 1990 grazie al film Ghost), e con la nota River Deep, Mountain High di Ike & Tina Turner, dei quali produce anche l’album dallo stesso titolo https://www.youtube.com/watch?v=e9Lehkou2Do .

phil spector ike & tina turnerike tina turner River.deep.mountain.high

Non è l’unico LP ad avere il nome di Phil alla consolle in questi anni anche se il nostro è sempre stato considerato uno da 45 giri: per esempio il suo A Christmas Gift For You From Philles Records del 1963, con dentro incisioni ad hoc da parte di Ronettes, Darlene Love, Crystals e Bob B. Soxx, è giustamente considerato un ultra-classico della canzone stagionale https://www.youtube.com/watch?v=si_dOztgx9c .

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Se volete una esauriente panoramica del periodo, a parte le varie antologie, se proprio non riuscite a trovare lo splendido box Back To Mono 1958-1969  effigiato sopra (fuori catalogo da una vita, ma usato si trova ancora), dovreste almeno procurarvi il cofanetto del 2011 The Philles Album Collection.

beatles let it be

Nel 1969 arriva una svolta nella carriera di Spector (non necessariamente con risvolti solo positivi) quando John Lennon e George Harrison lo scelgono per produrre quello che diventerà l’ultimo album dei Beatles, cioè Let It Be (Paul McCartney è abbastanza freddino, mentre a Ringo Starr come al solito va bene tutto). E qui cominciano ad arrivare le prime critiche anche feroci nei confronti del lavoro di Spector, a causa delle orchestrazioni che appesantiscono notevolmente soprattutto The Long And Winding Road (Paul, che l’ha scritta, quando la sente per la prima volta inorridisce) e Across The Universe, critiche che arriveranno anche ai giorni nostri al punto che nel 2003 è stata pubblicata una versione remixata e “de-spectorizzata” del disco, intitolata Let It Be…Naked.

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Esiti migliori anche a livello di commenti Spector li avrà con i primi due album solisti di Lennon: in John Lennon/Plastic Ono Band il suono è talmente essenziale che il contributo di Phil è quasi impalpabile, mentre con Imagine del 1971 la produzione è equilibrata in maniera quasi perfetta (anche se per il sottoscritto l’apice della collaborazione Lennon-Spector si ha con il singolo Instant Karma!). Anche George sceglie Phil Per il suo debutto, lo strepitoso triplo All Things Must Pass, e qui arrivano ancora diverse critiche negative riguardo a certi arrangiamenti: io non sono d’accordo, in quanto il disco, già grandissimo di suo, è secondo me prodotto in modo magnifico, anche se obiettivamente a brani come Wah-Wah, What Is Life e Awaiting You All avrebbe giovato una mano più leggera.

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Di Harrison Phil produce anche il singolo Bangla Desh https://www.youtube.com/watch?v=eqaDRYDPU5s  e sovrintende alla versione audio del mitico The Concert For Bangladesh  , mentre il ritorno in studio con John per Some Time In New York City patirà l’insuccesso di pubblico e critica dell’album. Il resto della decade vede Spector poco attivo, un po’ per il mutare delle mode musicali ma soprattutto per il suo comportamento imprevedibile ed eccentrico. Nel 1974 entra in studio con Dion per il quale produce Born To Be With You, che esce l’anno successivo al termine di session caotiche ed interminabili, un disco che viene disconosciuto dallo stesso cantante newyorkese che lo definisce “musica da funerale” https://www.youtube.com/watch?v=IyErVrHE0eM .

john lennon rock'n'roll

Nello stesso periodo Lennon chiama ancora Phil perché lo vuole alla consolle per il suo nuovo progetto, un album con canzoni dell’epoca d’oro del rock’n’roll con un sound vintage: qui le cose vanno anche peggio in quanto Spector si conferma del tutto inaffidabile, presentandosi in studio a volte ubriaco, altre vestito da chirurgo, mentre una volta arriva perfino a sparare un colpo di pistola al soffitto proprio vicino alle orecchie di Lennon, che non la prende benissimo. Dulcis in fundo, ad un certo punto John scopre che tutte le sere il produttore trafuga i nastri delle sessions e se li porta a casa per manipolarli a suo piacimento nella notte, per poi riconsegnarli il mattino dopo come se niente fosse: questa, unita all’esasperazione dei vari musicisti per il fatto che Phil faccia loro risuonare all’infinito le canzoni, costringe Lennon a licenziare Spector ed a finire il disco da solo (ed infatti su Rock’n’Roll, 1975, solo quattro pezzi su tredici appartengono alle sessions originali).

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Le controversie continuano quando nel 1977 Leonard Cohen decide di affidare al nostro l’incarico di produrrre il suo quinto album Death Of A Ladies’ Man e anche di mettere in musica i testi di tutti i brani, ma il risultato finale è piuttosto confuso e magniloquente, oltre che inadatto allo stile intimista del poeta canadese (ma Memories mi è sempre piaciuta assai) https://www.youtube.com/watch?v=imHpLMRYknc . Nel 1980 a sorpresa troviamo il nome di Spector come produttore di End Of The Century dei Ramones, un connubio stranissimo visto il tipo di sonorità punk-rock molto diretta del gruppo di New York, ma che, a dispetto delle critiche, secondo me funziona perché dona una luce diversa alle loro canzoni fino a quel momento molto “basiche” https://www.youtube.com/watch?v=Gi9a7IdRiBI . Le nuove tendenze musicali degli anni ottanta escludono completamente il nostro dagli studi di registrazione mandandolo virtualmente in pensione (fatta eccezione per l’album Season Of Glass di Yoko Ono), e per trovare il suo nome su un disco dobbiamo arrivare fino al 2003 quando il non famosissimo gruppo indie inglese Starsailor lo chiama per produrre due brani del loro secondo album Silence Is Easy e lui, inaspettatamente, accetta (anche se il suo contributo non è così evidente) https://www.youtube.com/watch?v=fglU5Ngd-Pk .

Helen Mirren and Al Pacino star in the new HBO film Phil Spector, which was written and directed by David Mamet.

Helen Mirren and Al Pacino star in the new HBO film Phil Spector, which was written and directed by David Mamet.

Nello stesso anno, come ho accennato all’inizio, avviene il fattaccio dell’omicidio della Clarkson, trovata morta a casa di Spector pare a seguito di un gioco pericoloso finito male. Il processo diventa mediatico a causa della fama di Phil, che cade in parecchie contraddizioni e non riesce ad evitare la condanna ad una pena che va dai 19 anni all’ergastolo (ma che lo avrebbe probabilmente portato alla libertà vigilata nel 2024 anche a causa delle precarie condizioni di salute), e di certo non lo aiutano un comportamento sempre più eccentrico ed una serie di improbabili parrucche che Phil sfoggia in aula: la vicenda è stata rappresentata da Phil Spector, un interessante film per la HBO (ma passato anche in Italia) con un Al Pacino formidabile come sempre nella parte del protagnonista. Una vita molto “rock” dunque per colui che, aldilà delle sue malefatte, è stato un vero genio ed innovatore della nostra musica, un’esistenza le cui ultime fasi si potrebbero riassumere con un titolo altrettanto rock: From Jail To Hell.

Marco Verdi

Ogni Tanto Si Rifà Viva Anche Lei! Ronnie Spector – English Heart

ronnie spector english heart

Ronnie Spector – English Heart – 429 CD

E’ di pochi mesi fa il mio post sul Best Of dedicato a Veronica Yvette Bennett, meglio conosciuta come Ronnie Spector, un’ottima antologia con qualche rarità che però non conteneva nulla di nuovo http://discoclub.myblog.it/2015/11/26/darlene-love-ecco-la-piu-famosa-delle-spector-girls-ronnie-spector-the-very-best-of-ronnie-spector/ : l’ultima fatica dell’ex leader delle Ronettes (ed ex moglie del leggendario produttore Phil Spector) risaliva a ben dieci anni fa, il discreto ma non eccelso Last Of The Rock Stars. Ma Ronnie nel corso della sua carriera ha pubblicato davvero poco come solista, e quindi ogni suo disco deve essere considerato come un piccolo evento, essendo lei una delle artiste di punta dei vocal groups tanto in voga nella musica pop degli anni sessanta. English Heart, il suo nuovissimo album, è però un disco particolare: se la quasi totalità dei gruppi e solisti inglesi dei sixties si rifacevano dichiaratamente ad un suono di origine americana (chi blues, chi rock’n’roll, chi soul), con questo lavoro Ronnie ha voluto fare il percorso inverso, omaggiando tutta una serie di artisti e di brani a lei particolarmente cari, dichiarando anche nelle note di copertina il suo smisurato amore per la musica britannica dell’epoca. Quindi un disco di cover, scelte per lo più in maniera personale dalla cantante di origini afro-irlandesi, con pochi pezzi veramente famosi anche se presi dai songbook di band popolarissime: l’album è prodotto da Scott Jacoby, uno con un curriculum non proprio aderente ai gusti abituali di chi scrive su questo blog (Coldplay, Sia, John Legend), ma che qua ha fatto un lavoro impeccabile a livello di suono (tranne un caso), rivestendo i brani di suoni moderni ma nello stesso tempo mantenendo un certo sapore d’altri tempi, utilizzando una lunga serie di sessionmen proprio come faceva l’ex marito di Ronnie (ed i cui nomi, devo confessare, mi sono sconosciuti).

Poi c’è la voce della Spector, sempre bellissima e resa ancora più affascinante da un misto di età, sigarette e chissà cos’altro, che le ha conferito un timbro giusto a metà tra la limpidezza dei brani con le Ronettes ed il tono roco e vissuto di Marianne Faithfull (un’altra che non si è mai fatta mancare niente): il tutto per un dischetto (meno di 35 minuti) che, anche se non imprescindibile, posso tranquillamente definire riuscito, in quanto non annoia e si lascia ascoltare con piacere (e la cosa secondo me non era scontata, in certi casi il pericolo ciofeca è sempre dietro l’angolo). L’album inizia con Oh Me Oh My (I’m A Fool For You Baby), ripresa molto sofisticata e quasi afterhours di un successo minore di Lulu, con un marcato retrogusto soul (una costante nel disco), non malaccio anche se un po’ più di brio non avrebbe guastato. Because è un vecchio pezzo dei Dave Clark Five, B-side in Inghilterra ma lato A in America, proposta con un arrangiamento più vintage (anche se si sente benissimo che è incisa oggi), un botta e risposta tra leader e coro femminile che fa molto Ronettes e melodia squisitamente sixties, e che voce che ha ancora Ronnie.

I’d Much Rather Be With The Girls è una canzone poco nota dei Rolling Stones (scritta dall’inedita coppia Keith Richards – Andrew Loog Oldham e pubblicata nella compilation di rarità Metamorphosis), un brano che già in origine era un omaggio a Spector (il marito), e quindi Ronnie non deve cambiare molto per portare a casa il risultato pieno (a parte il titolo, dove Boys viene sostituito da Girls); Don’t Let The Sun Catch You Crying (Gerry & The Pacemakers) è invece ripresa in maniera quasi cameristica, con solo due chitarre acustiche ed un violoncello (ed anche una leggera percussione) ad accompagnare la voce carismatica di Ronnie, una rilettura di classe, parola non abitualmente associata ad una che ha il soprannome di “bad girl of rock’n’roll”. Tired Of Waiting è una (bella) canzone dei Kinks, anche se non tra le più note, e la nostra Veronica la rifà con un approccio rock asciutto e diretto ed un leggero sapore errebi che non guasta; Tell Her No (Zombies) è la più mossa finora, con ancora un arrangiamento in perfetto stile anni sessanta, un blue-eyed soul di presa immediata, mentre con I’ll Follow The Sun (Beatles, of course) non si sforza più di tanto, lasciando intatta la struttura folk dei Fab Four ed eseguendola con due chitarre e poco altro. You’ve Got Your Troubles è un oscuro brano di un’altrettanto oscura band (The Fortunes) ed è il primo e per fortuna unico caso di suono un po’ finto, con drum programming e synth ben in vista, ed anche la canzone non è niente di che, meglio Girl Don’t Come (di Sandie Shaw, la “cantante scalza” molto popolare anche in Italia), che mantiene il gusto pop dell’originale ed è suonata in maniera classica, e pur non essendo un grande brano si lascia ascoltare.

Don’t Let Me Be Misunderstood è invece un capolavoro della nostra musica (ed è anche la più famosa tra le canzoni scelte dalla Spector), ed anch’essa viene rivestita di sonorità tra rock e rhythm’n’blues, dando un sapore nuovo ad un pezzo che ha avuto più di una versione superlativa (Animals e Nina Simone su tutte… e che nessuno si azzardi a dire Santa Esmeralda, a parte Carlo Conti!): gran ritmo e melodia trattata con il dovuto riguardo. Il CD si chiude con l’unico “sconfinamento” negli anni settanta, con la nota How Can You Mend A Broken Heart dei Bee Gees, un pezzo che non ho mai amato particolarmente (ma è un mio problema, Ronnie la rifà bene): quindi, ripeto, un dischetto forse non indispensabile, ma in definitiva ben fatto ed ottimamente interpretato, e vista la (poca) regolarità con la quale incide Ronnie Spector, l’acquisto ci può anche stare.

Marco Verdi

Anticipazioni Novità, Ristampe E Cofanetti Aprile, Parte III/Supplemento. Shooter Jennings, Explosions In The Sky, Charles Bradley, Trembling Bells, Black Mountain, King Crimson, Ronnie Spector, Bellowhead, Eagles, Sandy Denny

shooter jennings countach

Controllando le uscite del prossimo mese di Aprile mi sono accorto che avevo lasciato fuori dai due post sulle anticipazioni molti titoli interessanti (alcuni anche perché al momento in cui scrivevo non erano ancora confermati e qualcuna delle uscite previste era proprio per il 1° aprile). Partiamo da uno di questi, il nuovo album di Shooter Jennings Countach (For Giorgio), in America già uscito il 26 febbraio e che ora viene pubblicato per il mercato europeo. Ci eravamo lasciati con il figlio di Waylon Jennings (di cui negli scorsi anni ho recensito positivamente anche http://discoclub.myblog.it/2013/03/15/finalmente-degno-di-tanto-padre-shooter-jennings/) con la segnalazione dell’ultimo EP uscito nel 2014 Don’t Wait Up (For George), dedicato al grande cantante country George Jones: in effetti pensavo che questo Countach fosse una sorta di seguito, tra i nomi coinvolti c’erano anche il recentemente scomparso Steve Young e Brandi Carlile, per quanto la presenza di Marilyn Manson non era diciamo sulla mia lunghezza d’onda. Ma poi ho letto bene i titoli dei brani e ho capito che il Giorgio in questione è Moroder: siamo quindi di fronte ad un tributo dedicato al musicista alto-atesino, quanto di più lontano ci può essere dal country e dal southern che sono gli stili abituali di Jennings. Il problema è che ho anche nel frattempo sentito il disco e siamo proprio in ambito disco elettronica anni ’80, sia pure con qualche violino svolazzante qui e là, e, per i miei gusti, il disco è veramente brutto, tra le cose più pacchiane ascoltate ultimamente. Basta dire che i due brani “migliori” sono The Neverending Story, quella con la Carlile e Cat People, con Manson, E ho detto tutto! Peccato, perché nel recente Southern Family la sua Can You Come Over? era una delle cose migliori.

explosions in the sky the wilderness

Sempre nei prossimi giorni è in uscita il nuovo album degli Explosions In The Sky The Wilderness, il settimo album di studio della band texana di psych-post-rock improvvisato e il primo dopo una serie di colonne sonore, quindi il seguito dell’ottimo Take Care, Take Care, Take Care del 2011. Etichetta Temporary Residence, per nove brani di splendida improvvisazione strumentale, come sempre

charles bardley changes

Cambiando completamente genere, esce la prima settimana di aprile il nuovo album di Charles Bradley Changes, etichetta Dubham, e nonostante il titolo non ci sono cambiamenti nello stile di Bradley, “The Screaming Eagle Of Soul” tiene fede al suo soprannome e continua a pubblicare album di ottima musica nera, sulla scia dei suoi idoli James Brown, Wilson Pickett Otis Redding. Questa volta, forse, la canzoni sono leggermente inferiori a quelle dei due dischi precedenti ( No Time For Dreaming http://discoclub.myblog.it/2011/12/31/un-nuovo-vecchio/ e Victim Of Love), ma trattasi sempre e comunque di grande musica soul. La title-track è una cover di una vecchia ballata dei Black Sabbath (!?!? ed è una versione straordinaria, sentire per credere: dedicata alla madre scomparsa.

trembling bells wide majestic aire

Altro cambio di genere ed altra voce splendida. Parlo di Lavinia Blackwall, la cantante dei Trembling Bells, uno dei gruppi più interessanti del “nuovo” folk britannico. Fondata nel 2008 dal batterista Alex Nelson la band scozzese, autrice di cinque album fino ad ora, è una delle formazioni più eclettiche in circolazione attualmente: paragonati a Pentangle, Fairport Convention, Incredible String Band, per la loro fusione di rock, folk, jazz, improvvisazione e rigore, hanno solo il “difetto” di pubblicare i loro CD per una piccola etichetta la Tin Angel (e prima la Honest John), quindi difficili da reperire e abbastanza costosi per noi euro-centrici, Ma vi assicuro vale la pena di approfondire, cosa che mi riprometto di fare, magari parlando anche dell’album del 2015 The Sovereign Self, oltre che di questo nuovo Wide Majestic Aire, che in teoria è un mini-album (però con ben sette brani e una durata oltre i trenta minuti, una canzone in meno dell’album dello scorso anno, che comunque aveva pezzi anche abbastanza lunghi). Per il momento sentite la meravigliosa title-track del nuovo album e godete dello splendido soprano della Blackwall. Siamo ai livelli di Jacqui McShee, Maddy Prior e Sandy Denny (di cui tra un attimo). Ma che voce ha!.

black mountain iv

Ulteriore cambio completo di genere, rispetto ai dischi di cui si è parlato finora, per il nuovo album dei Black Mountain: la band canadese, dopo sei anni di silenzio, in cui i vari componenti del gruppo si erano dedicati ai loro vari gruppi collaterali e alle meritorie attività di aiuto per poveri e bisognosi attraverso svariate associazioni benefiche, torna con IV, il nuovo disco che ci riporta al loro stoner-psychedelic-heavy rock, molto anni ’70 e anche molto godibile, un sound energico e tirato https://www.youtube.com/watch?v=_USHKQ4Ntc8 , ma anche raffinato a tratti ,come dimostra il nuovo CD, pubblicato come al solito dalla JagJaguwar il 1° aprile.

king crimson live in toronto

Per completare le uscite della prima settimana di aprile manca il nuovo, ennesimo, disco dal vivo dei King Crimson. Il doppio, Live In Toronto, a differenza del solito, non comprende materiale d’archivio, ma un concerto abbastanza recente, tenuto il 20 Novembre del 2015 dalla band di Robert Fripp, nell’ultima configurazione, quella con tre batteristi, più Jakko Jakszyk, chitarra e voce, nel ruolo che fu di Adrian Belew, Tony Levin al basso, Mel Collins a flauto e sax. Si tratta di un doppio CD pubblicato dalla DGM/PANEGYRIC, questi i brani:

Disc 1:
1 Threshold Soundscape
2 Larks’ Tongues In Aspic Part I
3 Pictures Of A City
4 VROOOM
5 Radical Action (To Unseat the Hold of Monkey Mind)
6 Meltdown
7 Hell Hounds of Krim
8 The ConstruKction of Light
9 Red
10 Epitaph

Disc 2:
1 Banshee Legs Bell Hassle
2 Easy Money
3 Level Five
4 The Letters
5 Sailor’s Tale
6 Starless
7 The Court of the Crimson King
8 21st Century Schizoid Man 

ronnie spector english heart

Dopo la recente antologia http://discoclub.myblog.it/2015/11/26/darlene-love-ecco-la-piu-famosa-delle-spector-girls-ronnie-spector-the-very-best-of-ronnie-spector/, esce un nuovo album di Ronnie Spector English Heart, data di pubblicazione 8 aprile, etichetta Caroline/Universal. Come lascia intuire il titolo si tratta di brani inglesi che provengono tutti dai primi anni ’60 (ma incisi oggi), il periodo glorioso del successo delle Ronettes con Be My Baby.  Al solito c’è una Deluxe Edition con DVD, in escusiva per Amazon (che però è il  documentario del making of e interviste varie):

[CD]
1. Oh Me Oh My (I’m A Fool For You Baby)
2. Because
3. I’d Much Rather Be With The Girls
4. Don’t Let The Sun Catch You Crying
5. Tired Of Waiting
6. Tell Her No
7. I’ll Follow The Sun
8. You’ve Got Your Troubles
9. Girl Don’t Come
10. Don’t Let Me Be Misunderstood
11. How Can You Mend A Broken Heart

[Amazon Exclusive Bonus DVD]
1. The Making of English Heart with extensive interview, studio and performance footage.

Come vedete ci sono pezzi dei Kinks, Beatles, Animals, Yardbirds, Gerry & The Pakemakers e una poco conosciuta I’d Much Rather Be With The Girls, che nell’originale finiva con Boys, ed era degli Stones. Questa volta non ho sentito nulla,per cui non vi so dire.

bellowhead the fareweel tour

Bellowhead, un’altra delle migliori formazioni del folk-rock britannico (undici elementi, anche con fiati) stanno completando il loro tour d’addio, in seguito all’abbandono del leader e cantante Joe Boden, tournée che si completerà a maggio del 2016. Come commiato ci lasciano questo splendido triplo dal vivo Live: The Farewell Tour (2 CD + 1 DVD) che uscirà per la Navigator Records l’8 aprile. Sembrano un incrocio tra i Pogues e i Dexys Midnight Runners https://www.youtube.com/watch?v=In-tsizA2Ls

eagles beacon theatre new york 1974 eagles don kirshner's rock concert eagles live at the summit houston 1976

Nell’ultimo paio di anni c’è stata una crescita esponenziale nella pubblicazione di CD relativi a broadcast radiofonici degli artisti più disparati, spesso più interessanti dei Live ufficiali e molti incisi decisamente bene. Dall’inizio dell’anno, in seguito alla scomparsa di Glenn Frey, ne sono usciti e stanno per uscirne, alcuni dedicati agli Eagles. Dei tre dischetti che vedete effigiati qui sopra i primi due sono relativi allo stesso concerto, tenuto al Beacon Theatre di New York il 14 marzo del 1974 per il tour di On The Border (che sarebbe uscito nei negozi il 22 marzo): formazione originale, con Don Henley, Glenn Frey, Bernie Leadon Randy Meisner, più Don Felder che era appena entrato nel gruppo. Incisione eccellente per entrambe le versioni, forse un filo meglio Don Kirshner’s Rock Concert, ma Beacon Theatre, New York 1974 costa meno, quindi vedete voi.

Escono entrambi l’8 aprile e questa è la lista dei brani:

1. DJ Introduction
2. Peaceful Easy Feeling
3. Already Gone
4. Good Day In Hell
5. Silver Threads & Golden Needles
6. Desperado
7. It Doesn’t Matter Anymore
8. Midnight Flyer
9. Twenty One
10. Ol’ 55
11. Your Bright Baby Blues
12. Looking Into You
13. James Dean
14. Doolin-Dalton / Desperado (Reprise)
15. Take It Easy

Grande concerto, in tutti i sensi. Nei brani 6, 7 e 8 canta Linda Ronstadt, nell’11 e 12 Jackson Browne e nel gran finale di Take It Easy tutti insieme. Ottimo anche il medley Doolin’ Dalton/Desperado quasi 9 minuti.

L’altro live degli Eagles Live At The Summit, Houston 1976, è un doppio, giù uscito da qualche tempo, pure questo inciso molto bene. Il concerto è stato registrato nel novembre del 1976, qualche settimana prima dell’uscita di Hotel California, che apre proprio il concerto: in formazione c’è già Joe Walsh che esegue anche brani dei suoi dischi solisti e della James Gang. Si tratta del concerto completo, a differenza del Eagles Live doppio vinile ufficiale che sarebbe uscito nel 1980 ed era tratto da vari concerti diversi del 1976 e del 1980 e pure non particolarmente lungo come durata. Quindi consigliato anche questo

Come vedete per entrambi, più che di broadcast radiofonici parliamo di eventi televisivi.

sandy denny i've always kept a unicorn

E per finire in bellezza con le uscite di aprile un altro CD di una della mie preferite in assoluto, Sandy Denny, in uscita per la Universal il 22 aprile, un doppio al prezzo di uno, si intitola I’ve Always Kept An Unicorn, come la sua biografia ufficiale pubblicata lo scorso anno (solo in inglese, purtroppo) e tra poco disponibile anche in versione paperback meno costosa. Come dice il sottotitolo The Acoustic Sandy Denny, si tratta di una antologia di materiale raro ed inedito, demo, versioni acustiche, in studio e dal vivo, tratto da tutte le epoche: dagli inizi con gli Strawbs, passando ai Fairport Convention, Fotheringay (a proposito splendido il box dello scorso anno), la carriera solista e le collaborazioni: tra cui i 3 brani inediti in assoluto, tratti dalle sessions per il disco Rock On attribuito a The Bunch, di cui cui vi segnalo un duetto alternativo con Linda Thompson in When Will I Be Loved degli Everly Brothers, già presente nella versione originale.

 In questo caso soldi spesi bene. Ecco il contenuto:

DISC ONE

01: Who Knows Where the Time Goes – Acoustic version – The Strawbs & Sandy Denny

02: You Never Wanted Me (Saga album version) – Sandy Denny
03: Milk and Honey (re-recorded version) – Sandy Denny
04: Autopsy (demo) – Fairport Convention
05: Now And Then (demo) – Fairport Convention
06: She Moves Through the Fair (acoustic master) ) – Fairport Convention
07: Fotheringay (acoustic master) – Fairport Convention
08: The Pond and the Stream (demo) – Fotheringay
09: Winter Winds (demo) – Fotheringay
10: Wild Mountain Thyme (BBC Sounds of the Seventies) – Fotheringay
11: Lowlands of Holland (BBC Folk On One) – Fotheringay
12: Wretched Wilbur (demo) – Sandy Denny
13: The Optimist (demo) – Sandy Denny
14: Late November (BBC One In Ten) – Sandy Denny
15: North Star Grassman and the Ravens (BBC Paris Theatre) – Sandy Denny
16: Next Time Around (BBC Paris Theatre) – Sandy Denny
17. John The Gun (BBC Paris Theatre) – Sandy Denny
18: Love’s Made A Fool Of You ( demo ) – The Bunch Previously Unreleased
19: When Will I Be Loved ( demo ) – The Bunch Previously Unreleased
20: Learning the Game (demo) – The Bunch Previously Unreleased

DISC TWO

01: Quiet Joys of Brotherhood (demo) – Sandy Denny
02: After Halloween ( demo ) – Sandy Denny
03: The Lady (demo # 2) – Sandy Denny
04: Bushes and Briars (live – BBC Bob Harris Show ) – Sandy Denny
05: The Music Weaver (demo) – Sandy Denny
06: No End (demo – piano version) – Sandy Denny
07: Solo (BBC John Peel Session – acoustic version) – Sandy Denny
08: Like and Old Fashioned Waltz (BBC John Peel Session – acoustic version)
09: King and Queen of England (demo) – Sandy Denny
10: Rising For The Moon (demo) – Fairport Convention
11: One More Chance (demo) – Fairport Convention
12: Take away the load (demo) – Fairport Convention
13: What Is True? (demo) – Fairport Convention
14: Blackwaterside ( live on Marc Time ) – Sandy Denny
15: No More Sad Refrains ( live on Marc Time ) – Sandy Denny
16: Full Moon (demo) – Sandy Denny
17: I’m A Dreamer (demo # 2) – Sandy Denny
18: By The Time It Gets Dark (studio demo 1976) – Sandy Denny
19: One Way Donkey Ride (acoustic master 1976) – – Sandy Denny
20: Moments ( acoustic version ) – Sandy Denny

That’s all folks.

Bruno Conti

Questo E’ Quasi Indispensabile! Southside Johnny & The Asbury Jukes – The Bottom Line New York City ’77

southside johnny bottom line '77

Southside Johnny & The Asbury Jukes – The Bottom Line New York City ’77 – 2CD Echoes 

Nel 2015 Southside Johnny ha pubblicato Soultime!, uno dei dischi migliori dell’ultimo periodo della sua carriera (ma anche Going To Jukesville, Pills & Ammo e Grapefruit Moon, quello dei brani di Tom Waits, non erano per niente male): diciamo che più diventano difficili da reperire, distribuiti dalla Leroy Records tramite sito o ai concerti, più ci si riavvicina al periodo di grande splendore dell’era springsteeniana, a cavallo anni ’70/anni ’80. Ma in quegli anni la band era veramente formidabile dal vivo, nella versione con sezione fiati  una soul revue allo stato puro, con una con forte componente rock, l’altra faccia della E Street Band, con cui spesso si scambiavano musicisti e canzoni. Johnny Lyon ha tutt’ora una gran voce, ai tempi era uno dei “negri bianchi” migliori in circolazione: i primi album, I Don’t Want To Go Home, This Time It’s For Real e Hearts Of Stone sono dei mezzi capolavori, e il gruppo, sulla scia di Springsteen, era anche molto popolare (pur se il successo commerciale era moderato, infatti vennero mollati dalla Epic) . Proprio da quel periodo d’oro viene questo concerto al Bottom Line di New York: non è la serata immortalata nel mini album Live At The Bottom Line, pubblicato come promo nel 1976, ma una serata del giugno 1977, organizzata per lanciare, via broadcast radiofonico, l’appena uscito This Time It’s For Real.

Puro Asbury Sound, con in più la chicca della presenza di Ronnie Spector, in ben cinque brani, uno dei quali presente anche nel Very Best Of pubblicato di recente dalla ex cantante della Ronettes, ed ex di Phil Spector http://discoclub.myblog.it/2015/11/26/darlene-love-ecco-la-piu-famosa-delle-spector-girls-ronnie-spector-the-very-best-of-ronnie-spector/ . Ma la serata è incentrata tutta sulla esplosiva miscela di R&B, blue-eyed soul e rock che era il menu del gruppo all’epoca: le note del doppio CD della Echoes sono molto scarne, ma nella formazione c’erano anche i quattro Miami Horns, guidati da Richie “LaBamba” Rosenberg, con Billy Rush alla chitarra e Kevin Kavanaugh al piano, oltre allo stesso Lyon che suonava anche l’armonica. Qualità sonora molto buona e repertorio al fulmicotone: si parte subito fortissimo con This Time It’s For Real, la title track del nuovo album dell’epoca, scritta da Little Steven, poi è un tripudio di soul, Got To Get You Off On My Mind era un grande brano di Solomon Burke con l’ottimo Billy Rush alla chitarra ed il resto del gruppo in evidenza, Without Love, scritta da Carolyn Franklin, la sorella di Aretha e Ivory Joe Hunter, sempre tratta dal secondo album, è puro Jukes sound, per non parlare di Love On The Wrong Side Of Town, altra perla del duo Springsteen/Van Zandt, sincopata e spectoriana come si conviene.

Little By Little, un pezzo scritto da Mel London, mai inciso su dischi ufficiali dalla band, ma pescato dal repertorio di Junior Wells, è un bel blues & soul tirato con Southside in tiro all’armonica e Billy Rush alla solista, mentre She Got Me Where She Wants Me, sempre dalla penna di Steven Van Zandt (che firma ben otto brani del secondo album) è una sorta di soul ballad con la band che spalleggia Southside Johnny a livello vocale. It Ain’t The Meat (It’s The Motion), dal primo album, era uno dei brani salaci di Henry Glover, un musicista nero poco noto ai non addetti (ma tanto per dirne una ha scritto Drown in my own tears), e anche I Choose To Sing The Blues, che era nel repertorio di Ray Charles (e Billie Holiday). A questo punto sale sul palco Ronnie Spector per un ripasso del “Wall Of Sound”: quattro pezzi in sequenza, con la “Queen Of Rock’N’Roll” come viene presentata, Baby I Love You, e qui finisce il primo CD. Si riprende subito con Walkin’ In The Rain, una splendida versione di Say Goodbye To Hollywood, il pezzo di Billy Joel, che per me in questa versione è anche più bello dell’originale e una grandissima Be My Baby, una delle canzoni più belle di sempre.

Poi si prosegue con The Fever, l’inedito di Bruce che li aveva lanciati sul mercato discografico, gran bella versione con lunga intro di armonica, e ancora I Don’t Want To Go Home, il pezzo che comprende il famoso verso Reach Up And Touch The Sky che sarebbe stato il titolo del loro Live ufficiale. E per celebrare la festa una chilometrica (oltre tredici minuti) e fenomenale Havin’ A Party, uno dei capolavori assoluti della soul music, legata indissolubilmente a Sam Cooke, ma che non manca mai di entusiasmare il pubblico. Mancano ancora un altro brano con Ronnie Spector, questa volta a duettare con Southside Johnny per la bellissima You Mean So Much To Me, e per concludere un’altra formidabile canzone come You Don’t Know Like I Know, un pezzo di Isaac Hayes e David Porter, ma che tutti conosciamo nella versione di Sam & Dave, soul all’ennesima potenza per finire in gloria una magnifica serata. Forse si meriterebbe anche quattro stellette questo doppio CD!

Bruno Conti

E Dopo Darlene Love, Ecco La Più Famosa Delle “Spector Girls”! Ronnie Spector – The Very Best Of Ronnie Spector

ronnie spector the very best of

Ronnie Spector – The Very Best Of Ronnie Spector – Sony Legacy CD

A dire il vero lei è la più “Spector Girl” di tutte, in quanto il buon Phil se lo era pure sposato…

Solitamente in questo blog non vengono trattate le antologie, cofanetti a parte, ma, siccome di recente ho parlato del nuovo, e pure bello, album di Darlene Love, mi è parso doveroso citare questa retrospettiva uscita da poco che si occupa dell’altra punta di diamante della Phillies Records negli anni sessanta, cioè Veronica Yvette Bennett in arte Ronnie Spector, primo perché è ben fatta (è la ristampa potenziata e migliorata di una raccolta uscita lo scorso anno per la collana economica Playlist) e secondo perché anche di Ronnie, come della Love, oggi non si parla quasi più. La cantante afro-cherokee ha avuto nei sixties una bella serie di successi a 45 giri come leader delle Ronettes, uno dei vocal groups più in voga all’epoca, mentre ha parecchio diradato la sua produzione nei decenni successivi: negli anni settanta (oltre alla separazione con il celebre marito) solo qualche singolo, mentre come LP dobbiamo attendere il 1980 (Siren), seguito fino ad oggi soltanto da altri tre full-length, dei quali l’ultimo, Last Of The Rock Stars, risale ormai al 2006. The Very Best Of Ronnie Spector è quindi il disco giusto per scoprire (o ri-scoprire) il talento di quella che per il suo comportamento non proprio irreprensibile è stata definita la “prima bad girl del rock’n’roll”: diciannove canzoni che ripercorrono tutta la carriera della cantante, tra le quali non mancano chicche e rarità.

I primi nove brani sono tutti appannaggio delle Ronettes, e se Be My Baby è splendida anche la millesima volta che la si ascolta, anche You Baby, Baby I Love You e la bellissima versione di I Can Hear Music sono delle pop songs coi fiocchi, ma qui abbiamo anche la rara Paradise (incisa negli anni sessanta ma rimasta nei cassetti per dieci anni), una squisita ballata scritta da Phil Spector con Harry Nilsson, e la fresca e godibile Lover, Lover, un singolo inciso da Ronnie nel 1975 con una nuova configurazione delle Ronettes. Nel mezzo c’è anche il singolo del 1973 scritto e prodotto da George Harrison Try Some, Buy Some, un brano tipico dell’ex Beatle https://www.youtube.com/watch?v=R0xHx-6WmNg , ma che preferisco nella versione incisa dal suo autore per Living In The Material World; You Mean So Much To Me è invece una trascinante versione dal vivo (introvabile) da parte di Southside Johnny And The Asbury Jukes, dove Johnny duetta alla grande con Ronnie in questo brano ricco di groove https://www.youtube.com/watch?v=WZD-9mIfrIg , scritto appositamente da Bruce Springsteen (*NDB In effetti si trova nel Best di Southside Johnny). A proposito del Boss, a seguire troviamo lati A e B di un singolo del 1977 accreditato a Ronnie Spector & The E Street Band (Bruce compreso, ed è l’unico caso in cui il nome del suo gruppo compare su un disco di qualcun altro), con lo slow scritto da Little Steven Baby Please Don’t Go (ed il suono degli E Streeters è riconoscibilissimo) e soprattutto la splendida cover di Say Goodbye To Hollywood di Billy Joel (meglio dell’originale), che il pianista di Brooklyn aveva scritto proprio con Ronnie in mente https://www.youtube.com/watch?v=yascVLup7FI . Gli ultimi cinque pezzi sono storia più recente: Love On A Rooftop, un successo minore del 1987 scritto dalla coppia di hitmakers Desmond Child e Diane Warren, una buona canzone ma con un suono troppo eighties, il gradevole power pop Something’s Gonna Happen, scritto da Marshall Crenshaw, due brani presi da Last Of The Rock Stars, cioè l’emozionante cover di Johnny Thunders You Can’t Put Your Arms Around A Memory (con Joey Ramone ai cori in una delle sue ultime incisioni) e la deliziosa All I Want, con Keith Richards alla solista; al termine, un pezzo tratto da Tycoon, un oscuro musical del 1992, intitolato Farewell To A Sex Symbol, che però è la meno interessante della raccolta.

Il CD esce in una pratica confezione in digipak, con esaurienti note brano per brano: un dischetto perfetto da regalare (o regalarsi) a Natale.

Marco Verdi