Uno Splendido Viaggio Nella Golden Age Del Folk-Rock Britannico. VV. AA. – Strangers In The Room

strangers in the room

VV.AA. – Strangers In The Room: A Journey Through The British Folk Rock Scene 1967-73 – Grapefruit/Cherry Red 3CD Box Set

 La Gran Bretagna della seconda metà degli anni sessanta era percorsa da numerosi fermenti musicali (e non). Mentre i quattro gruppi inglesi principali (Beatles, Rolling Stones, Who e Kinks) in quegli anni pubblicavano loro album migliori, nella terra di Albione nascevano diverse correnti di grande importanza, come il British Blues, con i Bluesbreakers di John Mayall, i Cream, i Fleetwood Mac di Peter Green ed il Jeff Beck Group (ma anche i Taste di Rory Gallagher), la psichedelia (che ebbe nei Pink Floyd la band di punta), l’hard rock con i Led Zeppelin, i Free e gli Humble Pie, e naturalmente il folk-rock, che non rassomigliava a quello americano dei Byrds ma prendeva spunto dalle antiche ballate inglesi e scozzesi per arrivare ad un sound elettrico che poteva anche sconfinare nella stessa psichedelia e nel prog.

In passato abbiamo avuto diverse compilation che si occupavano di questo genere fondamentale, basti pensare ai vari volumi della serie Electric Muse o al box triplo della Island uscito nel 2009, ma spesso ci si occupava dei gruppi e solisti più celebri, e con le loro canzoni più note: questo nuovo e bellissimo box triplo intitolato Strangers In The Room (ad opera della Grapefruit, la stessa del recente cofanetto dei Flamin’ Groovies) percorre una strada diversa, dando cioè spazio ad artisti considerati di seconda o terza fascia, ed in alcuni casi praticamente sconosciuti (io stesso devo ammettere che molti di essi non li avevo mai sentiti nominare) e limitandosi solo a trattare il periodo d’oro del genere in questione, cioè gli anni che vanno dal 1967 al 1973. Certo, non mancano i capostipiti del genere (Fairport Convention, Pentangle, Steeleye Span, tanto per citare i tre più famosi), ma anche loro non con i brani più noti: la maggior parte del box però si occupa di musicisti che hanno avuto scarsa fortuna, scegliendo di pubblicare vere è proprie rarità, tra le quali molti singoli mai apparsi prima su CD e persino quattro canzoni inedite, il tutto corredato da un bellissimo libretto di 40 pagine con dettagliati commenti ad ognuno dei 60 brani inclusi; qualche assenza c’è (a memoria mi vengono in mente Lindisfarne, Amazing Blondel e Martin Carthy, ma non avrebbero sfigurato neanche Cat Stevens e John Martyn). Ma ecco una (non tanto) veloce disamina del contenuto dei tre CD, e vi giuro che ho fatto fatica a limitarmi ai pezzi che sto per citare.

CD1: si comincia con Michael Chapman (tornato in auge negli ultimi anni con due bellissimi album) con Stranger In The Room, una solida e potente ballata elettroacustica, molto suggestiva e decisamente più rock che folk, e la chitarra elettrica di Mick Ronson grande protagonista. Dopo la drammatica The Blacksmith degli Steeleye Span (una delle poche scelte “scontate”), dominata dalla vocalità di Maddy Prior, abbiamo il primo inedito, cioè una versione alternata della pimpante e frenetica Dangerous Dave degli Spirogyra. I restanti 17 pezzi sono appannaggio di gruppi o solisti i cui nomi non sono certo tra i più noti, ma ci sono chicche che rendono l’ascolto piacevole al massimo, come l’enigmatica ma deliziosa Murdoch ad opera dei Trees, la rockeggiante ed orecchiabilissima Shoeshine Boy degli Humblebums (che vedono alla voce un giovane Gerry Rafferty), Martha di Harvey Andrews, dalla splendida linea melodica (e con Cozy Powell alla batteria), la tonica Hanging Tree, tra folk, rock e psichedelia dei dimenticatissimi Oo Bang Jiggly Jang (il cui leader Peter Bramall entrerà in seguito nei pub-rockers The Motors come Bram Tchaikovsky ), o la fluida e “fairportiana” Amongst Anemones eseguita dai Jade, un trio che durò il tempo di un solo album.

Meritano un cenno anche la pianistica e bellissima The Sailor da parte di Robin Scott (che rispunterà anni dopo come leader del gruppo M con i ritmi disco-elettronici di Pop Musik), l’eterea e sublime Here Comes The Rain dei Trader Horne, un duo la cui voce femminile era Judy Dyble, prima cantante dei Fairport, la diretta ed immediata My Delicate Skin di Dave Cartwright, un singolo che avrebbe meritato maggior fortuna, la toccante Almost Liverpool 8 di Mike Hart (tra le migliori del primo CD), la tersa e bucolica Don’t Know Why You Bother Child di Gary Farr e la corale e coinvolgente We Can Sing Together di Alan Hull.

CD2: i tre gruppi più conosciuti del dischetto sono i Matthews Southern Comfort con una cristallina rilettura di Woodstock di Joni Mitchell, dallo stile decisamente pastorale, gli Strawbs (senza Sandy Denny) con la vibrante e maestosa The Man Who Called Himself Jesus, ed i Fairport Convention con la prima versione di Sir Patrick Spens, registrata con la stessa Denny ai tempi di Liege & Lief e pubblicata solo in una delle successive ristampe. Ci sono anche cinque nomi non proprio sconosciuti, ma indubbiamente di culto: The Woods Band, gruppo formato da Gay e Terry Woods dopo il loro allontanamento dagli Steeleye Span (As I Roved Out, un brano tradizionale arrangiato alla perfezione e con un intermezzo strumentale strepitoso), Bill Fay, tornato ad incidere dopo una vita in tempi recenti, con un demo del 1969 della stupenda Be Not So Fearful, Bridget St. John alle prese con l’allegra filastrocca folk There’s A Place I Know, la Third Ear Band con Fleance, dal suono più tradizionale che mai, e i Dando Shaft con Riverboat, pura, cristallina e cantata splendidamente.

E poi ci sono gli acts meno noti, tra cui gli Unicorn (prodotti da David Gilmour) con l’armoniosa I Loved Her So Long, chiaramente influenzata da Crosby, Stills & Nash, la beatlesiana Sarah In The Isle Of Wight di Al Jones (solo a me ricorda Lucy In The Sky With Diamonds?) https://www.youtube.com/watch?v=QXcjC2SSC8I , l’epica nonché oscura Pucka-Ri degli Urban Clearway, i Daylight con la limpida e corale Lady Of St. Clare (45 giri che fu anche la loro unica incisione!), la sinuosa ed emozionante Love Has Gone della bravissima Mary-Anne Paterson, una delle gemme del cofanetto (sentite che voce, da brividi), il demo della gentile What I Am dei Fresh Maggots, secondo inedito del box, ed una rilettura molto “roots” e sicuramente interessante del classico di Bob Dylan Like A Rolling Stone da parte dei Canticle.

CD3: il dischetto con la maggior parte di artisti famosi, a partire dai Pentangle con la nota The Cuckoo (tratta dal mitico Basket Of Light), per seguire con Ralph McTell e la sua ottima prova cantautorale Father Forgive Them, la strepitosa Just As The Tide Was A-Flowing, frutto della collaborazione di Shirley Collins con la Albion Country Band (una delle più belle canzoni del triplo), l’intensa Oh Did I Love A Dream della Incredible String Band, che ha il sapore di un canto marinaresco, e la squisita All In A Dream di Steve Tilston, lucida ballata guidata da piano e chitarra. C’è anche una giovanissima Joan Armatrading con la piacevole City Girl, un inatteso Gerry Rafferty solista con una versione inedita di Who Cares, diversa dallo stile pop che il nostro avrà in seguito, e chiude la già citata Sandy Denny (come poteva mancare?) con la sua signature song Who Knows Where The Time Goes in una rara versione voce e chitarra incisa prima di entrare nei Fairport.

Tra i pezzi rimanenti segnalerei la delicata Queen Of The Moonlight World di Andy Roberts, dallo splendido arpeggio di chitarra e con una melodia ariosa, il rarissimo singolo di Mr. Fox Little Woman, bellissima folk song dal sapore più irlandese che inglese, Mike Cooper con la solare ed ottimistica Your Lovely Ways, la misteriosa Jude, che incise questa intensa Beverley Market Meeting insieme a qualche altro demo e poi sparì, la quasi west-coastiana Carry Me dei Prelude, Furniture, grande rock song ad opera degli irlandesi Horslips (con uno strepitoso assolo chitarristico), ed il quarto ed ultimo inedito, cioè l’orientaleggiante Waxing Of The Moon dei Lifeblud https://www.youtube.com/watch?v=4D6MP_AnIm4 .

Un cofanetto quindi difficile da ignorare se siete appassionati del genere folk-rock (ma anche della buona musica in generale), anche perché non costa una cifra esagerata.

Marco Verdi

Il Gabbiano Jonathan Vola Sempre Alto! Jonathan Wilson – Rare Birds

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Jonathan Wilson – Rare Birds – Bella Union Records

La prima volta che vidi sul palco Jonathan Wilson non sapevo neppure chi fosse. Mi trovavo con alcuni amici a San Sebastian per assistere ad un concerto di Jackson Browne , che, per l’occasione, doveva suonare insieme alla giovane band californiana dei Dawes, talentuosi esordienti il cui secondo disco, Nothing Is Wrong, era stato prodotto proprio da Jonathan Wilson. Il calendario datava 24 luglio ma sembrava ottobre inoltrato, la magnifica spiaggia su cui torreggiava il grande palco del festival Jazzaldia era zuppa per la pioggia che era caduta quasi incessantemente tutto il giorno, accompagnata dal vento freddo proveniente dall’oceano. A riscaldarci furono prima gli stessi Dawes, con un’esibizione sanguigna e coinvolgente, poi, a mezzanotte e mezza passata (ma per gli spagnoli è ancora presto…), il buon Jackson con i suoi classici immortali, supportato egregiamente dal gruppo dei fratelli Goldsmith e dal loro produttore. Alto e magro, capello lungo e barba incolta, Wilson sembrava una di quelle tipiche icone californiane degli anni settanta. Mostrò subito la stoffa del leader, come ottimo chitarrista e corista, e Browne gli cedette la scena per fargli eseguire Gentle Spirit, la lunga e affascinante ballad che dà il titolo all’ album che sarebbe stato pubblicato di lì a poco https://discoclub.myblog.it/2011/08/08/un-jonathan-tira-l-altro-da-laurel-canyon-e-dintorni-jonatha/ .

Esattamente due anni dopo la scena si è ripetuta al Carroponte, spazio concertistico alle porte di Milano, con la sostanziale differenza che stavolta Jonathan era l’unico protagonista della serata con la sua band. Io, gli amici e ciascuno dei presenti ci siamo goduti un’esibizione esaltante di rock imbevuto di psichedelia e divagazioni folk di chiara matrice californiana. I brani, spesso dilatati da pregevoli parti strumentali in cui giganteggiava la chitarra del leader, ben coadiuvato dai suoi compagni, davano l’idea di un musicista maturo, abile riesumatore di suoni del passato assemblati con gusto ed intelligenza. Questa impressione fu pienamente confermata dall’uscita del successivo album Fanfare, nell’ottobre del 2013, che fece incetta di critiche positive un po’ ovunque, generando al contempo un equivoco che perdura ancora oggi, ovvero il considerare Jonathan Wilson come una sorta di erede del suono californiano degli anni d’oro di quella comunità di musicisti che si era formata nei dintorni di Los Angeles nell’area di Laurel Canyon (dove tuttora Jonathan possiede uno studio di registrazione, rinomato per le sue preziose apparecchiature analogiche). La varietà delle fonti d’ispirazione da cui Wilson attinge è molto più ampia e complessa, riguarda tanto il contesto americano quanto quello britannico, come testimonia la sua produzione e collaborazione con una colonna del folk rock inglese come Roy Harper, oppure la recente partecipazione all’ultimo album di Roger Waters e al successivo tour che è appena andato in scena nei palasport italiani, dove Jonathan si esibisce come seconda chitarra, cantando le parti che erano di David Gilmour.

Rare Birds , il nuovo album pubblicato all’inizio di marzo, lo evidenzia ancora di più, nelle tredici lunghe tracce che il suo autore ha definito cosmiche, originate da uno stato d’animo spesso non positivo, il tentativo di superare una situazione di abbandono e di solitudine. Wilson mescola sapientemente sonorità vintage usando l’elettronica accanto a strumenti tradizionali, creando un connubio quasi sempre riuscito e piacevole. L’iniziale Trafalgar Square si apre come una citazione della pinkfloydiana Breathe, con le voci registrate e la languida steel guitar sullo sfondo, poi una sventagliata di mandola apre la strada ad un’elettrica dal suono sporco e la canzone prende corpo in modo efficace. Ancora meglio Me, che parte sonnacchiosa e si sviluppa in modo avvolgente fino all’esplosione finale che vede protagonista una chitarra distorta e urticante. Over The Midnight, coi suoi furbi campionamenti stile anni ottanta, ha una struttura melodica che inevitabilmente conquista e invita a premere sull’acceleratore durante le guide notturne. There’s A Light ci rituffa in California, con una bella lap steel a condurre le danze e una melodia ancora accattivante, con le belle armonie vocali delle Lucius. Il pianoforte domina la nostalgica Sunset Blvd, fino alla conclusiva stratificazione di suoni che rimanda a certe composizioni del suo quasi omonimo, l’inglese Steven Wilson. La title track offre acide sventagliate di chitarra che è facile accostare al maestro Neil Young, nulla di nuovo, ma certamente gradevole. 49 Hairflips scava ancora nel melodramma di un amore finito, il piano si fonde in un magma di tastiere dall’effetto evocativo e malinconico.

In Miriam Montague convivono i Kinks e l’Electric Light Orchestra in una specie di mini suite non particolarmente esaltante. Meglio il mantra ipnotico Loving You che, grazie ai vocalizzi del guru della new age Laraaji ci conduce in territori insoliti ed evocativi. Ancora atmosfere notturne dominano la successiva Living With Myself che gioca sul contrasto tra le strofe crepuscolari ed un ritornello solare. Il synth sullo sfondo sembra rubato a quello che Roy Bittan suonava in Downbound Train o in I’m On Fire  Boss, e che dire allora della rullata di batteria campionata su cui si basa tutta la ritmica della successiva Hard To Get Over? Andate a riascoltare l’intro di Don’t Come Around Here No More di Tom Petty (e Dave Stewart) e non potrete ignorarne la somiglianza. Dall’episodio meno riuscito del disco ad uno dei più positivi, il country scanzonato e un po’ ruffiano di Hi Ho To Righteous, in cui convivono lap steel e disturbi rumoristici quasi a voler parodiare inni del passato come Teach Your Children. Notevole anche qui il finale in crescendo che ci conduce alla rarefatta e conclusiva Mulholland Queen, una intensa e disperata confessione che si sviluppa sulle note del piano e dell’orchestra in sottofondo. Fra echi e rimandi non si può dire che Rare Birds sia un disco innovativo e neppure un capolavoro (e certo non merita le critiche negative che qualcuno, pochi, a torto gli hanno appioppato), eppure ascoltarlo fa lo stesso effetto che guidare su una strada panoramica: ad ogni curva ti puoi imbattere in uno scorcio bello ed emozionante.

Marco Frosi

Recuperi Di Fine Anno – Parte 4: Jonathan Wilson – Fanfare

jonathan wilson fanfare

Jonathan Wilson – Fanfare – Bella Union CD

Confesso che non conoscevo Jonathan Wilson, e di conseguenza il suo CD d’esordio Gentle Spirit http://www.youtube.com/watch?v=I8E9kQg9gCU , fino a quando lo scorso anno mi sono recato a Lucca ad assistere al concerto di Tom Petty & The Heartbrakers, nel quale Jonathan e la sua band  erano posti come opening act. Solitamente io (ma non solo io) i gruppi spalla ai concerti li subisco abbastanza passivamente, raramente ho trovato qualcuno che mi facesse smettere di guardare l’orologio per sapere quanto distante era il momento in cui sarebbe arrivato l’headliner della serata, ma devo ammettere che Wilson ha rapito la mia attenzione durante tutto il suo mini-set: la sua miscela di California e psichedelia, di Neil Young e Pink Floyd mi hanno catturato all’istante (poi Petty chiaramente mi ha dato il colpo di grazia, complice un caldo micidiale) http://www.youtube.com/watch?v=-hYiY1vOOVw , e quindi non ho esitato molto quando quest’anno ho visto tra le uscite discografiche degli ultimi mesi la seconda fatica del ragazzo originario del North Carolina, intitolato Fanfare.

Prima dell’ascolto ero stato un po’ allarmato dalle notizie che davano il CD, tredici canzoni, durare ben settantotto minuti, ma già alla fine del primo ascolto mi sono ritrovato come un pirla seduto sul divano a bocca aperta, e se non mi fosse mancato il tempo lo avrei rimesso immediatamente da capo. Fanfare è un grande, grandissimo disco, per me addirittura il migliore dell’anno che volge al termine, ad opera di un musicista che ha raggiunto un tale livello dopo solo due album che ha pochi riscontri in giro tra i suoi coetanei  Un disco di musica rock, con implicazioni folk e psichedeliche (ma qualsiasi classificazione è riduttiva), che ricorda da molto vicino il panorama musicale californiano dei primi anni settanta, quando il Laurel Canyon era, musicalmente parlando, il centro del mondo, e gli album di riferimento erano If I Could Only Remenber My Name di David Crosby (che, guarda caso, appare come ospite in Fanfare) ed in misura minore Pacific Ocean Blue di Dennis Wilson (tra Wilson ci si intende…).

Fanfare è un album di una maturità e di una complessità impressionante, dove però complessità non vuol dire difficile fruibilità: certo, non è un disco da ascoltare distrattamente in macchina, va centellinato, assaporato lentamente, quasi sezionato, e ad ogni ascolto vi rivelerà qualcosa di nuovo. E’ innanzitutto un disco di musica nel senso più puro del termine, un album pieno di suoni e di melodie stratificate, con brani lunghi e fluidi che cambiano mood anche più di una volta nel loro percorso, con una strumentazione ricca e variegata, e dove la voce di Wilson è usata talvolta quasi come se fosse un altro strumento. C’è di tutto in Fanfare: da gentili ballate folk che diventano quasi delle sinfonie rock, ad echi di psichedelia inglese, a spunti quasi jazzati, fino ad elementi di Canterbury sound, da accordi di chitarra younghiani a fraseggi pianistici che richiamano John Lennon, e molto altro ancora. Ma sbagliate se pensate ad un disco frammentario o, peggio, pretenzioso: Wilson abbina la sua bravura indubbia come songwriter alla perizia come arrangiatore e produttore (ha già collaborato in tal senso con i Dawes e nell’ultimo album di Roy Harper, Man & Myth, e Roy ha ricambiato il favore scrivendo con Jonathan due brani per Fanfare), riuscendo a darci un lavoro che è quasi un dipinto ottenuto mescolando abilmente sonorità differenti (e la pittura è tirata in ballo direttamente anche dalla copertina, che richiama il Giudizio Universale di Michelangelo, forse l’unica cosa un po’ pretenziosa di questa operazione).

E poi ci sono gli ospiti, tutti comunque “nascosti” dentro alle canzoni, quasi come facessero parte anche loro dei colori del quadro: oltre a Crosby, anche il vecchio partner Graham Nash, l’altro californiano doc Jackson Browne, Mike Campbell e Benmont Tench degli Heartbrakers, per finire con Taylor Goldsmith dei Dawes e Pat Sansone dei Wilco. Parlare nel dettaglio di tutti i brani è quasi un’impresa, ci vorrebbe un supplemento domenicale a puntate come già fatto con la discografia di Bob Dylan, e ancora non basterebbe a rendere l’idea dell’esplosione di suoni e melodie presenti nel CD. Posso accennare alla title track, che apre l’album con una lunga introduzione strumentale dove flauto, violino, sax e chitarre si intersecano in una girandola sonora incredibile, o la quieta Dear Friend , con gli strumenti in libertà, uno dei pezzi più vicini al primo solo di Crosby, o l’eterea Her Hair Is Growing Long, un capolavoro di equilibrio che ha persino qualche eco di Astral Weeks del grande Van Morrison. E siamo solo al terzo brano: Love To Love è una ballata rock con una dose maggiore di energia, mentre Future Vision è una splendida mini-sinfonia psichedelica con piano e chitarra che si destreggiano tra un mare di suoni, Moses Pain, una delle più belle del lavoro, è pura California, con le sue chitarre liquide ed il suo pianismo eccezionalmente fluido.

Poi ci sono la rarefatta Cecil Taylor (dedicata al celebre pianista)  , la più roccata Illumination, uno dei brani più fruibili del disco, l’eccelsa Desert Trip, nel quale Wilson si supera sia dal punto di vista del songwriting che dell’arrangiamento, dove nota dopo nota si potrebbe annidare qualsiasi sorpresa. Fazon, una canzoni dei semisconosciuti Sopwith Camel, è un po’ freddina, ma New Mexico è piena di cambi di ritmo e trovate geniali; Love Strong sembrano i Pink Floyd mezzi country di Zabriskie Point con Lennon in session al pianoforte, mentre All The Way Down chiude l’album in tono minore per quanto riguarda la qualità media dei brani del CD, ma pur sempre una canzone che qualche freccia al suo arco ce l’ha. Grandissimo disco: se per Natale dovete farvi fare un regalo, Fanfare può essere la scelta più azzeccata.

Un consiglio: ascoltatelo in cuffia.

Marco Verdi

Il Meglio Del 2013: Riviste Straniere – Uncut

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Da adesso in avanti, a tradimento, anche più di un Post al giorno (oppure no, come capita), come gli scorsi anni, pubblicherò le classifiche di Riviste inglesi ed americane (e anche italiane se capita, ma arriveranno più tadi, credo), cartacee ed online, e qualche sito interessante, per chi scrive, magari rompendo l’anima anche a qualche musicista e addetto al settore amico, con qualche incursione in quello che, immodestamente, abbiamo scritto anche noi durante l’anno, trovate il link (dove all’interno magari c’è un altro link e così via, fino all’infinito!). Partiamo, del tutto a caso, con Uncut (e già qui non mi trovano molto d’accordo, come diceva un calciatore a Mai Dire Gol, “sono completamente d’accordo a metà con il mister”, infatti, come atto di ribellione, pubblico anche la lista del loro direttore, Allan Jones,  vecchia volpe della musica, con cui sono molto più sintonizzato come lunghezza d’onda):

UNCUT’s albums of the year 2013 

my bloody valentine mbv

1. My Bloody Valentine – m b v  http://www.youtube.com/watch?v=rVZuDOy9w7A

david bowie the next day

2. David Bowie – The Next Day http://discoclub.myblog.it/2013/10/01/se-arriva-anche-la-versione-extra-siamo-rovinati-david-bowie/

nick cave push standard ed.

3. Nick Cave – Push the Sky Away  http://www.youtube.com/watch?v=MXcuXZ3m8qw

john grant pale green ghosts

4. John Grant – Pale Green Ghosts  http://www.youtube.com/watch?v=JvM3D4XE9qM

laura marling once i was an eagle
5. Laura Marling – Once I Was An Eagle
http://www.youtube.com/watch?v=jSk839eSWm0 Marco non ci è andato giù leggero, per me è un gran disco, giudicate voi!

roy harper man & myth

6. Roy Harper – Man and Myth http://www.youtube.com/watch?v=INVei_1Wu7Y “Mezzo album” è suonato e prodotto da Jonathan Wilson, manca all’appello sul Blog, ma arriva…

bill callahan dream river

7. Bill Callahan – Dream River http://www.youtube.com/watch?v=Mh5km2xKlfk

kurt vile wakin'

8. Kurt Vile – Wakin’ On a Pretty Daze http://www.youtube.com/watch?v=bd0K76H7sU8 Questo devo tornare ad approfondire perchè il precedente mi era piaciuto parecchio e anche questo mi sembra un gran disco, la canzone del video è bellissima!

arctic monkeys am

9. Artic Monkeys – AM  http://www.youtube.com/watch?v=6366dxFf-Os 

boards of canada tomorrow's

10. Boards of Canada – Tomorrow’s Harvest
http://www.youtube.com/watch?v=2jTg-q6Drt0 Che questo sia uno dei dieci migliori dischi dell’anno? Un bel mah?

Per consolarci vediamo cosa ha detto (anzi scritto) il buon Allan Jones sui migliori dischi del 2013 (a scalare dal 30° al 1°):

30 Thee Oh Sees – Floating Coffin

29 Nick Cave And The Bad Seeds – Push the Sky Away

28 Promised Land Sound – Promised Land Sound

27 Guy Clark – My Favourite Picture Of You

26 Julia Holter – Loud City Song

25 Cian Nugent & The Cosmos – Born With The Caul

24 Diana Jones – Museum Of Appalachia Recordings

23 The Shouting Matches – Grownass Man

22 Richard Thompson – Electric

21 Endless Boogie – Long Island

20 Bill Callahan – Dream River

19 The Strypes – Snapshot

18 Lord Huron – Lonesome Dreams

17 Mark Kozelek & Desertshore – Mark Kozelek & Desertshore

16 Caitlin Rose – The Stand-Ins

15 Vampire Weekend – Modern Vampires Of The City

14 Neko Case – The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight The More I Love You

13 Hiss Golden Messenger – Haw

12 Houndstooth – Ride Out The Dark

11 Jonathan Wilson – Fanfare

10 My Bloody Valentine – mbv

9 Matthew E White – Big Inner

8 Okkervil River – The Silver Gymnasium

7 Israel Nash Gripka – Israel Nash Gripka’s Rain Plans

6 Kurt Vile – Wakin on A Pretty Daze

5 Jason Isbell – Southeastern

4 Pond – Hobo Rocket

3 Laura Marling – Once I Was An Eagle

2 Phosphoresecent – Muchacho

1 Roy Harper – Man & Myth

Direi che è tutto, alla prossima classifica!

Bruno Conti

Novità Di Settembre Parte IIc. Roy Harper, Laura Cantrell, Sarah Jarosz, Alan Jackson, Bill Callahan, Live At Caffè Lena

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Avevo promesso una terza ed ultima parte sulle uscite discografiche del mese di settembre (ottobre ormai è alle porte) ed eccola qua, tra una recensione, una anticipazione a lunga gittata e news varie, questa volta parliamo di titoli proprio da “carbonari”, outsiders se preferite, alcuni di gran classe, e per qualcuno di questi dischi, insieme ad altri, già in lavorazione, non escludo dei Post ad hoc.

Ma partiamo con uno dei “grandi vecchi” della musica inglese, che sta vivendo una seconda, terza giovinezza, parlo di Roy Harper che con questo Man & Myth ha pubblicato un disco che non ha nulla da invidiare ai capolavori della sua lontana giovinezza, quando nei suoi dischi suonava gente come gli amici Jimmy Page e David Gilmour (e lui avrebbe ricambiato cantando Have A Cigar in Wish You Were Here e ricevendo un sentito omaggio come Hats Off To Roy in Led Zeppelin III). Ed ora a 47 anni dal primo album Sophisticated Beggar e a 13 dall’ultimo di studio The Green Man, esce questo nuovo CD, registrato in studio, il 22°, più una serie infinita di dischi dal vivo, antologie, raccolte di rarità, ripubblicate quasi tutte nel corso degli anni 2000 dalla Science Friction, la sua etichetta. (Ri)scoperto  prima da Joanna Newsom, poi da una schiera infinita di musicisti americani ed inglesi che lo hanno riconosciuto come fonte di ispirazione, e, last but not least, da Jonathan Wilson, suo compagno di etichetta alla Bella Union (a proposito, il nuovo disco Fanfare, esce il 15 ottobre), che lo ha ospitato nei suoi Fivestar Studios a Echopark dove sono stati registrati 4 dei sette brani di Man and Myth (titolo perfetto). In Cloud Cuckooland c’è Pete Townshend alla chitarra solista. Sono “solo” sette canzoni, ma una dura più di 15 minuti (caratteristica anche dei vecchi album di Roy Haper, che spesso avevano brani che duravano una intera facciata dei vecchi vinili). Il disco è uscito tra le recensioni trionfali delle varie riviste musicali specializzate, album del mese su Uncut, e minimo, recensioni da 4 stellette. Magari farò una bella recensione comparativa riportando i giudizi di tutta la stampa, anche il “mio” Buscadero ha dato 4 stellette meritate!

Di Laura Cantrell avevo citato in questa rubrica il precedente album Kitty Wells Dresses, uscito nel 2011 e anche se dei quattro precedenti dischi di studio il migliore rimane il primo, Not The Tremblin’ Kind, pubblicato nel 2000 (e citato da John Peel come il suo disco preferito della decade in corso e forse in assoluto di sempre), questo No Way There From Here si avvicina molto alla qualità di quel primo lavoro, tra roots rock, un country-folk che ricorda, anche nella voce, i lavori di Nanci Griffith o, per certi versi, Laura Veirs. Insomma una brava. Solita etichetta Spit and Polish non di facilissima reperibilità, ma si trova, è uscito, come il precedente di Roy Harper, questa settimana, il 24 settembre.

Sempre martedì, per la Sugar Hill, è uscito anche il terzo album della giovanissima (22 anni) Sarah Jarosz, polistrumentista, banjo, chitarra e mandolino, bravissima cantante, potrebbe essere la nuova Alison Krauss, se l’altra non fosse viva e vegeta e sempre in azione con ottimi dischi. Il nuovo CD della Jarosz si intitola Build Me Up From Bones e vede la partecipazione di molti musicisti di pregio, a partire dal fratello maggiore della appena citata Alison, Victor Krauss, grande contrabbassista, ma ci sono anche Jerry Douglas, Dan Dugmore, Kenny Malone, Aoife O’Donovan, Kate Rusby, Darrell Scott, Chris Thile e brani tratti dal repertorio di Dylan (una ottima Simple Twist Of fate) e Joanna Newsom (The Book Of Right-on), oltre a 9 brani firmati dalla stessa Sarah che si conferma anche brava autrice. Proprio un bel dischetto, se vi piacciono i nomi citati.

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Alan Jackson, uno dei dei “re” della country music, dopo quasi 25 anni di carriera, il primo album è del 1989, approda a The Bluegrass Album, e per una volta il titolo dice tutto. Dopo i due album dedicati al country gospel, Precious memories vol.2 è uscito da pochissimo, alla fine di marzo, il nostro amico Alan, con cappello e tutto, approda dall’altro lato di Nashville e pubblica un disco di Bluegrass, ma a parte un omaggio ai classici, Bill Monroe (Blue Moon Of Kentucky), e uno agli innovatori, The Dillards (There Is A Time), il resto è quasi tutto scritto dallo stesso Jackson o comunque per l’occasione da altri autori. Non ci sono nomi notissimi, a parte il produttore Keith Stegall ma il risultato, pubblicato dalla EMI Music Nashville/Universal e in uscita sempre martedì 24, è molto buono!

Bill Callahan nel 2005 ha sciolto gli Smog e dato vita ad una carriera di cantautore che ora nel 2013 approda al 5° album solista, questo Dream River, uscito il 17 settembre per la Drag City. IL disco, suono scarno ed immediato è probabilmente il suo migliore in assoluto e tra i più validi usciti in questo scorcio di stagione. Sono otto brani per un totale di 40 minuti di musica ai quali la rvista inglese Mojo ha assegnato le fatidiche 5 stellette, gran bel disco.

Confesso che fino a qualche giorno fa ignoravo l’esistenza del Caffé Lena (proprio scritto all’italiana) a Saratoga Springs, New York. Pare che si tratti della più antica coffeehouse americana dove si fa ancora musica. Il locale di proprietà di Lena Spencer (da qui il nome) ha aperto nel lontano 1960 e ora l’etichetta Tompkins Square pubblica questa cofanetto triplo, con libro fotografico accluso a cura di Joe Alper, che raccoglie oltre 40 anni di registrazioni inedite dei vari musicisti folk (e non solo) che si sono succeduti sul piccolo palco nel corso dei lustri. E’ la lista è impressionante:

Live At Caffè Lena: Music From America’s Legendary Coffeehouse, 1967-2013 3CD

DISC ONE
01 Intro by Lena Spencer / Guy Carawan Cripple Creek 1970
02 Hedy West Shady Grove 1968
03 Intro by Lena Spencer / Sleepy John Estes Holy Spirit 1974
04 Frank Wakefield and Friends Will The Circle Be Unbroken 1971
05 Jean Ritchie West Virginia Mine Disaster 1969
06 Billy Faier Hunt The Wren 1967
07 Greenbriar Boys Hit Parade of Love 1968
08 Mike Seeger O Death 1971
09 Jacqui and Bridie Hello Friend 1974
10 Tom Paxton Morning Again 1968
11 David Amram Little Mama 1974
12 Patrick Sky Reality Is Bad Enough 1971
13 Rosalie Sorrels Travelin’ Lady 1974
14 Smoke Dawson Devil’s Dream 1968
15 Utah Phillips The Green Rolling Hills of West Virginia 1974
16 Michael Cooney Thyme It Is A Precious Thing 1974
17 Kate McGarrigle and Roma Baran Caffè Lena 1972

DISC TWO
01 Intro by Lena Spencer / Dave Van Ronk Gaslight Rag 1974
02 Jerry Jeff Walker Mr. Bojangles 1968
03 Barbara Dane Mama Yancey’s Advice / Love With a Feeling 1968
04 Roy Book Binder Ain’t Nobody Home But Me 1974
05 Intro by Lena Spencer / David Bromberg The Holdup 1972
06 Ramblin’ Jack Elliott Pretty Boy Floyd 1992
07 Arlo Guthrie City of New Orleans 2010
08 Aztec Two Step The Persecution and Restoration of Dean Moriarty 1989
09 Happy And Artie Traum Trials Of Jonathan 1974
10 Rick Danko It Makes No Difference 1988
11 Paul Geremia Something’s Gotta Be Arranged 1989
12 Robin and Linda Williams S-A-V-E-D 1987
13 John Herald Ramblin’ Jack Elliott 1991
14 Pete Seeger Somos El Barco (We Are the Boat) 1985

DISC THREE
01 Sarah Lee Guthrie and Johnny Irion Folksong 2013
02 Anais Mitchell Wedding Song 2013
03 Bill Morrissey The Last Day Of The Furlough 1990
04 Patty Larkin Island Of Time 1992
05 Greg Brown Flat Stuff 1989
06 Mary Gauthier I Drink 2013
07 Sean Rowe Old Black Dodge 2013
08 Tom Chapin Cats In The Cradle 1987
09 Intro by Lena Spencer / Christine Lavin It’s A Good Thing He Can’t Read My Mind 1987
10 Bill Staines Sweet Wyoming Home 1990
11 Bucky and John Pizzarelli I Like Jersey Best 1989
12 Rory Block That’s No Way To Get Along 1989
13 Chris Smither Killing The Blues 1989
14 Tift Merritt Traveling Alone 2013
15 John Gorka Down In The Milltown 1990
16 Lena Spencer Dear Little Cafe 1972

Anche per oggi è tutto, domani incominciano la pubblicazione, vista la lunghezza, a puntate domenicali, come nei vecchi romanzi d’appendice o nei supplementi festivi, e in netto anticipo sull’uscita prevista per il 5 novembre, di un vasto resoconto dedicato da Marco Verdi al cofanetto di Bob Dylan The Complete Albums Collection Vol. One.

Bruno Conti

“Nuova” Musica Per “Vecchi” Artisti. Live In Concert At Metropolis Studios, London

bill nelson live.jpg

 

 

 

 

 

 

 

La Salvo-Music è una etichetta inglese che abitualmente ci delizia con una serie di ristampe molto curate sia a livello estetico che di contenuti, ricche di materiale aggiuntivo, molto buone a livello tecnico e spesso con prezzi contenuti: penso al recente cofanetto quadruplo dedicato a Jerry Lee Lewis ma anche alla ristampa della discografia dei Nazareth e prima dei Procol Harum, tutti i CD ricchi di bonus, per citare alcuni dei loro prodotti. Comunque se volete farvi un giro sul loro sito questo è il link http://www.salvo-music.co.uk/.

La settimana prossima però ci sarà un ulteriore scatto; questa serie di 6 confezioni (per ora), tutte intitolate Live In Concert At Metropolis Studios, London, CD+DVD  che conterranno alcune esibizioni registrate in questi studi londinesi, di fronte ad un pubblico selezionato di circa 120 persone (più o meno quelle che conteneva il vecchio Marquee di Londra), con tecnici, apparecchiature, palco e musicisti ad affollare i ristretti spazi. Il tutto è stato registrato in uno spazio temporale tra il 2010 e il 2011, ma vediamoli in dettaglio:

il primo è attribuito a Bill Nelson & The Gentlemen Rocketeers, una sorta di propaggine dei vecchi Be Bop De Luxe, registrato a fine marzo 2011, segnala il ritorno al rock del grande chitarrista inglese anche in seguito alla ristampa del cofanetto EMI con l’opera omnia anni ’70 della band britannica. In questo caso è un doppio CD + DVD e questo è il contenuto:

 

CD1/DVD
1.
The October Man
2.
Night Creatures
3.
God Man Slain
4.
Contemplation
5.
Lady You’re A Strange Girl
6.
Adventures In A Yorkshire Landscape
7.
Furniture Music
8.
Do You Dream In Colour
9.
Ships In The Night
10.
Lovers Are Mortal
11.
Maid In Heaven
12.
Sister Seagull
13.
Wonder Of the Moment
14.
Panic In The World
CD2/DVD
1.
Beyond These Clouds The Sweetest Dream
2.
Golden Dream Of Circus Horses
3.
A Dream For Ian
4.
For Stuart

roy harper live.jpg

 

 

 

 

 

 

Il secondo volume è dedicato a Roy Harper, CD+DVD e contiene la registrazione di un concerto tenuto ad Aprile 2011. Il grande cantautore inglese a 70 anni passati sta vivendo una seconda giovinezza artistica: la doppia compilation Songs Of Love And Loss, sempre della Salvo, il concerto della Royal Albert Hall, musicisti come Fleet Foxes, Jonathan Wilson, Joanna Newsom oltre agli “amici” Kate Bush, Jimmy Page, David Gilmour che lo adorano, testimoniano questo fatto. Ora anche questo concerto…

CD
1.
One Man Rock And Roll Band
2.
Twelve Hours Of Sunset
3.
Don’t You Grieve
4.
Another Day
5.
Pinches Of Salt
6.
Highway Blues
7.
Commune
8.
Hallucinating Light
9.
Frozen Moment
10.
The Green Man
11.
Me And My Woman
12.
When An Old Cricketer Leaves the Crease
DVD
1.
One Man Rock And Roll Band
2.
Twelve Hours Of Sunset
3.
Don’t You Grieve
4.
Another Day
5.
Pinches Of Salt
6.
Highway Blues
7.
Commune
8.
Hallucinating Light
9.
Frozen Moment
10.
The Green Man
11.
Me And My Woman
12.
When An Old Cricketer Leaves the Crease

caravan live.jpg

 

 

 

 

 

 

Terza uscita in ordine numerico di catalogo, quindi SALVOSVX003, é dedicata ai Caravan. Ormai della vecchia formazione è rimasto “solo” Pye Hastings, che però è stato sempre il leader oltre che cantante e chitarrista. Per l’occasione, in aggiunta a Geoff Richardson alla viola, dalla formazione del 1973, Jim Leverton, il tastierista Jan Schelaas (anche nei Camel) e il batterista Mark Walker, torna anche il batterista originale Richard Coughlan per una serata di puro Canterbury Sound registrata il 4 dicembre del 2010:

CD
1.
Memory Lain, Hugh
2.
Headloss
3.
And I Wish I Were Stoned
4.
Golf Girl
5.
Smoking Gun (Right For Me)
6.
The Unauthorised Breakfast Item
7.
Nightmare
8.
Hello Hello
9.
Give Me More
10.
Fingers In the Till
11.
I’m On My Way
12.
Nine Feet Underground
DVD
1.
Memory Lain, Hugh
2.
Headloss
3.
And I Wish I Were Stoned
4.
Golf Girl
5.
Smoking Gun (Right For Me)
6.
The Unauthorised Breakfast Item
7.
Nightmare
8.
Hello Hello
9.
Give Me More
10.
Fingers In the Till
11.
I’m On My Way
12.
Nine Feet Underground

john lees barclay live.jpg

 

 

 

 

 

 

Il gruppo del quarto doppio della serie addirittura si chiama John Lees’ Barclay James Harvest, visto che il chitarrista è l’unico rimasto della vecchia formazione dopo la morte del tastierista Woolly Wolstenhome ma il sound prog-rock melodico del gruppo non è cambiato di una virgola come dimostra questo concerto del Dicembre 2010:

CD
1.
Nova Leidoptera
2.
Child Of The Universe
3.
Poor Wages
4.
Mocking Bird
5.
Summer Soldier
6.
Poor Man’s Moody Blues
7.
Ursula
8.
Ancient Waves
9.
Medicine Man
10.
The Poet / After The Day
11.
Hymn
DVD
1.
Nova Leidoptera
2.
Child Of The Universe
3.
Poor Wages
4.
Mocking Bird
5.
Summer Soldier
6.
Poor Man’s Moody Blues
7.
Ursula
8.
Ancient Waves
9.
Medicine Man
10.
The Poet / After The Day
11.
Hymn

zombies live.jpg 

 

 

 

 

 

Gli Zombies riportano nel logo della formazione un bel featuring Colin Blunstone e Rod Argent per ricordare i i nomi dei più illustri componenti del gruppo di Odessey and Oracle uno dei classici degli anni ’60, per intenderci sono quelli di Time Of The Season e She’s Not There, ristampati in mille salse. Qui siamo nel gennaio del 2011 e questo è il contenuto comprensivo anche di brani degli Argent:

 

CD
1.
I Love You
2.
Can’t Nobody Love You
3.
Mystified
4.
What Becomes of the Broken Hearted
5.
Any Other Way
6.
A Rose For Emily
7.
Care of Cell 44
8.
This Will Be Our Year
9.
Beechwood Park
10.
I Want Her, She Wants Me
11.
Time Of The Season
12.
Whenever You’re Ready
13.
Tell Her No
14.
I Do Believe
15.
Say You Don’t Mind
16.
Hold Your Head Up
17.
I Don’t Believe In Miracles
18.
She’s Not There
19.
Summertime
DVD
1.
I Love You
2.
Can’t Nobody Love You
3.
Mystified
4.
What Becomes of the Broken Hearted
5.
Any Other Way
6.
A Rose For Emily
7.
Care of Cell 44
8.
This Will Be Our Year
9.
Beechwood Park
10.
I Want Her, She Wants Me
11.
Time Of The Season
12.
Whenever You’re Ready
13.
Tell Her No
14.
I Do Believe
15.
Say You Don’t Mind
16.
Hold Your Head Up
17.
I Don’t Believe In Miracles
18.
She’s Not There
19.
Summertime

van der graaf live.jpg

 

 

 

 

 

 

Per finire l’altro triplo della serie, 2 CD+DVD, Van Der Graaf Generator dal vivo il 18 Dicembre del 2010 con la formazione a tre, Peter Hammil, Hugh Banton e Guy Evans. Tra l’altro del gruppo, il 26 giugno è in uscita per la Antenna/Esoteric anche il nuovo album, tutto strumentale di improvvisazioni varie dal titolo Art. Questa la scaletta della serata ai Metropolis Sudios:

CD1/DVD
1.
Interference Patterns
2.
Nutter Alert
3.
Your Time Starts Now
4.
Lemmings
5.
Lifetime
6.
Bunsho
7.
Childlike Faith
CD2/DVD
1.
Mr. Sands
2.
Over The Hill
3.
We Are Not Here
4.
Man-Erg

 

Saranno un po’ tutti le “ristampe” di sè stessi ma fanno ancora della gran musica che influenza molto del “nuovo” che circola attualmente.

Bruno Conti

Novità Di Settembre Parte III. Tori Amos, Leslie West, Kevin Costner, Calvin Russell, Umphrey’s McGee, Eleanor McEvoy, Melissa Ferrick, Roy Harper, Gourds

tori amos night.jpgleslie west unusual suspects.jpgkevin costner from where i stand.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Proseguiamo con l’aggiornamento delle uscite, che, detto per inciso, sono una delle rubriche più visitate del Blog e quindi arricchiamola! Come faccio a saperlo? Leggo le statistiche, che voi non vedete, ma questa volta mi scappa di dire che in meno di due anni dalla sua apertura ufficiale (il 1° di novembre 2009) questo Blog ha avuto circa 450.000 pagine visitate e più di 200.000 visite. Quindi grazie! Questo lo dico solo perchè vedo Blog musicali più osannati con Counters in bella evidenza che sbandierano 130.000/150.000 visite in 3 o 5 anni e qualche Post inserito quando gira il vento probabilmente perché troppo impegnati con i loro profili Facebook. Si dice il peccato ma non il peccatore, neanche sotto tortura! Io mi sforzo di inserire un Post al giorno e per il momento ci riesco, anzi, per la precisione sono 703 in 688 giorni. Non è solo mera statistica ma rispetto per chi legge, inserire sempre qualche nuovo argomento. Quindi di nuovo grazie e scusate e proseguiamo.

Anzi, prima una precisazione, il doppio Europe ’72 part 2 dei Grateful Dead, almeno in Europa slitta più avanti come uscita ma negli States è uscito regolarmente.

Tori Amos pubblica il nuovo album Night Of Hunters oggi 20 settembre per la Deutsche Grammophone!! C’è anche l’immancabile edizione Deluxe CD+DVD con quest’ultimo che oltre al Making of contiene due Videoclip di Carry e Nautical Twilight. Questo album in futuro potrebbe diventare un musical quindi attendiamo prossimi sviluppi.

Leslie West recentemente non ha attraversato un buon periodo di salute, il diabete che lo affligge da tempo ha costretto i medici ad amputargli la parte bassa della gamba destra ma la vecchia “montagna” continua per la sua strada. In questi giorni (non ho capito bene la data perchè in rete ne riportano molte diverse ma dovrebbe essere oggi) esce il nuovo album Unusual Suspects per la Provogue e si dice che sia il suo migliore da molto tempo a questa parte. Ospiti Slash, Zakk Wylde, Steve Lukather, Billy Gibbons e Joe Bonamassa (strano era un po’ che non si sentiva, ma dorme ogni tanto?). Il duetto West/Bonamassa è una torrida versione di Third Degree di Eddie Boyd. C’è anche I Feel Fine dei Beatles. Non so chi sia Joseph M. Pizza che scrive parecchi brani!

Anche Kevin Costner ci ha preso gusto alla sua carriera parallela come musicista. Questo From Where I Stand è il terzo album con i Modern West dal 2008. I primi due non erano male, su questo ho letto giudizi contrastanti ma gli ottimi John Coinman e Teddy Morgan sono sempre della partita e ad un ascolto veloce non mi sembra malvagio. Etichetta earMUSIC/Edel.

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Questo degli Umphrey’s McGee, Death By Stereo, pubblicato dalla ATO Records il 13 settembre dovrebbe essere l’11° della serie o forse il 12° per la jam band americana. D’altronde un gruppo che ha esordito con un album che si intitolava Greatest Hits Vol.III è forse normale?

Eleanor McEvoy rimarrà legata per tutta la vita al suo brano più celebre Only A Woman’s Heart, bellissimo peraltro anche nella versione di Mary Black. E infatti c’è anche in questo nuovo album Alone che è uscito in Inghilterra il 13 settembre per la piccola etichetta Moscodisc. Si tratta, come dice il titolo, di un album acustico dove la McEvoy rivisita molti brani del suo catalogo solo voce e piano o chitarra. Il risultato è molto piacevole, alla Eva Cassidy per intenderci. Bella la versione di Eve Of Destruction.

Il buon Calvino ci ha lasciato qualche mese fa e ora la piccola etichetta francese XIII Bis Records, che aveva edito anche i tre album precedenti, pubblica questo CD+DVD dal vivo postumo, Calvin Russell The Last Call In The Heat Of A Night… di cui stavo cercando disperatamente delle informazioni in rete senza trovarle quando mi sono ricordato che avevo il CD, quando uno è pirla! Il CD è stato registrato il 19 giugno del 2009 a l’Atabal di Biarritz mentre il DVD contiene anche una sessione unplugged registrata a l’Espace Icare di Issy-Les-Molineaux registrato il 28 giugno 2009 + vari extra. Comunque per saperne di più recensione di Marco Verdi la settimana prossima (ogni tanto sfrutto gli “ospiti” del Blog, visto che non ce la faccio a fare tutto!).

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Melissa Ferrick è una cantautrice americana indipendente (e lesbica dichiarata) con una discografia notevole di oltre quindici album, alcuni molto belli. Voce molto espressiva, musicalità notevole, potrebbe ricordare Ferron (una delle mie preferite tra le cantautrici “sconosciute”) o Ani DiFranco ma lei cita anche Springsteen, Joni Mitchell, Simon & Garfunkel tra le sue fonti di ispirazione. Comunque una molto brava: questo nuovo album si chiama Still Right Here viene pubbicato dalla MPress Records, prodotto da Alex Wong (quello di Vienna Teng per intenderci) e vede come ospiti Kaki King e Ani DiFranco.

La presentazione del Sun di Roy Harper era troppo bella per cui gliela frego: “Kate Bush ha cantato con lui. I Led Zeppelin hanno cantato di lui. I Pink Floyd una volta gli hanno chiesto di cantare per loro. I Fleet Foxes e Joanna Newsom lo adorano!” E, aggiungo io, Jonathan Wilson gli ha dedicato un tributo dove suonano e cantano moltissimi degli artisti che appaiono nel suo ultimo ottimo album Gentle Spirit. Ma soprattutto Roy Harper è uno dei più grandi cantautori inglesi di sempre con una discografia sterminata che ha ripubblicato per la sua etichetta Science Friction e che vende sul suo sito http://www.royharper.co.uk/. La Salvo Records, dopo le ristampe di Procol Harum e Nazareth, pubblica questa doppia antologia a prezzo speciale, Songs Of Love And Loss che non dovrebbe mancare in ogni discoteca che si rispetti e anche in tutte le altre. Anche lui ha compiuto 70 anni quest’anno come Dylan ma è stato celebrato molto meno, per usare un eufemismo. E Have A Cigar il brano che canta su Wish You Were Here dei Pink Floyd lo avete sentito tutti. Qui ci sono altri 23 brani tratti da 11 album della sua discografia, molto belli, ma secondo il sottoscritto ne mancano una valanga, soprattutto di quelli più lunghi dove suonano Jimmy Page, John Paul Jones, David Gilmour, Paul McCartney, Keith Moon tanto per citarne alcuni. Una meraviglia comunque, per iniziare.

The Gourds sono un quintetto texano guidato da Kevin Russell e Jimmy Smith che fanno dischi roots bellissimi nel più puro spirito della Band e di Bob Dylan con mille altre influenze gettate nel calderone sonoro, country, rock, folk, soul, zydeco, quello che vi viene in mente c’è tutto. Questo nuovo Old Mad Joy che è uscito per la Vanguard il 13 settembre è stato prodotto da Larry Campbell, il sideman di Bob Dylan e registrato a “The barn” ovvero gli studi di proprietà di Levon Helm. E si sente!

Alla prossima.

Bruno Conti

Un Altro Disco Che (Forse) Non C’era. Ava Cherry – The Astronettes Sessions

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In effetti per essere un disco che non c’era è uscito in fin troppe versioni: Ava Cherry – The Astronettes Sessions e Ava Cherry and The Astronettes – People From Bad Homes in due versioni con copertine e contenuto diversi: il minimo comun denominatore del tutto è David Bowie. Diciamo che la sua reperibilità non è massima, ma se girate un po’ di siti che trattano rarità lo trovate a prezzi non proibitivi e, forse anche nei negozi italiani nella versione Astronettes Sessions, l’ultima a sinistra, visto che è stato distribuito regolarmente anche da noi nell’estate del 2009, la domanda principale è un’altra: ma ne vale la pena?

Probabilmente se siete fans di David Bowie e non l’avete già, direi di sì. Per gli altri vediamo.

La nostra storia inizia a New York nella primavera del 1973 e precisamente a un party per Stevie Wonder: Ava Cherry, una modella molto famosa in quegli anni era l’animatrice della serata e David Bowie uno degli ospiti principali. Un complimento sul taglio di capelli fu l’approccio di Bowie e da allora, per alcuni anni, i due sono diventati amanti. Ma questo non ci interessa. Quando deciderò di aprire un Blog chiamato Disco Club Passione Gossip eventualmente ve lo faccio sapere.

Per non fare la storia troppo lunga, Ava Cherry è stata reclutata come backing vocalist per le sessions di Diamond Dogs, il disco che traghetterà la sua immagine e la musica, dalla figura dell’alieno Ziggy Stardust al Duca Bianco della svolta soul che durerà fino alla trilogia berlinese con alcuni passaggi intermedi. Gli altri due componenti degli Astronettes erano Geoff MacCormack, un amico di infanzia di Bowie che aveva già cantato in Pinups e in alcune Peel Sessions e Jason Guess, che era stato presentato a Bowie da un amico comune. Nell’autunno del 1973 i tre superano una audizione per la Mainman di Tony De Fries, il manager di Bowie di allora e lo stesso Bowie, come raccontato da Ava Cherry che, evidentemente, lo ha conosciuto bene anche nel privato, che era un maniaco del lavoro ed era capace di lavorare per 48 ore consecutive o appassionarsi ad un argomento e leggere cinquanta libri su quell’argomento, ma contemporaneamente!

Bowie prenota delle sessioni agli Olympic Studios negli spazi liberi della registrazione di Diamond Dogs: i musicisti sono più o meno gli stessi, i più noti sono il batterista Aynsley Dunbar, il bassista Herbie Flowers, il bravissimo pianista Mike Garson e il chitarrista Mark Carr-Pritchard che si occupa più precisamente di questo progetto. Per alcune registrazioni americane che avverranno qualche mese dopo a New York, nell’aprile 1974 e che produrranno una cover di God Only Knows dei Beach Boys per un nuovo, ipotetico, disco solista della sola Ava Cherry, vengono utilizzati anche Carlos Alomar, Andy Newmark e Willie Weeks. Ma non se ne farà nulla perché nel frattempo i soldi erano finiti e Tony De Fries con la sua casa di produzione negli anni successivi si occuperà di lanciare un promettente cantante americano, tale John Mellencamp, ma come John Cougar (cosa di cui Mellencamp si vergogna ancora, insieme all’episodio degli orsi alla televisione italiana ma questa ve la racconto un’altra volta), all’inizio la cosa non funzionò, poi, come per Bowie, il talento non si può “mascherare”.

Ma torniamo a queste registrazioni che non vedranno la luce per oltre venti anni, fino a che nel 1994/95, una etichetta di proprietà di De Fries, guarda caso, la Trident Music International, pubblica un album People From Bad Homes che viene ritirato dal commercio quasi immediatamente.

La seconda edizione esce nel 2009, con un brano in più e il titolo The Astronettes Sessions ed è quella che circola, più o meno, ancora oggi.

Il brano d’apertura si chiama I Am A Laser un buon brano di Bowie, tipico del sound di quegli anni, tanto buono che verrà ripreso e trasformato in Scream Like A Baby per Scary Monsters, Ava Cherry lo canta con convinzione e trasporto, la voce è bella e particolare, il piano di Garson e una chitarra funky si inseriscono su una sezione ritmica molto marcata e il risultato è estremamente piacevole. Seven Days è la prima cover, un brano della grande Annette Peacock, una delle cantanti più originali degli anni ’70, casualmente anche lei sotto contratto per De Fries ma senza nessun risultato, poi alla fine degli anni ’70, in piena era new Wave, vado a memoria, pubblicherà due album straordinari per la Aura Records, ma anche questa è un’altra storia. God Only Knows viene rallentata ad arte per trasformarla in una canzone tipica del repertorio di Bowie di quegli anni, la Cherry ci mette del suo, l’assolo di sax è figlio della sua epoca ma quella spruzzata di mandolini nell’arrangiamento fanno tanto Bella Napoli. Having A Good Time con il suo intreccio di voci maschili, tra cui si riconosce anche quella di Bowie è un episodio minore, ma piacevole, del canone Bowiano. People From Bad Homes sembra un brano tratto da qualche musical rock di quegli anni, Hair o simili, corale e con arrangiamenti vocali molto curati, mentre Highway Blues è una cover di uno dei brani più belli di Roy Harper, proprio del 1973, tratto da Lifemask uno dei suoi dischi più affascinanti, riceve un ottimo trattamento con le voci dei tre cantanti, soprattutto la Cherry ma anche gli altri che si intrecciano con le vigorose pennate della chitarra acustica e un agile drumming per creare un effetto non dissimile dal sound di Harper, originale ma rispettoso di un brano affascinante.

Only me non è proprio uno dei brani più memorabili del repertorio di Bowie e caviamocela così, oltre a tutto Jason Guess non è un cantante formidabile e quindi rimane solo il piano di Garson a cercare di salvare il risultato, un po’ poco. Anche Things To Do direi che fatica a rientrare tra le migliori 200 canzoni scritte da Bowie, come dite ne ha scritte meno? Pazienza! Anche la versione di How Could I Be Such A Fool, sempre cantata da Guess, si sa che è un brano scritto da Frank Zappa, ma solo perché ve lo dico io, fidatevi.

Viceversa il trittico finale non è niente male: si parte con una versione quasi scat di I’m In The Mood For Love con la voce di Ava Cherry che galleggia sulle improvvisazioni vocali di MacCormack e le tastiere futuristiche di Mike Garson, breve ma intenso. Pochi sanno che la musica del primo Bruce Springsteen è stata una delle grandi passioni del Bowie di quegli anni, la versione di Spirit in The Night presente in questo disco non è niente male, Garson rivaleggia alle tastiere con quello che David Sancious aveva realizzato nel disco di Springsteen e il risultato è soddisfacente. I Am Divine, la cosidetta traccia nascosta è l’ultima composizione originale di Bowie (diventerà Somebody Up There Likes me) e indica la strada verso Young Americans che il Duca Bianco avrebbe intrapreso nei mesi successivi.

In definitiva molto brava Ava Cherry, che da lì a poco avrebbe diviso la sua strada con quella di Teddy Pendergrass, futuro backing vocalist di Bowie e poi stella della disco e soul music in proprio, meno gli altri due anche se Geoff MacCormack è diventato un rispettato autore di musiche per la televisione e il cinema vincitore anche del premio musicale Ivor Novello.

Filmati non ne esistono ma questo medley è interessante.

Bruno Conti