“Che Meraviglia!”, Uno Dei Dischi Dell’Anno. Patty Griffin – Servant Of Love

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Patty Griffin – Servant of Love – PGM/Thirty Tigers 25-09-2015

Quando ti ritrovi ad esclamare tutto da solo come un pirla “Che meraviglia”, mentre ascolti un disco, i casi sono due, o ti devi trovare un buon psichiatra oppure il disco che stai ascoltando è veramente bello. E’ quello che è capitato a chi vi scrive ascoltando il brano Made Of The Sun, tratto da Servant Of Love, il decimo album di questa magnifica cantautrice americana, una delle più brave in assoluto attualmente in circolazione, reduce dall’avere appena finito una lunga relazione, musicale e di vita, con Robert Plant, in campo artistico con i Band Of Joy ed in parte con i Sensational Space Shifters, dove agiva come ospite, nell’ambito privato non so e non mi interessa, sono fatti loro (ultima apparizione insieme https://www.youtube.com/watch?v=S35ua-t3op8). Patty Griffin è in circolazione a livello discografico da una ventina di anni (il primo album Living With Ghosts uscì nel lontano 1996) ma ad ogni disco conferma la sua straordinaria bravura, sia come autrice che come interprete, album sempre abbastanza diversi fra loro, con questo Servant Of Love che sembra voler tornare, come dice lei stessa, alle atmosfere musicali più ricercate ed “avventurose” che avevano caratterizzato i primi dischi della sua carriera, fino ad arrivare a Silver Bell, “disco perduto” del 2002, rifiutato dalla sua casa discografica di allora, la A&M, che poi nel 2013 è ritornata sui propri passi, pubblicando l’album, con il mixaggio di Glyn Johns e la produzione di Craig Ross, che ai più è noto come compagno di merende e secondo chitarrista di Lenny Kravitz, ma che con Patty Griffin, da alcuni album, sta facendo un lavoro splendido, cucendo sulle canzoni degli arrangiamenti, ora acustici, ora elettrici, sempre raffinati, anche grazie alla sensibilità della Griffin che nella sua musica inserisce, di volta, elementi folk, blues, atmosfere sottilmente africane ed etniche in questo nuovo CD, probabilmente, inconsciamente o meno, assorbite dalla frequentazione con Plant, ma anche i suoni della grande tradizione americana, del jazz e del gospel ( per esempio in Downtown Church prodotto da Buddy Miller http://discoclub.myblog.it/2010/02/12/patty-griffin-downtown-church-o-forse-no/ ).

Vi dicevo di Made Of The Sun che in teoria è un brano acustico di vecchio stampo folk, una canzone di una semplicità disadorna, un paio di chitarre acustiche arpeggiate con grazia e una melodia malinconica veicolata dalla voce della Griffin, dolce e tenera, ma forte al contempo, sostenuta a tratti dal controcanto di Shawn Colvin, per un risultato che ha la magia che solo i grandi interpreti sanno creare con la loro arte, grazie a degli sprazzi di ispirazione, che in questo album si ripetono in continuazione. Prendiamo l’iniziale Servant Of Love, una intensa canzone https://www.youtube.com/watch?v=zMcDX4KsHEA , solo voce e piano (John Deaderick), un mood ombroso e jazzy, con la voce della Griffin contrappuntata anche dalla tromba con sordina di Ephraim Owens e dal contrabbasso con archetto di  Lindsey Verrill, un brano che ha la potenza delle migliori interpretazioni della grande cantante irlandese Mary Coughlan, con il cantato di Patty che sale e scende, alternando passi sussurrati a veementi aperture vocali. Altro cambio sonoro per Gunpowder, un blues cadenzato e cattivo, con elementi arabeggianti e di nuovo quella tromba in libertà a rendere ancora più inconsueta la vena musicale del brano, o in Good And Gone che racconta nel testo di una sparatoria della polizia (i cosiddetti “police shootings”) , ma qualcuno ci ha visto anche una sorta di allegoria della sua separazione da Plant, altro brano blues, questa volta acustico e intenso, con le chitarre di Ross e David Pulkingham a sostenere il mood “disperato” del pezzo.

Hurt A Little White, con l’elettrica con riverbero del grande chitarrista texano Scrappy Jud Newcombe, un organo in sottofondo e poco altro, vive di una atmosfera sospesa e minacciosa e del cantato passionale della Griffin, mentre 250.000 Miles, di nuovo con Shawn Colvin alla seconda voce, è un brano folk che ci riporta all’austero sound della musica degli Appalachi o alle canzoni glabre di una Gillian Welch, detto della stupenda Made Of The Sun anche Everything’s Changed ha quella allure di mistero e ombrosità che caratterizza molti dei brani di questo album, la voce che si inserisce sul sobrio accompagnamento acustico, con la kalimba di Ralph White sullo sfondo; Rider Of Days è una ballata quasi dylaniana, sempre con i delicati controcanti della Colvin che ne aumentano il fascino e le acustiche a menare le danze, a tratti con brio, There’s Isn’t One Way ha un sound elettrico, quasi rock, alla Band Of Joy, con un cantato più febbrile di Patty che poi ritorna al jazzy-blues della fumosa Noble Ground, con un bel piano in evidenza insieme alla voce squillante della Griffin e alla tromba di Owens. Prima della conclusione ancora Snake Charmer, un folk-blues elettrico quasi alla Led Zeppelin III, la bellissima ballata pianistica You Never Asked Me, una confessione accorata a tempo di musica “I don’t believe in love like that anyway/ I would have told you that if you’d have asked me/ The kind that comes along once and saves everything between a woman and a man.” Devo ribadire “Che meraviglia!”, e non è finita, per la conclusiva Shine A Different Way https://www.youtube.com/watch?v=sxb1Cve-GDc  Patty Griffin imbraccia il mandolino per un’altra deliziosa canzone impreziosita dall’intreccio tra le chitarre acustiche e la fisarmonica affidata all’ottimo John Deaderick, brano che conclude in gloria un album che, secondo il sottoscritto, si candida come uno dei migliori dell’anno.

Esce in teoria il 25 settembre, ma in qualche paese è già stato pubblicato, da notare anche la copertina che riporta delle spirali di semi di girasole che rappresentano il dualismo tra i movimenti dell’uomo e i modelli della natura.

Bruno Conti