The Best Of 2016, Il Meglio Delle Riviste Internazionali: Mojo E Uncut

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Ed eccoci come di consueto alla panoramica sulle classifiche di fine anno espresse da riviste cartacee, mensili e quotidiani,  più alcuni siti scelti tra quelli che reputo, secondo un giudizio insindacabile (scherzo!) i più interessanti, ma anche qualcuna di cui non condivido praticamente nulla, prossimamente. Quest’anno mi sembra, seguendo i gusti del Blog, che la qualità delle scelte sia migliorata, ovvero meno rap, hip-hop, musica elettronica ed altre delizie del genere, ma poi rimangono alcuni irriducibili che indicano solo quei tipi di album “irricevibili”, secondo chi scrive (meno degli anni scorsi, ripeto). Partiamo con le scelte di Mojo Uncut, nel caso in cui ne abbiamo parlato sul blog, trovate anche il link del Post relativo al disco in questione, e a seguire anche i link di alcuni video degli album in classifica.

MOJO – Best LPs of 2016
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01 David Bowie – Blackstar
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02 Michael Kiwanuka – Love & Hate
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03 Nick Cave & The Bad Seeds – Skeleton Tree
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04 Lambchop – Flotus
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05 Leonard Cohen – You Want It Darker
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06 Iggy Pop – Post Pop Depression
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07 Frank Ocean – Blonde
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08 Paul Simon – Stranger To Stranger
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09 PJ Harvey – The Hope Six Demolition Project
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10 Heron Oblivion – Heron Oblivion
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11 Radiohead – A Moon Shaped Pool
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12 Beyonce – Lemonade
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13 Teenage Fanclub – Here
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14 Charles Bradley – Changes
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15 The Cult – Hidden City
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Uncut‘s Top 15 Albums of 2016
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01 David Bowie – Blackstar
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02 Radiohead – A Moon Shaped Pool
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03 Nick Cave & The Bad Seeds – Skeleton Tree
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04 Leonard Cohen – You Want It Darker
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05 Ryley Walker – Golden Sings That Have Been Sung
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07 Sturgill Simpson – A Sailor’s Guide To Earth
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08 Anohni – Hopelessness
09 Teenage Fanclub – Here
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11 Thee Oh Sees – A Weird Exits
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12 Brian Eno – The Ship
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13 Drive-By Truckers – American Band
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14 Bon Iver – 22, A Million
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15 Wilco – Schmilco
Per oggi è tutto, alla prossima,

Ryley Walker – Golden Sings That Have Been Sung. Affascinante Folk-Jazz-Rock Sospeso Tra Passato E Presente!

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Ryley Walker – Golden Sings That Have Been Sung (Deep Cuts Edition) – 2 CD Dead Oceans – 19-08-2016

Di questo disco si parla ormai da diverso tempo, anzi, molti siti e riviste specializzate lo hanno già recensito, quasi tutti in modo positivo e spesso entusiastico, in netto anticipo sulla uscita ufficiale che sarà questo venerdì 19 agosto. Io ho preferito aspettare l’imminenza della data di pubblicazione, visto che spesso quando se ne parla troppo presto quando poi il disco esce effettivamente è giù vecchio o ce ne siamo dimenticati. E in questo caso sarebbe un peccato, perché l’album è veramente bello. Questo signore, Ryley Walker, viene da Rockford, Illinois, una piccola cittadina nei dintorni di Chicago, ha iniziato con alcuni EP pubblicati a livello indipendente nel 2011 ed ora approda al terzo album di studio con questo Golden Sings That Have Been Sung. Walker è pure un abile chitarrista, e infatti nel 2015 ha pubblicato un album strumentale in coppia con Bill MacKay, ma nel corso degli anni ha sempre più curato anche il lato vocale della propria musica, diventando sempre più un cantante interessante e dalle molteplici influenze: sul lato chitarristico vengono citati Davey Graham, Sandy Bull, John Fahey, Bert Jansch e da quello vocale gente come Tim Buckey, Van Morrison, Tim Hardin John Martyn e i Pentangle, presenti in entrambi i campi, senza dimenticare, aggiungerei, l’Incredible String Band, e tra i musicisti contemporanei Jack Rose, Daniel Bachman, Steve Gunn, James Blackshaw, gruppi come Tortoise e Gastr Del Sol, e altri spiriti affini, legati a questa rinascita di un folk complesso, ricco di influenze jazz, psichedeliche, blues e rock, dove la melodia è importante ma anche il tessuto sonoro, l’improvvisazione, la ricerca di arrangiamenti sofisticati che guardano ai grandi del passato, cercando di riproporre questa musica che già negli anni ’70, più avventurosi a livello musicale, era comunque una musica di nicchia, pur se apprezzata dalla critica e dal pubblico più “curioso” ed attento. Quindi in teoria nulla di nuovo, ma se questa musica viene realizzata con passione e perizia è comunque in grado di costruire un ponte tra le diverse generazioni, continuando ad esplorare un filone che affascina sia l’ascoltatore più smaliziato e di vecchia militanza (quelli che hanno già sentito tutto, ma gradiscono in ogni caso l’arrivo di forze fresche) quanto gli ahimé non più numerosi adepti di una musica che richiede una soglia di attenzione più complessa di quella quasi istantanea delle generazioni digitali.

Per sgombrare i dubbi, anche il sottoscritto conferma che questo Golden Sings That Have Been Sung è un disco riuscito, otto brani di notevole valore (più una traccia dal vivo, nel secondo CD della cosiddetta Deep Cuts Edition): le influenze ed i rimandi ai vari nomi citati, pur essendo certamente presenti, non sono così evidenti e facilmente rintracciabili, in entrambi i sensi, ovvero, nell’insieme la musica ricorda e si riallaccia a questo tipo di musicisti e sonorità, ma non lo fa riferendosi a brani od album del passato specifici, quanto ad un comune intendere, ad una visione che dal passato si allunga sulla musica di Ryley Walker, che poi la rimodella secondo la propria sensibilità. Il nostro amico si è addirittura spinto quasi a prendere le distanze dal precedente, e ottimo album, Primrose Green, ma si sa che, per vari motivi, gli artisti sono sempre legati di più alla loro ultima prova discografica in ordine di tempo, magari poi rivalutando nel tempo il proprio lavoro, in un’ottica di lunga distanza. Il nuovo lavoro è prodotto dal polistrumentista LeRoy Bach, anche lui di Chicago, per il periodo 1997-2004 nella formazione dei Wilco, dove suonava chitarre e tastiere, che ha saputo unire lo spirito più avventuroso della musica di Walker con brani dal respiro più semplice e di attitudine folk, legati ai suoni del passato ma con lo sguardo al futuro, come è sempre più regola nella musica dei giorni nostri. I musicisti sono più o meno quelli utilizzati nel disco precedente, provenienti dalla attuale scena jazz contemporanea di Chicago: Brian Sulpizio alla chitarra elettrica, Ben Boye alle tastiere, Anton Hatwich al basso, Frank Rosaly Quin Kirchner alla batteria, Whitney Johnson alla viola e un altro multistrumentista Ryan Jewell, niente nomi altisonanti ma validi ed adatti alla bisogna.

Ed ecco quindi scorrere Halfwit In Me che fonde gli spiriti della West Coast più ruspante con le atmosfere raffinate di John Martyn o dei Pentangle più solari, soprattutto nell’approccio ritmico e jazzato, attraverso sognanti ma incisive derive strumentali dove la chitarra acustica di Ryley guida le danze, ma tutti gli strumenti sono importanti e la voce denota una ulteriore crescita a livello di personalità e di maturità. Anche A Choir Apart è legata al drive ritmico tra folk, jazz e blues dei Pentangle più sperimentali, quando Renbourn imbracciava l’elettrica, ma ricorda anche il Tim Buckley “liquido” di Starsailor Blue Afternoon, con inserti sonori tra raga e rock e una costruzione quasi circolare del brano che si avvolge su sé stesso in spire larghe ed affascinanti, con contrabbasso e batteria a dettare tempi jazzistici e il testo che contiene il titolo dell’album. Pure Funny Thing She Siad ha questo spirito pigro e quasi strascicato, intenso e notturno, con un cantato sommesso e quasi confidenziale, leggeri tratti blues, ma anche una bella melodia che entra sottopelle, con la chitarra elettrica che lascia ampi spazi a pianoforte e violoncello (o è una viola, o entrambi?) nella parte strumentale. Sullen Mind, che appare anche in una versione allungata, oltre 40 minuti (!?!) e dal vivo nel CD bonus, è una ulteriore fusione tra folk, derive psichedeliche e influenze orientali, un magma sonoro dove chitarre acustiche ed elettriche, tastiere e una ritmica agile e complessa, prima accarezzano la voce intensa di Ryley Walker e poi vengono scatenate in crescendi improvvisi ed acidi di pura improvvisazione, fino ad una affascinante accelerazione finale.

Musica forse non di facile approccio, che si stempera comunque nel leggero acquerello folk della breve e delicata I Will Ask You Twice, dove si agitano gli spiriti inquieti ma affascinanti di Tim Hardin o di Nick Drake, e anche le atmosfere pastorali di The Roundabout fanno rivivere le sonorità del folk-rock più raffinato ed ispirato degli anni d’oro della musica dei cantautori britannici più originali e visionari, sempre con gli arpeggi della chitarra di Ryley in bella evidenza.Torna la West Coast meno acida e sulfurea nelle serene e delicate note di una The Great And Undecided che sparge raffinate cascate di dolcezza nel suo incedere, per poi lasciare spazio nel finale del disco, nella lunga Age Old Tale, alle improvvisazioni di una sorta di “free-folk”  onirico ed improvvisato, dove gli strumenti e la voce sono di nuovo liberi da vincoli sonori e da melodie più definite e immerse in un dipanarsi sonoro quasi stordito e stralunato, che lentamente avvolge l’ascoltatore nella sua bruma fuori stagione (ma il disco è stato registrato lo scorso inverno).

Una conferma per Ryley Walker, un musicista per tutte le stagioni, forse non un genio assoluto ma un artigiano tra i più raffinati ed interessanti in circolazione.

Bruno Conti

Novità Di Marzo, Parte Ia. Sufjan Stevens, Steve Hackett, Ryley Walker, Boz Scaggs, Ron Sexsmith, Ringo Starr, Daryl Hall & John Oates

sufjan stevens carrie & lowell

Anche questo mese la solita rubrica delle uscite discografiche in breve, ossia quello che non è già stato recensito più ampiamente o nella rubrica delle anticipazioni, tipo il box dei Fotheringay, il nuovo Robben Ford, in uscita martedì 31 marzo o i CD Laura Marling Short Movie Duets di Van Morrison, per non parlare del doppio live Muddy Wolf at Red Rocks di Joe Bonamassa, sui cui tornerò con una lunga recensione. E anche di alcuni dei dischi che ora vado a segnalarvi ho intenzione, sempre tempo permettendo, di fare una recensione completa. Anche per il mese di marzo la rubrica sarà divisa in tre/quattro parti visto che si sono parecchi dischi interessanti in uscita o pubblicati da poco. Partiamo con le release del 31 marzo.

Ad inizio Post campeggia il nuovo Sufjan Stevens che finalmente si è deciso a pubblicare un nuovo vero album, seguito di Illinois, uscito nel lontano 2005. Lo so, nel frattempo Stevens ha pubblicato moltissimo materiale per la sua etichetta, la Ashmatic Kitty, fondata nel 1999 insieme al suo patrigno, che è quel Lowell che appare nel titolo del nuovo disco (Carrie è la mamma): The Avalanche era un secondo disco, definito di outtakes e extras, dalle sessions di Illinois, seguito di quel Michigan che doveva essere il primo tassello del progetto dei 50 stati, che poi il nostro Sufjan ha ammesso essere stata una trovata pubblicitaria. In effetti a voler essere onesti l’ultimo album completo era stato The Age Of Adz del 2010, un disco fortemente interessato da una componente elettronica ed orchestrale ma comunque intrigante (http://discoclub.myblog.it/2010/10/27/strano-ma-vero-the-age-of-adz-di-sufjan-stevens-esordisce-al/), preceduto dall’ottimo EP All Delighted People (un “mini” strano perché durava circa un’ora) http://discoclub.myblog.it/2010/08/23/ma-allora-esiste-ancora-sufjan-stevens-all-delighted-people/. Come notate dai link Sufjan Stevens è sempre stato un musicista che mi ha attirato parecchio, però il progetto di classica contemporanea The BQE e ben due cofanetti di brani natalizi, per quanto piacevoli, avevano un po’ provato la mia resistenza e fedeltà, tanto che il progetto hip-hop del 2014, Sisyphus, me lo ero volutamente perso. Questo nuovo album Carrie & Lowell (incentrato, come si diceva, intorno alla figura della madre, scomparsa nel 2012 e del patrigno, e dei loro viaggi di famiglia verso l’Oregon, nell’infanzia di Stevens)  viene indicato come un ritorno alle sue radici indie-folk. Quindi sarà mia cura ascoltarlo non appena possibile e riferirne sul Blog. Nel frattempo, per ingannare l’attesa https://www.youtube.com/watch?v=lJJT00wqlOo e https://www.youtube.com/watch?v=qx1s_3CF07k, a dimostrazione che il nostro amico non ha perso il vizio di fare bella musica.

steve hackett wolflight

Martedì 31 marzo esce anche il nuovo disco di studio di Steve Hackett Wolflight: mi sono perso il conto del numero, comunque dovrebbero essere più di venti, si tratta del seguito di Beyond The Shrouded Horizon, e viene pubblicato dalla Century Media/Distr. Universal. Ci saranno varie edizioni, standard CD, doppio vinile, download digitale e la solita costosa Deluxe Edition con CD+Blu-ray Mediabook. Viene annunciato dallo stesso Hackett come un album rock, qualsiasi voglia essere il significato del termine applicato alla sua musica.

ryley walker primrose green

Ryley Walker viene indicato come uno dei nuovi “maestri” della chitarra acustica americana (ma anche all’elettrica non scherza), ispirato sia dalla cosidetta American Primitive Music di John Fahey e degli altri musicisti della Takoma, quanto da Bert Jansch, Sandy Bull e altri virtuosi dello strumento, ma anche da Tim Buckley e cantautori alla Tim Hardin,  per me ha anche sprazzi di genio alla John Martyn vecchi tempi. Il disco dello scorso anno, All Kinds Of You, pubblicato dalla Tompkins Square, aveva avuto ottime critiche, ora esce il nuovo Primrose Greens, per la Dead Oceans Records, che sembra altrettanto interessante e valido, https://www.youtube.com/watch?v=96qBM4LL2ps e https://www.youtube.com/watch?v=tXpkcfrSouM

boz scagss a fool to care

Il precedente Memphis, per chi scrive era stata una delle più belle sorprese a livello discografico del 2013 http://discoclub.myblog.it/2013/02/27/la-classe-non-e-acqua-boz-scaggs-memphis/ ora, sempre per la 429 Records/Caroline/Universal esce questo nuovo A Fool To Care, registrato a Nashville, che sempre nel Tennesse è, con la partecipazione, come indicato sulla copertina, di Bonnie Raitt e Lucinda Williams. Il disco sarebbe bello a prescindere, ma avendolo ascoltato posso confermare quanto di buono avevo scritto sul precedente e quindi aspettatevi quanto prima un bel Post ad hoc. Dal vivo https://www.youtube.com/watch?v=hAN8LnK960o e in studio https://www.youtube.com/watch?v=e9sjaVmnrMQ. Dopo la parentesi con i Dukes Of September http://discoclub.myblog.it/2014/03/26/band-tutte-le-stagioni-the-dukes-of-september-donald-fagen-michael-mcdonald-boz-scaggs-live-at-lincoln-center/ un altro gran disco, raffinato e di classe. Un piccolo tuffo nel passato per credere https://www.youtube.com/watch?v=5wNKQ7RRXfk.

*NDB Per la serie rotture di balle nel mondo, la catena americana Best Buy ne pubblicherà una versione con 3 bonus tracks. A loro va il mio sentito vaff…

ron sexsmith carousel one

Altro cantautore raffinato, ma di tutt’altro genere, è il canadese Ron Sexsmith, il nuovo Carousel One esce per la Cooking Vinyl in Europa e per la Compass Records in America, e conferma la vena compositiva di questo musicista che è stato definito anche una sorta di Jackson Browne per i nostri tempi (se l’originale non fosse ancora in pista) ed è pure ammiratissimo dai colleghi, da Paul McCartney a Elvis Costello, passando per John Hiatt hanno espresso la loro ammirazione per Sexsmith, che nel nuovo disco è stato prodotto da Jim Scott ( per intenderci, quello di Wilco, Foo Fighters, Tedeschi Trucks Band e mille altri) che lo ha circondato di musicisti del calibro di Bob Glaub, Jonathan Graboff della band di Ryan Adams, Don Heffington e John Ginty, con risultati eccellenti. Bellissimo il video Saint Bernard con un cagnone stupendo, e molto bella anche la canzone, ma tutto il disco merita https://www.youtube.com/watch?v=r3ToRr-MlQ8

ringo starr postcards form paradise

Per i fans dei Beatles in astinenza il nuovo disco di Ringo Starr, Postcards From Paradise, sarà una boccata di ossigeno (ma a parte, nei prossimi giorni, leggerete anche del nuovo DVD dedicato a Paul McCartney della serie Musicares): gli ultimi CD erano piacevoli (l’aggettivo dei suoi dischi è sempre questo) come sempre, Y Not e Ringo 2012, e anche questo nuovo che esce per la Universal lo vede circondato dalla All-Starr Band che per l’occasione comprende Steve Lukather, Todd Rundgren, Gregg Rolie, Richard Page, Warren Ham e Gregg Bissonette, mentre tra gli ospiti troviamo il cognato Joe Walsh, Benmont Tench, Dave Stewart, Ann Marie Simpson, Richard Marx, Amy Keys, Peter Frampton, Nathan East e Glen Ballard, i primi che passavano per strada. Non male per un signore che a luglio compirà 75 anni e tra poco entrerà nella Rock And Roll Hall Of Fame e non vuole smettere di farci divertire e di divertirsi “with a little help from his friends”, lui che può https://www.youtube.com/watch?v=-4BZgOEJfps

daryl hall & john oates live in dublin

Concludiamo la panoramica di oggi con un DVD (o Blu-Ray): ennesima reunion per Daryl Hall e John Oates, l’ultima volta era stata per un altro disco dal vivo, Live At The Troubadour, due CD+DVD registrati a Los Angeles nel 2008. Questa volta tocca a Live In Dublin, un concerto dal vivo del luglio 2014 all’Olympia Theatre di Dublino. Peccato che il DVD duri “solo” 83 minuti, anche se l’edizione Deluxe 2CD+DVD (che non manca), indichi come durata 111 minuti, compresi dietro le quinte e interviste, comunque i classici ci sono più o meno tutti  1) Maneater 2) Out Of Touch 3) Say It Isn t So 4) Family Man 5) It s Uncanny 6) Back Together Again 7) Las Vegas Turnaround 8) She s Gone 9) Sara Smile 10) Do What You Want, Be What You Are 11) I Can t Go For That (No Can Do) 12) Rich Girl 13) You Make My Dreams 14) Kiss On My List 15) Private Eyes. Take a look

A domani (e nei prossimi giorni) con il seguito.

Bruno Conti