Dal Sud Degli Stati Uniti Ancora Ottima Musica Da Un Artista Di Culto. Randall Bramblett – Pine Needle Fire

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Randall Bramblett – Pine Needle Fire – New West

Ogni tanto leggendo Wikipedia si apprendono notizie “interessanti”: per esempio che il nostro amico Randall Bramblett ha una carriera che ha attraversato tre decadi, ma considerando che è in attività dai primi anni 70, direi che sono sette decadi, in più si apprende che il suo genere musicale sta tra folk (?!?), pop/rock, acoustic, adult alternative, mentre leggendo sul suo sito, in quanto si presume che almeno lui sappia che tipo di musica faccia, leggiamo di Americana, Blues, Funk, R&B/Soul e Rock (magari southern, visto che è stato in passato un componente dei Sea Level). Dato a Cesare quel che è di Cesare, e a Randall quel che è di Bramblett, ancora una volta il musicista di Jesup, Georgia, ci regala un altro bel disco, dopo Juke Joint At The End Of The World del 2017 https://discoclub.myblog.it/2017/09/05/un-sudista-anomalo-randall-bramblett-juke-joint-at-the-edge-of-the-world/, ecco l’ottavo CD per la New West negli anni 2000.

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Tastierista e cantante, oltre che sassofonista, Bramblett ha una bella voce, rauca e vissuta e si scrive le proprie canzoni, 12 in questo caso, facendosi aiutare dagli stessi musicisti del precedente CD: Nick Johnson alla chitarra elettrica, Michael C. Steele al basso, Seth Hendershot alla batteria e Gerry Hansen alle percussioni, in più come ospite alla chitarra David Causey, con lui sin dai tempi dei Sea Level, Tommy Talton dei Cowboy, che suona la vecchia Gibson SG di Duane Allman in modalità slide nel brano I’ve Got Faith In You, una piccola sezioni fiati e nella title track gli archi, oltre a Betsy Franck alle armonie vocali. Some Poor Soul, chitarra trattata, basso “grasso”, piano elettrico e fiati in evidenza, percussioni e batteria in spolvero, nonché le armonie vocali corpose dei componenti la band e della Franck, ricorda il suono del suo vecchio amico Stevie Winwood https://www.youtube.com/watch?v=WYwbosqIfH0 , con il quale ha collaborato in passato; Rocket To Nowhere, loop di batteria e synth non fastidiosi in apertura, poi diventa un altro funky-jazz-southern rock che ricorda i vecchi Sea Level, con sax e tromba, oltre alle tastiere di Randall, a menare le danze https://www.youtube.com/watch?v=Ops3SUa7fh0 .

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La lunga e soave title track ha delle sonorità sognanti e futuribili, con il Fender Rhodes di Bramblett e chitarre backwards e synth atmosferici a punteggiare la melodia di questa ballata, che nel corso del brano si anima e vede nel finale anche l’ingresso degli archi https://www.youtube.com/watch?v=6OinUsBKNQY . In Lazy (And I Know It), sempre su queste coordinate sonore, ritmi più serrati, Randall va anche di falsetto, sostenuto dalla brava Betsy Franck, Even The Sunlight con un bel drive della batteria, è più mossa e con doppia chitarra, e qualche rimando al suono degli Steely Dan, contemporanei dei Sea Level, grazie agli arrangiamenti intricati e a un acido assolo della chitarra solista https://www.youtube.com/watch?v=NvYtLk0UMKM , I’ve Got Faith In You è il brano nel quale Talton suona la chitarra di Duane, un sincero esempio del vecchio southern rock dei 70’s, con un testo presentato come una risposta a Forever Young di Dylan, molto suggestiva grazie all’insinuante lavoro della slide di Talton e alla seconda voce della Franck https://www.youtube.com/watch?v=huPU4TTrWMw .

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Another Shining Moment, con Causey aggiunto che va di slide, quasi alla George Harrison. è un pezzo dai retrogusti sudisti, di nuovo con falsetti gospel sullo sfondo e una calda interpretazione vocale di Bramblett e e Co https://www.youtube.com/watch?v=u_gwhzem9x4 ., molto piacevole anche la funky Manningtown che spinge sul groove, con chitarrine insinuanti anche wah-wah e piano elettrico e organo a dettare i tempi https://www.youtube.com/watch?v=DLzzyPqZUyU , insieme ai fiati, Built To Last decisamente più sul versante rock corale dimostra una volta di più la versatilità e la classe di questo musicista, ancora con Causey in aiuto con la sua solista insinuante, prima di tornare al funky/R&B con la mossa e fiatistica Don’t Get Me Started sempre vicina agli stilemi di Donald Fagen. In chiusura prima Never Be Another Day che coniuga rootsy rock e deep soul in modo brillante, grazie ancora alla Franck https://www.youtube.com/watch?v=nbMsbyuiwF0 , e l’ultimo brano con la presenza di Causey My Lucky Day insiste con questa riuscita miscela di generi che è la carta vincente di questo ennesimo ottimo album di Randall Bramblett. In attesa di nuovi dischi di Winwood e Fagen “accontentiamoci”.

Bruno Conti

Un Sudista “Anomalo”. Randall Bramblett – Juke Joint At The Edge Of The World

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Randall Bramblett  – Juke Joint At The Edge Of The World – New West

Nuovo album per Randall Bramblett, veterano della scena southern e blues americana: secondo AllMusic è il suo 11° album, ma al sottoscritto ne risultano almeno quattordici, compresi un paio di Live e uno in coppia con il chitarrista australiano Geoff Achison. Diciamo che la fama del cantante di Jesup, Georgia, eccellente tastierista e anche sassofonista, è legata, almeno nella parte iniziale di carriera, ai Sea Level Mark II, quelli più funky e jazz-rock a fianco del classico rock sudista, ma anche a Gregg Allman, la quasi omonima Bonnie Bramlett, Elvin Bishop, Bonnie Raitt, Robbie Robertson, più avanti nel tempo Steve Winwood e Warren Haynes, oltre a decine di altri artisti a cui ha prestato le sue doti di sessionman. Comunque i suoi album solisti, che dagli inizi anni 2000 escono, più o meno regolarmente, ogni due o tre anni, quasi tutti per la New West, sono sempre piuttosto buoni, nessuno un capolavoro, ma spesso e volentieri dischi solidi e ben fatti che mescolano tutti gli ingredienti citati.

Anche questo nuovo Juke Joint At The Edge Of The World, che almeno nel titolo farebbe presagire a un omaggio ai tipici locali della zona del Mississippi dove la gente andava (e forse va ancora) a sentire il vecchio blues, in effetti poi ruota attorno a tutti gli elementi tipici della musica di Bramblett. I dieci brani portano tutti la firma di Randall, a parte una cover abbastanza particolare che poi vediamo e spaziano dal futuristico boogie-blues dell’iniziale Plan B dove la voce roca e vissuta, per quanto non molto potente, di Bramblett si fa largo tra un giro di basso funky, un drum loop che poi sfocia nell’ottimo drive del batterista Seth Hendershot, un piano elettrico e la chitarra cattiva e distorta di Nick Johnson, uno dei due ottimi solisti che si alterna con Davis Causey. Lo stile è insomma quello solito del nostro amico, southern raffinato, ma anche ruvido, sulla falsariga dei vecchi Sea Level, come conferma il sinuoso funky-blues di Pot Hole On Main Street, dove Randall comincia a soffiare anche nel suo sax, tra derive R&B e light jazz, mentre Trippy Little Thing, inserisce addirittura qualche leggero elemento psichedelico anni ’70, con la chitarra con wah-wah di Causey ancora in evidenza, a fianco del sax.

Garbage Man, che aggiunge una tromba alle procedure, vira di nuovo verso un funky/R&B che potrebbe rimandare sia al rock sudista quanto al sound dello Steve Winwood vecchia maniera, grazie al piano elettrico insinuante del nostro; I Just Don’t Have The Time miscela ancora elementi blues e atmosfere sudiste, sempre viste però più dal lato Sea Level o Wet Willie, quindi con funky e R&B sempre presenti, e un sopraffino assolo di organo di Bramblett molto laidback., con uno stile che si può accostare, a grandi linee, a gente come Mose Allison o Ben Sidran, soprattutto il secondo. Since You’re Gone è una strana ballata dalle atmosfere sospese, mentre la cover di cui vi dicevo è Devil’s Haircut, il brano di Beck, che ben si accoppia con il mood sonoro dell’album, ritmica in spolvero, tempi sincopati, voce laconica, inserti di tastiere e fiati e il classico riff della chitarra a guidare le danze, piacevole, seppur non memorabile, un po’ come tutto l’album, che raramente decolla verso l’eccellenza assoluta, pur mantenendo sempre un buon livello qualitativo. E anche la fiatistica Fine e l’Afro Funk di Mali Katra si mantengono su queste traiettorie ricche di classe e stile, ma a cui forse manca la scintilla del fuoriclasse. E la morbida “ballad” conclusiva Do You Want To Be Free, per quanto delicata e deliziosa non modifica il giudizio complessivo.

Bruno Conti

Ripartono Le Uscite Nel 2017, Parte II: Ristampe. Barclay James Harvest, Sea Level, Mick Clarke, Stoneground, Sea Train, Ozark Mountain Daredevils

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Proseguiamo con le altre ristampe previste in uscita per venerdì 13 gennaio: un altro titolo dal catalogo Esoteric è l’ennesima ristampa per XII dei Barclay James Harvest, una delle migliori formazioni del rock progressivo britannico, diciamo lato melodico, tra i migliori discepoli dei Moody Blues, con due-tre eccellenti musicisti in formazione: il leader John Lees, voce e chitarra solista, Stuart “Woolly” Wolstelnholme, voce, tastiere e mellotron, Les Holroyd, basso, chitarra, tastiere e voce, con il batterista Mel Pritchard a completare il quartetto. Questo album, uscito in origine nel 1978, viene proposto in una versione tripla, in doppio CD più DVD: è l’ultimo dove appare Wolstenholme, che uscirà dal gruppo nel giugno del 1979 e viene considerato uno dei classici della band britannica.

[CD1: “XII” (New 24-Bit Re-Mastered Original Stereo Mix) Released in September 1978]
1. Loving Is Easy
2. Berlin
3. A Tale Of Two Sixties
4. Turning In Circles
5. Fact: The Closed Shop
6. In Search Of England
7. Sip Of Wine
8. Harbour
9. Nova Lepidoptera
10. Giving It Up
11. Fiction: The Streets Of San Francisco
Bonus Tracks:
12. Berlin (Single Version)
13. Loving Is Easy (Single Version)
14. Turning In Circles (First Mix)
15. Fact: The Closed Shop (First Mix)
16. Nova Lepidoptera (Ambient Instrumental Mix)

[CD2: “XII” (New Stereo Mix)]
1. Loving Is Easy
2. Berlin
3. A Tale Of Two Sixties
4. Turning In Circles
5. Fact: The Closed Shop
6. In Search Of England
7. Sip Of Wine
8. Harbour
9. Nova Lepidoptera
10. Giving It Up
11. Fiction: The Streets Of San Francisco

[DVD: “XII” (New 5.1 Surround Mixes & 96 Khz / 24-Bit Stereo Mixes / 96 Khz / 24-Bit Original Mix)]
1. Loving Is Easy
2. Berlin
3. A Tale Of Two Sixties
4. Turning In Circles
5. Fact: The Closed Shop
6. In Search Of England
7. Sip Of Wine
8. Harbour
9. Nova Lepidoptera
10. Giving It Up
11. Fiction: The Streets Of San Francisco

Ovviamente sono quelle edizioni forse fin troppo elaborate rispetto ai contenuti, con il disco ripetuto ben tre volte in diversi mixaggi, e con le cinque bonus che si riducono alle solite “single version” e “first mix2” che francamente lasciano il tempo che trovano, c’è pure l’Ambient Instrumental Mix, mah! Comunque il disco è buono, anche un triplo CD così strutturato mi pare eccessivo.

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E veniamo alle altre cinque ristampe, tutte n uscite per la BGO, sempre il 13 gennaio. Il primo è un doppio CD dedicato a Mick Clarke, il grande chitarrista rock-blues britannico, uno dei più bravi usciti dalla scena del british blue originale, era il solista dei Killing Floor, una delle band minori ma tra le più valide del periodo, Poi autore di una lunghissima carriera solistica che prosegue a tutt’oggi. Non è la prima ristampa multipla che gli dedica la BGO: erano già usciti altri tre titoli, questa volta abbiamo addirittura tre titoli in un doppio CD: Ramdango Crazy Blues sono i due dischi del 2013 e 2014, mentre Shake It Up risale al 2015, quindi sono gli ultimi dischi del nostro, usciti in precedenza a livello di autodistribuzione, quindi di non facile reperibilità.

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Proseguono le ristampe dedicate ai Sea Level, dopo i vari titoli dedicati alla band di Chuck Leavell dalla Real Gone Music, tocca alla BGO completare la serie con la ripubblicazione dell’ultimo disco del gruppo Ball Room, uscito in origine nel 1980, con ancora in formazione, oltre a Leavell, Lamar Williams al basso e Jaimoe, alla batteria, entrambi degli Allman Brothers, oltre a Davis Causey e Jimmy Nalls alle chitarre e Randall Bramblett, a sax, piano, tastiere e voce. Con la consueta miscela di jazz, blues fusion, e southern rock di gran classe

1. Wild Side
2. School Teacher
3. Comfort Range
4. Anxiously Awaiting
5. Struttin’
6. We Will Wait
7. You Mean So Much To Me
8. Don’t Want To Be Wrong
9. Brandstand

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In questo doppio CD vengono riproposti il primo e il terzo album degli Stoneground, una delle classiche band californiane dei primi anni ’70, nate sulle ceneri dei Beau Brummels di Sal Valentino, avevano una formazione molto ampia, con diverse voci solista, tra cui 4 diverse vocalist femminili, tre chitarristi e il futuro bassista e tastierista dei Jefferson Starship e degli Hot Tuna Pete Sears, passato anche dall’Inghilterra per registrare Every Picture Tells A Story con Rod Stewart.  Alcuni dei restanti componenti della band (non Valentino e Sears) in seguito sarebbero diventati i Pablo Cruise, altra eccellente band di rock americano.

CD1: Stoneground]
1. Looking For You
2. Great Change Since I’ve Been Born
3. Rainy Day In June
4. Added Attraction (Come And See Me)
5. Dreaming Man
6. Stroke Stand
7. Bad News
8. Don’t Waste My Time
9. Colonel Chicken Fry
10. Brand New Start

[CD2: Stoneground 3]
1. Dancin’
2. On My Own
3. You Better Come Through
4. Ajax
5. Down To The Bottom
6. From A Sad Man Into A Deep Blue Sea
7. From Me
8. Lovin’ Fallin’
9. Butterfly
10. Gettin’ Over You
11. Heads Up
12. Everybody’s Happy

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Altra band poco conosciuta ma importante della scena californiana dell’epoca furono i Sea Level, nati dalla dissoluzione dei Blues Project nel 1969: in formazione c’erano anche Peter Rowan Richard Greene, oltre a Andy Kulberg a basso e flauto. In effetti quando uscì Watch il loro quarto album del 1973 in formazione era rimasto solo Kulberg degli originali, ma il disco non è malaccio, contiene una versione splendida del classico Flute Thing, un pezzo all’origine suonato dai Blues Project e che usavo ai tempi quando trasmettevo in radio come sigla (scusate la divagazione). Il CD era già stato pubblicato dalla Wounded Bird, ma credo non sia più disponibile da tempo.

1. Pack Of Fools
2. Freedom Is The Reason
3. Bloodshot Eyes
4. We Are Your Children
5. Abbeville Fair
6. North Coast
7. Scratch
8. Watching The River Flow
9. Flute Thing

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Last but not least la ristampa dell’omonimo album degli Ozark Mountain Daredevils del 1980. Gli Ozark sono stati una delle più grandi formazioni di country-rock classico americano, autori di alcuni album splendidi, e credo tuttora in attività, anzi ne sono certo visto che ricevo ancora regolarmente le loro news nella posta e proprio recentemente hanno annunciato alcune date dal vivo previste per il 2017. Comunque in questo disco del 1980, il loro settimo disco di studio, c’erano ancora in formazione Steve Cash John Dillon, e le loro armonie vocali non hanno perso lo splendore dei tempi d’oro anche se il sound è diventato più mainstream, tipo gli Eagles dell’epoca.

Per oggi è tutto, alla prossima.

Bruno Conti

Da Una Costola Degli Allman Brothers Vennero I Sea Level – Live In Chicago 1977

sea level live in chicago 1977

Sea Level – Live In Chicago 1977 –Live Wire 

Nel 1976, a seguito di varie tensioni interne tra i membri della band, si scioglievano una prima volta gli Allman Brothers (poi di nuovo insieme dal 1979 al 1981). Nell’interregno, tre componenti del gruppo, Chuck Leavell, Lamar Williams e Jaimoe, pensarono di dare vita ad una nuova formazione chiamata We Three, optando poi, con l’aggiunta dell’ottimo chitarrista Jimmy Nalls, per il nome Sea Level.  Già in quell’anno fecero molti tour, poi pubblicando l’anno successivo per la Capricorn il loro album di debutto omonimo, seguito, sempre nel 1977, da un ampliamento della band a sette elementi e la pubblicazione di Cats On the Coast, che con il successivo On The Edge è stato ristampato in CD come un twofer dalla Real Gone Music. Il primo omonimo album, quello più bello, a mio parere, era uscito in CD bervemente a fine anni ’90 per la Capricorn, ma è sparito da tempo: proprio da quel disco viene gran parte del materiale contenuto in questo Live In Chicago 1977, il solito broadcast radiofonico registrato nel luglio di quell’anno, inciso veramente benissimo e con un repertorio che riprende anche alcuni brani della Allman Brothers Band, con versioni notevoli di Statesboro Blues e Hot ‘Lanta, oltre ad altre escursioni nel blues con Hideaway e I’m Ready.

 

Per il resto si tratta perlopiù di brani strumentali con la band che usa uno stile che fonde un jazz-rock più “umano” di quello di gruppi come i Return To Forever di Chick Corea o gli Eleventh House di Larry Coryell, con il classico southern del gruppo madre, grazie al virtuosismo spinto dei vari componenti della formazione. Lamar Williams era un bassista formidabile, che unito al drive inarrestabile di Jay Johanny Johanson (sarebbe Jaimoe con il suo vero nome per esteso), consentiva ai due solisti, Chuck Leavell, tuttora uno dei tastieristi migliori e più ricercati in ambito rock (chiedere agli Stones) e Jimmy Nalls, chitarrista sottovalutato, ma di grande valore, di dare libero sfogo alle loro capacità, senza eccedere troppo in un virtuosismo fine a sé stesso, diciamo il giusto. Si parte con una scintillante Tidal Wave dove l’intrecciarsi tra il liquido piano elettrico di Leavell, che si rifà molto al sound di Chuck Corea e la chitarra fantastica di Nalls, ricordano proprio i citati Return To Forever, anche se con un approccio meno cerebrale e più rock, anche vicino alle fughe strumentali degli Allman. E pure Rain In Spain ha quell’aura spagnoleggiante tipica del grande Chick e del suo socio dei tempi Al Di Meola, e comunque, se suonavano i ragazzi! Scarborough Fair, sempre tratta dal primo album è la ripresa di quel pezzo tradizionale, che tutti conosciamo nella versione di Simon & Garfunkel, sognante e delicata come si addice al pezzo, anche se la chitarra di Nalls è sempre pungente e la sezione ritmica indaffaratissima.

Si rimane nell’ambito dei pezzi strumentali con una cover fantastica della classica Hideaway di Freddie King che ci riporta al classico blues-rock della band di provenienza, come pure una vorticosa Hot ‘Lanta dove le tastiere magiche di Leavell si sostituiscono alla solista di Duane Allman in uno sfoggio di forza e bravura, prima di lasciare spazio al riff ricorrente del brano poi sviluppato in modo eccellente da Nalls. La lunga Patriotic Flag Weaver (quasi 10 minuti), con i suoi ritmi tra il marziale e il jazzato, rivisita l’inno nazionale a tempo di rock, con una lunga parentesi delle tastiere di Leavell nella parte centrale. Anche con Gran Larceny rimaniamo sempre in questo ambito jazz-rock virtuosistico per poi lasciare spazio al leggendario riff di Statesboro Blues, con Jimmy Nalls alla slide e la voce umana che fa la sua prima gradita apparizione in un concerto per il resto tutto strumentale, gran bella versione, ricca di grinta e stamina, e niente male anche la vorticosa Midnight Pass che ricorda i classici brani strumentali di Dickey Betts per gli Allmans. Si chiude a tempo di blues con I’m Ready, il pezzo del vecchio Muddy Waters che non manca di alzare la quota emotiva del concerto. Bella serata, preservata in modo perfetto per i posteri.

Bruno Conti

“Falsi Sudisti”? Da Dayton, Ohio Dixie Peach – Blues With Friends

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Dixie Peach – Blues With Friends – Big Shew Records

Si chiamano Dixie Peach. ma vengono da Dayton, Ohio: allora sono dei falsi “sudisti” dirà qualcuno! Però, in effetti, ascoltando questo Blues With Friends, il sound risulta southern e bluesato al punto giusto, a dare l’imprinting di autenticità sudista nei friends militano Jack Pearson, slide e chitarra solista ad honorem degli Allman Brothers e Lee Roy Parnell, countryman e chitarrista di origine texana, ma residente a Nashville, come Pearson, da lunga pezza. Il leader a tutti gli effetti di questi Dixie Peach è Ira Stanley, chitarrista, slide man e cantante, un veterano dalla lunga militanza nel sottobosco della buona musica americana, si dice (perché non l’ho mai visto, ne sentito, ma mi fido) che il primo disco, eponimo, della band risalga addirittura al lontano 1974. Mentre ne hanno fatto sicuramente uno in CD, Butta, nel 2002, anche quello piuttosto underground come circolazione.

Il gruppo è un quintetto che nel corso delle decadi ha cambiato varie volte formazione, con Stanley come punto di riferimento, si è sciolto e riformato più volte e la sua fama risiede nelle ottime esibizioni dal vivo dove spesso incrociano il meglio del southern-rock e del blues rock. Leggendo la formazione, un quintetto con doppia tastiera, si potrebbe pensare a un suono d’impronta più jazzata, che so alla Sea Level, ma la presenza di 5 chitarristi che si alternano nei vari brani, oltre ai tre citati anche Lee Swisher e Scotty Bratcher, ci porta ad un blues elettrico con elementi soul e roots e abbondanti razioni di southern rock. Lui, il buon Ira, è in possesso di un vocione con una leggera raucedine che rimanda al primo Leon Russell, in un paio di brani si fa aiutare dalla brava Etta Britt, che aggiunge una patina gospel-soul a brani come Don’t Want To Wait o alla chitarristica Trouble With Love, scritta dal tastierista Tony Paulus, ma ricca di assolo dello stesso Stanley e dell’ospite Scotty Bratcher, fluidi e ricchi di inventiva, sulla scia di quelli di Allman e Marshall Tucker, con meno classe ma con il giusto feeling.

Le altre tracce, dieci in totale, le firma tutte Ira Stanley, zigzagando nei vari stili citati, con qualche detour nella ballata pianistica, come It’s Cryin Time che ricorda il Leon Russell di cui sopra anche nell’arrangiamento, oltre che nell’impronta vocale, con un bel assolo slide nella parte centrale e il nostro amico si cimenta spesso con profitto nelle stile. Ma è nello strumentale Bottle Hymn Of The Republic, dove Stanley, Pearson e Parnell, sono impegnati tutti e tre al bottleneck che si gode di brutto, un southern boogie allmaniano, tirato allo spasimo con i tre impegnati a jammare di gusto, fosse tutto di questo livello il disco grideremmo al piccolo gioiello nascosto, invece “accontentiamoci” di un onesto album di rock di buona qualità. Da gustare anche Pork Chop Blues, un ritmato esemplare con fiati dove i tre chitarristi si divertono a duettare su sonorità del profondo Sud, e i tre non scherzano. Wait a Minute e l’altro strumentale Rick’s Shuffle sono più orientati verso il Blues che dà il titolo all’album, sempre con grande presenza della slide. Ma in definitiva è tutto l’album che si fa apprezzare per questo virtuosismo mai troppo fine a sé stesso, quanto al divertimento dell’ascoltatore. Diciamo che il disco non è di facilissima reperibilità, ma se amate il genere, vale una piccola ricerca.

Bruno Conti

Novità Di Maggio (E Non Solo) Parte I. Donovan, Sea Level, Cochise, Iggy And The Stooges, Edie Brickell & Steve Martin, Seasick Steve, Treetop Flyers, Kopecky Family Band, The Bills, Eccetera, Eccetera!

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Questi sono usciti in questi giorni: History Of The Eagles (3 DVD), Deep Purple Now What ?!, Bob Marley Kaya Deluxe. E se ne è parlato nelle varie rubriche delle anticipazioni, basta scorrere le pagine del Blog a ritroso, che è sempre una lettura interessante.

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Questi, Popa Chubby Universal Breakdown Blues, Danny Bryant Hurricane e Electric Light Orchestra Live (insieme agli altri due), sono già stati recensiti in anteprima e sono usciti in questi giorni o sono di prossima pubblicazione. Ma in questo periodo ci sono molti altri titoli interessanti di passato molto prossimo o imminenti, quindi direi di ripartire con la rubrica delle Anticipazioni (a riposo da qualche settimana), part 1, poi si vedrà, decido mentre la scrivo.

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Anche di questo trittico si è già parlato: Patty Griffin American Kid e Natalie Maines Mother sono in uscita il 7 maggio mentre quello di Paula Cole Raven è stato pubblicato in questi giorni.

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Partiamo con tre belle ristampe, uscite in questi giorni.

La prima è un cofanetto quadruplo pubblicato dalla EMI (ora nel gruppo Universal, ma non si capisce bene come funzionano le uscite a livello di marchi), nella loro benemerita serie a prezzo super speciale. Si chiama Breezes Of Patchouli The Studio Recordings 1966-1969. L’anno scorso era già uscita la ristampa rimasterizzata e potenziata di Sunshine Superman e qualche anno fa era uscito un cofanetto quadruplo (sempre della EMI) con vinyl replicas di alcuni dei primi album, oltre a ulteriori due raccolte, Troubadour in doppio CD uscita in varie edizioni nel corso degli anni e To Try For The Sun 3 CD + DVD, entrambe per la Sony Legacy (in America è sempre stato su Epic). Ma peraltro le antologie o raccolte in generale prevalgono numericamente rispetto agli album “normali” sin dai tempi del vinile, ma questa nuova si distingue comunque per qualche chicca inserita nella tracking list:

CD1:

Sunshine Superman

1-Sunshine Superman

2-Legend  Of A Girl Child Linda

3-Three Kingfishers

4-Ferris Wheel

5-Bert’s Blues

6-Season Of The Witch

7-The Trip

8-Guinevere

9-The Fat Angel

10-Celeste

 

Mellow Yellow

11-Mellow Yellow

12-Writer In The Sun

13-Sand And Foam

14-The Observation

15-Bleak City Woman

16-House Of Jansch

17-Young Girl Blues

18-Museum

19-Hampstead Incident

20-Sunny South Kensington

 

CD2:

 

The Hurdy Gurdy Man:

1-Hurdy Gurdy Man

2-Peregrine

3-The Entertaining Of A Shy Girl

4-As I Recall It

5-Get Thy Bearings

6-Hi It’s Been A Long Time

7-West Indian Lady

8-Jennifer Juniper

9-The River Song

10-Tangier

11-A Sunny Day

12-The Sun Is A Very Magic Fellow

13-Teas

14-Jennifer Juniper (Italian Version) –PREVIOUSLY UNRELEASED

 

Barabajagal:

15-Barabajagal

16-Superlungs My Supergirl

17-Where Is She

18-Happiness Runs

19-I Love My Shirt

20-The Love Song

21-To Susan On The West Coast Waiting

22-Atlantis

23-Trudi

24-Pamela Jo

25-A Poor Man’s Sunshine (NatIvity) (from the Barabajagal sessions)

 

CD3:

 

A Gift From A Flower To A Garden:

1-Wear Your Love Like Heaven

2-Mad John’s Escape

3-Skip-A-Long Sam

4-Sun

5-There Was A Time

6-Oh Gosh

7-Little Boy In Corduroy

8-Under The Greenwood Tree

9-TheLand Of Doesn’t Have To Be

10-Someone Singing

11-Song Of The Naturalists Wife

12-The Enchanted Gypsy

13-Voyage Into The Golden Screen

14-Isle Of Islay

15-The Mandolin Man And His Secret

16-Lay Of The Last Tinker

17-The Tinker And The Crab

18-Widow With A Shawl

19-The Lullaby Of Spring

20-The Magpie

21-Starfish-On-The-Toast

22-Epistle To Derroll

 

CD4:

 

Sunshine Superman era bonus tracks:

1-Breezes Of Patchuli

2-Museum (First Version)

3-Superlungs (First Version)

4-The Land Of Doesn’t Have To Be

5-Sunshine Superman (original longer stereo version)

 

Mellow Yellow era bonus tracks:

6-Epistle To Dippy

7-Preachin’Love

8-Good Time

9-There Is A Mountain

10-Superlungs (Second Version)

 

Hurdy Gurdy Man era bonus tracks:

11-Epistle To Dippy (Alternative Arrangement)

12-Teen Angel

13-Poor Cow

14-Lalena

15-Aye My Love

16-What A Beautiful Creature You Are

17-Colours

18-Catch The Wind

 

Barabajagal era bonus tracks:

19-The Stromberg Twins

20-Snakeskin

21-Lauretta’s Cousin Laurinda

22-The Swan (Lord Of The Reedy River)

23-New Years Resolution (Donovan’s Celtic Jam)

In effetti Jennifer Juniper in italiano la ricordavo molto vagamente e, in ogni caso, se per un qualche grave motivo non siate possessori di nulla in CD di Donovan, soprattutto del periodo in esame, questa è l’occasione per rimediare. Dei tre video scelti, Atlantis mi è sempre piaciuta moltissimo e per molti, sottoscritto incluso è strettissima parente (a livello di costruzione musicale) di Hey Jude a cui pare il signor Leitch abbia contribuito, le altre due, con Sunshine Superman, sono le più celebri. Che magliette, che camicie e quante belle canzoni. Imperdibile!

Un altro gruppo “dimenticato” degli anni ’70-’80 sono i Sea Level, la formazione nata nel 1977, verso la fine dell’avventura Capricorn, era una costola degli Allman Brothers: alle tastiere Chuck Leavell, ora nella touring band degli Stones, e la sezione ritmica di Lamar Williams e Jay Johnny Johansson (per gli amici e per brevità Jaimoe), oltre all’ottimo chitarrista Jimmy Nalls. Ma per il secondo disco, Cats On The Coast, entrarono in formazione anche Randall Bramblett, al sax, organo e voce, oltre ad un secondo batterista George Weaver e chitarrista, Davis Causey. Mentre per il terzo On The Edge, sempre del 1978 come il precedente tornarono ad avere una formazione più ridotta. I due album sono stati raccolti in un twofer dalla ottima Real Gone Music e tornano disponibili in CD dai tempi degli anni ’90 quando furono ristampati dalla Capricorn, insieme al primo, per un breve periodo. Il genere, se così possiamo definirlo, è uno strano southern rock jazz fusion, prevalentemente strumentale ma di grande energia e classe con le tastiere di Leavell in evidenza ma tutti i musicisti impegnati, molto bravi. Questo non è imperdibile ma si può assolutamente fare!

Ancora più “oscuri” i Cochise, band inglese autrice di un trittico di album tra il 1970 e il 1972: erano il gruppo di BJ Cole il più grande suonatore di pedal steel guitar nella storia del rock inglese. Ma nella formazione apparivano anche il chitarrista Mick Grabham che poi avrebbe suonato nei Procol Harum e, per i pink floydiani,  la sezione ritmica di Rick Wills e John “Willie” Wilson poi nel primo disco solista di David Gilmour. Nei vari dischi, tra gli ospiti di nome, ci sono anche Steve Marriott, Caleb Quaye e Tim Renwick, oltre ai due cantanti Stewart Brown e John Gilbert a seconda degli album. Il gruppo era tra gli antesignani del country-rock inglese: insieme ai Bronco di Jess Roden, agli Home che mescolavano anche prog-rock, ai grandissimi Heads, Hands & Feet di Albert Lee e ai Brinsley Schwarz che vengono giustamente indicati tra gli iniziatori del pub-rock ma suonavano una musica ricca di elementi country e Americana (senza saperlo). Tutti gruppi da conoscere: nel caso dei Cochise la Esoteric ha pubblicato questo doppio CD Velvet Mountain: An Anthology 1970-1972 che raccoglie tutti e tre gli album, oltre all’unica b-side dell’epoca. La copertina, con quel bel seno di profilo, fu opera di Hipgnosis il gruppo visuale fondato da Storm Thorgerson di cui potete leggere nel Blog un breve ricordo nel-suo-campo-era-un-maestro-storm-thorgerson-1944-2013.html.

E questa è la lista completa con il contenuto del doppio CD:

Track Listing:

DISC ONE

1. VELVET MOUNTAIN
 
2. CHINA
 
3. TRAFALGAR DAY
 
4. MOMENT AND THE END
 
5. WATCH THIS SPACE
 
6. 59th STREET BRIDGE SONG (FEELIN’ GROOVY)
 
7. PAST LOVES
 
8. PAINTED LADY
 
9. BLACK IS THE COLOUR
 
 
TAKEN FROM THE ALBUM “COCHISE”

 
 
10. LOVE’S MADE A FOOL OF YOU
 
11. JED COLLDER
 
12. DOWN COUNTRY GIRLS
 
13. HOME AGAIN
 
14. LOST HEARTS
 
15. STRANGE IMAGES
 
16. WHY I SING THE BLUES
 
 
TAKEN FROM THE ALBUM “SWALLOW TALES”
DISC TWO

1. ANOTHER DAY
 
2. AXIOM OF MARIA
 
3. CAN I BREAK YOUR HEART
 
4. O COME ALL YE FAITHFUL
 
 
TAKEN FROM THE ALBUM “SWALLOW TALES”

 
 
5. WORDS OF A DYING MAN
 
 
B-SIDE OF SINGLE – RELEASED IN 1970

 
 
6. CAJUN GIRL
 
7. BLIND LOVE
 
8. DANCE, DANCE, DANCE
 
9. SO MANY TIMES
 
10. DIAMONDS
 
11. THUNDER IN THE CRIB
 
12. UP AND DOWN
 
13. WISHING WELL
 
14. MIDNIGHT MOONSHINE
 
 
TAKEN FROM THE ALBUM “SO FAR”

 

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Altri tre dischi usciti in questi giorni.

Per primo il nuovo disco di Seasick Steve, ultrasettantenne bluesman americano, vagabondo e hobo, ma da alcuni anni stanziale sul territorio inglese e norvegese (si divide tra le due nazioni per vivere). Il nuovo album Hubcap Music esce per la Fiction gruppo Universal e vede la partecipazione, tra gli altri, di John Paul Jones (che è anche il produttore), Jack White e Luther Dickinson. Steven Gene Wold (vero nome) tra l’altro se li può permettere perché, miracolosamente, i suoi dischi, entrano regolarmente nei Top Ten delle classifiche di vendita inglesi (ma anche in Irlanda, Olanda, Francia, Svezia e in generale nel circuito dei Festival europei è popolarissimo), pur concedendo pochissimo alle mode imperanti. Gagliardo!

Strana accoppiata sulla carta (ma molto valida) quella tra Steve Martin e Edie Brickell, che dopo i Gaddabouts e il figlio di Paul Simon, Harper, questa volta collabora con il noto comico americano, che però come molti sanno è anche un virtuoso del banjo nella bluegrass band degli Steep Canyon Rangers (presenti in forza nel CD). Ma ci sono anche Esperanza Spalding, Waddy Wachtel, Webb Sisters, Sara & Sean Watkins in questo Love Has Come For You, prodotto da Peter Asher, pubblicato dalla Rounder/Universal, con 13 brani composti per l’occasione dai due musicisti e assolutamente piacevole e delizioso. Eccoli da Letterman e in un video dall’album.

In questi tempi di Last Bison, Avett Brothers e Old Crow Medicine Show, potrebbe essere una piacevole sorpresa, molto bello!

La copertina, visti i tempi, è assolutamente di cattivo gusto, ma James Osterberg non se ne è mai curato molto e quindi per il primo album con la ragione sociale Iggy And The Stooges dai tempi di Raw Power (e correva il 1973) ha scelto questo Ready To Die per esordire con la Fat Possum, forse l’etichetta più vicina allo spirito di questo disco. 34 minuti di “viulenza” e rock, in dieci brani, per questo ennesimo ritorno di Iggy Pop, con James Williamson di nuovo alla chitarra.

 

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Un terzetto di nomi nuovi, poco conosciuti ma assai interessanti.

I Treetop Flyers prendono il nome da un vecchio brano di Stephen Stills, ma contrariamente a quanto potrebbe far pensare la ragione sociale e il genere, tipicamente americani, vengono dall’Inghilterra e questo loro esordio The Mountain Moves esce per l’etichetta inglese Loose Music. Ci sono elementi della Band, Neil Young, Fleetwood Mac e Little Feat, ma anche My Morning Jacket, Coral e Jonathan Wilson. Il disco è stato prodotto in California da Noah Georgeson, in uno studio che era stato costruito per Rick Rubin. Sono un quintetto con tre chitarre e più meno tutti cantano anche, quindi le armonie vocali sono ottime. Anche in questo caso musica derivativa, ma chissenefrega, take a listen, il primo brano non c’è sull’album.

E anche, orrore (perché poi?), i primi America, ma al sottoscritto piacciono entrambi, consigliato.

Anche i Kopecky Family Band si aggregano al filone delle band formate da fratelli vari: qualcuno ha detto Avett Brothers o Last Bison? In questo però caso solo nel nome del gruppo e nell’attitudine, perché non sono neppure parenti. Ma come genere musicale potremmo citare anche Of Monsters And Men e Arcade Fire. Fiati, cello, pedal steel, uniti a chitarre e tastiere, un sound più “moderno” dei primi nomi citati, etichetta ATO Records, alternanza di voci maschili e femminili (Kelsey Kopecky che dà il nome al gruppo), assai piacevoli anche costoro, se proprio, sotto la minaccia di una pistola, dovessi scegliere tra loro e Justin Bieber o One Direction, sarei veramente in difficoltà (un po’ di sana ironia). Mi sembrano meno validi dei Treetop Flyers sopracitati e dei Bills (di cui tra poco) ma comunque niente male. Il titolo l’ho detto? Kids Raising Kids! Un paio di esempi.

Per finire parliamo dei Bills, altra interessante band che appartiene al filone di cui stiamo parlando. Sono canadesi, Yes Please è il loro secondo album, è già uscito da qualche mese ma ora avrà una distribuzione più consistente tramite la Red House. Si sono azzardati paragoni con la Band (forse perché hanno una fisarmonica in formazione) ma il suono mi sembra decisamente più acustico, per quanto assai interessante. Anche in questo caso un paio di video di assaggio (sono i vantaggi della rete rispetto alle recensioni sul Busca). Il secondo brano, strumentale, mi ricorda moltissimo, per una certa aria vagamente cameristica, classicheggiante, ma country folk paesana al tempo stesso, i più volte citati Last Bison. Non più dei pivellini, sono in pista dal 1996, molto bravi anche questi!

Fine della prima parte (e di novità di maggio, per inciso, abbiamo parlato poco, ma rimedierò nella seconda parte). In fondo siamo al primo maggio e, per la serie gli svantaggi della rete, oggi ho avuto delle vicissutidini tecniche e ho dovuto riscrivere parte del Post.

Bruno Conti

P.S. Proprio mentre scrivevo mi è arrivata una mail nella posta elettronica che mi annuncia la prossima uscita del nuovo album dei Civil Wars. Ma non si erano sciolti? Prossimamente ulteriori notizie, anche se pare che non abbiamo risolto le loro divergenze. La copertina dovrebbe essere questa, ma oggi non si riesce ad entrare nel sito. Comunque l’uscita è prevista (forse) per la tarda estate.cover_zps9eebfd73.png

Dagli “Archivi” Degli Anni ’70! Dixie Tabernacle – Nashville Swamp

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Dixie Tabernacle – Nashville Swamp – Storm Dog Records Group  2012

A due anni di distanza dall’eccellente esordio A Good Excuse (recensito meritoriamente su queste pagine virtuali solo-del-sano-buon-vecchio-southern-rock-dixie-tabernacle-a.html), tornano i Dixie Tabernacle, un combo musicale che nasce da un’idea del produttore Larry Good, che ha coinvolto in questo progetto alcuni tra i migliori musicisti del rock sudista. I validi componenti di questo “ensemble” oltre al citato Good alla batteria, sono: Jimmy Hall mai dimenticato cantante dei Wet Willie,  il chitarrista Jack Pearson (ex Allman Brothers Band), il batterista Artimus Pyle (Lynyrd Skynyrd), i cantanti Thane Shearon (Cold Truth) e Doug Phelps (Kentucky Headhunters), più una schiera di “sessionmen” di certificata fede sudista, per un lavoro, Nashville Swamp,  uscito (?!?) il 9 Maggio di quest’anno, che sprigiona tutta la bellezza, la potenza ed il calore dello storico Southern Rock, per 13 brani che profumano di Allman Brothers, Lynyrd Skynyrd e direi anche la primissima Marshall Tucker Band, per un “sound” (un intreccio di rock, blues, soul, country e R&B), che ha reso un genere memorabile.

Si comincia con Sixty Five Days e That Aint Right due swamp-boogie d’annata con chitarre, organo e batteria sugli scudi, seguite da una tiratissima cover di Ain’t Living Long Like This, tratta dallo sterminato repertorio di Rodney Crowell (e fatta anche da Emmylou Harris in uno dei suoi dischi più belli, Quarter Moon In A Ten Cent Town). Si riparte con una ballata Supply And Demand, che ricorda il periodo migliore della Band di Robbie Robertson e soci, mentre Shake A Leg Mama è un brano fusion-southern rock, pescato dai solchi dei vinili dei Sea Level (formazione con Chuck Leavell e il cantante Randall Bramlett), gruppo molto stimato nell’ambiente sudista, cui fa seguito una Something Else I Don’t Need dove l’organo Hammond e la voce di Hall,  hanno il potere di rievocare certe  registrazioni anni’70.

Creeper (A True Story) è un rock-blues con uno scatenato Jack Pearson alla slide ed una sezione ritmica degna degli Allman, seguita da Waiting On You che sembra uscita da un disco dei Lynyrd Skynyrd e dal country-blues di North Little Rock Blues, che rende omaggio al pastoso e potente sound della Marshall Tucker Band. L’intro di Money Grabber è il marchio di fabbrica del gruppo, mentre It Ain’t My Business è un brano rock-blues elettrico con uno sound alla Dickey Betts, e poi ancora una ballatona come It Was All a Lie (Except The Last Goodbye) con le armonie vocali di Bekka Bramlett, con le chitarre acustiche in evidenza, e verso la fine un coro “soul” a valorizzare tutto il fascino della musica del Sud. Chiude un disco “stellare” una Live Bonus Track The Long Goodbye, “catturata” dai Brothers of the Southland, dove Jimmy Hall, ancora una volta, si conferma come una delle migliori “ugole” americane…

Purtroppo Nashville Swamp, e pure il precedente A Good Excuse, sono CD-R prodotti e masterizzati da loro stessi su richiesta, e venduti anche su Amazon, ma non l’ultimo, disponibile solo sul sito dell’etichetta dixietabernacle.cfm (oppure si possono scaricare a pagamento), ma se riuscite nell’intento di procurarveli, vi consiglio di ascoltarli avvolti in una bandiera confederata, sorseggiando del buon Bourbon solido e caldo, come può esserlo un disco di southern-rock, tirato fuori dagli scaffali degli anni settanta.

Tino Montanari

*NDB Lo so avevo promesso di recensirlo a settembre, ma poi per vari motivi è rimasto nel cassetto per cui, in virtù della bonta del disco, di cui in Italia non ha parlato nessuno, ho passato la palla al buon Tino, visto che in questo Blog vige il lavoro di gruppo e non ci tengo (o meglio ci terrei ma non ho il tempo) a fare tutte le recensioni. Comunque svolgo sempre un lavoro di supervisione!