Anticipazioni Novità, Ristampe E Cofanetti Aprile, Parte III/Supplemento. Shooter Jennings, Explosions In The Sky, Charles Bradley, Trembling Bells, Black Mountain, King Crimson, Ronnie Spector, Bellowhead, Eagles, Sandy Denny

shooter jennings countach

Controllando le uscite del prossimo mese di Aprile mi sono accorto che avevo lasciato fuori dai due post sulle anticipazioni molti titoli interessanti (alcuni anche perché al momento in cui scrivevo non erano ancora confermati e qualcuna delle uscite previste era proprio per il 1° aprile). Partiamo da uno di questi, il nuovo album di Shooter Jennings Countach (For Giorgio), in America già uscito il 26 febbraio e che ora viene pubblicato per il mercato europeo. Ci eravamo lasciati con il figlio di Waylon Jennings (di cui negli scorsi anni ho recensito positivamente anche http://discoclub.myblog.it/2013/03/15/finalmente-degno-di-tanto-padre-shooter-jennings/) con la segnalazione dell’ultimo EP uscito nel 2014 Don’t Wait Up (For George), dedicato al grande cantante country George Jones: in effetti pensavo che questo Countach fosse una sorta di seguito, tra i nomi coinvolti c’erano anche il recentemente scomparso Steve Young e Brandi Carlile, per quanto la presenza di Marilyn Manson non era diciamo sulla mia lunghezza d’onda. Ma poi ho letto bene i titoli dei brani e ho capito che il Giorgio in questione è Moroder: siamo quindi di fronte ad un tributo dedicato al musicista alto-atesino, quanto di più lontano ci può essere dal country e dal southern che sono gli stili abituali di Jennings. Il problema è che ho anche nel frattempo sentito il disco e siamo proprio in ambito disco elettronica anni ’80, sia pure con qualche violino svolazzante qui e là, e, per i miei gusti, il disco è veramente brutto, tra le cose più pacchiane ascoltate ultimamente. Basta dire che i due brani “migliori” sono The Neverending Story, quella con la Carlile e Cat People, con Manson, E ho detto tutto! Peccato, perché nel recente Southern Family la sua Can You Come Over? era una delle cose migliori.

explosions in the sky the wilderness

Sempre nei prossimi giorni è in uscita il nuovo album degli Explosions In The Sky The Wilderness, il settimo album di studio della band texana di psych-post-rock improvvisato e il primo dopo una serie di colonne sonore, quindi il seguito dell’ottimo Take Care, Take Care, Take Care del 2011. Etichetta Temporary Residence, per nove brani di splendida improvvisazione strumentale, come sempre

charles bardley changes

Cambiando completamente genere, esce la prima settimana di aprile il nuovo album di Charles Bradley Changes, etichetta Dubham, e nonostante il titolo non ci sono cambiamenti nello stile di Bradley, “The Screaming Eagle Of Soul” tiene fede al suo soprannome e continua a pubblicare album di ottima musica nera, sulla scia dei suoi idoli James Brown, Wilson Pickett Otis Redding. Questa volta, forse, la canzoni sono leggermente inferiori a quelle dei due dischi precedenti ( No Time For Dreaming http://discoclub.myblog.it/2011/12/31/un-nuovo-vecchio/ e Victim Of Love), ma trattasi sempre e comunque di grande musica soul. La title-track è una cover di una vecchia ballata dei Black Sabbath (!?!? ed è una versione straordinaria, sentire per credere: dedicata alla madre scomparsa.

trembling bells wide majestic aire

Altro cambio di genere ed altra voce splendida. Parlo di Lavinia Blackwall, la cantante dei Trembling Bells, uno dei gruppi più interessanti del “nuovo” folk britannico. Fondata nel 2008 dal batterista Alex Nelson la band scozzese, autrice di cinque album fino ad ora, è una delle formazioni più eclettiche in circolazione attualmente: paragonati a Pentangle, Fairport Convention, Incredible String Band, per la loro fusione di rock, folk, jazz, improvvisazione e rigore, hanno solo il “difetto” di pubblicare i loro CD per una piccola etichetta la Tin Angel (e prima la Honest John), quindi difficili da reperire e abbastanza costosi per noi euro-centrici, Ma vi assicuro vale la pena di approfondire, cosa che mi riprometto di fare, magari parlando anche dell’album del 2015 The Sovereign Self, oltre che di questo nuovo Wide Majestic Aire, che in teoria è un mini-album (però con ben sette brani e una durata oltre i trenta minuti, una canzone in meno dell’album dello scorso anno, che comunque aveva pezzi anche abbastanza lunghi). Per il momento sentite la meravigliosa title-track del nuovo album e godete dello splendido soprano della Blackwall. Siamo ai livelli di Jacqui McShee, Maddy Prior e Sandy Denny (di cui tra un attimo). Ma che voce ha!.

black mountain iv

Ulteriore cambio completo di genere, rispetto ai dischi di cui si è parlato finora, per il nuovo album dei Black Mountain: la band canadese, dopo sei anni di silenzio, in cui i vari componenti del gruppo si erano dedicati ai loro vari gruppi collaterali e alle meritorie attività di aiuto per poveri e bisognosi attraverso svariate associazioni benefiche, torna con IV, il nuovo disco che ci riporta al loro stoner-psychedelic-heavy rock, molto anni ’70 e anche molto godibile, un sound energico e tirato https://www.youtube.com/watch?v=_USHKQ4Ntc8 , ma anche raffinato a tratti ,come dimostra il nuovo CD, pubblicato come al solito dalla JagJaguwar il 1° aprile.

king crimson live in toronto

Per completare le uscite della prima settimana di aprile manca il nuovo, ennesimo, disco dal vivo dei King Crimson. Il doppio, Live In Toronto, a differenza del solito, non comprende materiale d’archivio, ma un concerto abbastanza recente, tenuto il 20 Novembre del 2015 dalla band di Robert Fripp, nell’ultima configurazione, quella con tre batteristi, più Jakko Jakszyk, chitarra e voce, nel ruolo che fu di Adrian Belew, Tony Levin al basso, Mel Collins a flauto e sax. Si tratta di un doppio CD pubblicato dalla DGM/PANEGYRIC, questi i brani:

Disc 1:
1 Threshold Soundscape
2 Larks’ Tongues In Aspic Part I
3 Pictures Of A City
4 VROOOM
5 Radical Action (To Unseat the Hold of Monkey Mind)
6 Meltdown
7 Hell Hounds of Krim
8 The ConstruKction of Light
9 Red
10 Epitaph

Disc 2:
1 Banshee Legs Bell Hassle
2 Easy Money
3 Level Five
4 The Letters
5 Sailor’s Tale
6 Starless
7 The Court of the Crimson King
8 21st Century Schizoid Man 

ronnie spector english heart

Dopo la recente antologia http://discoclub.myblog.it/2015/11/26/darlene-love-ecco-la-piu-famosa-delle-spector-girls-ronnie-spector-the-very-best-of-ronnie-spector/, esce un nuovo album di Ronnie Spector English Heart, data di pubblicazione 8 aprile, etichetta Caroline/Universal. Come lascia intuire il titolo si tratta di brani inglesi che provengono tutti dai primi anni ’60 (ma incisi oggi), il periodo glorioso del successo delle Ronettes con Be My Baby.  Al solito c’è una Deluxe Edition con DVD, in escusiva per Amazon (che però è il  documentario del making of e interviste varie):

[CD]
1. Oh Me Oh My (I’m A Fool For You Baby)
2. Because
3. I’d Much Rather Be With The Girls
4. Don’t Let The Sun Catch You Crying
5. Tired Of Waiting
6. Tell Her No
7. I’ll Follow The Sun
8. You’ve Got Your Troubles
9. Girl Don’t Come
10. Don’t Let Me Be Misunderstood
11. How Can You Mend A Broken Heart

[Amazon Exclusive Bonus DVD]
1. The Making of English Heart with extensive interview, studio and performance footage.

Come vedete ci sono pezzi dei Kinks, Beatles, Animals, Yardbirds, Gerry & The Pakemakers e una poco conosciuta I’d Much Rather Be With The Girls, che nell’originale finiva con Boys, ed era degli Stones. Questa volta non ho sentito nulla,per cui non vi so dire.

bellowhead the fareweel tour

Bellowhead, un’altra delle migliori formazioni del folk-rock britannico (undici elementi, anche con fiati) stanno completando il loro tour d’addio, in seguito all’abbandono del leader e cantante Joe Boden, tournée che si completerà a maggio del 2016. Come commiato ci lasciano questo splendido triplo dal vivo Live: The Farewell Tour (2 CD + 1 DVD) che uscirà per la Navigator Records l’8 aprile. Sembrano un incrocio tra i Pogues e i Dexys Midnight Runners https://www.youtube.com/watch?v=In-tsizA2Ls

eagles beacon theatre new york 1974 eagles don kirshner's rock concert eagles live at the summit houston 1976

Nell’ultimo paio di anni c’è stata una crescita esponenziale nella pubblicazione di CD relativi a broadcast radiofonici degli artisti più disparati, spesso più interessanti dei Live ufficiali e molti incisi decisamente bene. Dall’inizio dell’anno, in seguito alla scomparsa di Glenn Frey, ne sono usciti e stanno per uscirne, alcuni dedicati agli Eagles. Dei tre dischetti che vedete effigiati qui sopra i primi due sono relativi allo stesso concerto, tenuto al Beacon Theatre di New York il 14 marzo del 1974 per il tour di On The Border (che sarebbe uscito nei negozi il 22 marzo): formazione originale, con Don Henley, Glenn Frey, Bernie Leadon Randy Meisner, più Don Felder che era appena entrato nel gruppo. Incisione eccellente per entrambe le versioni, forse un filo meglio Don Kirshner’s Rock Concert, ma Beacon Theatre, New York 1974 costa meno, quindi vedete voi.

Escono entrambi l’8 aprile e questa è la lista dei brani:

1. DJ Introduction
2. Peaceful Easy Feeling
3. Already Gone
4. Good Day In Hell
5. Silver Threads & Golden Needles
6. Desperado
7. It Doesn’t Matter Anymore
8. Midnight Flyer
9. Twenty One
10. Ol’ 55
11. Your Bright Baby Blues
12. Looking Into You
13. James Dean
14. Doolin-Dalton / Desperado (Reprise)
15. Take It Easy

Grande concerto, in tutti i sensi. Nei brani 6, 7 e 8 canta Linda Ronstadt, nell’11 e 12 Jackson Browne e nel gran finale di Take It Easy tutti insieme. Ottimo anche il medley Doolin’ Dalton/Desperado quasi 9 minuti.

L’altro live degli Eagles Live At The Summit, Houston 1976, è un doppio, giù uscito da qualche tempo, pure questo inciso molto bene. Il concerto è stato registrato nel novembre del 1976, qualche settimana prima dell’uscita di Hotel California, che apre proprio il concerto: in formazione c’è già Joe Walsh che esegue anche brani dei suoi dischi solisti e della James Gang. Si tratta del concerto completo, a differenza del Eagles Live doppio vinile ufficiale che sarebbe uscito nel 1980 ed era tratto da vari concerti diversi del 1976 e del 1980 e pure non particolarmente lungo come durata. Quindi consigliato anche questo

Come vedete per entrambi, più che di broadcast radiofonici parliamo di eventi televisivi.

sandy denny i've always kept a unicorn

E per finire in bellezza con le uscite di aprile un altro CD di una della mie preferite in assoluto, Sandy Denny, in uscita per la Universal il 22 aprile, un doppio al prezzo di uno, si intitola I’ve Always Kept An Unicorn, come la sua biografia ufficiale pubblicata lo scorso anno (solo in inglese, purtroppo) e tra poco disponibile anche in versione paperback meno costosa. Come dice il sottotitolo The Acoustic Sandy Denny, si tratta di una antologia di materiale raro ed inedito, demo, versioni acustiche, in studio e dal vivo, tratto da tutte le epoche: dagli inizi con gli Strawbs, passando ai Fairport Convention, Fotheringay (a proposito splendido il box dello scorso anno), la carriera solista e le collaborazioni: tra cui i 3 brani inediti in assoluto, tratti dalle sessions per il disco Rock On attribuito a The Bunch, di cui cui vi segnalo un duetto alternativo con Linda Thompson in When Will I Be Loved degli Everly Brothers, già presente nella versione originale.

 In questo caso soldi spesi bene. Ecco il contenuto:

DISC ONE

01: Who Knows Where the Time Goes – Acoustic version – The Strawbs & Sandy Denny

02: You Never Wanted Me (Saga album version) – Sandy Denny
03: Milk and Honey (re-recorded version) – Sandy Denny
04: Autopsy (demo) – Fairport Convention
05: Now And Then (demo) – Fairport Convention
06: She Moves Through the Fair (acoustic master) ) – Fairport Convention
07: Fotheringay (acoustic master) – Fairport Convention
08: The Pond and the Stream (demo) – Fotheringay
09: Winter Winds (demo) – Fotheringay
10: Wild Mountain Thyme (BBC Sounds of the Seventies) – Fotheringay
11: Lowlands of Holland (BBC Folk On One) – Fotheringay
12: Wretched Wilbur (demo) – Sandy Denny
13: The Optimist (demo) – Sandy Denny
14: Late November (BBC One In Ten) – Sandy Denny
15: North Star Grassman and the Ravens (BBC Paris Theatre) – Sandy Denny
16: Next Time Around (BBC Paris Theatre) – Sandy Denny
17. John The Gun (BBC Paris Theatre) – Sandy Denny
18: Love’s Made A Fool Of You ( demo ) – The Bunch Previously Unreleased
19: When Will I Be Loved ( demo ) – The Bunch Previously Unreleased
20: Learning the Game (demo) – The Bunch Previously Unreleased

DISC TWO

01: Quiet Joys of Brotherhood (demo) – Sandy Denny
02: After Halloween ( demo ) – Sandy Denny
03: The Lady (demo # 2) – Sandy Denny
04: Bushes and Briars (live – BBC Bob Harris Show ) – Sandy Denny
05: The Music Weaver (demo) – Sandy Denny
06: No End (demo – piano version) – Sandy Denny
07: Solo (BBC John Peel Session – acoustic version) – Sandy Denny
08: Like and Old Fashioned Waltz (BBC John Peel Session – acoustic version)
09: King and Queen of England (demo) – Sandy Denny
10: Rising For The Moon (demo) – Fairport Convention
11: One More Chance (demo) – Fairport Convention
12: Take away the load (demo) – Fairport Convention
13: What Is True? (demo) – Fairport Convention
14: Blackwaterside ( live on Marc Time ) – Sandy Denny
15: No More Sad Refrains ( live on Marc Time ) – Sandy Denny
16: Full Moon (demo) – Sandy Denny
17: I’m A Dreamer (demo # 2) – Sandy Denny
18: By The Time It Gets Dark (studio demo 1976) – Sandy Denny
19: One Way Donkey Ride (acoustic master 1976) – – Sandy Denny
20: Moments ( acoustic version ) – Sandy Denny

That’s all folks.

Bruno Conti

Recuperi (E Sorprese) Di Inizio Anno 4. Due Voci Femminili Da Scoprire: Olivia Chaney & Joan Shelley

Olivia Chaney The Longest Riverjoan shelley over and even

Proseguendo nei recuperi ecco due cantautrici assolutamente da (ri)scoprire, una inglese ed una americana, accomunate da comuni inflessioni folk: della prima Olivia Chaney, vi avevo già parlato brevemente nella rubrica delle anticipazioni discografiche, mentre di Joan Shelley vi avevo fatto un breve accenno nelle varie liste di fine anno delle migliori uscite discografiche del 2015: partiamo proprio con lei.

Joan Shelley – Over And Even – No Quarter

Questo è già il quarto album pubblicato dalla folksinger americana, ma i primi due, pubblicati a livello autogestito, sono praticamente introvabili, mentre il precedente Electric Ursa, leggermente più complesso, pubblicato sempre dall’etichetta No Quarter (quella di Doug Paisley, Bob Carpenter Endless Boogie) nel 2014 è disponibile sul mercato americano, anche se non di facilissima reperibilità. Joan Shelley viene dai pressi di Louisville, Kentucky, dove a gennaio dello scorso anno è stato registrato questo Over And Even, con Daniel Martin Moore, produttore ed ingegnere del suono, il suo collaboratore fisso, l’ottimo Nathan Salsburg alle chitarre, la stessa Joan anche lei chitarre e banjo, ed un manipolo di collaboratori esterni impegnati ad abbellire il sound in alcuni pezzi. Ma fondamentalmente si tratta di un album di folk di vecchio stile, quello classico, il migliore, che oltre alle chitarre del duo gira soprattutto intorno alla bellissima ed espressiva voce della Shelley:un contralto in grado di virare al soprano, una tonalità calda ed accogliente, quasi piana, ma con improvvise impennate che rendono piacevole l’ascolto dell’album. Prendete l’iniziale Brighter Than The Blues, le due chitarre acustiche a fronteggiarsi, un tamburello, suonato da James Elkington, che è il jolly del disco, in questo brano impegnato anche all’harmonium e alla steel, pochi giri di accordi, ma una musica che ti entra subito in circolo.

Nell’affascinante e deliziosa Over And Even, il corregionale Will Oldham (o se preferite Bonnie “Prince” Billy) è la voce duettante in un’intrigante canzone di stampo country-folk, mentre una chitarra elettrica colora il suono sullo sfondo, e la voce della Shelley è quasi mitchelliana nei suoi timbri. La title-track Over And Even aggiunge organo e piano elettrico Fender Rhodes, suonati dal poliedrico Elkington e miscelati alla quasi twangy elettrica di Salsburg (i due, come chitarristi, duettano anche nel recente CD Ambsace, uno dei quattro dischi strumentali a nome di Nathan Salsburg), mentre la voce sale e scende tra accenti sempre tra la Mitchell e certo folk britannico, penso a Linda Thompson. Bellissima anche la ballata pianistica Not Over By Half, dove il piano di Rachel Grimes affianca le immancabili chitarre in fingerpicking e la voce di supporto alle armonie è quella di Glen Dentinger. Nella breve e riflessiva Ariadne’s Gone Dan Dorff, uno dei vari tastieristi impiegati è al pocket piano, mentre la Shelley quasi scandisce i versi di questo suggestivo brano. Più elettrica No More Shelter dove l’organo di Elkington e la chitarra di Salsburg tracciano magiche traiettorie che consentono alla voce di Joan di brillare ancora di più.

Easy Now è una traccia dal sound quasi californiano anni ’70, quelle canzoni che Jackson Browne e James Taylor, ma anche la stessa Joni Mitchell o la misconosciuta Judee Sill, sfornavano ai tempi quasi a getto continuo, e l’intreccio tra piano e chitarre acustiche è sempre piacevolissimo. Lure And Line, brevissima, quasi un intramuscolo, sognante ed eterea, sulle note di una steel spettrale, sempre di Elkington, e della vocalità intima della Shelley, viaggia in territori che possono ricordare il Nick Drake più malinconico (cioè quello di qualsiasi brano), anche grazie al glockenspiel di Dorff, mentre Jenny Come In, di nuovo con la seconda voce di Oldham a rendere più affascinante lo spettro sonoro della canzone, impreziosita dagli interventi al piano di Dorff, è un altro dei migliori episodi di un album che non ha momenti di debolezza. Wine And Honey ritorna alla formula più semplice delle due chitarre più la voce della Shelley, ma si gusta sempre con lo stesso piacere, come pure My Only Trouble, dove la voce provoca brividi di piacere all’ascoltatore, prima di congedarlo con la conclusiva Subtle Love, dove il piano della Grimes e le armonie vocali di Will Oldham sono gli elementi aggiunti, peraltro non indispensabili, benché sempre graditi, ad una tavolozza di colori, semplice ma classica nei suoi risultati finali. Un nome da segnarsi con la matita rossa tra quelli da seguire.

 

Olivia Chaney – The Longest River – Nonesuch

Se i nomi di riferimento che vengono alla mente (almeno a chi scrive) per Joan Shelley, sono Joni MItchell e Linda Thompson, ma non solonel caso di Olivia Chaney, cantante e polistrumentista inglese (ma che incide per una etichetta americana importante come la Nonesuch, casa di Natalie Merchant, tra i tanti), il nome che mi è balenato subito, anche per la costruzione sonora del disco, è quello di Sandy Denny (e in parte anche della sua erede, la appena citata Natalie Merchant), senza dimenticare l’immancabile Joni Mitchell, di cui tutti da anni, intravedono la potenziale erede, un po’ come ai tempi si cercava il nuovo Dylan https://www.youtube.com/watch?v=VipgQCfu824. La Chaney è al suo album di esordio completo, questo The Longest River, ma già nel 2010 aveva pubblicato un EP  e in seguito ha partecipato a un paio di compilations pubblicate dalla Folk Police Records, oltre ai lavori di colleghi inglesi come Alasdair Roberts Seth Lakeman, con cui condivide la passione per gente come Bert Jansch e i Fairport Convention, ma anche Bob Dylan, grazie alla collezione di dischi del padre, dove si trovavano molti altri illustri cantautori che hanno contribuito alla sua formazione musicale. La nostra amica, è solo una curiosità, nasce in Italia, a Firenze, nel 1982 ed è diplomata alla Royal Academy Of Music di Londra, oltre ad essere più che proficiente a piano, chitarra, harmonium e cello, tutti strumenti che padroneggia con abilità e suona nel disco, si disimpegna anche a dobro, organo, synth, glass harmonica, piano elettrico Wurlitzer e ha curato gli arrangiamenti per archi dell’album, e pure la co-produzione con Leo Abrahams, anche chitarrista in questo The Longest River. Quindi un piccolo genio. Se aggiungiamo che ha pure una bellissima voce, era difficile che il risultato non fosse più che soddisfacente, come è stato.

Diciamo che il folk-rock britannico degli anni ’70 è l’elemento guida, su cui si inseriscono tutte le influenze citate. False Bride, per iniziare, è proprio un brano folk tradizionale, come quelli che si incontravano nei dischi degli artisti citati, con la voce cristallina della Chaney accompagnata solo da una chitarra acustica arpeggiata con grande maestria, su cui poi si inserisce un elegante arrangiamento di archi che ci permettono di gustare la voce della titolare, splendido inizio. Imperfections è una bellissima ballata pianistica che ricorda uno sfortunato soggiorno in quel di New York, ancora con la splendida voce di Olivia che ricorda sia Sandy che Joni e la canzone che nel finale si arricchisce ulteriormente con l’arrivo degli archi e dell’harmonium. Waxwing scritta dal talentuoso Alasdair Roberts ci rimanda addirittura ai leggendari dischi di Shirley Dolly Collins (sarà l’harmonium?), con la seconda voce di Jordan Hunt, che è anche l’autore, insieme alla Chaney, dei bellissimi arrangiamenti orchestrali, oltre a suonare il violino. Loose Change è un’altra piccola perla, in questo caso solo la voce, accompagnata da una rintoccante chitarra elettrica e da un piano in sottofondo. Swimming In The Longest River, nuovamente con l’accompagnamento minimale dei un piano, ci rimanda alla Michell di Blue, racconta di amori, anche carnali ed erotici, con una intensità che è difficile riscontrare in molti dischi moderni. Leggiadra addirittura The King’s Horses, sempre quella voce cristallina che si libra sugli arpeggi di una solitaria chitarra acustica, con Too Social, pianistica e più “americana” nella costruzione sonora, grazie anche al lavoro dell’ingegnere del suono Jerry Boys, uno che ha lavorato con i grandi del folk inglese che hanno influenzato la musica della Chaney, e sa come metterne in evidenza la voce, raddoppiandola qui e là, come in questo caso.

La Jardinera, un brano cileno di Violeta Parra, ricorda addirittura certe escursioni di Joan Baez nella musica popolare sudamericana, di nuovo con il multitracking a rendere ancora più magica l’atmosfera e There’s Not A Swaim scomoda il compositore classico Henry Purcell per volare verso virtuosismi vocali che lasciano a bocca aperta anche per la grande naturalezza con cui vengono eseguiti e con un arrangiamento musicale complesso e ricco di improvvisi crescendi. Holiday è una ballata pianistica più formale, dalla struttura avvolgente, con un mood malinconico che rieccheggia certe canzoni bellissime della migliore Sandy Denny, con Blessed Instant che ai apre con uno strumento a corda pizzicato e la voce solitaria della Chaney, poi il violino e gli archi si aprono e il brano scritto da Sidsel Indresen, una cantante norvegese che mi dicono molto brava ma non conosco, diventa più complesso e raffinato, quasi orchestrale, ma sempre in linea con il tessuto sonoro di questo bellissimo album, che si chiude con Cassiopeia, una ulteriore affascinante ballata pianistica che illustra i talenti di questa “esordiente” di lusso!

Se amate il rock e la musica orecchiabile meglio non farvi tentare da questi due album, gli altri potrebbero avere delle piacevoli sorprese.

Bruno Conti

Pagine “Antiche” E Nuove Di Rara Bellezza ! Thea Gilmore – Ghosts & Graffiti

thea gilmore ghost and graffiti

Thea Gilmore – Ghosts & Graffiti – Full Fill Records –CD o 2 LP Deluxe Edition

Dal suo esordio (a soli 18 anni) con Burning Dorothy (98), Thea Gilmore ha pubblicato da allora 14 album (13 in studio e 1 live), quattro EP e numerosi singoli (oltre a brani in vari album “tributo” assortiti), e oggi, all’alba dei 36 anni, sposata e madre di 2 figli, raggiunge quota quindici con questa sorta di raccolta, Ghosts & Graffiti, dove rivisita il suo catalogo inserendo quattro canzoni nuove, sei brani con nuove versioni di vecchio materiale, rarità e pezzi radiofonici, e collaborazioni con artisti del calibro di Joan Baez, Billy Bragg, Waterboys, King Creosote, Joan As Policewoman, I Am Kloot e John Cooper Clarke (poeta inglese e cantante punk-rock).

Nei 25 brani della Deluxe Edition in vinile, gli album più saccheggiati sono Strange Communion, Avalanche, Don’t Stop Singing http://discoclub.myblog.it/2011/11/20/forse-non-come-l-originale-ma-sempre-un-ottima-cantautrice-m/  , Murphy’s Heart, Rules For Jokers e Regardless (recensito da chi scrive http://discoclub.myblog.it/2013/06/08/la-piu-americana-folk-singer-inglese-thea-gilmore-regardless/ ), mentre le canzoni nuove (o precisamente mai apparse prima) partono con l’iniziale mid-tempo di Copper https://www.youtube.com/watch?v=UW9aWc0FPyE , il singolo Coming Back To You con i suoi svolazzi di violoncello e violino, il country-folk di un’ariosa Live Out Love e il blues paludoso di una intrigante Wrong With You.

Le rielaborazioni partono con This Girl Is Taking Bets https://www.youtube.com/watch?v=E1wm58dpKCk , una specie perfetto “rockabilly” con la chitarra di Robbie McIntosh, che vede Thea condividere la voce con la brava Joan Wasser (Policewoman) al pianoforte , e proseguono con la scintillante Glistening Bay (tratta dall’album dedicato alla grande Sandy Denny Don’t Stop Singing) che la vede accompagnata dall’attuale incarnazione dei grandi Waterboys, che danno al brano un suono più corposo https://www.youtube.com/watch?v=YK6zUnLziwM . Poi arrivano in sequenza il giro di chitarra di una Razor Valentine (una storia d’amore con Billie Holidayhttps://www.youtube.com/watch?v=TuRo17BVs2M , eseguita con il gruppo I Am Kloot (e la voce del cantante John Bramwell), con in sottofondo il sax di Pete McPhail, l’eccellente ballata Old Soul, cantata da Thea con violini e violoncelli a sostegno, l’atmosfera molto diversa di Don’t Set Foot Over The Railway Track, che non poteva che essere declamata dal leggendario poeta-punk John Cooper Clarke (su un tessuto di tastiere), e il lento valzer Inverigo eseguito con il cantautore scozzese King Creosote, dalla melodia molto “dylaniana”. Da segnalare inoltre il pop alla Indigo Girls di una gioiosa Start As Mean To Go On, una canzone politica come My Voice cantata con il censore più politico anglosassone Billy Bragg e il banjo del compagno di vita Nigel Stonier, con un’altra stupenda ballata in duetto con la sempre giovane Joan Baez Inch By Inch, su un tessuto di pianoforte e fisarmonica https://www.youtube.com/watch?v=jj-ysx4_r8w , i suoni spettrali di una sussurrata Avalanche https://www.youtube.com/watch?v=caNh-GklCZU , le scorribande folk di Juliet, e le atmosfere natalizie delle note di That’ll Be Christmas https://www.youtube.com/watch?v=Ep2ilaIU8g8 , che chiudono per ora un percorso di una carriera lunga 17 anni, vissuta tra alti (tanti) e bassi (pochi), ma sempre con grande coerenza.

Per chi scrive Thea Gilmore, con Jude Johnstone e Angie Palmer, si gioca lo scalino più alto del podio come  migliore songwriter inglese “sconosciuta” dell’ultima generazione, con un cocktail musicale che spazia dal folk al pop, attraverso il rock di chiara matrice americana, e tutto questo lo deve  ai suoi genitori Irlandesi che l’hanno cresciuta in un villaggio (da favola) nella campagna inglese dello Oxfordshire, dove è stata “abbeverata” con una solida colonna sonora di base, composta da Dylan, Beatles, Hendrix, e Fairport Convention. Per chi ama il genere un lavoro e una raccolta superba!

Tino Montanari

Prossimi Dischi, Vicini E Lontani Parte II. Laura Marling, Blackberry Smoke, Steve Earle, James McMurtry + Fotheringay Box

laura marling short move

Seconda parte delle anticipazioni a lunga gittata. Si è aggiunto anche un bel Box.

Laura Marling – Short Movie – Virgin/EMI/Caroline/Ribbon 24-03-2015

La giovane cantautrice inglese, una delle mie preferite tra le ultime generazioni di autori britannici http://discoclub.myblog.it/2011/09/22/giovani-talenti-si-confermano-laura-marling-a-creature-i-don/ , approda al quinto album della sua produzione. Annunciato dalla stessa Marling come un album elettronico (cosa che mi aveva un poco spaventato), in effetti è più elettrico dei precedenti, ma, a giudicare dalle due canzoni che circolano sotto forma di video, molto belle, datemene a iosa di album “elettronici” così. Il disco, concepito in America, dove Laura è andata a vivere da un paio di anni, in quel di Los Angeles, è molto influenzato dai suoni delle metropoli americane, quelli della California, con elicotteri sopra la testa a ogni piè sospinto e uno strano sottofondo sonoro nell’aria, sempre dalle sue parole, che ha ispirato un suono più metallico, urbano, rispetto alle precedenti prove più folk e bucoliche, addirittura un brano, Small Poke è stato ispirato dalla sua esperienza di trovarsi a New York durante l’uragano Sandy e di non avere difesa dalle forze scatenate della natura.

L’album è il primo che viene realizzato senza l’aiuto di un produttore esterno, con Laura Marling hanno collaborato il suo batterista Matt Ingram e l’ingegnere e produttore Dan Cox, insieme hanno realizzato la base del disco, a cui si sono aggiunti Nick Pinki al basso, Tom Hobden dei suoi vecchi amici Noah And The Whale agli archi (che forse perché suona il violino è stato indicato come Tom Fiddle!?) e Ruth De Tuberville al cello.

Warrior’
‘False Hope’
‘I Feel Your Love’
‘Walk Alone’
‘Strange’
‘Don’t Let Me Bring You Down’
‘Easy’
‘Gurdjieff’s Daughter’
‘Divine’
‘How Can I’
‘Howl At The Moon’
‘Short Movie’
‘Worship’
A giudicare dai due brani che potete ascoltare sopra si candida fin d’ora tra i migliori dell’anno, ma vedremo (e sentiremo) meglio al momento dell’uscita.
blackberry smoke holding all the roses
Blackberry Smoke – Holding All The Roses – Rounder/Concord Universal USA – Earache Records UK 10-02-2015
Nuovo album per la band sudista americana, il quarto di studio per il quintetto della Georgia dopo lo strepitoso live dello scorso anno http://discoclub.myblog.it/2014/08/28/altro-grande-doppio-southern-dal-vivo-anche-triplo-blackberry-smoke-leave-scare-live-north-carolina/, è anche il primo che uscirà per una major, almeno negli Stati Uniti, Rounder, del gruppo Universal/Concord- Il disco, prodotto da Brendan O’Brien (Springteen, Pearl Jam, Neil Young, nonché Aerosmith e AC/DC) è decisamente buono, come leggerete nella recensione, già preparata e che verrà pubblicata quando sarà il momento. Nel frattempo un piccolo anticipo…
steve earle terraplane

Steve Earle & The Dukes – Terraplane – New West – CD o Deluxe CD + DVD 17-02-2015

Sedicesimo album solo per Steve Earle, come lascia presagire il titolo, e il fatto che sia stato registrato all’House Of Blues Studio D di Nashville, con la produzione di R.S. Field,  si tratta di un album “ispirato” alle dodici battute classiche, rivisitate nella personale visione del barbuto musicista americano (che, come forse avrete letto, nel frattempo ha divorziato dalla sua settima moglie Allison Moorer, che ha avuto pure lei una vita travagliata come Earle, l’omicidio-suicidio dei genitori quando aveva 14 anni, e la scoperta dell’autismo del figlio avuto con lo stesso Steve, e di cui a marzo è in uscita un nuovo album Down To Believing, ma ne parliamo un’altra volta). Tornando al disco, ne uscirà anche una versione Deluxe, con un DVD che riporta il classico Making Of del disco e tre brani acustici come bonus.

Questa è la lista dei brani:

1. Baby Baby Baby (Baby)
2. You’re the Best Lover That I Ever Had

https://soundcloud.com/newwestrecords/steve-earle-the-dukes-youre
3. The Tennessee Kid
4. Ain’t Nobody’s Daddy Now
5. Better Off Alone
6. The Usual Time
7. Go Go Boots Are Back
8. Acquainted With the Wind
9. Baby’s Just as Mean as Me
10. Gamblin’ Blues
11. King of the Blues

james mcmurtry complicated game

James McMurtry – Complicated Game – Complicated Game Records USA – Blue Rose EU – 24-02-2015

Il grande cantautore texano (uno dei segreti meglio custoditi della canzone americana) interrompe un silenzio di sei anni al livello discografico, con questo nuovo album, prodotto da CC Adcock e Mike Napolitano e che esce a livello indipendente negli Stati Uniti e distribuito in Europa dalla meritoria Blue Rose (in Italia IRD), un disco che viene annunciato come più acustico dei precedenti…

Anche se a giudicare da questo brano non si direbbe. Queste le canzoni contenute nel CD in uscita a fine febbraio:

1. Copper Canteen
2. You Got To Me
3. Ain’t Got A Place
4. She Loves Me
5. How’m I Gonna Find You Now
6. These Things
7. Deaver’s Crossing
8. Carlisle’s Haul
9. Forgotten Coast
10. South Dakota
11. Long Island Sound
12. Cutter

Fotheringay nothing more

Fotheringay – Nothing More – The Collected Fotheringay – 3CD+DVD – Island/Universal 31-03-2015

Per finire, una bella notizia dell’ultima ora (a parte per i portafogli degli appassionati). Dopo i vari cofanetti dedicati a Sandy Denny, carriera solista, BBC Sessions, lavori con i Fairport Convention, ora ne esce uno dedicato al suo breve periodo (un anno, il 1970) con i Fotheringay, che in effetti fruttò un solo album a livello ufficiale uscito ai tempi, un Fotheringay II, uscito postumo su CD nel 2008 per la Fledg’ling Records e un Live Essen, semiufficiale. Ora la Universal pubblica questo cofanetto retrospettivo che ci regala parecchie chicche della band di Sandy Denny ( e Trevor Lucas, Jerry Donahue, Pat Donaldson e Gerry Conway): soprattutto il DVD che presenta quattro brani registrati per la trasmissione tedesca Beat Club che si aggiungono alla scarsa filmografia della bionda cantante inglese (per me la più grande prodotta da quella scena), ma anche, nel terzo CD, sette brani registrati dal vivo ad un Festival in quel di Rotterdam, nell’agosto 1970, mai pubblicati prima, e sette tracce pescate dagli archivi della BBC Radio.

La puntata della trasmissione del Beat Club è questa (così vi gustate anche Stone The Crows, Colosseum e Muddy Waters, oltre ad un brano dei Fotheringay)

E questo è il contenuto completo del cofanetto:

Tracklist
CD1:
1. Nothing More
2. The Sea
3. The Ballad of Ned Kelly
4. Winter Winds
5. Peace In The End
6. The Way I Feel
7. The Pond and The Stream
8. Too Much of Nothing
9. Banks of The Nile
10. The Sea – Demo version
11. Winter Winds – Demo version
12. The Pond and The Stream – Demo version
13. The Way I Feel – Original version
14. Banks of The Nile – Alternate take
15. Winter Winds – Alternate take

CD2:
1. John The Gun
2. Eppie Moray
3. Wild Mountain Thyme
4. Knights of the Road
5. Late November
6. Restless
7. Gypsy Davey
8. I Don’t Believe You
9. Silver Threads and Golden Needles
10. Bold Jack Donahue
11. Two Weeks Last Summer
12. Late November – Joe Boyd mix
13. Gypsy Davey – Joe Boyd mix
14. Two Weeks Last Summer – Joe Boyd mix
15. Silver Threads and Golden Needles – alternative 2004 version
16. Bruton Town – Rehearsal version
17. Bruton Town – 2015 version

CD3:
1. The Way I Feel – Live in Rotterdam
2. The Sea – Live in Rotterdam
3. Too Much Of Nothing – Live in Rotterdam
4. Nothing More – Live in Rotterdam
5. I’m Troubled – Live in Rotterdam
6. Two Weeks Last Summer – Live in Rotterdam
7. The Ballad of Ned Kelly – Live in Rotterdam
8. Banks of The Nile
9. Memphis Tennessee
10. Interview / The Sea – BBC Top Gear
11. The Lowlands of Holland – BBC Folk On One
12. Eppie Moray – BBC Folk On One
13. John The Gun – BBC Sounds of The 70s
14. Bold Jack Donahue – BBC Sounds of The 70s
15. Gypsy Davey – BBC Sounds of The 70s
16. Wild Mountain Thyme – BBC Sounds of The 70s

DVD:
1. Nothing More
2. Gypsy Davey
3. John the Gun
4. Too Much of Nothing

Anche per oggi è tutto, alla prossima!

Bruno Conti

Il Disco Della Domenica, Del Mese E Forse, Dell’Anno! Natalie Merchant

natalie merchant natalie merchant

Natalie Merchant – Natalie Merchant – Nonesuch/Warner

Quello che penso di Natalie Merchant l’avevo palesato fin dal titolo (ma anche nel contenuto) del Post con cui presentavo il suo ultimo disco del 2010, Leave Your Sleep, http://discoclub.myblog.it/2010/04/14/l-ultima-grande-cantautrice-americana-natalie-merchant-leave/, e non posso che confermarlo per questo nuovo, notevole, album omonimo. Gli anni passano, i capelli si fanno più grigi e bianchi (e non nel modo più sbarazzino, con un ciuffo alla Bonnie Raitt o Crudelia Demon), ma la voce rimane splendida, unica nel panorama americano e mondiale (ai tempi, prima di lei, da prendere come modello, come ho palesato in altre occasioni, c’era Sandy Denny), con questo tipo di voce particolare, calda, amorevole, espressiva, dolce, avvolgente, anche vellutata e una capacità di scrivere canzoni che ti entrano nel cuore con una facilità disarmante. Peccato che lo faccia assai di rado, per avere undici nuove canzoni (o meglio dieci, più una breve introduzione) abbiamo dovuto attendere quasi tredici anni, tanti ne sono passati da Motherland, l’ultimo disco di materiale originale, pubblicato nel lontano 2001. Ma ne valeva assolutamente la pena, e nel frattempo la Merchant ha pubblicato comunque due bellissimi album, oltre a quello citato sopra, anche The House Carpenter’s Daughter era un fior di album, però un disco tutto nuovo è una cosa diversa, da assaporare con piacere. E quindi vediamo, brano per brano, cosa contiene.

Anzi, prima di partire, devo ammettere, per onestà, che arrivo con un paio di settimane di ritardo sulla data di uscita perché me lo sono sentito proprio per bene e addirittura, ad un primo ascolto, non mi aveva entusiasmato, come in altre occasioni. Poi, piano piano, il disco è entrato in circolo e devo ammettere che è la “solita” Natalie Merchant, per fortuna, come si suol dire, con espressione trita e ritrita finché si vuole, ma efficace, la classe non è acqua ! Registrato nei pressi di casa sua, al Clubhouse di Rhinebeck, NY, prodotto dalla stessa Natalie, con la collaborazione tecnica di Eli Walker e George Cowan, aiutata da un manipolo di validi musicisti, che vediamo brano per brano, direi che possiamo partire.

Ladybird apre le danze, uno dei suoi brani tipici, malinconica nei contenuti, la storia di una donna insoddisfatta della propria relazione, la passione e l’amore ormai andati, si rimane insieme per senso di responsabilità verso i figli e perché, forse, non ci sono altri posti dove volare, dicono autobiografica, anche lei, ma non importa. La musica viceversa è leggiadra, quel tu-tu-tu-tu ricorrente e dolcissimo, intonato da Johanna Warren, Simi Stone e Tamar-Kali, che lo percorre è pura Natalie Merchant al 100%, le tastiere di Uri Sharlin, al Grand Piano e John Medeski all’organo fanno meraviglie, le chitarre di Gabriel Gordon e Erik Della Penna pure, a un certo punto del ritornello mi è parso persino di cogliere una citazione di Space Oddity di Bowie https://www.youtube.com/watch?v=IgJq6v6gA_4 e anche qualcosa dei Beatles, con gli archi che avvolgono il suono in un bozzolo che più che proteggere espande, Jesse Murphy al basso e Shawn Pelton alla batteria sono pressoché perfetti e il sound è limpido come raramente è dato ascoltare. Io sarei già soddisfatto, ma il resto dell’album è sempre ricco di belle suggestioni. Maggie Said, aggiunge Elizabeth Mitchell alle armonie vocali, gli altri sono gli stessi, ancora rimpianti nel testo, qui esplicati sotto forma di una ballata avvolgente e sommessa, meno espansiva musicalmente rispetto al brano precedente, ma sempre ricca di fascino.

Texas ha un impianto sonoro più folk, giocato intorno alla chitarra acustica di Gordon e soprattutto alla lap steel di Della Penna, mirabile in questo brano, con la sezione ritmica affidata alla coppia Marc Friedman, basso e Andrew Barr, batteria, molto più raccolta e meno espansiva rispetto ai primi due brani, bella canzone comunque.Go Down Moses è un piccolo capolavoro di gospel-soul-rock con Natalie Merchant impegnata a duettare con la stupenda voce di Corlliss Stafford (ottima cantante, gospel naturlamente), parte piano e poi in un crescendo euforico ti travolge, John Medeski all’organo distilla note da gran maestro quale è, i due chitarristi e la sezione ritmica sono ancora una volta perfetti e l’aggiunta dei fiati aggiunge quel tocco New Orleans che è insito nella musica. Suonato benissimo e cantato anche meglio, da entrambe. Anche Seven Deadly Sins parte acustica, poi entrano di volta in volta, la fisarmonica di Uri Sharlin, la lap steel di Della Penna, il contrabbasso di Jesse Murphy, la batteria marziale di Pelton che esemplifica questa “guerra” di sentimenti e, nel finale, la tromba Eddie Allen e il trombone e la tuba di Clark Gayton, per un brano quasi jazzato, ma sempre visto nella particolare visione sonora della Merchant.

Giving Up Everything è un altro brano dall’arrangiamento complesso, più che una sezione archi sembra di sentire una intera orchestra, piccola ma molto presente, adatta all’umore “buio” e pessimistico della canzone, anche lei come fece Van Morrison ai tempi di No Guru, No method, No Teacher intona una serie di cose che non sarà mai più: “no longer slave, not chained to it, no gate,no guard, no keeper, no guru, master, teacher.” Uno dei brani dell’album che richiede più attenzione e ascolti ripetuti, meno immediato di altri  Black Sheep è una sorta di blues jazzato da music hall fumosi mitteleuropei, vagamente waitsiano, con il sax e clarinetto di Steve Elson in evidenza, mentre Natalie canta in modo quasi vezzoso, in contrapposizione al testo sempre denso e immanente. It’s A Coming è la Natalie Merchant più classica, un organo in primo piano suonato dall’ottimo Jonathan Dreyden, le due chitarre di Della Penna Gordon grintose e rockeggianti, come pure la sezione ritmica di Friedman e Burr che prende un groove irresistibile e non lo molla più.

Lulu, preceduta da una breve introduzione, stile funerale di New Orleans, con fiati e archi lugubri, diventa poi una delle classiche ballate ariose tipiche del meglio della sua produzione, con i pianoforti di Uri Sharlin  a disegnare la melodia che sale in un meraviglioso crescendo d’insieme di tutti i musicisti nella parte centrale e poi si quieta nuovamente nel finale, gran bella canzone. Alla fine, inevitabilmente, troviamo The End, che non è né quella dei Doors e neppure quella dei Beatles, solo voce e archi, sempre molto pessimista, quasi apocalittica, anche questa di non facile assimilazione, cantata però a voce spiegata dalla brava Natalie. Un disco dalle due facce, più godibile e fruibile nella prima parte, più duro e cupo nella seconda, l’opera di una signora che ormai è entrata nella sua maturità, non è più quella bimbetta timida e delicata che vedete qui sopra, e non mi sembra averla presa molto bene, un mondo personale e globale difficile da digerire, ma stimolante e di grande spessore musicale. Da sentire con attenzione, forse non un capolavoro assoluto ma comunque, ancora una volta, un gran disco, tra i migliori, per ora, del 2014!

Bruno Conti

Il “Solito” Disco Di Luka Bloom, Per Fortuna! Head And Heart

luka bloom head & heart

Luka Bloom – Head And Heart – Skip/V2Compass/Ird

Prosegue imperterrita la striscia di ottimi album pubblicati da Luka Bloom, difficilmente i suoi dischi, come si diceva anche in altre occasioni, hanno raggiunto l’eccellenza assoluta, ma la sua opera omnia non manca in ogni occasione di stupire gli appassionati, per la consistenza e la qualità di questi lavori https://www.youtube.com/watch?v=07_n211EvBk . Come è ormai noto (almeno tra i suoi estimatori e gli appassionati della buona musica) il vero nome di Luka è Kevin Barry Moore, fratello minore di Christy Moore, e per chi scrive, giusto una “anticchia” inferiore all’augusto fratello https://www.youtube.com/watch?v=WxLTuzx82XM . Pur avendo vissuto per qualche anno pure fuori dall’Irlanda, dove se è svolta la parte centrale della sua carriera, Luka Bloom ha sempre mantenuto vivi i contatti con la sua terra di origine, e in questo CD c’è una accorata ballata intitolata Liffeyside, dedicata al quartiere di Newbridge, nella County Kildare irlandese, dove si è svolta la sua infanzia https://www.youtube.com/watch?v=5t-nzW9dkRM .

luka bloom christy moore

La novità di questo disco, se tale si può definire, non è tanto nel tipo di sound utilizzato, quanto nel fatto che, con l’esclusione del brano citato e di un’altra canzone di cui parliamo tra poco, si tratta di un album tutto di covers, che quindi esaminano anche la componente non celtico-irlandese della sua musica, che è peraltro presente in alcuni brani. L’altra canzone che porta la firma di Luka Bloom è Give You Wings, una canzone scritta di getto sull’onda emotiva provocata dall’incidente avvenuto in una galleria svizzera nel 2012, quando un bus belga si era schiantato provocando la morte di 28 persone, di cui 22 erano bambini, non so se ricordate il fatto, ma il nostro pubblicò all’epoca su YouTube un filmato che conteneva questa canzone che raccontava la tragedia in modo poetico https://www.youtube.com/watch?v=SvoW6Vqv7PU , vista dal punto di vista dei genitori che non avrebbero più rivisto i loro piccoli figli.

luka bloom 1

Bloom è in parte, nella sua poetica, un cantore di questi sentimenti universali, messi sotto forma di canzone, non per nulla il disco si chiama “la testa e il cuore” e nel precedente http://discoclub.myblog.it/2013/01/05/una-certa-aria-di-famiglia-luka-bloom-this-new-morning/ c’erano il brano sull’incontro tra la regina Elisabetta e la Presidentessa irlandese, quello sull’artista olimpica Sonia O’Sullivan e Gaman sul disastro nucleare di Fukushima, quindi un occhio sempre attento anche sull’attualità. Ma in questo album ci si rivolge decisamente al passato: accompagnato dal trio del pianista Phil Ware, del contrabbassista Dave Redmond e del batterista Kevin Brady, registrati nello studio casalingo di Luka, il repertorio pesca alcune “perle” della musica mondiale, qualcuna celebre, altre meno note.

luka bloom 2

La title-track Head And Heart, ad esempio, è tratta da uno dei dischi non più celebrati, ma comunque bellissimi, di John Martyn, Bless The Weather, e viene rivista in un arrangiamento jazzato vicino allo spirito dello scozzese, la voce non è cosi fluida e magica, ma è comunque sempre un bel sentire, perché anche la voce di Luka ha quell’impeto in comune con il fratello Christy https://www.youtube.com/watch?v=aEStVgQttBM . Bloom lavora spesso anche con il suono inconfondibile della sua chitarra, suonata in modo particolare, quasi “spaziale”, a causa dei problemi di tendinite che lo hanno afflitto ad inizio carriera. Banks Of The Lee, con la filigrana delicata dell’acustica ci riporta alla tradizione della musica celtica, un brano tradizionale scozzese interpretato dai Silly Wizard ma famoso anche per la versione che ne fece Sandy Denny con i suoi Fotheringay, re-intitolandola Banks Of The Nile. Molto intima e raccolta è la versione di uno dei pochi “classici”  degli anni ’80 di Dylan, una Every Grain Of Sand, che si riappropria dello spirito da troubadour del primo Zimmerman. The First Time I Ever Saw Your Face l’ha scritta Ewan MacColl, ma l’hanno cantata in mille, da Presley a Cash, anche se la versione di riferimento, quella di maggiore successo, e forse la più bella è quella di Roberta Flack, Bloom cerca di impossessarsi dello spirito “amoroso” di questa canzone.

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Dopo la dolcissima Give Me Wings, Bloom riporta Gentle On My Mind allo spirito folk dell’originale di John Hartford (anche se le versione più conosciuta è quella di Glenn Campbell). My Wild Irish Rose è una vecchia canzone romantica irlandese di fine ‘800 https://www.youtube.com/watch?v=VZ7g-oxClkE , mentre Lonesome Robin, un altro delicato brano folk acustico, l’ha scritto un vecchio cantautore, tale Bob Coltman (ammetto di non conoscere). And I Love You So viceversa la conoscono tutti, un’altra stupenda canzone d’amore scritta da Don McLean (Vincent e American Pie dicono qualcosa?) per il suo primo album Tapestry https://www.youtube.com/watch?v=WxLTuzx82XM , poi diventata uno degli ultimi successi di Perry Como. Detto della malinconica Liffeyside anche Danny Boy è una delle più celebri ballate uscite dalla terra d’Irlanda nel secolo scorso, cantata in modo struggente da Luka Bloom. Conclude The Joy Of Living, il secondo brano firmato da Ewan MacColl, ancora musica folk d’autore, sostenuta solo dalla delicata chitarra arpeggiata del nostro amico e quasi sussurrata, ma con grande abbandono, dal cantante irlandese. Se uno è bravo, è bravo!

Bruno Conti

Sprazzi Di Gran Classe! Linda Thompson – Won’t Be Long Now

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Linda Thompson – Won’t Be Long Now – Pettifer Sounds/Topic

Linda Thompson non è mai stata una artista prolifica, quattro album in trenta anni di carriera solista (più due raccolte di materiale inedito, sublimi) lo stanno a testimoniare. Ma la qualità della sua produzione è sempre stata elevatissima, in grado di rivaleggiare con quella realizzata in coppia con l’ex marito Richard, alcuni dischi veramente superbi, tra i migliori della storia del rock (e del folk) d’autore, il primo e l’ultimo in particolare, I Want To See The Brights Lights Tonight e Shoot Out The Lights, dove cala il sipario sulla loro vita sentimentale ed artistica, il divorce album per eccellenza: ma tutta la discografia è, direi indispensabile, con qualche alto e basso, ma s’ha da avere, anche i Live postumi usciti nelle decadi successive.

Nata Linda Pettifer (da qui il nome dell’etichetta del nuovo disco), poi con il nome d’arte Linda Peters ha iniziato a collaborare con il giro folk-rock inglese dei primi anni ’70, in particolare nell’album Rock On attribuito a The Bunch, dove duetta con Sandy Denny in una bellissima cover di When I Will be Loved? degli Everly Brothers (e proprio di Sandy Denny, Linda Thompson dovrebbe essere considerata la sodale ed anche erede, per quanto discontinua). Nello stesso anno, 1972, partecipa come corista al primo album solista di Richard Thompson, Henry The Human Fly, e da lì in avanti inizia il loro sodalizio artistico ed umano, che durerà una decina di anni, la scoperta della filosofia Sufi e poi la fine brusca nel 1982, con l’appendice di un tour americano completato per problemi contrattuali, quando i due già erano praticamente divisi.

Se aggiungiamo che nel corso degli anni Linda è sempre stata perseguitata dalla “disfonia isterica”, un disturbo psicologico che spesso la lasciava senza voce per lunghi periodi, non certo l’ideale per una cantante, che, unita alla sua indole riservata, ha fatto sì che la sua carriera non sia stata quella che avrebbe potuto essere, ma accontentiamoci, meglio pochi ma buoni, Kate Bush, Peter Gabriel e lo Springsteen dell’epoca d’oro le facevano un baffo (se l’avesse avuto) quanto a prolificità. Ma questa è un’altra storia.

Veniamo a questo Won’t Be Long Now, il primo album di materiale inedito dopo Versatile Heart del 2007 (siamo nella media temporale della sua produzione) e il primo disco dall’approccio decisamente folk, inteso come British Folk, quello della grande tradizione inglese degli anni ’70, che ancora oggi è in grado di soprassalti di gran classe. E questo è uno dei casi. Disco ricchissimo di ospiti, che vedremo brano per brano e con gran parte della famiglia Thompson impegnata, figli, nipoti, cognati, ex mariti, oltre agli “amici” di una vita.

Si parte con una stupenda collaborazione con l’ex Richard, evidentemente il tempo guarisce tutte le ferite ( i due erano già apparsi insieme nel recente tributo a Kate McGarrigle): si tratta di una canzone, Love’s For Babies And Fools, scritta proprio per il figlio scavezzacollo, e preferito, di Kate McGarrigle, quel Rufus Wainwright che è uno dei grandi talenti, non totalmente espressi, della scena musicale attuale. Un brano, che proprio Kate poco prima di morire l’aveva incoraggiata a completare, un ritratto poco complimentoso, anche sferzante, ma ricco di affetto, con una splendida melodia sottolineata dalle sempre geniali fioriture dell’acustica di Richard Thompson e con Linda che si doppia anche alle armonie vocali e ci permette di gustare la sua straordinaria voce, ancora ricca e corposa a dispetto dell’età che avanza. Grande inizio. Never Put To Sea Boys è un’altra folk song, anzi una di quelle che si chiamano sea shanties, scritta con l’ex Solas John Doyle, che suona l’acustica, si avvale anche di un “programming umano”, se esiste una cotale guisa, che ricrea il sound del migliore folk tradizionale d’aria celtica in maniera egregia.

Secondo molti If I Were A Bluebird è uno dei momenti topici dell’album: scritta da Linda Thompson in coppia con Ron Sexsmith (che la nostra amica invidia proprio per quella prolificità che a lei è sempre mancata, in una iperbole dice che “scrive un milione di canzoni alla settimana” e tutte belle). L’esecuzione poi è straordinaria, David Mansfield alla Weissenborn guitar, l’ottimo cantautore Sam Amidon all’acustica e al banjo e le struggenti armonie vocali di Amy Helm. Dura quasi 7 minuti, ma potrebbe durare anche mezz’ora tanto è bella. E non scherza un c….neppure As Fast As My Feet una canzone dal repertorio delle McGarrigles, scritta in questo caso da Anna con l’aiuto di Chain Tannenbaum. E’ uno dei brani “elettrici” del disco, vicino allo stile caratteristico della vecchia produzione di Linda, ma è anche una canzone di “famiglia”, ci sono quasi tutti i Thompson: i figli, Kami, che è la voce solista (e ci fa ben sperare per la prosecuzione della tradizione familiare, bella voce, calda e vivida), Muna, alle armonie vocali, con la mamma, Teddy, chitarra acustica e armonie, Jack Thompson, il figlio di Richard al basso, il nipote Zac Hobbs alla chitarra solista e al mandolino, dal passato dei Fairport torna Gerry Conway alla batteria e Glenn Patscha degli Ollabelle alle tastiere. E il risultato è una delizia folk-rock di stampo angloamericano.

Decisamente folk tradizionale la sontuosa Father Son Ballad scritta da Teddy Thompson, con John Doyle ancora alla acustica, Glenn Patscha alle tastiere, compreso un pump organ dei tempi che furono e il grande Dave Swarbrick, che ancora una volta presta il suo magico violino alle operazioni. Nursery Rhyme Of Innocence & Experience è uno standard della canzone popolare inglese, eseguito con l’accompagnamento della chitarra acustica di Martin Carthy (ci sono proprio tutti!) e del cello di Garo Yellin (non conosco, ammetto, però il nome l’ho visto in parecchi dischi). Mr. Tams è un’altra bellissima canzone di stampo folk, scritta con il figlio Teddy, e con l’accompagnamento strumentale della coppia Swarbrick-Carthy, le voci, assieme a Linda, sono quelle di Eliza Carthy, che suona anche il melodeon, Susan McKeown e di nuovo la figlia Kami. Paddy’s Lamentation era nella colonna sonora di Gangs Of New York. Linda Thompson ricorda nelle note che quando Scorsese seppe che nella colonna sonora c’era una sua canzone disse “Ma è ancora viva?”. Un onore, perché il regista appassionato di musica, sapeva chi fosse, ma rispondiamo con un “Ma certo”, toccandoci. Il brano, solo Linda, supportata dalla chitarra acustica e dalla seconda voce del figlio Teddy, che l’ha scritta con lei, ha un piglio tradizionale classico.

Never The Bride, ancora scritta dall’accoppiata mamma/figlio, è una stupenda ballata elettrica, di quelle che sapevano fare solo lei e Sandy Denny. Ironica nel testo (perché la nostra amica dice di essere praticamente sempre stata sposata, nel corso della sua esistenza, con diversi mariti ovviamente): ad aggingersi alla famiglia, in questo brano, alla chitarra elettrica solista slide, c’è James Walbourne, che ha suonato, tra gli altri, con Pernice Brothers e Son Volt e si è sposato la figlia della Thompson, Kami (quindi è il cognato, ci mancava). Ma protagonista della canzone, oltre alla voce, malinconica ed evocativa di Linda, è la fisarmonica (o button accordion come direbbero quelli che sanno) di John Kirkpatrick, un altro dei grandi “vecchi” del movimento folk britannico, magnifico brano con un ritornello da accendini (o telefonini, ora) accesi. Blue Bleezin’ Blind Drunk è un piccolo intermezzo vocale, un traditional cantato accapella, registrato dal vivo al Bottom Line di New York in uno dei rarissimi tour della cantante inglese.

Si conclude con la title-track, It Won’t Be Long Now, scritta ancora da Teddy Thompson (che è un ottimo cantautore, ma si deve misurare con due mostri sacri come Richard & Linda Thompson): è il brano più americano dell’album, una canzone country-bluegrass deliziosa, registrata con un paio dei migliori musicisti nel genere, Tony Trischka al banjo e David Mansfield al mandolino, oltre alle armonie vocali, ancora una volta, di Kami Thompson ed Amy Helm.

Uno dei migliori dischi dell’anno nel genere folk, ma che se la batte anche in assoluto tra i migliori dischi del 2013, per esempio con Electric dell’ex consorte Richard, piccoli, grandi dischi, sconosciuti alle masse, ma da non lasciarsi sfuggire.

P.S. E’ venuta lunga? Meglio, c’è di più da leggere!

Bruno Conti    

Un “Ultimo” Cofanetto, Uscita Autunnale, Tanto Per Gradire. John Martyn – The Island Years

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John Martyn – The Island Years – Island/Universal 17 CD+ 1 DVD – 30-09-2013

Uscirà solo alla fine di settembre, ma ve ne parlo già oggi, in quanto, come il cofanetto da 19 CD di Sandy Denny, uscito nell’autunno 2010, sarà pubblicato in una tiratura limitata destinata a sparire velocemente come era successo per la bionda collega di etichetta di John Martyn. Il prezzo dovrebbe essere intorno ai 200 euro e conterrà all’incirca l’equivalente di 5 CD di materiale raro od inedito oltre ad un DVD con rare performances video da varie trasmissioni della BBC: Old Grey Whistle Test, Sight and Sound – In Concert and A Little Night Music e un concerto completo Foundations Live at the Town and Country Club che era uscito solo una vecchia videocassetta.

Gli album contenuti saranno i seguenti:

London Conversation/ The Tumbler nel primo CD

Stormbringer! con Bverley Martyn nel secondo CD

The Road To Ruin sempre con la moglie Beverley nel terzo CD

Bless The Weather nel quarto CD

The Hanging Lamp, Richmond 14th May 1972 nel quinto CD. Questa è una delle chicche del box, si tratta del primo concerto di Martyn in cui fa uso del suo famoso pedale Echoplex con riverbero che verrà usato poi su disco in

Solid Air nel sesto CD, tornato singolo

Inside Out nel settimo CD

Live At Leeds nell’ottavo CD, che era uscito in versione doppia Deluxe torna singolo, ma secondo il compilatore del box John Hillardy, ci saranno ulteriori brani inediti

Sunday’s Child nel nono CD

The State Theatre, Sydney, Australia 14th August 1977 nel decimo CD, altro concerto inedito, un broadcast per la radio australiana mai pubblicato prima

One World 1 nell’undicesimo CD

One World 2 nel dodicesimo CD, questo e il successivo Grace and Danger dovrebbero essere le stesse versioni dei due doppi Deluxe, ma non è detto, anzi. Per esempio il secondo CD di One World contiene la versione completa di 18 minuti di Black Man At The Shoulder, di cui ai tempi Chris Blackwell aveva vietato la pubblicazione per presunte implicazioni razziste del tempo e che nelle bonus della Deluxe appare in una versione abbreviata di 5:54. Non c’è neppure nel quadruplo Ain’t No Saint, che comprende una trentina di inediti, tra i quali una versione di 7:19, questa.

Grace And Danger 1nel tredicesimo CD

Grace And Danger 2 nel quattordicesimo CD. Anche qui c’è una versione inedita di Hi-Heel Sneakers che non era nel materiale extra del doppio CD. E probabilmente ci sarà altro materiale inedito perché l’archivista Hillardy sta ancora completando il materiale, infatti il cofanetto che doveva uscire ad inizio settembre è slittato alla fine del mese. Nella cronologia della discografia finisce la prima fase di John Martyn con la Island, che pubblicherà i successivi Glorious Fool e Well Kept Secret per la WEA. Ma nel 1984 torna alla Island e pubblica

Sapphire nel quindicesimo CD

Piece By Piece nel sedicesimo CD

The Apprentice nel diciasettesimo CD. Non è un errore, questa è la versione originale dell’album, registrata nel 1987 e ancora una volta respinta da Blackwell, che quindi verrà ri-registrata da Martyn un paio di anni dopo e pubblicata dall’indipendente Permanent Records nel 1990, e quindi vede la luce per la prima volta nella versione originale.

Del disco numero 18, ovvero il DVD, abbiamo già detto. Questo è quanto so al momento, quando avrò ulteriori informazioni vi terrò informati.

Naturalmente nella confezione c’è anche un bel librone rilegato con fotografie rare e mai viste e un nuovo saggio del compilatore John Hillardy, scritto per l’occasione. Il contenuto mi sembra formidabile, dipende da quanti CD vi siete già ricomprati delle varie versioni rimasterizzate negli anni. Per chi ha poco materiale o molte disponibilità finanzarie, o entrambi, direi imperdibile!

E’ tutto anche per oggi, alla prossima!

Bruno Conti

Una Storia Che Non Finisce Mai, Ennesimo Capitolo Della Saga Sandy Denny/Fairport Convention! Rising For The Moon Deluxe Edition

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Fairport Convention – Rising For The Moon – 2 CD Deluxe – Island/Universal 27-08-2013

Quando ho letto la notizia mi sono detto: “non è possibile, un altro!” Ma poi ho pensato. è praticamente inevitabile che ogni anno, quando l’estate raggiunge il suo fulgore, ci giunga notizia di qualche ripubblicazione del catalogo di Sandy Denny o dei Fairport Convention. Lo scorso anno era toccato al cofanetto di rarità e demo The Notes And The Words della sola Sandy ma con molto materiale Fairport, quest’anno tocca alla ristampa Deluxe di Rising For The Moon, il disco del 1975 che aveva sancito il rientro in formazione della bionda cantante inglese.

In CD era già uscita una versione nel 1992 e poi una remastered con 4 bonus nel 2005 e i fans (mi ci metto anch’io) ogni volta ricomprano. Cosa avrà la versione del 2013 di imperdibile per farcelo acquistare nuovamente? Vediamo:

Disc: 1

  • 1. Rising For The Moon – ( 4.08 )
  • 2. Restless – ( 4.01 )
  • 3. White Dress – ( 3.44 )
  • 4. Let It Go – ( 2.00 )
  • 5. Stranger To Himself ( 2.51 )
  • 6. What Is true ? – ( 3.35 )
  • 7. Iron Lion – ( 3.27 )
  • 8. Dawn – ( 3.42 )
  • 9. After Haloween – ( 3.38 )
  • 10. Night – Time Girl
  • 11. One More Chance ( 7.55 )
  • 12. White Dress: Previously Unreleased – Live on LWT – ( 3:44 )
  • 13. Dawn – Alternate Take – ( 4:11 )
  • 14. What Is True ? (Studio Demo ) – ( 3:20 )
  • 15. After Halloween (Demo ) – (3:04 )
  • 16. The King And Queen of England (Home Demo-Alternate Take )-( 3:12 )

Disc: 2

  • 1. Down In The Flood – Live
  • 2. Ballad of Ned Kelly – Live
  • 3. Solo – Live
  • 4. It’ll Take A Long Time – Live
  • 5. She Moves Through The Fair – Live
  • 6. The Hens March Through The Midden & The Four Poster Bed – Live
  • 7. The Hexamshire Lass – Live
  • 8. Knocking On Heavens Door – Live
  • 9. Six Days On The Road – Live
  • 10. Like An Old Fashioned Waltz – Live
  • 11. John The Gun – Live
  • 12. Down Where The Drunkards Roll – Live
  • 13. Crazy Lady Blues – Live
  • 14. Who Knows Where The Time Goes – Live
  • 15. Matty Groves – Live
  • 16. That’ll Be The Day – Live

A questo punto svesto i panni dell’appassionato ed indosso quelli del vostro investigatore discografico preferito. Al di là delle classiche confezioni Deluxe della Universal che ingrossano le discoteche di molti affezionati alla buona musica cos’altro ha di interessante questa versione doppia?

Le cinque tracce extra del primo CD sono diverse dalle bonus che graziavano la versione remastered del 2005, ma due, l’alternate take di Dawn e il demo di What is True erano già usciti in The Notes And The Words per non parlare del box da 19 CD dove apparivano anche gli altri 3 brani.

Il concerto sul secondo CD (inciso bene) è quello famoso al Troubadour di Los Angeles del 1° primo Febbraio del 1974, undici brani del quale apparivano sempre nel famoso megabox da 19 CD (e visto che ne hanno fatti solo un migliaio di esemplari, moltissimi altri come me, non ne saranno felici proprietari). In ogni caso 3 pezzi del concerto apparivano comunque in Notes, e cinque, nel box precedente A Boxful Of Treasures uscito per la Fledg’ling nel 2004 (compreso il bonus disc). Quindi rimangono una decina di brani dal vivo inediti per chi non ha il cofanettone. Che faticaccia ricostruire il tutto, perché viene sempre lasciata quell’aria di indecisione nelle informazioni che anche i Blog ed i siti più agguerriti faticano a rompere, ma come dicevano Sandra e Raimondo, “Noi no!”

Quindi? Giudizio critico: il disco non è forse uno dei più belli dei Fairport Convention, ma per il concerto (formazione Sandy Denny, Dave Swarbrick, Dave Pegg, Dave Mattacks, Trevor Lucas e Jerry Donahue) assai valido, ricostruito nella sua interezza (forse, mai dire mai), direi “Elementare Watson”, purtroppo, temo che si (ri)compri!

Bruno Conti

La Più “Americana” Folk Singer Inglese! Thea Gilmore – Regardless

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Thea Gilmore – Regardless – Fullfill Records – 2013

Oggi vi parlo, con estremo piacere, di una cantautrice che nel cuor mi sta. Thea Gilmore è una cantante anglosassone, nata nell’Oxfordshire da genitori irlandesi, alla ribalta dal lontano ‘98 , giunta con questo lavoro Regardless al quattordicesimo album (se non ho sbagliato i conti). Thea ha iniziato la sua carriera lavorando in uno studio di registrazione, dove è stata scoperta da Nigel Stonier, collaboratore di lunga data prima, e dal 2005 anche produttore, nonché co-autore e, last but not least, suo marito. Dopo l’esordio con Burning Dorothy (98), sforna con “certosina” regolarità The Lipstick Conspiracies (2000), Rules For Jokers (2001), Songs From The Gutter (2002), Avalanche (2003), Loft Music (2004), Harpo’s Ghost (2006), Liejacker (2008), lo splendido live in parte acustico ed in parte elettrico, Recorded Delivery (2009), Strange Communion (2010), Murphy’s Heart (2011), raggiungendo la piena maturità con gli omaggi a Bob Dylan John Wesley Harding, e alla grande Sandy Denny con Don’t Stop Singing (2011). forse-non-come-l-originale-ma-sempre-un-ottima-cantautrice-m.html

Le tracce registrate in questo Regardless sono tutte sue, con l’eccezione di tre brani firmati con il marito Nigel: a partire dallo scorrevole pop di  Start As We Mean To Go On, sorretto da brillanti chitarre e con un ritornello piuttosto orecchiabile, proseguendo con una romantica slow ballad dalla buona melodia come Punctuation, e finendo il trittico con l’ariosa Love Came Looking For Me dal seducente riff orchestrale.

Aiutano la Gilmore  in questo nuovo album (oltre al suddetto marito polistrumentista), un manipolo di valenti musicisti, tra cui è giusto menzionare Paul Beavis alla batteria e percussioni, Robbie McIntosh alle chitarre (non dimenticato componente dei Pretenders e della band di paul McCartney) e le violiniste Sarah Spencer e Susannah Simmons. Il disco è molto godibile, alterna momenti rock, come la veloce Something To Sing About, a deliziose ballate di stampo cantautorale come la title-track Regardless e I Will Not Disappoint You, per poi passare alle percussioni latine di This Road, e finire con il lato più intimo di Thea con Let It Be Known e My Friend Goodbye, che colpiscono per la delicata interpretazione.

Regardless è un lavoro davvero buono (forse non un capolavoro), un CD dagli arrangiamenti vari e ricchi (una sorta di piccola orchestra diretta dal marito Nigel Stonier) e Thea Gilmore è un’artista di vaglia, possiede una bella voce (per chi scrive ricorda un po’ quella di Sheryl Crow) *, depositaria di un suono diretto e senza fronzoli, che colpisce per freschezza e personalità. Da ascoltare più volte, con la certezza, che se avete dubbi al riguardo, per il sottoscritto basta ascoltarla anche una volta sola.

Tino Montanari

*NDB E perché non Sandy Denny!?