Una Cantautrice Molto Brava, Nel Segno Di Patty Ed Emmylou. Ruthie Collins – Cold Comfort

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Ruthie Collins – Cold Comfort – Sidewalk/Curb CD

Ruthie Collins non è solo una bella ragazza con due splendidi occhi azzurri, ma è soprattutto una brava e dotata songwriter: originaria di Fredonia (piccolo centro nello stato di New York), Ruthie ha esordito nel 2014 con un EP ormai abbastanza difficile da trovare, ma si è fatta notare nel 2017 con il suo album d’esordio Get Drunk And Cry, nel quale rivelava la sua abilità come autrice e cantante dichiaratamente influenzata da Emmylou Harris e Patty Griffin. Ora la Collins pubblica il seguito di quel lavoro, e con Cold Comfort sale decisamente di livello, in quanto ci consegna un album intenso e poetico, pieno di canzoni caratterizzate da uno script di prima qualità ed eseguite in modo eccellente. Il CD è prodotto da Wes Harlee, che suona anche chitarre e tastieer (nonchré produttore anche del disco precedente), e mixato dal noto Ryan Freeland, uno che ha collaborato con artisti del calibro di Bonnie Raitt, Joan Baez, Ramblin’ Jack Elliott, Ray LaMontagne, Joe Henry e molti altri, e suonato benissimo da un manipolo di validi sessionmen di Nashville, decisamente validi anche se non molto conosciuti, ma il resto è tutta farina del sacco di Ruthie, che si dimostra una songwriter profonda, intensa e capace (talvolta sembra persino fragile) nonostante la giovane età.

La Collins è un’artista country, ma non nel senso stretto del termine, in quanto stiamo parlando di una musicista che scrive canzoni che andrebbero bene suonate in qualsiasi modo, usando poi una strumentazione di stampo country per accompagnarle; Cold Comford è un disco di ballate intense e ricche di feeling, e nonostante il susseguirsi di brani dall’incedere lento la noia non affiora neppure per un attimo: questo succede quando le canzoni sono di qualità e sono suonate e cantate nella maniera migliore. Joshua Tree fa iniziare il disco in modo suggestivo, con un’evocativa introduzione di piano e chitarra acustica ai quali si aggiunge subito la voce limpida di Ruthie ed un’orchestrazione non invadente, per un lento dal pathos decisamente alto con un testo ispirato alla tragica morte di Gram Parsons per overdose avvenuta appunto al Joshua Tree Inn. Il tono cambia con Cheater, una country song elettroacustica diretta, piacevole e dal ritmo cadenzato, ma proposta sempre con classe e delicatezza e con una bella steel guitar sullo sfondo; Dang Dallas è un delizioso slow dal motivo toccante e costruito intorno alla voce e a pochi strumenti (con uno splendido finale in crescendo), una canzone davvero bella che conferma la bravura della Collins come autrice.

Hey Little Girl è un midtempo elettrico teso ed affilato ma con il solito gusto melodico, un bel refrain chitarristico in primo piano ed un ottimo assolo di slide, Untold è un’altra ballata eterea e soffusa, dai toni crepuscolari ed un bel pianoforte, così come Bad Woman che è un acquarello gentile ed emozionante nello stesso tempo, tutto giocato sulla voce espressiva della Collins e su una strumentazione parca alla quale gli archi danno un importante contributo. Il mood del disco è malinconico e Ruthie predilige chiaramente le ballate, come la struggente Change, che prosegue sullo stesso tono di Bad Woman (e la voce è perfetta), o la bellissima title track, che ha un accompagnamento più vigoroso ed elettrico e si pone come una delle migliori del lavoro. La cristallina Wish You Were Here è più countreggiante e decisamente dalle parti di Emmylou, You Con’t Remember è pianistica, commovente e cantata in modo appassionato, mentre Beg Steal Borrow chiude il CD con un bozzetto acustico all’interno di un’atmosfera toccante.

Ruthie Collins è una cantautrice da tenere d’occhio: se vi è piaciuto l’ultimo album della Griffin e la Emmylou Harris introspettiva di fine carriera è il vostro pane, un disco come questo Cold Comfort è ciò che fa per voi.

Marco Verdi

Un Irlandese Con “Le Carte In Regola”! Mick Flannery – By The Rule

mick flannery by the rule

Mick Flannery – By The Rule – Universal Music Ireland

Quarto album per il cantautore irlandese di Blarney, Contea di Cork, Mick Flannery, di cui il sottoscritto e l’amico Bruno (titolare di questo blog) da alcuni anni stiamo cercando, con le recensioni dei suoi dischi, di far conoscere le grandi potenzialità ai tanti lettori di queste pagine virtuali (*NDB Vedi sotto). Dopo un breve tour negli Stati Uniti, a marzo 2013 Mick si trasferisce a Berlino, dove in sette mesi trova la voglia e l’ispirazione per scrivere By The Rule, e indubbiamente dopo un primo ascolto, il fascino della capitale tedesca si riscontra nella stesura dei testi e nelle atmosfere di questi tredici brani. Il risultato finale di queste nuove canzoni di Flannery (che hanno preso lentamente forma nella sua stanzetta di Kreuzberg), è il racconto di storie ed esperienze che vengono udite nelle caffetterie e nei bar della città berlinese, messe in musica con l’apporto di Shane Fitzsimons al basso, Alan Comerford alle chitarre, Christian Best alla batteria, Phil Christie al pianoforte e tastiere, Karen O’Doherty al violino e sua zia Yvonne Daly alle armonie vocali, con la produzione di Christian Best e Ryan Freeland (Aimee Mann, Ray La Montagne, Ramblin’ Jack Elliott) https://www.youtube.com/watch?v=L99jRABbNc8 .

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Le carte di questo album iniziano a venire esposte con il singolo Get What You Give, brano aperto da una fragorosa chitarra, poi supportata su un ricco tessuto sonoro da una ritmica tagliente https://www.youtube.com/watch?v=cO6zakt0lgc , a cui fanno seguito le dolci armonie di The Watcher https://www.youtube.com/watch?v=cKzCP-wb__U  e The Small Fire, dal ritmo lento e sommesso, con la seconda che si sviluppa nel percorso del brano in un crescendo importante, mentre la title track, By The Rule, con un sottofondo musicale scarno, viene cantata da Mick in modo sofferto e passionale. Le carte ripartono con la migliore del mazzo, Even Now, una ballata pianistica di una struggente ed intima bellezza, una sorta di moderno “madrigale” di fine ‘800, declamato come fosse una romanza da Flannery: cambiano poi i ritmi con una “giocosa” I’m On Your Side https://www.youtube.com/watch?v=_JivBMcMxMk , per poi tornare nuovamente alle atmosfere acustiche di Bluebird e a quelle più elettriche di Galfond, mentre una chitarra slide accompagna le note dolenti di Own It. Le carte finali, Pride https://www.youtube.com/watch?v=xn6ob8iQcls  e The Blame, sono costruite su melodie che comprendono tutto il complesso universo musicale dell’autore, con assolo di pianoforte e archi sostenuti sempre da una buona ritmica, andando a concludere con i melodiosi coretti di Live In Hope e una ninna-nanna spettrale e acida come Out To Sea, che chiude il mazzo.

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Dopo Evening Train (07) e White Lies (08), http://discoclub.myblog.it/2010/03/23/dall-irlanda-cantautore-e-scalpellino-mick-flannery/  e soprattutto Red To Blue (12) acclamato numero uno in Irlanda per varie settimane (come questo By The Rulehttp://discoclub.myblog.it/2012/06/29/in-irlanda-un-numero-1-grande-talento-mick-flannery-red-to-b/ , abbiamo la conferma che non è sicuramente il talento che manca a questo magnifico cantautore, certificato ulteriormente da questo ultimo lavoro (il migliore per chi scrive), in quanto le canzoni parlano da sole, sono cantate con un timbro di voce personale, allo stesso tempo profondamente evocativo ed immediatamente riconoscibile.

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Quando si tratta di parlare di Mick Flannery ho sempre un “conflitto di interessi” personale (sono dichiaratamente un suo ammiratore), ma a volte mi è difficile comprendere per quale motivo lo stesso Mick Flannery sia così popolare in patria, mentre fuori dai confini della verde Irlanda (soprattutto dalle nostre parti), faccia fatica a far conoscere la sua musica (direi anche colpa degli “addetti ai lavori?).

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Per quel poco che mi compete, sono e sarò sempre pronto ad ascoltare e recensire i dischi di questo ormai ex scultore (o scalpellino?), augurandomi che il titolare del blog mi dia come sempre, con lo spazio lasciatomi, l’opportunità di far conoscere uno dei segreti meglio custoditi del cantautorato Irlandese.

Tino Montanari

In Irlanda Un Numero 1, Grande Talento! Mick Flannery – Red To Blue

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Mick Flannery – Red To Blue – Emi Music Ireland 2012

Il nome di Mick Flannery fa parte di quella lunga lista di piccoli e grandi tesori nascosti della musica Irlandese. mick%20flannery Circa un paio di anni fa ho letto il nome di questo artista originario di Blarney (nella contea di Cork), e completamente ignorando qualsiasi informazione sul personaggio, con curiosità mi sono addentrato nel suo mondo musicale. Fin dal primo ascolto devo dire che Mick mi ha particolarmente affascinato, “in primis” per la struttura musicale che ricorda per certi aspetti la sonorità di David Gray, e la malinconia di Damien Rice. Flannery è un cantautore dotato di una voce interessante e di una penna che si muove con estrema naturalezza tra ballate semiacustiche, brani più marcatamente folk, e “songs” pianistiche di raffinata eleganza, influenzato da artisti della caratura di Tom Waits, Leonard Cohen e l’immancabile Bob Dylan.

Il suo album di debutto Evening Train (uscito a livello indipendente nel 2005 e ri-pubblicato dalla Emi irlandese nel 2005), lo porta a vincere come primo musicista irlandese, l’ambito International Songwriting Competition in quel di Nashville, Tennessee, mentre White Lies (2008) diventa disco di platino ed è nominato per il premio Choice Music Prize, e questo nuovo lavoro Red To Blue uscito nel Marzo di quest’anno, è stato tre settimane al primo posto della classifica Irlandese, e il tour promozionale è stato un grande successo per Mick, con il “sold-out” in tutti i concerti, in particolare all’Olympia Theatre di Dublino. Red To Blue ha una lunga genesi: alcune canzoni infatti vengono scritte da Flannery nel corso di due viaggi in America , a Boston nel 2010 (No Way To Live e Boston) e Nashville nel 2011 (Keepin Score e Red To Blue) con l’aiuto di Declan Lucey e Dave Farrell. Tornato nella sua verde Irlanda il buon Mick ha radunato i suoi fidati musicisti, tra i quali Hugh Dillon alle chitarre, Brian Hassett al basso. Christian Best alla batteria, Karen O’Doherty al violino, la cantante Yvonne Daly ai cori, e sotto la curata produzione di Ryan Freeland (un tipo che in passato ha lavorato con gente del calibro di Son Volt, Ray LaMontagne, Aimee Mann, Joe Henry, Grant-Lee Phillips), ha sfornato questa “perla”.

Gone Forever si apre con un assolo di armonica all’avvio, per poi svilupparsi in un rock-blues, mentre Heartless Man è una ballata sofferta cantata al meglio da Mick. Spuntano gli archi in Only Gettin On una dolce ninna-nanna con il controcanto della Daly, seguita da una malinconica Ships In The Night con arpeggio di flamenco iniziale e violino “assassino” di Karen O’Doherty in chiusura. Keepin’ Score è un brano dal passo gentile e con una struttura melodica accattivante, mentre Red To Blue alza il ritmo del disco con una sezione ritmica a tempo di marcia. Si ritorna alla ballata intimista con Up On That Hill, dove i cori disegnano un piccolo gioiello musicale, per passare poi con No Way To Live ad un incursione nel rock, con un finale in crescendo di una sezione fiati, mentre Get That Gold degna del miglior David Gray. Gli archi compaiono spesso nelle sue canzoni, come ad esempio in Down The Road, mentre Lead Me On è una ballata pianistica dalle forti suggestioni poetiche, uno dei brani più belli dell’intera raccolta, che ci mostra senza mezze misure le qualità di questo artista. Chiude in maniera splendida un valzer romantico come Boston, con la voce appassionata di Mick che canta un ritornello meravigliosamente semplice, con il pianoforte di supporto. Incantevole.

Tenendo conto che fino a qualche tempo fa, la sua occupazione primaria era lavorare la pietra (ma pare che quando gli hanno comunicato che il suo album era andato al 1° posto delle charts irlandesi, scalzando Madonna e davanti a Springsteen, stesse lavorando a un caminetto), ci troviamo di fronte in ogni caso ad un notevole talento e nonostante in patria, come detto, abbia successo, non si capisce perché tante “strombazzate” riviste musicali del settore non ne abbiamo parlato come assolutamente merita. Red To Blue può essere senz’altro il primo passo per avvicinarsi ad un cantautore onesto e sincero, anche se, per la verità, i suoi CD non sono di facile reperibilità. Per quanto mi riguarda, visto che fra qualche mese sono da quelle parti (Dublino), se trovo qualche copia, la porto a casa.

Tino Montanari