Su Un’Isola Deserta Mi Porterei Questo! Johnny Cash – The Complete Columbia Album Collection

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Johnny Cash – The Complete Columbia Album Collection – Columbia/Sony 63 CD

Per quanto mi riguarda l’uscita discografica più attesa dell’anno (anche più di Tempest di Bob Dylan) era questo megabox dell’immenso Johnny Cash, che come suggerisce il titolo presenta tutto quello che l’Uomo in Nero ha inciso per la storica etichetta che lo ha visto protagonista per quasi tre decadi.

Gli altri periodi della sua carriera sono ampiamente documentati su CD (gli esordi alla Sun, lo sfortunato lustro alla Mercury, fino alla rinascita degli ultimi anni all’American di Rick Rubin), ma ben 38 album del suo periodo Columbia non erano mai stati stampati sul supporto digitale (alcuni di essi si trovano solo disponibili per il download): ebbene, qui c’è tutto, ma proprio tutto, ciò che Cash ha pubblicato per la storica etichetta ora di proprietà della Sony.

Il box è presentato in un’elegante scatola apribile, con tutti i dischetti ordinati e numerati in versione simil-LP, con la tracklist originale (cioè senza bonus tracks): un’operazione analoga a quella di qualche anno fa riguardante Miles Davis (che però aveva diverse bonus tracks per ogni disco).

(NDM: l’anno prossimo, sembrava dovesse uscire già quest’anno, dovrebbe essere anche la volta di Bob Dylan, ma in questo caso, a meno di bonus tracks clamorose – il che non credo conoscendo Bob – non ci dovrebbero essere grosse sorprese. Io invece voto per un box simile dedicato a Willie Nelson).

Non sto certo a dirvi chi era Cash e la sua importanza per la musica e la cultura americana e mondiale (se mi state leggendo lo sapete meglio di me), ma passo senz’altro ad una disamina il più breve possibile del megabox.

Gli anni sessanta sono quelli con meno sorprese, nel senso che quasi tutti gli album sono reperibili su CD (specie i primi), ma comunque tutti insieme è un bel sentire: non dimentichiamoci che all’epoca i brani scelti per i singoli e quelli negli LP viaggiavano su binari diversi, e quindi qui troviamo comunque un sacco di canzoni poco note di Johnny.

Dischi uno più bello dell’altro, in diversi casi veri e propri concept albums: da Hymns By Johnny Cash a Songs Of Our Soil, da Ride This Train a Sings The Ballads Of True West (strepitoso), dal disco dedicato alle work songs Blood, Sweat And Tears al capolavoro Bitter Tears, che celebrava gli Indiani d’America.

Basterebbero questi titoli per definire una carriera inimitabile, ma poi ci sono i due famosi live At Folsom Prison e At San Quentin (tra i due, il raro e bellissimo gospel album The Holy Land), che fungono da spartiacque con gli anni settanta, che sono quelli nei quali troviamo il maggior numero di chicche.

Pochi dischi di questo periodo erano infatti già reperibili su CD (Man In Black, America, Ragged Old Flag, il live Pa Osteraker ed il famoso Silver, quello con (Ghost) Riders In The Sky), e quindi ci troviamo di fronte ad un vero tesoro, in quanto il livello delle produzioni di Cash in questo periodo era sempre medio-alto, pur soffrendo di un calo di popolarità via via sempre più marcato.

Album come A Thing Called Love, One Piece At A Time (con la splendida Committed To Parkview), John R. Cash, Gone Girl, Any Old Wind That Blows sono ancora oggi dei signori dischi, con un Cash nella piena maturità professionale e vocale, in poche parole una goduria per le orecchie.

E poi c’è anche il doppio a sfondo religioso The Gospel Road, forse l’opera più ambiziosa del nostro, il live poco noto Strawberry Cake ed il curioso The Junkie And The Juicehead Minus Me, al quale partecipano anche le giovanissime Rosanne Cash e Carlene Carter.

Poi si entra negli anni ottanta, il nadir per quanto riguarda la popolarità di Cash (ma non per la qualità media degli album): partendo dal poco riuscito The Baron, sul quale Johnny aveva puntato molto (facendolo produrre al grande Billy Sherrill), passando per gli ottimi Rockabilly Blues e Johnny 99 (con la title track e Highway Patrolman di Bruce Springsteen), un divertente live a tre con Carl Perkins e Jerry Lee Lewis (The Survivors), un rarissimo live registrato a Praga (Koncert V Praze), il buon The Adventures Of Johnny Cash (con Georgia On A Fast Train di Billy Joe Shaver e la grande Paradise di John Prine), per finire con l’ultimo disco inciso per la Columbia, Rainbow, del quale da anni attendevo la ristampa in quanto contiene due delle mie canzoni preferite, cioè Unwed Fathers, ancora di Prine, e Have You Ever Seen The Rain?, super classico di John Fogerty.

In coda, i primi due dischi incisi a nome Highwaymen con Waylon Jennings, Willie Nelson e Kris Kristofferson (meraviglioso il primo, meno riuscito il secondo), il discreto Heroes, in duo con Waylon, ed il postumo At Madison Square Garden, che documenta un concerto del 1969.

Come bonus abbiamo una versione ampliata, esclusiva per questo box, di With His Hot And Blue Guitar, una sorta di bignami del suo periodo Sun, ed un doppio intitolato Singles, Plus, che contiene appunto rari brani apparsi solo su 45 giri, più vari duetti apparsi su dischi altrui (con Bob Dylan, la Carter Family, Earl Scruggs, diversi con la moglie June Carter, e altri).

Tra i singoli vorrei segnalare un brano davvero poco noto di Cash, uscito nel 1984, quindi già in piena crisi con la Columbia: l’esilarante The Chicken In Black, nella quale Johnny con grande ironia prende letteralmente a martellate la sua etichetta che non credeva più in lui (e se pensavate che Cash fosse una persona seria, cercate il videoclip di questa canzone e la vostra opinione potrebbe cominciare a vacillare…).

Come ciliegina, un libretto di quasi 200 pagine con tutte le note dettagliate disco per disco.

Va bene la crisi, va bene tutto, ma se date retta a me cercate di risparmiare 200 Euro ed investiteli in questo box: questa non è solo musica, è storia.

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Imperdibile.

Marco Verdi