Lassù Qualcuno Lo Ama! Ronnie Wood – Somebody Up There Likes Me

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Ronnie Wood – Somebody Up There Likes Me – Eagle Vision/Universal DVD – Blu-Ray

Lassù Qualcuno Mi Ama era un grande film del 1956, vincitore di 3 premi Oscar, regia di Robert Wise, con Paul Newman nei panni di Rocky Graziano. Ma è quanto esclamò anche Ronnie Wood in una conversazione che appare nel film: “Quando mi hanno operato il cancro, mi hanno tolto l’enfisema. Hanno detto che i miei polmoni erano come se non avessi mai fumato. Ho pensato che fosse un jolly piovuto dal cielo: lassù qualcuno mi ama, e anche qualcuno quaggiù”. A parte che spesso è difficile capire il suo cockney stretto da londinese purosangue, senza sottotitoli, il docufilm è estremamente interessante. Regia di Mike Figgis, anche lui inglese, candidato all’Oscar per Via Da Las Vegas, la presentazione del DVD recita: un film che ripercorre 50 anni di un tour non solo musicale, una storia onesta e R&R, poi a ben vedere, gli anni, almeno nel percorso musica, sono ben più di 50, visto che già nel 1964 Wood era nei Birds, a fine ‘67 entra nel Jeff Beck Group come bassista, poi dopo due anni, con l’amico Rod Stewart, a seguito della dissoluzione degli Small Faces, torna alla chitarra e fonda i Faces, con i quali rimarrà fin quasi al 1975, anno nel quale entra negli Stones, sodalizio che prosegue a tutt’oggi.

Nel documentario c’è tutto questo, come pure la sua passione per disegno e pittura, i suoi lunghi anni tra droga e alcol, l’amore per il blues e il Rock’n’Roll, soprattutto per le 12 battute, estrinsecato anche da diversi di interventi di Ronnie impegnato a chitarra ed armonica. In sequenza anche interviste inedite realizzate per l’occasione con la sua collega Imelda May, la moglie Sally Wood, i suoi “soci” Mick Jagger, Keith Richards e Charlie Watts, oltre al vecchio amico Rod Stewart. Ricordi della storia della sua famiglia, raccolti dal regista, intervallati da brani musicali, per esempio la sua band alle prese con una sanguigna In The Wee Wee Hours cantata dalla May, con grande lavoro della solista di Ron, ovviamente anche il suo amore per l’arte riceve un giusto spazio, con una intervista, diciamo più un colloquio a due voci con l’amico artista Damien Hirst, dove si parla anche degli Stones, in b/n d’epoca e pure di problemi di rehab. Un breve vecchio filmato a colori dei Birds nel 1964 alle prese con That’s All I Need You For, con Wood che dimostra già 40 anni, scherzo, un altro b/n del Jeff Beck Group in Plynth, con Rod che ricorda quando lui e Woody aprirono al Fillmore peri Grateful Dead.

C’è anche una intervista di Malcolm McLaren con il manager Peter Grant dei “nemici” del punk, i Led Zeppelin, che parla anche di Gene Vincent, e cerca di introdurre l’argomento dei risvolti gangsteristici dei vecchi manager di quell’epoca. Non manca una bella ed intima performance di “Breathe On Me” dal suo album solista del 1975 New Look e un filmato del 1971 dei grandi Faces con Stay With Me, la rivalità con Keith di quel periodo, e qui appare Richards, mentre scorrono altre immagini dei Faces e un grande filmato di Ronnie impegnato alla lap steel con bottleneck, mentre arriva sulla scena anche Mick Jagger e a questo punto non manca un filmatino degli Stones alle prese con When The Whip Comes Down… Comunque non ve lo racconto tutto, se volete l’8 ottobre sono usciti sia il DVD che il Blu-Ray e ve lo comprate, perché c’è anche altro, soprattutto negli extra di DVD e Blu-Ray, che però non ho visto neppure io. Avviso per i naviganti, niente sottotitoli in italiano: portoghese, olandese e spagnolo, ma nulla per noi.

Comunque rimane un gran bel documentario.

Bruno Conti

Se Elvis Era Il Re Del Rock’n’Roll, Chuck Era…Il Rock’n’Roll! Un Sentito Omaggio Da Uno Stone In Libera Uscita. Ronnie Wood & His Wild Five – Mad Lad: A Live Tribute To Chuck Berry

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Ronnie Wood & His Wild Five – Mad Lad: A Live Tribute To Chuck Berry – BMG CD

In questo mese di Novembre sono usciti ben due tributi al grande Chuck Berry, uno dei pionieri assoluti del rock’n’roll, nonostante non ricorrano particolari anniversari riguardanti il musicista di St. Louis scomparso nel 2017: dell’ottimo album del bluesman Mike Zito intitolato Rock’n’Roll (con una marea di ospiti) se ne occuperà prossimamente Bruno, mentre io oggi vi parlo di questo Mad Lad: A Live Tribute To Chuck Berry, che documenta appunto un concerto tenutosi circa un anno fa, il 13 Novembre 2018, al Tivoli Theatre di Wimborne (una cittadina nel sud dell’Inghilterra) ad opera di Ronnie Wood e dei suoi Wild Five. Dei membri attuali dei Rolling Stones Wood è sicuramente quello che negli anni è stato più attivo da solista, con più di dieci album tra studio e live (anche se un paio pubblicati prima di prendere il posto di Mick Taylor all’interno della storica band britannica), con una qualità media anche più alta di quella di Mick Jagger, cosa bizzarra se consideriamo che gli Stones molto raramente hanno consentito all’ex Faces di collaborare con loro alla stesura delle canzoni (a memoria credo non si arrivi a cinque brani, con Black Limousine come episodio più famoso).

Per questo album però Ronnie ha voluto fare qualcosa di diverso, omaggiando uno dei suoi eroi musicali di sempre, un lavoro che dovrebbe rappresentare il primo disco di una trilogia di tributi a grandi del passato che hanno avuto per il nostro un’importanza particolare (al momento non è dato sapere chi siano gli altri due artisti interessati, anche perché i relativi concerti si terranno a detta di Wood negli anni a venire: io punterei due euro sul fatto che uno possa essere Bo Diddley). Mad Lad è un album davvero piacevole e riuscito, con il nostro che assume il ruolo di band leader con buona autorevolezza, accompagnato da un gruppo, I Wild Five appunto, formato da elementi validissimi (lo strepitoso pianista Ben Waters, la sezione ritmica di Dion Egtved e Dexter Hercules, i sax di Antti Snellman e Tom Waters, ed i cori femminili di Amy Mayes e Denise Gordon); Ronnie, poi, è un chitarrista eccellente ed un cantante discreto, con una voce tra il dylaniano e lo scartavetrato: non sarà Jagger, ma tecnicamente se la cava meglio del collega Keith Richards. E poi in questo concerto Ronnie non è da solo, in quanto in tre pezzi chiama sul palco la brava Imelda May (gliel’ha presentata Jeff Beck?), che riscalda ulteriormente l’ambiente con la sua ugola scintillante https://discoclub.myblog.it/2010/11/24/musica-tradizionale-dall-irlanda-imelda-may-mayhem/ …anche se io una telefonatina all’amico Rod Stewart l’avrei fatta.

Prima di partire con la disamina del contenuto di questo album vorrei evidenziare l’unica magagna: il CD contiene 11 canzoni per circa 40 minuti di musica mentre nel concerto intero sono stati suonati 21 brani, comprendendo però anche cover di altri autori, ma almeno si potevano inserire tutti i pezzi di Berry, dato che di spazio sul dischetto ce n’era ancora (in particolare mancano Around And Around, No Particular Place To Go, Run Rudolph Run e Bye Bye Johnny, oltre a Roll Over Beethoven e Nadine che erano state suonate all’inizio dalla band senza il leader per riscaldare l’ambiente). L’album comincia con l’unico brano scritto da Wood per l’occasione, cioè Tribute To Chuck Berry, in realtà un pretesto per introdurre la serata citando ripetutamente il celebre riff chitarristico con il quale il rocker di colore apriva molte sue canzoni. I pezzi di Chuck iniziano con Talking About You, un rock’n’roll suonato con classe e rispetto, Ronnie sicuro e la band che lo segue spedita (e Waters che fa correre da subito le dita sulla tastiera a modo suo): il brano non è tra i più noti di Berry, ma l’alternanza tra classici e canzoni meno famose sarà il tema della serata.

Ronnie passa alla slide per la gustosa Mad Lad, uno strumentale suonato in maniera formidabile, con il nostro che fa i numeri e ci porta per qualche minuto nel più profondo Mississippi; arriva la May e si prende il microfono per una sontuosa Wee Wee Hours, un raffinatissimo blues lento, suonato dai Wild Five con una maestria degna di una band dei peggiori bar di Chicago, Waters strepitoso ed Imelda che ci mette una grinta notevole. La cantante irlandese resta sul palco per unirsi alle altre due coriste in una saltellante Almost Grown, in cui Wood si diverte un mondo nel botta e risposta vocale con le tre donzelle, cantando in maniera distesa e suonando la chitarra da vero rock’n’roller, mentre Waters continua con la sua eccezionale performance personale. Back In The USA è puro rock’n’roll, spigliato, trascinante e suonato come Dio comanda (e mi immagino Ronnie ad imitare il passo dell’oca di Berry), Blue Feeling è un altro strumentale di livello eccelso, puro blues con la premiata ditta Wood & Waters che è una delizia per il palato, mentre Worried Life Blues non è scritta da Chuck bensì da Maceo Merriweather (ma Berry l’aveva incisa per il lato B del singolo Bye Bye Johnny): altro blues eseguito con classe, eleganza ed uno stile misuratissimo da parte del leader.

Finale splendido a tutto rock’n’roll con un trittico da urlo formato da Little Queenie, Rock’n’Roll Music (questa ancora con la May alla voce solista) e Johnny B Goode, chiusura travolgente per un CD divertentissimo che omaggia con gusto e classe uno di quelli che il rock’n’roll lo ha letteralmente inventato.

Marco Verdi

Novità Prossime Venture 24. Non Uno Ma Addirittura Due Tributi A Chuck Berry In Uscita: Il Primo Di Mike Zito & Friends Il 1° Novembre, Quello Dal Vivo Di Ronnie Wood Con I Wild Five Previsto Per Il 15 Novembre

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Mike Zito And Friends – A Tribute To Chuck Berry – Ruf Records – 01-11-2019

Ronnie Wood With His Wild Five – Mad Lad: A Live Tribute To Chuck Berry with guest Imelda May – BMG – 15-11-2019

Per scrupolo ho controllato, ma prossimamente non ricorre alcun anniversario di Chuck Berry, né della data di morte e neppure di quella di nascita, evidentemente si tratta di una coincidenza, entrambi i musicisti hanno pensato che fosse giunto il momento di dedicare un tributo al grande musicista di St. Louis, uno degli inventori del Rock And Roll, e quindi a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro pubblicano i loro CD incentrati sullo stesso argomento, le canzoni di Chuck Berry.

In effetti Mike Zito (anche se ha svolto la sua attività tra Tennessee, Louisiana e, negli ultimi anni; Texas) è nato proprio nella città del Missouri che ha dato i natali anche a Berry: chitarrista e cantante (ah già, pure l’altro) è uno dei preferiti del sottoscritto e quindi del Blog, dove le recensioni dei suoi dischi, spesso eccellenti, sono di casa, l’ultimo, lo scorso anno è stato https://discoclub.myblog.it/2018/06/02/blues-rock-veramente-di-prima-classe-mike-zito-first-class-life/ ,, ma se seguite i link all’interno del Post, a ritroso potete andare a rileggervi tutti quelli dedicati a lui..Zito è anche un ottimo produttore e spesso comunque nei suoi dischi si trova la presenza di diversi ospiti, e altri sono quelli a cui ha prestato i suoi servigi, comunque la lista di quelli presenti in questo A Tribute To Chuck Berry, in uscita per la Ruf il 1° novembre è veramente impressionante. Registrate le basi ai Marz Studios di sua proprietà, situati a Nederland (?!?) la piccola cittadina del Texas dove vive Mike, con l’aiuto dell’ingegnere del suono David Farrell, ha poi provveduto ad inoltrarli ai 21 chitarristi, dicasi ventuno, che hanno provveduto ad aggiungere le proprie parti (come si usa quando non ci sono i soldi per trovarsi tutti insieme a registrare nella stessa sala) e rispedirle a Zito, che ha poi provveduto ad assemblarle, ed il risultato finale è quello che ascolteremo tra breve.

A parte un paio di presenze di cui francamente avrei fatto a meno (Testament, Guns N’ Roses? Ma per favore) la lista degli ospiti, come detto, è veramente impressionante. I brani sono 20, perché in uno, oltre allo stesso Mike, i solisti sono due, Josh Smith e Kirk Fletcher: del nipote di Chuck, tale Charlie Berry III, ignoravo l’esistenza, ma evidentemente è un segnale di continuità col passato, però non si possono non citare Walter Trout, Joe Bonamassa, Anders Osborne, Robben Ford, Eric Gales, Luther Dickinson, Sonny Landreth, Tinsley Ellis, Tommy Castro. In ogni caso ecco la lista dei brani e dei rispettivi solisti che appaiono in ciascuna canzone. E dai due brani che potete ascoltare il risultato mi sembra veramente notevole,

1. St. Louis Blues – Charlie Berry III
2. Rock N Roll Music – Joanna Connor
3. Johnny B Goode – Walter Trout
4. Wee Wee Hours – Joe Bonamassa
5. Memphis – Anders Osborne
6. I Want To Be Your Driver – Ryan Perry
7. You Never Can Tell – Robben Ford
8. Back In The USA – Eric Gales
9. No Particular Place To Go – Jeremiah Johnson
10. Too Much Monkey Business – Luther Dickinson
11. Havana Moon – Sonny Landreth
12. Promised Land – Tinsley Ellis
13. Downbound Train – Alex Skolnick
14. Maybelline – Richard Fortus
15. School Days – Ally Venable
16. Brown Eyed Handsome Man – Josh Smith/Kirk Fletcher
17. Reeling And Rocking – Tommy Castro
18. Let It Rock – Jimmy Vivino
19. Thirty Days – Albert Castiglia
20. My Ding A Ling – Kid Andersen

Il 15 novembre invece è prevista l’uscita di Mad Lad: A Live Tribute To Chuck Berry, un album di cui si parlava già da qualche tempo: si tratta di un concerto registrato nel 2018 al Tivoli Theatre di Wimborne, in Inghilterra, e il cui repertorio non consta integralmente di canzoni scritte da Chuck Berry, ma ci sono anche Tribute to Chuck Berry, scritta dallo stesso Ronnie Wood, Worried Life Blues di Maceo Merriweather, che era il lato B di Bye Bye Johnny..Chi cacchio suoni nel gruppo His Wild Five francamente non lo so, e forse, come ha detto qualcuno, se un tributo così lo avesse fatto l’altro gruppo in cui suona Ronnie, tali Rolling Stones, oppure se a cantare avesse chiamato quell’altro suo vecchio amico scozzese Rod Stewart, forse il risultato sarebbe stato ben altro. Comunque saggiamente Wood ha chiamato a cantare in tre bravi la bravissima vocalist irlandese Imelda May (probabilmente conosciuta tramite Jeff Beck), e al piano appare come ospite Ben Waters.

In ogni caso, come si può ascoltare qui sopra il risultato non è per nulla disprezzabile. E volendo, se avete tanti soldi, oltre alle edizioni in CD e vinile, usciranno anche delle versioni per collezionisti, una deluxe CD+LP+una artcard 12×12 dell’artwork della copertina, oppure una super deluxe con CD, LP, Stampa della parte grafica, Set List dei contenuti numerata e firmata e T-Shirt. Ecco la lista completa dei contenuti dell’album.

  1. Tribute to Chuck Berry
  2. Talking About You
  3. Mad Lad
  4. Wee Wee Hours Feat Imelda May
  5. Almost Grown Feat Imelda May
  6. Back In The USA
  7. Blue Feeling
  8. Worried Life Blues
  9. Little Queenie
  10. Rock ‘N’ Roll Music Feat Imelda May
  11. Johnny B Goode

That’s All Folks, alla prossima.

Bruno Conti

Jeff Beck, Una Vita Per La Chitarra, E Non E’ Ancora Finita: Dai Cori Nelle Chiese Al Rock In Tutte Le Sue Forme, Ecco La Storia! Parte Seconda

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Jeff Beck, Uno Dei Tre Più Grandi Chitarristi Del British Rock (Blues),  Il Più Eclettico Ed Estroso. Una Vita Per La Chitarra, E Non E’ Ancora Finita: Dai Cori Nelle Chiese Al Rock In Tutte Le Sue Forme, Ecco La Storia!

Seconda parte, segue…

Il primo Jeff Beck Group: Truth e Beck-Ola

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E’ nato prima l’uovo o la gallina? Chi lo sa? E’ nato prima il Jeff Beck Group o i Led Zeppelin? Il lato A di Beck’s Bolero, sempre del marzo 1967, era Hi Ho Silver Lining, con John Paul Jones al basso, Clem Cattini alla batteria, Beck chitarra e voce , e Rod Stewart come backing vocals. Quindi si direbbe che il primo ad avere pensato alla formula sia stato Jeff Beck, visto che Truth, registrato a maggio, esce negli USA ad agosto, mentre il primo disco dei Led Zeppelin fu registrato tra settembre ed ottobre (quindi dopo l’uscita di Truth) anche se sarà nei negozi solo a gennaio del 1969: ma Page e soci, prima come New Yardbirds e poi come Zeppelin erano già in tour da fine ’68, e quindi se l’idea fu di Beck , Page fu più veloce a realizzarla e sfruttarla e Jeff all’epoca si “incazzò” non poco per essere stato “fregato” dall’amico Jimmy. Poi sulla qualità di entrambe le band non si discute. Truth è comunque un grandissimo album risentito anche oggi: un cantante fantastico come il giovane Rod Stewart, Ronnie Wood, ex chitarrista dei Creation, che suona il basso con uno stile aggressivo e risonante, l’ottimo Micky Waller alla batteria, come “ospiti” Nicky Hopkins al piano in quattro brani e John Paul Jones al piano e all’organo in altri quattro, oltre a Moon, accreditato come “You Know Who” alla batteria in una versione leggermente diversa di  Beck’s Bolero, nonché in Tallyman sempre dalle sessions del 1967.

La critica a posteriori lo ha presentato, come fecero per i Led Zeppelin, come un diretto antenato dall’heavy metal e dell’hard rock, ma qui come classe siamo su un altro pianeta grazie al lavoro di un chitarrista stratosferico come Jeff Beck e ad una manciata di canzoni veramente gagliarde: Stewart canta alla grande, sentite gli assoli di El Becko in alcuni classici del blues rivisitati, ma mentre nel caso degli Zeppelin, Page e Plant per non “affaticare” i bluesmen come Willie Dixon che li avevano scritti e che quindi poi avrebbero dovuto assumere dei contabili per gestire gli incassi delle royalties , avevano pensato di firmarli loro direttamente, Beck e soci cambiano “solo” i titoli e gli arrangiamenti, con l’eccezione di You Shook Me, che in entrambi i casi mantiene autore ed arrangiamento molto simili alla versione di Muddy Waters, più corta e stringata quella di Beck, più lavorata quella degli Zeppelin, grande brano comunque.

Let Me Love You firmata da Jeffrey Rod (ma allora avevano anche loro il vizietto!) è molto simile a quella di Buddy Guy, Rock My Plmsoul è “ispirata” da Rock Me Baby di B.B. King e Blues Deluxe, un lento fantastico, mutuato da un altro pezzo di King (e ne ricordo una versione notevole di Bonamassa sul suo disco omonimo). Tutte queste canzoni hanno comunque il sound duro e potente del miglior rock-blues “bianco”, con Beck che mulina la sua Fender in modo travolgente anche in Shapes Of Things, in una versione più tirata di quella degli Yardbirds, in Morning Dew e anche in I Ain’t Superstitious. Nella versione Deluxe del CD del 2005, che è ancora in catalogo a special price, ci sono la bellezza di 8 bonus, tra cui versioni differenti di You Shook Me e Blues Deluxe senza gli applausi fasulli presenti nella versione dell’album, oltre a ai due lati del singolo del ’68, Love Is Blue e I’ve Been Drinking, e altre chicche, che lo rendono ancora più indispensabile di quello che sia già.

In Beck-Ola dell’anno successivo, uscito a giugno del 1969, la formula viene ripetuta, con un nuovo batterista Tony Newman e Nicky Hopkins che fa parte in pianta stabile della band: sono solo sette brani (più le quattro bonus dell’edizione in CD) che confermano la forza e la grinta di una band che, purtroppo, forse delusa dal mancato successo di vendita (anche se comunque arrivano nei Top 20 americani), se confrontato con quello dei Led Zeppelin, decide di abbandonare dopo questo album, con cui qualche critico dell’epoca non fu molto tenero, nello specifico, per fare i nomi, Robert Christgau, rispettata firma del Village Voice, sostenendo che la presenza di Hopkins era troppo preponderante, ma sono pareri personali e il disco, benché inferiore a Truth fa sempre la sua porca figura. In copertina un dipinto di René Magritte, “La Chambre D’Ecouté” (citazione colta) e all’interno del disco una serie di brani notevoli, tra cui spiccano All Shook Up e Jailhouse Rock,  due  brani di Elvis, in versioni veramente poderose, con assoli torcibudella di Beck e Stewart che canta come se non ci fosse futuro, Spanish Boots che ricorda molto i rivali Led Zeppelin, come pure The Hangman’s Knee (sempre con il dubbio di chi copiava chi, ammesso che fosse vero), Plynyh (Water Down The Drain), altro brillante esempio del loro hard-blues-rock, come pure il veemente strumentale Rice Pudding, con Beck ed Hopkins a stimolarsi a vicenda, mentre tra le bonus  troviamo una splendida rilettura del grande slow blues di B.B. King Sweet Little Angel, dove il chitarrista mette in mostra tutta la sua tecnica e un feeling mostruoso.

Stewart e Wood fondano i Faces, Hopkins va suonare con i Quicksilver e poi con gli Stones, mentre Jeff Beck è costretto da un incidente automobilistico a restare a riposo per qualche tempo, obbligandolo quindi a posporre di due anni e mezzo il suo nuovo progetto con la sezione ritmica dei Vanilla Fudge, Tim Bogert e Carmine Appice.

Il secondo Jeff Beck Group e Beck Bogert & Appice.

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Non potendo realizzare il power trio con Bogert & Appice, il nostro amico decide di “ripiegare” su un altro quintetto, con nomi meno altisonanti, ma sempre di sicura efficacia:  il batterista Cozy Powell era uno dei migliori su piazza all’epoca, Max Middleton  un tastierista meno brillante di Hopkins, ma forse più solido ed eclettico, Clive Chaman un buon bassista e Bobby Tench un eccellente vocalist mai considerato per il suo giusto valore. Questa formazione registra due dischi, Rough And Ready, uscito nel 1971, più orientato verso il soul, il R&B, da sempre suoi grandi amori, e qualche deriva jazzata, ovviamente “l’amico” Christgau lo stronca, mentre il resto della critica è più benevola, ed alcuni brani, sempre risentiti oggi, sono veramente notevoli: l’iniziale Got The Feeling con Powell e Middleton che imperversano a batteria e piano, e Beck che va alla grande di wah-wah e slide, mentre lo spirito melodico della voce nera di Tench non passa inosservato, Situation con un riff trascinante, e la pregevole New Ways Train Train,con la guizzante solista di Beck sempre sul pezzo.

L’omonimo Jeff Beck Group, registrato a Memphis, Tennesse nel gennaio del 1972, con la produzione di Steve Cropper che firma anche un pezzo con Jeff, esce in primavera, nuovamente un buon album, con una cover a sorpresa di un pezzo di Bob Dylan, Tonight I’ll Be Staying Here With You, sospesa tra country e soul, inizia la sequenza di brani di grandi autori che Beck riprenderà nel corso degli anni a seguire, c’è anche un brano di Stevie Wonder, la poco nota I Got To Have A Song, e soprattutto la sua versione di Going Down di Don Nix, che rimarrà un cavallo di battaglia dei concerti fino ai giorni nostri; il lato rock è rappresentato dalla tagliente Ice Cream Cakes, dal R&R Glad All Over e dallo strumentale Definitely Maybe che anticipa gli album jazz-rock degli anni ’70, con la chitarra moltiplicata, protagonista principale ed unica del sound, e vista la bravura di Beck è un bel sentire.

Ma prima c’è da sbrigare la pratica Beck Bogert & Appice, con la sezione ritmica che terminati gli impegni con i Cactus è libera di registrare, a cavallo tra ’72 e ’73, insieme a Beck, il loro unico album omonimo di studio, co-prodotto con Don Nix, è un buon disco, ma non la bomba che avrebbe potuto essere: classico power trio rock, ma si sente la mancanza di un vero cantante, anche se l’uso delle tre voci spesso all’unisono cerca di ovviare, con parziale successo, al problema; comunque Black Cat Moan, con Jeff al bottleneck, è un poderoso blues-rock, anche Lady con i suoi continui stop e ripartenze è ricca di intensità febbrile con Bogert e Appice gagliardi come sempre, e Superstition, che all’inizio Stevie Wonder, con cui Jeff collaborò alla realizzazione del brano creando uno dei riff più famosi della storia del rock, aveva pensato di donare come premio al chitarrista, si rivelò un’altra solenne “fregatura” a livello commerciale, visto che per vari problemi il singolo di Wonder uscì prima e il nostro Jeff ancora una volta rimase con il cerino tra le  mani.

Tra i brani dell’album ricordiamo anche Why Should I Care e la cover di I’m So Proud di Curtis Mayfield, tutte canzoni che nello splendido doppio dal vivo pubblicato solo per il mercato nipponico Live In Japan, assunsero ben altro nerbo, con il chitarrista in forma strepitosa che esplorava quasi ai limiti le possibilità della sua solista con una serie di effetti prodigiosi, tra cui l’uso del Talkbox che Frampton avrebbe portato al grande successo solo due anni dopo, ma che altri come Steppenwolf, Iron Butterfly e Joe Walsh usavano da tempo, benché le sonorità di Jeff Beck , che chiamava l’effetto voice bag, erano quasi ai limiti del paranormale, sentirne l’uso devastante in Jeff’s Boogie, Superstition e nell’intro di Black Cat Moan. Comunque in tutto il live, che purtroppo si trova a grande fatica, ma è uno dei dischi dal vivo più eccitanti di sempre, i tre suonano come delle “cippe lippe” irrefrenabili in versioni da sballo anche di Morning Dew, Lose Myself With You e Plynth/Shotgun.

Fine seconda parte, segue…

Bruno Conti

Ed Anche Quest’Anno Si Conferma L’Equazione: Natale = Live Degli Stones! The Rolling Stones – Voodoo Lounge Uncut

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The Rolling Stones – Voodoo Lounge Uncut – Eagle Rock/Universal DVD – BluRay – 2CD/DVD – 2CD/BluRay

Per i primi trent’anni della loro inimitabile carriera, non è che la discografia live dei Rolling Stones rispecchiasse fedelmente la loro bravura dal vivo: a parte il fondamentale Get Yer Ya Ya’s Out del 1970, per anni i nostri non erano stati in grado di regalare ai fans un album dal vivo come Dio comandava (Got Live If You Want It era una mezza presa in giro, Love You Live era bello ma avrebbe potuto essere molto meglio, e sia Still Life che Flashpoint erano piuttosto deludenti). Poi, dallo splendido Stripped del 1995 in avanti, le Pietre si sono messe a pubblicare dischi live con una regolarità impressionante, abbinando quantità a qualità, e molti di essi sono stati messi in commercio nel periodo tardo autunnale, in tempo per lo shopping natalizio, sia per quanto riguarda i concerti d’archivio (fuori e dentro la serie From The Vault https://discoclub.myblog.it/2018/05/26/dagli-archivi-senza-fine-a-luglio-un-nuovo-capitolo-della-saga-rolling-stones-from-the-vault-no-security-san-jose-99/ ), sia per quelli “contemporanei” (Sweet Summer Sun, Havana Moon). Non si sottrae alla regola questo Voodoo Lounge Uncut, che esce nelle solite varie configurazioni audio e video, e che come suggerisce il titolo proviene dal tour intrapreso in supporto all’album Voodoo Lounge del 1994, lo stesso giro di spettacoli che aveva dato vita a Stripped (ed al suo monumentale ed imperdibile seguito, Totally Strippedhttps://discoclub.myblog.it/2016/06/24/21-anni-fa-era-imperdibile-ora-indispensabile-the-rolling-stones-totally-stripped/ .

Voodoo Lounge aveva segnato il ritorno alla forma ottimale per il gruppo di Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts (era infatti il primo lavoro senza il bassista Bill Wyman), un grande disco che vedeva all’opera una band ispirata e decisamente “sul pezzo” dopo una decade, gli anni ottanta, che aveva riservato a loro ed ai fans quasi solo delusioni (anche se Steel Wheels del 1989 mostrava qualche segnale di ripresa): un album quindi che si poteva tranquillamente definire come il loro migliore da Some Girls (Tattoo You, pur ottimo, era formato all’80% da outtakes rimaneggiate, alcune anche con dieci anni sulle spalle), e che si rivelerà più riuscito anche dei suoi due seguiti composti da materiale originale, Bridges To Babylon e A Bigger Bang. Anche la tournée seguente vedeva i nostri in forma eccellente, come se fossero ancora negli anni settanta, aiutati da una superband che li accompagnerà per molti anni, e che in molte individualità è con loro ancora oggi (Darryl Jones al basso, Chuck Leavell alle tastiere, la sezione fiati di quattro elementi guidata dall’ormai scomparso Bobby Keys, ed un trio di coristi formato da Lisa Fisher, Blondie Chaplin e Bernard Fowler): Voodoo Lounge Uncut ci presenta una splendida serata del 25 Novembre 1994 al Joe Robbie Stadium di Miami, che non è del tutto inedita in quanto all’epoca era uscita su VHS e su LaserDisc: qui però abbiamo per la prima volta il concerto anche in versione audio e, soprattutto, completo, dato che allora erano state “tagliate” ben dieci canzoni (da qui l’Uncut del titolo). E la serata è, manco a dirlo, strepitosa, con gli Stones in forma spettacolare e con una scaletta che riserva anche più di una sorpresa, non limitandosi soltanto a riproporre i loro successi (che comunque non mancano di certo).

Dopo un’introduzione da parte dell’attrice Whoopi Goldberg, il concerto inizia in maniera insolita, e cioè con la tambureggiante Not Fade Away, evergreen di Buddy Holly che i nostri incisero in gioventù. Poi però il rock’n’roll prende subito il sopravvento, con due classici da Exile On Main Street, la ruspante Tumbling Dice ed una Rocks Off più trascinante che mai, inframmezzate da uno dei brani all’epoca nuovi, cioè la potente You Got Me Rocking. A dire il vero i pezzi tratti da Voodoo Lounge non sono molti altri, solo la torrida I Go Wild, la graffiante Sparks Will Fly, puro rock’n’roll Stones-style, e la toccante The Worst, cantata da Richards con la consueta voce imperfetta ma piena di feeling (ed accoppiata alla guizzante Before They Make Me Run, sempre molto apprezzata). Come dicevo, le hits non mancano (Satisfaction, posta stranamente in settima posizione nella setlist, la ballatona Angie, Miss You, che fa ballare tutto lo stadio, Honky Tonk Women, Sympathy For The Devil), ma ci sono anche diverse chicche come lo splendido errebi Beast Of Burden (grande versione), la poco nota Doo Doo Doo Doo Doo (Heartbreaker) e, dagli anni sessanta, una scintillante It’s All Over Now e la quasi dimenticata Monkey Man. Ma il magic moment dello show, almeno secondo me, è un uno-due a tutto country-rock formato da Dead Flowers e Sweet Virginia, due canzoni meravigliose che in quella sera brillano ancor più di luce propria, una più bella dell’altra.

In una serata speciale non possono mancare gli ospiti, a partire dalla bella Sheryl Crow (all’epoca molto in auge), alle prese con la vintage Live With Me (performance per la verità un po’ tirata via), e soprattutto con un doppio momento blues, prima con Robert Cray che canta e suona da par suo sulle note di Stop Breaking Down Blues di Robert Johnson, e poi con il leggendario Bo Diddley e la sua chitarra rettangolare con una infuocata Who Do You Love?, versione formidabile, tra le migliori prestazioni della serata. Infine, solita chiusura micidiale con cinque classici rock’n’roll uno di fila all’altro, Street Fighting Man, Start Me Up, It’s Only Rock’n’Roll (But I Like It), Brown Sugar e Jumpin’ Jack Flash, canzoni ascoltate mille volte ma che ogni sera i nostri suonano come se fossero ancora giovani ed affamati. Il DVD (o BluRay) offre anche cinque pezzi bonus, tratti da una serata al Giants Stadium in New Jersey, che però non ho ancora visto in quanto ho fatto questa recensione sulla parte audio (per la cronaca, i brani sono Shattered, Out Of Tears, All Down The Line, I Can’t Get Next To You dei Temptations e Happy).

Altro grande concerto ed altro documento prezioso quindi; l’anno prossimo i Rolling Stones porteranno il loro No Filter Tour negli Stati Uniti per tredici serate: scommettiamo che il prossimo live album sarà tratto da uno di questi concerti? Magari Chicago?

Marco Verdi

Un Altro Live Degli Stones? Ebbene Sì: E Anche Questo E’ Imperdibile! The Rolling Stones – Sticky Fingers Live At Fonda Theatre 2015

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The Rolling Stones – From The Vault: Sticky Fingers Live At Fonda Theatre 2015 – Eagle Rock/Universal 2CD/DVD – DVD – BluRay – 3LP/DVD

Ho ancora nelle orecchie il loro concerto di Lucca (e nel cuore la scomparsa di Tom Petty, ma come si dice, the show must go on) che mi ritrovo di nuovo a parlare dei Rolling Stones, in quanto è appena uscito un nuovo volume della serie From The Vault (serie che sembrava messa da parte e con un futuro incerto), che stavolta si dedica ad un concerto decisamente recente, e cioè quello che le Pietre tennero al piccolo Fonda Theatre di Los Angeles il 20 Maggio di due anni fa. Una serata intima, con poche centinaia di fortunati ad assistere ed una scaletta ridotta, uno show che festeggiava la ristampa deluxe di Sticky Fingers (per chi scrive, ma non solo, il loro disco migliore), e nello stesso tempo dava il via alla tournée nordamericana a cui venne dato il nome di Zip Code Tour. Una serata particolare dicevo, in quanto gli Stones fecero una cosa mai fatta prima, cioè suonare un loro disco per intero, e quel disco era proprio il leggendario Sticky Fingers, che venne omaggiato in maniera strepitosa dai nostri, davvero in stato di grazia. Si sa che la dimensione ridotta dei piccoli club consente a Mick Jagger e compagni di dare il meglio, ma quella sera si superarono, arrivando a sfiorare la perfezione delle date del tour del 1995, documentate lo scorso anno dal box Totally Stripped.

Il concerto è stato una sorta di warm-up per il tour, ed il mitico disco del 1971 viene suonato con i brani alla rinfusa, in modo tale da donargli nuova linfa ed imprevedibilità, e vengono aggiunte alcune canzoni extra come bonus, sia all’inizio che alla fine del concerto, per un totale di 16 pezzi. All’epoca era uscita una versione ridotta solo per il download su iTunes (e solo con i dieci brani di Sticky Fingers), ma oggi la Eagle Rock pubblica il concerto per intero nella consueta varietà di supporti (consiglio sempre i 2CD + DVD), anche se non capisco perché la sequenza corretta è solo nella parte audio, mentre nel video tre pezzi sono messi a parte come bonus. Lo spettacolo si apre come spesso avviene anche negli stadi, cioè con Start Me Up, versione al solito festosa, energica e subito coinvolgente, seguita dalla poco frequentemente eseguita ma tonica When The Whip Comes Down (tratta da Some Girls) e da una vigorosa e sempre grande All Down The Line (con il consueto ottimo Ronnie Wood alla slide). Ed ecco il cuore del concerto, cioè Sticky Fingers suonato nella sua interezza, anche se in modalità random: la particolarità del disco è che, pur essendo un album da isola deserta, ha all’interno un solo pezzo suonato regolarmente dagli Stones (Brown Sugar), mentre altri vengono eseguiti raramente o addirittura quasi mai. E’ quindi una vera goduria sentirli tutti in quella serata, a partire dalla magnifica Sway, una rock ballad perfetta sotto ogni punto di vista, che q acquista ancora maggior potenza, grazie anche a due incisivi assoli di Keith Richards prima e di Wood poi.

Ed ecco subito un uno-due da k.o., prima con la strepitosa Dead Flowers, come ho già detto in più di una occasione la mia canzone preferita degli Stones, una country song straordinaria, brano che la maggior parte degli artisti country non riesce a scrivere in una carriera intera, seguita dalla stupenda Wild Horses, una delle loro ballate più belle, in una versione decisamente scintillante e con un ottimo assolo di Keith. Che dire di Sister Morphine, un brano che fa venire la pelle d’oca ad ogni esecuzione, soprattutto per l’uso lancinante della slide (che sul disco originale era suonata da Ry Cooder); spazio al blues con una magistrale You Gotta Move, con Jagger che canta in maniera sopraffina, ben doppiato dalla slide acustica sporca e polverosa di Keef, roba d’alta classe davvero. Bitch è la solita bomba innescata, la corale Can’t You Hear Me Knocking è forse l’unico pezzo leggermente inferiore, ma avercene (e qui il sax di Karl Denson è superlativo), I Got The Blues è una ballata eccezionale, che Mick canta da Dio procurandoci brividi lungo la schiena; chiudono la parte di Sticky Fingers la fluida Moonlight Mile, uno dei pezzi meno conosciuti del disco (ma non per questo di secondo piano), e naturalmente Brown Sugar, messa quindi in fondo anziché all’inizio. Ci sono però anche tre bis: una sontuosa Rock Me Baby, dedicata al grande B.B. King che era scomparso una settimana prima (versione davvero super), la sempre irresistibile Jumpin’ Jack Flash e, scelta da intenditori, una cover da manuale dei classici di Otis Redding I Can’t Turn You Loose, con un gran ritmo che rende impossibile stare fermi, una rilettura giusto a metà tra errebi e rock’n’roll.

Un live bellissimo, uno dei migliori tra i molti pubblicati dalla grande band britannica e quindi, come ho scritto nel titolo, da non perdere.

Marco Verdi

Un Bel Live Novembrino Per Gli Stones? Ma Anche Due! Rolling Stones – From The Vault Hampton Coliseum 1981 & L.A. Forum 1975

rolling stones live 1981

Rolling Stones From The Vault – Hampton Coliseum Live In 1981 – Eagle Rock Blu-Ray – DVD – DVD + 2CD – DVD + 3LP – 04/11/2014

Rolling Stones From The Vault – L.A. Forum Live In 1975 – Eagle Rock – DVD – DVD + 2 CD – DVD + 3 LP  18/11/2014

Vi sembrava possibile che si approssimasse il periodo Natalizio e non ci fosse ancora alcuna notizia di qualche pubblicazione dall’archivio dei Rolling Stones? E vi dirò di più, vi sembrava possibile che i concerti che avevano messo in vendita negli ultimi anni sul loro sito come costosi download non dovessero apparire anche in vari formati fisici? Ovvio che no. E infatti, puntuali come il morbillo o la rosolia, fastidiosi ma non letali quindi (parlo di prezzi), il prossimo novembre, in due diverse uscite la Eagle Rock renderà disponibili questi due concerti. La sorpresa sta nel fatto che, a differenza delle versioni scaricabili, per entrambi esiste anche la versione video.

Il primo in uscita, il 4 novembre, sarà il famoso concerto del 18 dicembre 1981 a Hampton in Virginia, il primo a essere trasmesso in contemporanea su una televisione con il sistema del pay-per-view. Il tutto è stato rimixato per la parte audio e restaurato per la parte video dal mitico Bob Clearmountain. Due ore e mezza di concerto, con questa setlist:

TRACKLISTING:

1) Under My Thumb   2) When The Whip Comes Down   3) Let’s Spend The Night Together   4) Shattered   5) Neighbours   6) Black Limousine   7) Just My Imagination   8) Twenty Flight Rock   9) Going To A Go Go   10) Let Me Go   11) Time Is On My Side   12) Beast Of Burden   13) Waiting On A Friend   14) Let It Bleed   15) You Can’t Always Get What You Want   16) Band Introductions   17) Happy Birthday Keith   18) Little T & A   19) Tumbling Dice   20) She’s So Cold   21) Hang Fire   22) Miss You   23) Honky Tonk Women   24) Brown Sugar   25) Start Me Up   26) Jumping Jack Flash   27) (I Can’t Get No) Satisfaction

Due settimane dopo, il 18 novembre, seconda uscita, concerto al Forum di L.A,. 12 luglio del 1975, il primo tour con Ronnie Wood in formazione, stesso lavoro di restauro a cura di Clearmountain, anche qui circa due ore e mezzo di concerto e la lista dei brani è la seguente:

TRACKLISTING:

1) Introduction*   2) Honky Tonk Women   3) All Down The Line   4) If You Can’t Rock Me / Get Off Of My Cloud   5) Star Star   6) Gimme Shelter   7) Ain’t Too Proud To Beg   8) You Gotta Move   9) You Can’t Always Get What You Want   10) Happy   11) Tumbling Dice   12) It’s Only Rock ‘n’ Roll   13) Band Intros*   14) Doo Doo Doo Doo Doo (Heartbreaker)*   15) Fingerprint File   16) Angie   17) Wild Horses*   18) That’s Life*   19) Outta Space*   20) Brown Sugar   21) Midnight Rambler   22) Rip This Joint   23) Street Fighting Man   24) Jumpin’ Jack Flash   25) Sympathy For The Devil

*Not available on LP

Come vedete, per gli amanti del vinile, alcuni brani non saranno disponibili nella versione in LP. Ovviamente si tratta dei primi due volumi della serie From The Vault, attendiamoci futuri sviluppi.

Bruno Conti

Novità Di Settembre Parte III Con Piccola Appendice. Neil Young, David Bowie, Soundgarden, Ben Folds/Nick Hornby, Ronnie Wood Eccetera

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Sono passati pochi giorni dall’ultimo aggiornamento ed eccomi qua di nuovo. Settembre mese fitto mi ci ficco (ho coniato un nuovo modo di dire) e non riesco neanche ad esaurire tutte le news perché ne ho ricevute e viste molte altre relative ad uscite interessanti, quindi ci sarà una ulteriore puntata.

Partiamo con il nuovo Neil Young Le Noise Reprise/Warner 28 settembre. Uhm, doppio uhm. Quando lo sento poi vi dico. Per il momento diciamo che è Neil Young in solitaria con le sue chitarre acustiche ed elettriche filtrato attraverso le apparecchiature di Daniel Lanois che cura anche la produzione. Otto nuovi brani, non strumentali.

Quella interessante composizione che vedete effigiata sopra è la edizione Super DeLuxe di Station To Station di David Bowie in uscita il 28 settembre (e non il 21 come si pensava) per la EMI. Visto che nuovi album non ne fa, accontentiamoci (si fa per dire visto che, come al solito chi è interessato dovrà scucire oltre 100 euro): 5 CD + DVD + 3 LP oppure 3 CD per la versione “normale”, contiene l’album originale… ma vi allego le note all’edizione internazionale che faccio prima

* Original album
* Previously unreleased ‘Live Nassau Coliseum ’76’ concert
* Station To Station – RCA CD Master
* 5-track Singles versions CD E.P. incl. previously unreleased version of Station To Station, and for first time on CD, Word On A Wing
* 3 x 12″ heavyweight vinyl
* DVD with new 5.1 mix
* 24-page booklet, including: never before seen Steve Schapiro photo, Geoff MacCormack photos, Andrew Kent live Nassau photos & extensive memorabilia from the archives
* Cameron Crowe sleevenotes
* 6 panel folded poster
* Onstage folder
* Replica Backstage pass
* Replica Biog
* Replica Ticket
* Replica band line-up
* 3 press shots
* Replica Fan club folder
* Replica Fan Club Membership card
* Fan club certificate
* 2 small Collectors cards
* 2 photo prints
* Replica 4-page biography
* 2 badges

Ma anche i Soundgarden, che si sono appena riuniti, ci deliziano con questo nuovo Telephantasm che è una bella antologia ma con alcune sorprese. Anche qui abbiamo versione standard singola con 1 brano nuovo (essendo singola), versione 2 CD + DVD, con 5 inediti audio e 13 inediti video tra live, BBC, MTV, SNL per un totale di 44 brani. Questo per il momento, poi seguiranno versione doppio vinile e SuperDeluxe con 2 CD, DVD, Triplo Vinile, poster e memorabilia vari per i soliti 100 e passa euri. Esce sempre il 28-09 per A&M/Universal

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Si parlava di una loro collaborazione da oltre un anno: il tempo di finirla ed eccola qua! Ben Folds pianista e compositore e Nick Hornby scrittore e, in questo caso, paroliere pubblicano, sempre il 28 settembre per la Nonesuch/Warner, Lonely Avenue. Oltre ai due e al gruppo di Folds c’è anche il grande Paul Buckmaster che cura gli arrangiamenti orchestrali. Il tutto masterizzato agli studi di Abbey Road. L’edizione deluxe in questo caso contiene un libro di 152 pagine con 4 racconti inediti di Hornby, presumo in inglese, ma non sono sicuro, più foto varie.

Nella pausa sabbatica degli Stones e, si spera, avendo risolto i suoi problemi di alcolismo, ritorna Ronnie Wood con un nuovo album per la Eagle Rock/Edel a 9 anni di distanza dal precedente Not For Beginners. Il disco si chiama I Feel Like Playing, solita data, vede la partecipazione di Billy Gibbons degli ZZTop, Flea dei Red Hot Chili Peppers, Slash, Kris Kristofferson, Bobby Womack, Ian McLagan (pare che alla fine la reunion dei Faces si farà, anzi c’è già stata una prima tranche con Mick Hucknall al posto di Rod Stewart, mah!, con il dovuto rispetto per il cantante dei Simply Red, ma non è proprio la stessa roba), Eddie Veder dei Pearl Jam, Bernard Fowler, Daryl Jones, Jim Keltner e Bob Rock (che dovrebbe essere il produttore, non quello di Alan Ford, scherzo, ma ormai dico sempre, non si mai che poi mi scrive qualche parente inc…to).

I Black Country Communion sono il nuovo gruppo dell’ex Deep Purple (e Trapeze) Glenn Hughes con Joe Bonamassa (come annunciato uno-ne-pensa-e-cento-ne-fa-joe-bonamassa-black-rock.html). Sono con loro Jason Bonham alla batteria e il tastierista dei Dream Theater, Derek Sherinian. Anche in questo caso, vinile e versione deluxe con Dvd, che contiene making of, interviste e brani live ma al prezzo di un singolo, é cosa buona e giusta. Sempre così! 21 settembre Usa e 28 Italia per la Mascot distribuzione Edel.

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Per la serie “I Figli di…” esce il secondo disco di Devon Allman’s Honey Tribe, Space Age Blues, titolo programmatico, dovrebbe uscire il 28-9 per la Mascot/Edel e il 12 ottobre negli States, ma mi pare strano, vedremo. Sono della partita Huey Lewis e Dizzy Gillespie!

No, non temete, non è che Clapton esce due volte, si tratta dell’appendice. Oltre ai nomi citati avevo dimenticato di ricordare Willie Weeks al basso, Trombone Shorty, Derek Trucks ospite in Rocking Chair e Allen Toussaint al piano in due brani, questo per la completezza.

Appendice dell’appendice: sempre il 28 settembre per la Universal (ma in alcuni paesi è già uscito) viene pubblicato il nuovo capitolo, il terzo, della serie Rhythms del Mundo. Come al solito il packaging è realizzato con materiale riciclabile e i proventi vanno, in parte, in beneficenza.

Anche questa volta, oltre a Kt Tunstall che reinterpreta Somebody to Love dei Jefferson Airplane, il cast dei partecipanti è oltremodo vario: a partire da Bob Dylan che canta A Hard Rain’s A Gonna Fall in versione latina, e questa voglio proprio sentirla! Ma ci sono anche, Wyclef Jean, Groove Armada, Gorillaz, Dizzee Rascal, i Green Day che fanno I Fought The Law, Bebe, Afrique, Franz Ferdinand, Coldplay & Lele, Shanade, Augusto Enriquez e Zucchero. E’ per una giusta causa.

Alla prossima (Paula Cole, Box 4 CD Camel, Manhattan Transfer, Matt Costa, Nathaniel Rateliffe, Box Vinile dei Grateful Dead, Kenny Wayne Sheperd Live e tanti altri). E siamo ancora a settembre, a ottobre esce il box di John Lennon, John Mayer, KT Tunstall, Bob Dylan Bootleg Series 9….

Bruno Conti