Power Rock Trio Vecchia Maniera! Pat Travers – Feelin’ Right The Polydor Albums 1975-1984

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Pat Travers – Feelin’ Right/The Polydor Albums 1975-1984 – Universal

Il canadese Pat Travers è sempre stato considerato uno dei migliori rappresentanti del power rock trio dagli estimatori del genere heavy, mentre da altri, per la legge del contrappasso, un caciarone metallaro non particolarmente raffinato, forse esagerando, in entrambi i casi. Gli album migliori sono sicuramente quelli degli anni ’70, primi ’80, quindi una parte di questi contenuti nel nox, ma nel cofanetto da 4 CD sono stati commessi alcuni errori, voluti e non. Intanto partiamo dal sottotitolo The Polydor Albums 1975-1984: mi chiedo come sia possibile, visto che il primo omonimo album Pat Travers, fu registrato nell’aprile del 1976 e pubblicato lo stesso anno e qualcuno me lo aveva fatto notare subito, già prima dell’uscita. Indagando ulteriormente, ma questo è probabilmente voluto, per rispettare la durata dei singoli dischetti, gli album, inseriti in ordine cronologico, due per ogni CD, all’inizio non rispettano la sequenza, con il terzo album Putting It Straight che appare come secondo, e viceversa per Makin’ Magic, peraltro entrambi del 1977, e quindi trattasi di peccato veniale. Ma la mancanza nel cofanetto di Crash And Burn, l’album del 1980 che fu quello di maggior successo della Pat Travers Band, l’unico ad entrare nei Top 20 delle classifiche USA, è più inspiegabile.

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Dal lato positivo l’ottimo lavoro di remastering degli album effettuato agli Abbey Road Studios di Londra da Andy Pearce (noto ingegnere del suono, famoso per il suo lavoro sugli album di Pretty Things, Deep Purple, Black Sabbath, E L & P, Thin Lizzy, Gentle Giant e moltissimi altri) che ha avuto accesso alle fonti originali anziché dover utilizzare i vinili, come era stato per precedenti uscite in CD. Se aggiungiamo che il quadruplo box costa veramente poco, si tratta di un acquisto quasi obbligato, anche se non indispensabile per tutti. Pat Travers nel frattempo continua imperterrito a fare album, gli ultimi sono, un Live At The Iridium NYC e Retro Rocket (segnalato come uno dei migliori dell’ultimo periodo), entrambi usciti nel 2015, ma, come detto,  il periodo migliore è, più o meno, quello che coincide con gli otto album originali contenuti nel cofanetto. Il primo disco, registrato a Londra, quando il chitarrista canadese, scoperto dal grande Ronnie Hawkins, ottenne un contratto dalla Polydor inglese che gli affiancò il bassista Peter Cowling, un veterano della scena rock, che sarebbe rimasto con lui fino al 1984 e il batterista Roy Dyke, in grado di esprimere sia potenza quanto versatilità (sentitevi l’ottimo lavoro nella cover di Magnolia di JJ Cale, illuminata pure da sprazzi di classe di Travers alle chitarre https://www.youtube.com/watch?v=lqVEATLLLOI ). Eccellenti anche due classici del R&R e del blues come Mabellene (senza la y, chissà perché) e Boom Boom (Out Goes The Lights), con Makes No Difference, dai marcati accenti southern rock https://www.youtube.com/watch?v=Wdo5qvhook0 , rimarrà un evergreen del buon Pat, come pure Feelin’ Right, la title track del box https://www.youtube.com/watch?v=w2oqx2xRfSs .

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https://www.youtube.com/watch?v=bvec0ZVGBnk

In Makin’ Magic arrivano il futuro Iron Maiden Nicko McBrain alla batteria   e si aggiunge Peter Solley alle tastiere, con Brian Robertson dei Thin Lizzy, ospite alla seconda solista in una potente rivisitazione di Statesboro Blues https://www.youtube.com/watch?v=BV4LmA_pwE8 , tra i futuri classici anche Stevie e Rock’n’Roll Suzie. Niente cover in Putting It Straight, registrato a Toronto, ma da notare la presenza dell’altro Thin Lizzy Scott Gorham per un’altra piccola gemma con doppia lead guitar (in futuro formula immancabile della Pat Travers Band) in Speakesy, l’ottimo lavoro al Moog del Rainbow Tony Carey in Off Beat Ride e perfino un assolo di sax in Dedication, senza snaturare troppo il rock-blues di Travers. Heat In The Street, il primo ad essere registrato negli States, presenta il nuovo batterista Tommy Aldridge (tra i tanti con Black Oak Arkansas e Whitesnake) e l’ingresso in pianta stabile del secondo chitarrista Pat Thrall, e la coppia fa faville in Hammerhead https://www.youtube.com/watch?v=Thdov1AtVnw  e One For Me And One For You (non quella dei La Bionda, c’è un And in più) E in tutto il disco Live! Go For What You Know, uno dei classici dischi hard rock dal vivo degli anni ’70, duro e roccioso, un po’ tamarro anche, ma era l’epoca, con le versioni di Boom Boom (Out Goes The Lights), non quella di John Lee Hooker https://www.youtube.com/watch?v=qi4_6kS5gto  e Makes No Difference, dove le chitarre sono micidiali (ma pure nel resto del disco). Detto di Crash And Burn, missing in action nel box, il successivo Radio Active sancisce definitivamente l’ingresso nel sound anni ’80, con tastiere a go-go, un batterista di nome Sandy Gennaro, e canzoni non memorabili, si salva in parte grazie all’ottimo lavoro dei due solisti, ma Black Pearl, il penultimo con Cowling e senza Thrall, che se ne è andato nel frattempo, ha un suono AOR terribile e la versione rock delle Quinta di Beethoven (?!?), ribattezzata The Fifth, ve la raccomando https://www.youtube.com/watch?v=9hJO0gaRyds ! Un filo meglio Hot Shot, l’ultimo degli anni ’80, prima di una pausa che durerà fino al 1990, con una sfilza di batteristi all’opera, tra cui Don Brewer dei Grand Funk, ma niente che rimarrà negli annali del rock. Quindi ricapitolando, sempre se amate il vostro rock molto heavy, bene i primi cinque album, trascurabili gli altri tre, ma un’occasione per (ri)scoprire uno dei chitarristi di culto di quell’epoca!

Bruno Conti