Il “Canto Del Cigno” Della Storica Band Folk-Rock Scozzese! Runrig – The Story

runrig the story

Runrig – The Story – Ridge Records – Deluxe Edition

Salvo ripensamenti, dopo una carriera ultraquarantennale composta da 15 album, 5 raccolte e 6 album live, questo The Story rappresenta l’ultima registrazione in studio dei Runrig, la storica band scozzese, forse la più popolare di sempre. Dopo aver festeggiato il loro 40° anniversario nel 2013, con un magnifico concerto di oltre tre ore, Party On The Moor uscito in CD +DVD (registrato di fronte ad una folla oceanica e che contiene il meglio della band http://discoclub.myblog.it/2014/04/10/grande-festa-musicale-nelle-highlands-scozzesi-runrig-party-on-the-moor/ ), il gruppo ha preso la decisione di terminare questo percorso musicale con undici brani autobiografici, costruiti secondo un tipo di narrazione che negli anni è stata una componente integrante della band. The Story, un po’ a sorpresa, ma forse a pensarci bene, neanche troppo, è stato prodotto dal membro più giovane del gruppo, il tastierista Brian Hurren, che per l’ultima recita si onora di avere come compagni di viaggio i fondatori storici della band, Rory MacDonald al basso e Calum MacDonald alle percussioni, oltre a Malcolm Jones alla chitarra, cornamuse e fisarmonica, Iain Bayne alla batteria e il cantante canadese Bruce Guthro chitarre e voce,  che ha sostituito il cantante originale Donnie Munro nel 1998,con il contributo in alcuni brani dell’orchestra Filarmonica di Praga.

L’ultimo atto della “Storia” si apre con la title track The Story, un brano spumeggiante che inizia in “gaelico” mentre il ritornello è cantato in inglese (un classico dei Runrig), voce solista Rory MacDonald, per una canzone che inizia lenta e poi esplode in un grande coro ( altro marchio di fabbrica del gruppo), a cui fanno seguito una martellante e gioiosa Onar cantata in duo da Rory e Bruce, con, a sorpresa, l’aggiunta di  un bel assolo di sassofono, una lenta e cadenzata Rise & Fall, con un eccellente lavoro di chitarra di Malcom Jones, mentre Elegy è un breve brano strumentale, con un piano morbido che mette in risalto la bravura di Brian Hurren, e ancora, il folk celtico di Every Beating Heart  e, ad alzare il ritmo, la danzante The Years We Shared, dove entrano in gioco i 32 elementi dell’Orchestra Filarmonica di Praga. Con la musica eterea e spirituale di When The Beauty si rispettano pienamente la storia e le radici della Scozia, per poi passare a 18th July e alla maestosa e corale An-Duigh Ghabh Mi Cuairt (brano che richiama i primi album della band cantati in “gaelico”), una canzone celebrativa come pure The Place Where Rivers Run, con tutti gli strumenti al posto giusto, percussioni, chitarre, fisarmonica, e durante il quale viene voglia di alzarsi e ballare, mentre la chiusura di una storia quarantennale è affidata alla superba Somewhere, con un arrangiamento orchestrale di ampio respiro (un modo perfetto per chiudere il disco e una carriera leggendaria), con la Filarmonica di Praga a rendere un doveroso e solenne omaggio. Sipario!

I Runrig nelle varie formazioni (una menzione particolare va nuovamente al cantante storico Donnie Munro) hanno sempre avuto un suono distintivo, una musica dalla forte influenza celtica popolare, con una bel mix tra rock e folk, suonato da un gruppo di musicisti di talento che lasciano in eredità una sorta di immensa e duratura colonna sonora, con canzoni che uscivano dal cuore e hanno toccato l’anima di una Nazione intera.

NDT: Sabato 23 Luglio 2016 i Runrig terranno nella favolosa “location” del Castello di Edimburgo in Scozia il concerto conclusivo del Tour. Se siete da quelle parti … Per quanto mi riguarda ci sto facendo un pensierino…!

Tino Montanari

Delicate Perle Acustiche Per Una “Gloria Nazionale” Scozzese”! Donnie Munro – Sweet Surrender

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Donnie Munro – Sweet Surrender – Live Acoustic – Hypertension Music – 2 CD

Una premessa è d’obbligo, questo disco non è nuovissimo (è uscito ad inizio primavera di questo 2015), ma trattandosi di un lavoro dell’ ex cantante dei Runrig (il più importante e noto gruppo di folk-rock scozzese ancora in attività) Donnie Munro, mi sembrava giusto menzionarlo e scrivere due righe sul doppio CD. Il buon Donnie se ne è andato dalla band nel lontano ’97, per cercare una (improbabile) elezione parlamentare tra le fila del partito laburista, debuttando poi come solista con un album tradizionale On The West Side (00), che conteneva però due belle “covers”, rispettivamente Catch The Wind di Donovan (resa in una fiera versione irish) e Nothing But A Child di Steve Earle,  anche questa in una versione sicuramente intrigante. Il successivo Live (01), presentava diversi successi dei Runrig, tra i quali Harvest Moon, Always The Winner, City Of Lights, The Greatest Flame (a confermare quale fosse suo il terreno musicale più idoneo), che veniva poi certificato nel successivo Across The City And The World (02), in Gaelic Heart (03), e nell’ottimo Heart Of America (06), nonché nello stesso anno da un altro live Donnie Munro & Friends (con numerosi ospiti) https://www.youtube.com/watch?v=81N8EVVIZs0 , e dal poco conosciuto An Turas (08), passato dalle nostre parti (e non solo) quasi inosservato: questo Sweet Surrender Live Acoustic è una ennesima collezione accattivante di canzoni (rigorosamente in versione dal vivo acustica), che comprende sia brani tradizionali gaelici, quanto classici dei Runrig oltre a canzoni scritte da Donnie nel suo percorso solista.

A sostenere Munro in questa “performance” live, troviamo la chitarra acustica del suo fido “pard” Eric Cloughley, e la brava Maggie Adamson al violino, un trio che riesce a trasmettere in questa “antologia” musicale la profondità e lo stile distintivo di Donnie. Il concerto inizia con i classici “messaggi” di Protect And Survive, Strangers To The Pine e come sempre l’aria “danzante” di The Cutter, con il violino della Adamson a dettare il ritmo https://www.youtube.com/watch?v=yj2jrs5dPwA , a cui fanno seguito la bella melodia di Chi Min Geamhradh, cantata rigorosamente in “gaelico”, il triste violino che introduce una sempre meravigliosa Dance Called America (vero inno generazionale scozzese), una superlativa versione di Raglan Road, i sette minuti strazianti di una sublime Eirinn (dove si evidenzia tutta la bravura dei musicisti) https://www.youtube.com/watch?v=56JGCKa5MS4 , la folk-ballad Heart Of America, andando a chiudere il primo “set” con due brani tradizionali arrangiati da Maggie, la dolcissima Leaving Lerwick Harbour e una  Back Up And Push da ballare fino allo sfinimento nelle feste di paese.

Dopo una bella bevuta di birra si riparte con due tenui ballate come Irene e Mother Glasgow https://www.youtube.com/watch?v=bg8UxcnnYuw , mentre Glasgow Joe è un brano intensamente personale (scritta in onore del defunto fratello di Donnie), ed October Song e un doveroso omaggio a Robin Williamson dell’ Incredible String Band. Con The Wire  si torna al periodo più intimista dei Runrig (con un bel lavoro di violino di Maggie), poi un altro tradizionale in gaelico come Mo Chruinneag Bhòidheach, il ritmo danzante di Where The Roses (che celebra i viaggiatori della Scozia), andando poi a chiudere con la trascinante City Of Lights e una scorrevole ballata come Weaver Of Grass sostenuta da un buon ritmo chitarristico e dal battito di mani del pubblico presente (che sembra muoversi a passo di marcia) https://www.youtube.com/watch?v=AA7_T-R9zUo . Sweet Surrender Live Acoustic è stato registrato in una serie di concerti che il “trio” ha suonato lo scorso anno in Germania, Danimarca e Scozia, quando due musicisti notevoli come Eric Cloughley e Maggie Adamson si sono uniti ad un poeta (e anche pittore di grande talento) come Donnie Munro (a 61 anni ancora una delle più belle voci scozzesi), il risultato non poteva non essere essere un album delizioso, a tratti mozzafiato e coinvolgente. Per chi ama il genere folk un CD da mettere sullo scaffale (e magari l’occasione riscoprire qualcosa dei Runrig http://discoclub.myblog.it/2014/04/10/grande-festa-musicale-nelle-highlands-scozzesi-runrig-party-on-the-moor/ ),  per chi scrive in alto la birre e i cuori!

Tino Montanari  

Dalla Scozia Un “Indipendente” Narratore Di Emozioni! James Yorkston – The Cellardyke Recordings…

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James Yorkston – The Cellardyke Recordings And Wassailing Society – Domino/Self

Di questo signore, James Yorkston, mi ero già occupato su queste pagine virtuali in occasione del precedente lavoro I Was A Cat From A Book (12) http://discoclub.myblog.it/2012/08/31/le-raffinate-evoluzioni-di-un-nuovo-menestrello-scozzese-jam/ , quindi non sto a ripetervi l’ammirazione che ho per questo personaggio, con sette album alle spalle (e vari EP) e un rapporto più che decennale con la nota etichetta indipendente londinese Domino Records, che pubblica anche questa sua ultima fatica in studio (dal titolo breve e conciso?!), The Cellardyke Recordings And Wassailing Society.

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Yorkston è stato tra i fondatori del Fence Collective (nelle cui fila sono transitati tra gli altri, King Creosote e la più nota KT Tunstall) un collettivo di area folk dislocato nella regione del Fife, ed è qui che il buon James, nel piccolo villaggio di pescatori di Cellardyke (un dolce angolo della Scozia, forse prossima all’indipendenza?)ha trovato lo spunto per raccontare, lungo un percorso di ben 16 brani, una raccolta di storie, piccoli drammi e stranezze assortite, che ogni giorno in una piccola comunità si possono verificare.

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Registrato a Londra e prodotto da Alexis Taylor degli Hot Chip (strano connubio), questo nuovo lavoro vede ancora la partecipazione di Jon Thorne al basso e Emma Smith al violino e clarinetto (da tempo suoi fedeli collaboratori), oltre che di Rob Smoughton alle percussioni, Fimber Bravo allle steeldrums (tutti noti musicisti prettamente di ambito folk), il veterano Johnny Lynch, e come ospite alle armonie vocali e controcanto, la rediviva e sempre brava KT Tunstall, per un ritorno ai suoni più intimi degli esordi https://www.youtube.com/watch?v=OfnP_1wkf0U .

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The Cellardyke Recording… non è un “concept album” come può sembrare, ma i testi e i temi che legano il disco toccano la melanconia del villaggio costiero e delle persone che vi abitano, a partire dall’iniziale Fellow Man https://www.youtube.com/watch?v=AxwSXxO7dPA , le trame del violino folk di The Blues You Sang, o il quasi parlato di Guy Fawkes’ Signature, passando per la struggente ballata Broken Wave (A Blues For Doogie), un alto, bellissimo ,elogio funebre per un ex-membro della band, le dolci avvolgenti Thinking About Kat e Feathers Are Falling, la narrazione romantica di una Red Fox;  l’angelica voce della Tunstall lo accompagna in Great Ghost https://www.youtube.com/watch?v=xUpy521NTGM  e Honey On Thigh, fino ad arrivare alle delicatezze piano e voce di una inconsueta cover di Chris Bell, dei mai dimenticati Big Star, You & Your Sister “, rivoltata come un calzino” da James https://www.youtube.com/watch?v=KRC06j2-_pY .

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Dalla penna di James Yorkston escono canzoni intimiste e dolci, fatte spesso di lievi accordi acustici, il tutto si regge sulla chitarra e sulla voce (qualcosa di John Martyn, un tocco di Bert Jansch e del grande Nick Drake, e un pizzico, perché no, di Robyn Hitchcock e Donovan) di un cantautore che ha assimilato il meglio della tradizione scozzese, ed anche se i suoi dischi vengono recepiti magari al quinto o sesto ascolto, armatevi di pazienza e sedetevi sulla poltrona di casa, sorseggiate del buon whisky scozzese (consiglio il Glenmorangie), e scoprirete un musicista onesto, nonché narratore tenero e meraviglioso.

Tino Montanari

Musica “Americana” Dalla Scozia! Stevie Agnew – Wreckin’ Yard

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Stevie Agnew – Wreckin’ Yard – Skimmin’ Stone Records

Dunfermline,città scozzese nella contea di Fife, è famosa negli ambienti rock per aver dato i natali a Ian Anderson, leader dei Jethro Tull, e a gruppi di un certo rilievo come i Nazareth e i Big Country. Adesso torna alla ribalta per il disco d’esordio di Stevie Agnew, figlio d’arte (suo padre Pete è il bassista dei Nazareth, eroi nazionali dell’hard rock), che in coppia con il produttore e batterista Chris Smith (che è stato componente di un’altra gloria locale, i Big Country), ha composto tutti i brani di questo Wreckin’ Yard, con il santino del Boss nella tasca e nel cuore e venti anni di concerti in giro per la Scozia. Il suono, molto corposo, vede oltre a Stevie alla voce, chitarra e armonica, Chris Smith alla batteria e percussioni, Ali Ferguson alle chitarre elettriche e acustiche, Anthony Ellington alla pedal steel e dobro, Chris Agnew al basso, Brad Carter al banjo, Dave Watt, piano e Ted Taylor al violino, con il contributo delle coriste Beth Malcolm, Elaine Shorthouse, Linda Wilson e Kirsten Adamson (altra figlia d’arte, suo padre era il defunto leader dei Big Country, Stuart Adamson).

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Una batteria pulsante accompagna l’iniziale title track Wreckin’ Yard, dall’andatura country http://www.youtube.com/watch?v=aqNzArK_f8Y , mentre una chitarra acustica apre la seguente Pretend You Love Me Tonight, sognante ballata con assoli di armonica e coretti “soul” http://www.youtube.com/watch?v=5UDkWerNVoc , per poi passare a All That I Can See cantata in duetto con una dolce voce femminile. Sulle note del banjo di Brad Carter, il vocione di Stevie introduce Winter Rain, che vede la giovane Kirsten duettare su un tappeto acustico, con armonica in sottofondo http://www.youtube.com/watch?v=XdDxDcVpiso , a seguire la superba The Pugilist (eccellente racconto su di un pugile professionista), con il sottofondo dei violini “gitani” di Dave Watt e Ted Taylor http://www.youtube.com/watch?v=pYP2hhh9fPw (si viaggia dalle parti di One More Cup Of Coffee del grande Dylan).

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Con Sub Prime (termine a cui ci stiamo abituando, in tempi di crisi) si cambia registro, un brano “ country shuffle” con piano, dobro e cori femminili e una band che gira a mille http://www.youtube.com/watch?v=ks_EZhZg3OA , mentre Heavy Duty rivisita lo Springsteen di My Hometown, per poi avventurarsi in un blues voodoo Sixteen Years, che sembra uscito dalle paludi del Delta. Si riparte con un altro duetto (questa volta con Beth Malcolm), una Paid My Dues (Loving You) ballata di atmosfera http://www.youtube.com/watch?v=aFrrDa3kccE  che fa da preludio ad un altro racconto epico come The Whore In Me, la campestre The Mighty Bones, con abbondanza di chitarre acustiche, banjo, violini http://www.youtube.com/watch?v=hhh7ZPzWhp0 , mentre Skimmin’ Stone è un’altra ballata di struggente bellezza, interpretata con forza emotiva da Stevie Agnew. Il cerchio si chiude con una nuova lunga versione della title track, a testimonianza di un lavoro convincente, con un “sound” che spazia fra “americana” e lo Springsteen più intimistico, facendo finta di non sapere che Stevie Agnew e i suoi ottimi musicisti siano scozzesi.

Tino Montanari

*NDB Anche questo disco ormai è uscito da quasi un anno, ma visto che si inizia a parlarne solo ora, sembrava giusto aggiungere la nostra voce ai tanti commenti positivi, veramente un gran bel disco. Ovviamente la ricerca continua!