Il Testamento “Postumo” Di Leonard. Thanks For The Dance – Leonard Cohen

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Leonard Cohen – Thanks For The Dance – Columbia/Legacy– LP – CD

Sono passati poco più di tre anni dalla scomparsa di Leonard Cohen, e anche da un mio “post” sul Blog, dove ripercorrevo la sua straordinaria discografia (disco per disco). Questo Thanks For The Dance (in uscita in questi giorni), è il primo disco di inediti (postumo) del cantautore canadese, e questo lo si deve solo grazie al figlio Adam Cohen, che sette mesi dopo la morte  del padre (su sua esplicita richiesta), ha recuperato degli appunti sparsi, bozzetti, e tracce musicali, finalizzando tutto il lavoro che era rimasto incompiuto del precedente e ultimo You Want It Darker.

Per fare le cose al meglio il buon Adam si è attaccato al telefono, e ha giustamente invitato alcuni amici e colleghi a contribuire anche con il loro talento alla buona riuscita del disco, a partire dal grande musicista spagnolo Javier Mas (elemento di spicco negli ultimi anni di tournée con Leonard), ammiratori e collaboratori di lunga data come Jennifer Warnes, Sharon Robinson (entrambe coriste storiche di Cohen),  Leslie Feist, Damien Rice, Beck,, il compositore Dustin O’Halloran al piano, Richard Reed Parry degli Arcade Fire) al basso, Bryce Dessner il chitarrista dei National, il tutto con il supporto del coro berlinese Cantus Domus e della Congregation Shaar Hashomayim  (già impiegata nel disco precedente), oltre ad altri amici di lunga data Patrick Watson alle tastiere, che ha curato gli arrangiamenti dei fiati e di Daniel Lanois chitarra e piano. Ma nel disco sono stati impiegati complessivamente più di quaranta musicisti. Data la particolarità del lavoro, mi è sembrato giusto sviluppare i brani “track by track”:

Happens To The Heart – Il brano iniziale, dopo qualche secondo come in un “fil-rouge”, riparte da dove era terminato l’ultimo meraviglioso You Want It Darker, con le note iniziali della chitarra flamenco di Mas, il piano vellutato di Lanois, e il solito canto meditativo di Cohen, che mette i brividi alla schiena di ogni ascoltatore.

Moving On – Questa canzone è l’ennesimo omaggio all’amata Marianne Ihlen, una tenue ballata declamata da Leonard e sussurrata come una preghiera, sostenuta solamente dalle note della chitarra di Javier, e dal suono lieve di uno scacciapensieri.

The Night Of Santiago – Meritevole recupero di un poema di Garcia Lorca, che era gia apparsa in Book Of Longing di Philip Glass, e che nella versione suddetta era cantata in forma corale e operistica, in questa nuova rilettura di Adam viene rivoltata come un calzino ed eseguita in una versione “spagnoleggiante”, che si dipana tra accordi di pianoforte che flirtano con il virtuosismo dell’artista spagnolo, accompagnando la voce baritonale del “maestro”.

Thanks For The Dance – Anche questo brano era stato già interpretato da Anjani Thomas in Blue Alert (06), uno dei suoi memorabili valzer che richiama immancabilmente il famoso Take This Waltz, un bellissimo commiato in musica impreziosito ai cori dalle voci sensuali di Jennifer Warnes e Leslie Feist.

It’s Torn – Un giro di basso accompagnato dal pianoforte di Lanois introduce It’s Torn, uno dei brani più oscuri del lavoro, una ballata “dark” che si avvale nella parte finale, della voce sinuosa e vellutata di una delle sue tante brave coriste, Sharon Robinson.

The Goal – Sempre dal libro di poesie e poemi Book Of Longing, viene recuperata questa brevissima lirica in musica, recitata in forma di monologo dal grande Leonard.

Puppets – Questo è certamente il brano più politico del disco (viene ricordato lo sterminio degli Ebrei vittime del genocidio nazista, conosciuto storicamente come Shoah), dove la voce quasi minacciosa dell’autore, viene accompagnata dalla chitarra di Michael Chaves, e dal coro solenne dei berlinesi Cactus Domus, e monastico dei Shaar Hashomayim Choir.

The Hills – Indubbiamente questo è il pezzo più in formato canzone dell’album, una piccola gemma che si sviluppa in modo crescente, con un arrangiamento ricco e vario dove spiccano le voci angeliche delle sconosciute (ma brave) Erika Angell, Molly Sveeney, Lilah Larson

Listen To The Hummingbird – Il testo di questo brano altro non sono che i versi recitati da Cohen nell’ultima conferenza stampa ai tempi di You Want It Darker, con il piano delicato di Larry Goldings che detta la scarna melodia, valorizzata dalle voci di Damien Rice e del figlio Adam.

Giunto alla fine dell’ascolto del CD di Leonard e Adam Cohen,(sono solo poco più di 28 minuti, ma molto intensi) ho la netta sensazione che il figlio d’arte abbia fatto un lavoro splendido e altamente meritevole, tenendo fede alla promessa fatta al padre prima di morire, confermando anche che sarà l’unico album postumo che uscirà a suo nome, perché deve essere chiaro che la discografia ufficiale di Cohen finisce con questo ultimo viaggio, senza le eventuali contaminazioni discografiche varie. La carriera di Leonard Norman Cohen è stata un lungo percorso di epitaffi, poemi e poesie , cantati e arrangiati con scrupolo,  con una voce (la cosa più bella di questo Thanks For The Dance) incredibilmente bassa, baritonale, che sembra parlare al cuore e all’anima di ognuno di noi. Purtroppo, non ci sarà una prossima volta (vedremo se sarò vero), ma grazie per l’ultimo ballo Mr. Cohen.

*NDT: Se non conoscete Adam Cohen (nonostante il fardello di essere figlio di cotanto padre), ha una dignitosa carriera alle spalle, composta da quattro uscite discografiche, di cui almeno due Like A Man (11) e We Go Home (14), altamente consigliate. Cercate gente, cercate.!

Tino Montanari

Supplemento Della Domenica. Leonard Cohen 1934-2016: Un Ultimo Sentito Tributo. Ecco La Discografia “Mirata” Di Un Gigante Della Musica.

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Quando ho appreso la notizia della morte di Leonard Norman Cohen ero in viaggio per Savona e sono stato contattato dall’amico Bruno per un eventuale commento in merito (cosa che è stata fatta puntualmente e meritoriamente su queste pagine virtuali dal collaboratore Marco Verdi http://discoclub.myblog.it/2016/11/11/volevamo-giornata-piu-buia-si-spento-sorpresa-anche-leonard-cohen/), e vista la mia nota passione musicale per questo poeta, scrittore e cantautore Canadese, mi è sembrato giusto e doveroso, per chi vuole approfondire, ripercorrere album per album la sua straordinaria carriera, quindi ecco cosa è successo in questi cinquanta leggendari anni.

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The Songs Of Leonard Cohen (1968) – Con questo fondamentale e brillante esordio, il romanziere Leonard Cohen si fa conoscere al mondo intero come cantautore raffinato e sensibile, in un disco dove spiccano i testi e la sua voce profonda, ad accompagnare ballate che rimarranno nella storia come Suzanne e So Long, Marianne, e piccoli gioielli quali Sisters Of Mercy e Hey, That’s No Way To Say Goodbye.

Songs From A Room (1969) – Il secondo capitolo (registrato stranamente a Nashville) conferma la statura del personaggio: con la famosissima e poetica Bird On The Wire (sul retro del disco si può notare la sua “musa” e amante Marianne Ihlen, morta recentemente a cui è dedicata la canzone), e altri brani di valore come Story Of Isaac, Seems So Long Ago, Nancy e la struggente The Partisan.

Songs Of Love And Hate (1971) –  Con questo lavoro (per chi scrive il punto più alto della sua produzione), Cohen entra nel “gotha” dei cantautori: un album dove accanto a poesie musicali come Famous Blue Raincoat, Diamonds In The Mine e Joan Of Arc (tradotta in italiano da Fabrizio De Andrè), si trovano gli scarni arpeggi di Avalanche, il canto di rabbia di Dress Rehearsal Rag e una perla poco conosciuta come la dolcissima Love Calls You By Your Name.

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Live Songs (1973) – Questo è il primo disco dal vivo di Leonard (con vecchie registrazioni del 1970), dove accanto ai classici troviamo la tenue You Know Who I Am, Nancy e la biblica Story Of Isaac.

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New Skin For The Old Ceremony (1974) – Dopo anni trascorsi sull’isola greca di Idra, pubblica un disco di nuove canzoni tra cui spiccano la famosa Chelsea Hotel #2 (dedicata a Janis Joplin), con la tambureggiante Lover Lover Lover, la militaresca Field Commander Cohen, e la dolce Who By Fire

Death Of A Ladies’ Man (1977) – Questo è sicuramente l’album più controverso della produzione di Cohen (non tanto per le liriche, ma per la “spericolata” produzione affidata a Phil Spector), con arrangiamenti “pomposi” dove si salvano una trascinante Memories, una Dont Go Home With Your Hard-On (con la “chicca” di un certo Bob Dylan e Allen Ginsberg ai cori), e con il particolare che sulla cover del disco si intravede Suzanne Elrod (la madre dei suoi due figli, Adam e Lorca).

Recent Songs (1979) –  Fortunatamente con questo lavoro Cohen ritrova un repertorio folk-pop più adatto alla sua fama, a partire dall’iniziale The Guest, l’intrigante tradizionale The Lost Canadian (Un Canadien Errant) cantata in francofono con un orchestra “mariachi”, una superba e straziante The Gypsy’s Wife (dedicata all’attrice Natalie Wood), e una lunga Ballad Of The Absent Mare (dove per chi scrive ci sono forti analogie con Una Storia Sbagliata musicata da Massimo Bubola con testo di Fabrizio De Andrè).

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Various Positions (1984) –  Questo album (stranamente) non fu accolto positivamente dalla critica, pur contenendo la canzone manifesto (e la sua hit più nota) del cantautore, quella Hallelujah che è divenuta una delle più famose ballate planetarie, senza dimenticare Dance Me To The End Of Love, la pianistica Coming Back To You, Heart With No Companion, e le note melodiose della bellissima If It Be Your Will (con ai cori la bella voce di Jennifer Warnes).

I’m Your Man (1988) –  Con questo lavoro, che annovera canzoni di spessore come Ain’t No Cure For Love, First We Take Manhattan, Everybody Knows (scritta con Sharon Robinson), I’m Your Man, Tower Of Song, e il meraviglioso valzer Take This Waltz, Cohen torna ai livelli migliori del decennio precedente, confermandosi ai vertici delle voci poetiche del cantautorato.

The Future (1992) –  L’accompagnamento musicale di questo disco (ispirato alla Genesi e anche alla Apocalisse) non è più quello essenziale dei primi tempi, con Leonard che lascia la chitarra e passa alle tastiere varie, certificate dall’iniziale title track The Future, e dalle riuscite Closing Time, Democracy, e la religiosa Anthem.

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Cohen Live (1994) – A corollario ella precedente eccellente prova, arriva questo Live registrato in parte  nel ’88 e in parte nel ’93, dove le sue canzoni (o poesie) più significative vengono riproposte con arrangiamenti più raffinati, valorizzate dai cori dalle bravissime vocalist Julie Christensen e Perla Batalla, supportate da magnifici musicisti (che negli anni saranno parte integrante delle varie band).

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Field Commander Cohen (2001) – Negli anni ’90 Cohen (come è noto) si ritira in un monastero Buddista sulle colline di Los Angeles, e al suo rientro la Columbia mette sul mercato questo Live registrato durante il Tour del 1979 (all’Hammersmith Odeon di Londra), dove vengono ripescate splendide pagine minori quali The Window, The Smokey Life e Why Don’t You Try.

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Ten New Songs (2001) – Abbandonato il monastero Leonard esce con dieci brani inediti (come sempre intensi e personali) scritti e cantati con la corista storica Sharon Robinson, dove spiccano In My Secret Life, A Thousand Kisses Deep, il moderno gospel di Boogie Street, e una meravigliosa Alexandra Leaving.

Dear Heather (2004) – L’accoppiata Robinson – Cohen viene bissata con questo lavoro fragile e crepuscolare, cantato a mezza voce, che trova i punti di forza nella declamata The Letter, nella lenta e pianistica On That Day, e nella traccia finale (ripresa dal vivo) Tennessee Waltz.

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Live At The Isle Of Wight 1970 (CD+DVD) – Questo live testimonia meritoriamente il famoso e formidabile raduno post-Woodstock nel 1970 all’isola di Wight, dove un giovane Leonard Cohen incantò una platea entusiasta dei gruppi rock con “perle”  che a distanza di anni diventeranno brani immortali.

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Live In London (2009) –  Questo è il primo concerto che il grande canadese estrae dai numerosi tour in giro per l’Europa, venticinque canzoni splendide per oltre due ore di grandissima musica, suonate in modo impeccabile, e cantate dal “maestro” con passione e cuore.

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Songs From The Road (2010) CD+DVD Registrato in vari paesi (America, Canada, Inghilterra, Germania e Israele), questo disco è l’ideale seguito dello splendido Live In London, con ballate senza tempo a comporre una scaletta leggermente diversa e intrigante.

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Old Ideas (2012) –  A distanza di otto anni dal precedente lavoro in studio, Cohen ritorna con dieci nuove canzoni (con temi che spaziano dall’amore, al sesso e politica), a partire dalla commovente Going Home, l’intensa preghiera Amen, la meravigliosa malinconia di una Show Me The Place, e la toccante Darkness, con la partecipazione di Jennifer Warnes, Sharon Robinson e Dana Glover, che con le sorelle Hattie e Charley Webb regalano dolcezza e malinconia negli onnipresenti cori.

Popular Problems (2014) – Contrariamente ai suoi tempi di lavoro (Cohen ci ha abituato a lunghe attese), a distanza di solo due anni dal disco precedente Leonard festeggia i suoi splendidi 80 anni pubblicando nove brani inediti come sempre poetici e innovativi, con una menzione particolare per la suadente Slow, la struggente Samson In New Orleans (a ricordare l’uragano Katrina), una ballata coinvolgente come My Oh My, e finire con la crepuscolare You Got Me Singing.

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Live In Dublin (2014) 3 CD+DVD –  Dopo lo straordinario successo di Live In London, Cohen fa uscire questo splendido concerto registrato nella capitale Irlandese (per chi scrive il suo migliore di sempre, accompagnato da una delle sue band, anche in questo caso,  migliori di sempre), con una scaletta composta da 30 canzoni (oltre 3 ore di musica elegante e raffinata), dove oltre ai classici (che tutti sconosciamo), sono stati inseriti alcunii brani recenti di Old Ideas, con Leonard impegnato in una “performance” unica. Imperdibile.

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Can’t Forget (A Souvenir Of The Grand Tour 2015) – A giustificare l’intensa attività in concerto del maestro Canadese negli ultimi anni, il tutto è da catalogare sotto la voce “problemi finanziari” (come noto la sua ex-manager Kelley Linch, poi condannata a soli 18 mesi di prigione, ha sottratto al pensionato Leonard circa 5 milioni di dollari), e questo ennesimo live è l’occasione per riproporre brani meno conosciuti e abituali del suo grande repertorio come Choices, cover del countryman George Jones, e la famosa canzone d’amore del Quebec dell’icona locale Georges Dor La Manic, e presentare due inediti, come il blues soffuso di Never Gave Nobody Trouble e il “funky-groove” di Got A Little Secret, eseguite impeccabilmente.

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You Want It Darker (2016) – E siamo arrivati (purtroppo) al capitolo finale, uscito poche settimane prima della sua scomparsa, e come al solito  un capolavoro: nove canzoni che affrontano i temi di sempre, Dio, l’amore, la sessualità, la perdita, la morte come nella splendida Leaving The Table, le sofferte e dolorose Traveling Light e Steer Your Way, e salutare il mondo con la voce del tenore Gideon Zelermyer, che canta in ebraico gli ultimi versi di una profetica You Want It Darker, per un lavoro fragile, crepuscolare, un“testamento spirituale” per un elegante commiato. Sipario.!

Alla fine di questo straordinario percorso (tralasciando i numerosi “bootleg”, i vari tributi dedicati alle sue canzoni,  i video, le sue poesie e naturalmente i due romanzi Il Gioco Preferito e Beautiful Losers), rimane la sensazione che il Canadese è l’unico, con Bob Dylan, che sia riuscito ad elevare a poesia il vocabolario della sua musica, il tutto certificato in quasi sessant’anni di carriera (tra letteratura, poesia e canzone), regalandoci splendide pagine che rimarranno per sempre nei nostri cuori.

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Leonard Norman Cohen, si è spento nel sonno nella sua casa di Los Angeles, la morte che tutti si augurano di avere (anche se, pare, a seguito di una caduta avvenuta durante la notte, particolare reso noto solo parecchi giorni dopo e non nel comunicato iniziale del decesso). perfettamente consapevole che la si può comunque accogliere attraverso l’accettazione della fede, con la serenità che passeggiando per il Paradiso se allungherà la mano, la prima che troverà, ci potete scommettere, sarà quella della “sua” Marianne. Riposa in pace Leonard.!

NDT: Per noi “coheniani” il pensiero corre a chi può sostituire il “maestro” (sapendo benissimo che sarà comunque impossibile), io comunque un nome da proporre l’avrei: nel suo piccolo, andatevi ad ascoltare Gregory Alan Isakov!

Tino Montanari

L’Ultimo Botto Di Fine Anno ! Leonard Cohen – Live In Dublin

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Leonard Cohen – Live In Dublin – Sony Music – 3CD – 3CD/DVD –  3CD/Blu-Ray

Dopo Live In London (09) e Songs From The Road (10), questo Live In Dublin  è il terzo concerto dal vivo che il grande cantautore-poeta canadese estrae dai suoi numerosi tour Europei: sono tre ore di grande musica (e per la prima volta un concerto completo dalla prima all’ultima canzone, per i suoi numerosi “fans” (ai quali sono fiero di appartenere). Il concerto è stato registrato nel Settembre del 2013 all’Arena 02 della splendida capitale Irlandese, con Cohen che come sempre si avvale di musicisti di fama mondiale (probabilmente la sua migliore band di sempre a parte l’assenza di Dino Soldo al sax), con al basso Roscoe Beck, Neil Larsen alla fisarmonica e tastiere, Rafael Gayol alla batteria e percussioni, il virtuoso Javier Mas a suonare tutti gli strumenti a corda, Mitch Watkins alle chitarre, il violino moldavo di Alex Bublitchi , e alle armonie vocali la sua “partner” di lunga data Sharon Robinson, e le sempre soavi Webb Sisters, ancora presenti nel gruppo lo scorso anno, per una “performance” magnifica dove in un mix unico si combinano elementi blues, jazz e pop, con frammenti di stili europei e zingareschi https://www.youtube.com/watch?v=n2GAYDYGddk .

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Il primo set inizia con la consueta, scura e profonda, Dance Me To The End Of Love, a cui fanno seguito la “biblica” The Future, la sempre carismatica Bird On The Wire, qui arrangiata in versione soul-jazz, mentre la chitarra del barcellonese Javier Mas incanta in Everybody Knows (dove si nota ancora una volta la bravura delle coriste) https://www.youtube.com/watch?v=8IfmiKnZi3E , e anche nel lungo intro spagnoleggiante di una struggente Who By Fire. Con The Gypsy’s Wife la band recupera il suono tzigano dei tempi di Recent Songs (79) , a cui Cohen fa seguire un trittico di brani tratto dal recente Old Ideas (12) Darkness, Amen e la dolce e meravigliosa Come Healing, accompagnata dalle voci angeliche delle Webb Sisters https://www.youtube.com/watch?v=MUB1O2cT2gM , canzoni che reggono lo show con la stessa forza dei classici di sempre, andando a chiudere la prima parte con Lover Lover Lover dal classico New Skin For The Old Ceremony (74), e la spirituale Anthem.

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La seconda parte del set riparte con le tastiere della celebre Tower Of Song, seguita poi da una dolcissima Suzanne, trascinata dal violino e dai cori, dagli accordi acustici di Chelsea Hotel #2, il lento incedere di Waiting For Miracle, per poi approdare al momento migliore della serata con la bilingue, sofferente ed emotiva, The Partisan, in una versione da brivido, impreziosita dagli accordi di Mas durante i versi in francese, brano che si merita l’ovazione del pubblico in sala. Dopo un inchino e un saluto al pubblico, il “maestro” riparte con le note avvolgenti di In My Secret Life, lasciando il palco alla Robinson per la ballata pianistica Alexandra Leaving, e poi ritornare con la sua voce baritonale alle atmosfere retrò della nota I’m Your Man https://www.youtube.com/watch?v=YuCpTi0EtbU , che fa da preludio alla famosissima e “coverizzata” da quasi tutti Hallelujah (forse l’unica canzone di Cohen conosciuta a livello universale), recitandola come solo il suo “creatore” potrebbe fare, un brano che non ha bisogno di presentazione, il secondo set termina con la poesia di Garcia Lorca, il fascinoso valzer Take This Waltz. Sulle note finali di questa canzone la band se ne va dal palco, per poi tornare ovviamente per una serie di “encores” che iniziano con la spettacolare versione “tzigana” della bellissima So Long, Marianne https://www.youtube.com/watch?v=DgEiDc1aXr0 , seguita dai sussurri di Going Home con il violino moldavo che colpisce direttamente al cuore, il basso pulsante che introduce First We Take Manhattan, dove la voce di Leonard e l’apporto delle coriste danno al brano un tono inaspettato, mentre la dolente Famous Blue Raincoat entra nell’anima, con uno dei testi più commoventi di sempre https://www.youtube.com/watch?v=DHqqlm9yf7M . Le bellissime voci delle sorelle Webb danno corpo alla melodia sognante di If It Be Your Will, avviandosi poi al gra finale con la solita coinvolgente Closing Time, rispolverando anche il blues vellutato di I Tried To Leave You e andando a chiudere un concerto magnifico con una inaspettata cover di Save The Last Dance For Me (con un’introduzione quasi “caraibica”) dei Drifters. Applausi!

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Sono quasi cinquant’anni ormai che Leonard Cohen porta avanti la missione di poeta, romanziere e cantautore, e chi lo segue dall’inizio della sua carriera sa cosa aspettarsi da questo vecchio signore, un gentiluomo che quando sale sul palco è rispettoso del pubblico e dei suoi superbi musicisti, che ringrazia col gesto del cappello e presenta con un rispettoso inchino. Anche in questo concerto (come negli altri), il suono è perfetto, non assordante, governato dall’equilibrio e dalla misura, distribuito su canzoni immortali, riconosciute ed apprezzate, cantate con il senso della misura, che con Cohen diventa perfezione. All’inizio della carriera, il grande canadese amava dire “di voler essere solo un poeta minore”, ora (per chi scrive) rimane senza ombra di dubbio il massimo poeta che la canzone d’autore abbia saputo esprimere, non male per uno che ha intrapreso di nuovo la carriera di cantante e ricominciato a fare concerti per le note necessità economiche.

NDT: Nel DVD oltre al concerto completo, vengono proposti come bonus i video delle canzoni Show Me The Place, Anyhow e Different Sides, estratti da Old Ideas e registrati in Canada nel 2013.

Tino Montanari

Tra Le Uscite Natalizie Di Grande Qualità Da Non Trascurare. Leonard Cohen – Live In Dublin

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Leonard Cohen – Live In Dublin – 3 CD + DVD o 3 CD + Blu-Ray – Columbia/

Sony Music

Come gli attenti lettori del Blog avranno notato, tra i collaboratori dello stesso c’è un fan accanito di Leonard Cohen, quindi lascerò a lui un approfondimento più dettagliato di questa produzione del grande cantautore canadese, ma essendomi accorto di non averne neppure segnalato l’uscita, rimedio subito. Il piccolo cofanetto è uscito ieri, 2 Dicembre, in due diverse edizioni, entrambe quadruple, e presenta il resoconto completo della data tenuta alla 02 Arena di Dublino il 12 settembre del 2013, il tutto filmato in alta definizione. Visto che il nostro amico (80 anni lo scorso 23 settembre) già più volte ci ha smentiti, non vi diro che si tratta delle registrazioni imprescindibili del suo ultimo tour (e in effetti le date del 2015 sono già state annunciate), ma anche questo poderoso terzo album dal vivo in pochi anni anni s’ha da avere. Dopo Live In London del 2009 e Songs From The Road del 2010, è la volta di questa serata irlandese, registrata quando il nostro era ancora un arzillo 78enne e con la presenza nella super band che lo accompagnava delle Webb Sisters (non più utilizzate nel recente Popular Problems) e di Sharon Robinson, sempre presente negli ultimi anni, anche come co-autrice di molti brani:

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Il Box raccoglie tre CD che riportano il First Set,11 brani, il Second Set, altri 11 brani e gli 8 Encores nel terzo dischetto, per un totale di 30 brani (alcuni ripetuti rispetto, ad esempio, al Live In London, ma non si può imporre a Cohen, per motivi discografici, di non cantare alcune delle sue composizioni più famose), 3 ore di musica contenute integralmente anche nel DVD o nel Blu-ray, e non, come in un primo momento era sembrato di capire, solo i 3 brani registrati in Canada nell’Aprile 2013, che appaiono come bonus nella parte video. Quindi, come si suol dire, imperdibile: per la prima volta un concerto completo, nell’esatta sequenza in cui è stato eseguito da Leonard Cohen, a disposizione dei suoi fans, ma anche in generale di chi ama la buona musica. E Leonard dal vivo ultimamente è quasi meglio che in studio (dove peraltro si difende egregiamente, come dimostra l’ultimo album http://discoclub.myblog.it/2014/09/19/padre-figlio-parte-leonard-cohen-popular-problems/). Ci costa caro, perché ad una media di due album a trimestre è un salasso, ma ne vale assolutamente la pena.

Questo il contenuto completo del cofanetto:

Set 1: Dance Me to the End of Love, The Future, Bird on the Wire, Everybody Knows, Who By Fire, The Gypsy’s Wife, Darkness, Amen, Come Healing, Lover Lover Lover, Anthem.

Set 2: Tower of Song, Suzanne, Chelsea Hotel #2, Waiting for the Miracle, The Partisan, In My Secret Life, Alexandra Leaving (Sharon Robinson), I’m Your Man, Recitation w/ N.L., Hallelujah, Take this Waltz.

Encore: So Long, Marianne, Going Home, First We Take  Manhattan, Famous Blue Raincoat, If It Be Your Will (Webb Sisters), Closing Time, I Tried to Leave You, Save the Last Dance for Me.

DVD Bonus songs: Show Me The Place – Halifax, NS, Canada,  April 13, 2013 -Halifax Metro Centre | Anyhow – St. John’s, NL, Canada,  April 20, 2013 – Mile One Centre | Different Sides – St. John, NB, Canada – April 15, 2013 – Harbour Station.

Per il momento buon ascolto, e vista la qualità delle immagini, buona visione, ma ci ritorniamo con calma.

Bruno Conti

Una Pioggia Di “Covers D’Autore” – Barb Jungr – Hard Rain

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Barb Jungr – Hard Rain – The Songs Of Bob Dylan & Leonard Cohen – Kristalyn Records

Di questa signora aveva già parlato (come sempre puntualmente) il titolare di questo blog, in occasione dei festeggiamenti del 70° compleanno di Bob Dylan http://discoclub.myblog.it/2011/05/27/bob-dylan-at-70-piccole-aggiunte/ . Barb Jungr nativa di Rochdale in Inghilterra, figlia di genitori immigrati (padre ceco e madre tedesca), ha lavorato con molti dei migliori musicisti e compositori inglesi, ha girato il mondo in svariati tour, raccogliendo sempre il tutto esaurito, e a New York, da diverse stagioni, si esibisce regolarmente nei locali più importanti e prestigiosi (al Metropolitan Hall e al Cafè Carlyle)https://www.youtube.com/watch?v=GHjMZHuKtcY Nella sua sterminata discografia (oltre 20 album e varie  collaborazioni), questo è il terzo progetto dedicato alle canzoni di Dylan, dopo Every Grain Of Sand: Barb Jungr Sings Bob Dylan (02) https://www.youtube.com/watch?v=pabKsJf1raE  e Man In The Long Black Coat: Barb Jungr Sings Bob Dylan (11), e il primo inerente alle canzoni di Cohen; prodotto dal pianista Simon Wallace, con l’apporto di musicisti di valore come Neville Malcolm e Steve Watts al basso, Gary Hammond e Richard Olatude Baker alle percussioni, Clive Bell al flauto giapponese, e soprattutto con la magica voce di Barb Jungr https://www.youtube.com/watch?v=Tssuy8Y5YrE . Data la bellezza del lavoro, almeno per il vostro fedele recensore, mi sembra giusto sviluppare i brani “track by track”:

Blowin’ In The WindSi inizia con l’inno “pacifista” per eccellenza, con un flauto e un ritmo da bossanova ad accompagnare lo sviluppo della canzone, cantata da Barb in modo solenne.

Everybody Knows Questo è il primo brano dell’accoppiata Cohen/Robinson (il più famoso) che nel trattamento Jungr viene rivisitato in forma swing-jazz, con pianoforte e leggere percussioni.

Who By Fire – Altro brano “immortale”, ballata tranquilla per pianoforte e voce che prende il cuore e fa scendere qualche lacrimuccia, con un’interpretazione da brividi https://www.youtube.com/watch?v=8o4-PzHds7g .

Hard Rain – L’unica versione dell’album (stranamente) molto simile all’originale, cantata in modo impetuoso, su un tessuto di percussioni tambureggianti.

First We Take Manhattan – Un’altra ballata soffusa per pianoforte e voce, molto teatrale, una jazz-song che mi ricorda lo stile di Joni Mitchell nel suo periodo jazz. Splendida.

Masters Of War – Altro inno contro la guerra, che si apre con il Shakahachi (flauto giapponese), e  un  pianoforte minimale, declamato dalla Jungr nella sua lunga durata (oltre sette minuti).

It’s Alright Ma – Il brano più upbeat della raccolta, arrangiato con organo, percussioni e pianoforte, con una interpretazione gioiosa e divertente di Barb.

1000 Kisses Deep – Splendido brano (tratto da Ten New Songs), firmato da Cohen sempre con la brava Sharon Robinson e rifatto sempre per pianoforte e voce, perfetto da ascoltare in un fumoso piano-bar di Casablanca. Emozionante.

Gotta Serve Somebody – Probabilmente è la canzone dell’album più lontana dall’originale, quasi irriconoscibile per chi non ha dimestichezza con le sfumature jazz, ma che mette in evidenza la bravura vocale della Jungr. Rivoltata come un calzino!

Land Of Plenty –  Altro saccheggio da Ten New Songs, che inizia ancora con il “famoso” flauto, poi entrano in modo discreto piano e percussioni, per una ballata dallo stile solenne.

Chimes Of Freedom –  Chiude un disco meraviglioso il brano più lungo della raccolta (oltre nove minuti), un altro inno “politico”, con una solida interpretazione da canzone “classica”.

E’ sempre un progetto coraggioso fare album di cover (di qualsiasi genere), e questa signora dopo aver omaggiato, nel corso degli anni, Jacques Brel, Nina Simone, Dylan più volte, pure Springsteen (sentire prego https://www.youtube.com/watch?v=jIFW5aMYgm0) e ora anche il grande Cohen, devo dire che, ancora una volta, la sfida è stata vinta. Avviso ai naviganti, questo Hard Rain non è un disco per deboli di cuore, in quanto ascoltando queste “cover d’autore”, l’emozione che trasmette la voce di questa splendida cantante inglese è dirompente, sicuramente una delle artiste più importanti nel mondo delle interpreti di canzoni altrui.

Tino Montanari

L’ultimo Capolavoro? Leonard Cohen – Old Ideas

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Old Ideas – Leonard Cohen – Columbia/Sony Music 31-01-2012

Ritorno in grande stile, a quasi otto anni di distanza dal precedente disco registrato in studio Dear Heather, questo Old Ideas, dodicesimo in totale sempre per la Columbia, del grande poeta-cantautore canadese Leonard Cohen. Confesso che, personalmente, l’attesa per queste dieci canzoni era spasmodica, in quanto consapevole dei tempi abituali dell’autore mi sono chiesto se questo poteva essere l’ultimo lavoro di una carriera leggendaria, consacrata di decennio in decennio da capolavori immortali, capaci di insediarsi ai vertici della musica mondiale. A quarantacinque anni dal suo esordio Songs of Leonard Cohen (1967) il grande canadese si conferma come una delle figure più vere, durature ed intriganti della nostra musica.

Nato da una famiglia ebrea della “middle class” di Montreal nel 1934, Leonard  ha iniziato prima come scrittore pubblicando due novelle che gli hanno dato fama mondiale: The Favorite Game e Beautiful Losers, ma intanto scriveva anche canzoni, e la cantautrice Judy Collins incise una versione di Suzanne, che divenne un brano di culto. Dopo aver debuttato come cantante al Festival Folk di Newport (1967), e con la citata Suzanne che entrò nelle classifiche pop americane nella versione di Noel Harrison, figlio dell’attore Sir Rex Harrison, la sua popolarità ed il suo culto sono cresciuti, anno dopo anno, sino a raggiungere vette incredibili.

Il nuovo disco è stato prodotto oltre che dall’autore, anche da Ed Sanders (che come vedete nella foto sopra, non è quello dei Fugs), Patrick Leonard, Dino Soldo (anche al sax), e la storica collaboratrice Anjani Thomas , e lo stile vocale non varia dalle opere precedenti, Leonard declama con la sua voce bassa e calda, non avulsa da un certo fascino, le sue lenti ballate. Tra i musicisti che accompagnano il “maestro” ci sono quelli abituali della sua ultima “touring band”, con uno stuolo di “vocalists” come Dana Glover, Sharon Robison, le Webb Sisters (Hattie e Charley Webb), e una delle sue “muse” preferite Jennifer Warnes ospite in Show Me the Place.

L’iniziale Going Home è lenta quasi parlata, con le coriste che tolgono un po’ di tensione alla composizione, un brano classico che conferma la straordinaria voce dell’autore, capace di tenere viva l’attenzione dell’ascoltatore quasi senza cantare. Amen è il brano più lungo del lavoro (più di sette minuti), brano dall’incedere lento, caldo e sensuale. Show Me the Place è una ballata pianistica di struggente bellezza, dove oltre alla voce della già citata Warnes dà un notevole contributo il violino “delicato” di Bela Santelli, per un brano da brividi, perfetto per le lunghe serate invernali che ancora ci attendono. Un giro di basso introduce The Darkness, altro brano quasi parlato, con le coriste in sottofondo che danno profondità alla canzone. Con Anyhow salgono in cattedra le sorelle Webb con le loro voci, sostenute da un pianoforte che ricorda le atmosfere di Casablanca.

Crazy To Love You è una grande canzone d’amore, declamata con la consueta maestria da Cohen, e i brevi contrappunti di piano e chitarra creano il giusto equilibrio di fondo, e il brano cresce in modo perfetto. Ancora le voci  delle Webb Sisters (inconfondibili), introducono una Come Healing, dove la melodia è maestosa e prende sin dalle prime note, con un crescendo lento, quasi ciclico, in cui la voce dell’autore sembra recitare un monologo. Banjo è fresca, leggiadra, spiritosa, una canzone semplice che sembra uscita da un disco degli anni sessanta, arrangiata in modo leggero. Lullaby (già conosciuta dai fans, in quanto eseguita nell’ultimo Tour), una storia profondamente romantica, una melodia intensa, resa tale anche dall’interpretazione vocale, molto sentita del grande cantautore, e al controcanto da una grandissima Sharon Robinson. Il disco si chiude gloriosamente con la dolce Different Sides, un brano che sviluppa un suono tenue ed un bel motivo di fondo lasciando fluire in modo elegante, con vari strumenti, la melodia.

Avviso per i giovani naviganti: non giudicatelo troppo in fretta, Leonard Cohen ha 77 anni, ma è ancora in grado di emozionare nel profondo, di parlare con una voce in grado di toccare qualunque generazione, con le sue ballate poetiche e senza tempo, di straordinario impatto emotivo, con canzoni intense, letterarie, che richiedono tempo ed attenzione, come quando si legge un bel libro, canzoni che danno (a chi scrive) una soddisfazione ed una sensazione di piacere profondo, come ben poche altre. Lunga vita Leonard.

P.S.: Ringrazio Bruno, che conoscendo il mio “innamoramento” musicale per questo artista, mi ha concesso il privilegio di scrivere queste righe. Quando scende a Pavia, cena pagata !

Tino Montanari