La Via Italiana Al Blues 2. T-Roosters – Dirty Again

t-roosters dirty again

T-Roosters – Dirty Again – Holdout’n Bad/dist. IRD

Esiste una via italiana al Blues? Probabilmente no, nel senso che ultimamente ci sono varie formazioni italiane che senza innovare, perché obiettivamente sarebbe difficile, quantomeno propongono variazioni sul tema piuttosto interessanti e valide. Penso alla Gnola Blues Band, a Fabrizio Poggi, a Paolo Bonfanti, tanto per dire i primi nomi che mi vengono in mente (gli altri, che ci sono, non si sentano offesi), gli stessi Nerves And Muscles, che erano un progetto che includeva vari bluesmen italiani http://discoclub.myblog.it/2012/11/18/blues-nostrano-grinta-e-quali/ , tra cui Tiziano “Rooster” Galli, il leader dei T-Roosters e Paolo Cagnoni, che, come in New Mind Revolution dei Nerves qui cura la produzione, insieme a Galli, ed è l’autore dei testi. Quello che è interessante in Dirty Mind, al di là della bravura dei vari musicisti impiegati, è l’eclettismo degli stili usati in questo album. L’utilizzo delle tastiere, del contrabbasso con l’archetto, della tromba e certi arrangiamenti complessi ampliano lo spettro sonoro fornito dal consueto quartetto blues, che è comunque tra gli elementi principali del menu. Se aggiungiamo che Tiziano Galli è in possesso di una voce adeguata alla bisogna, a tratti minacciosa, in altri suadente e carezzevole, in altri ancora vicina agli stilemi classici delle 12 battute, il risultato finale ci regala un dischetto interessante e valido, meglio di parecchia produzione americana che ultimamente, in certi casi, vive di ricordi (e fin qui non ci sarebbe nulla di male, visto che la tradizione è importante) e spesso rilascia dischi privi di nerbo e grinta, filologicamente molto rispettosi, ma se mi è permesso dirlo, in parecchi casi anche abbastanza “pallosi”!

Non è il caso di Dirty Again,il secondo album dei T-Roosters, che promette fin dal titolo, un viaggio nelle varie sfumature “più sporche” della musica blues: la partenza con In My Black Soul è sintomatica, voce filtrata, una slide minacciosa e tagliente raddoppiata dalla solista, l’armonica di supporto e un inconsueto finale a base di quello che sembra un cello ma probabilmente è il contrabbasso trattato con l’archetto di Andrea Quaglia. Goddess Of Blue Rains è più vicina agli stilemi del rock-blues classico, la “solita” armonica di Marcus Tondo, voce con una leggero eco vagamente alla ZZ Top, come pure la chitarra che riffa a tempo di boogie moderato. Playin’ Alone Blues aggiunge elementi psichedelici, tempi spezzati della batteria, armonica in libertà e chitarra “trattata” per un trip nel blues-rock acido e jazzato, finale free form, nuovamente con cello (o contrabbasso), una tromba, Raffaele Kholer, che appare dal nulla a sovrapporsi alle evoluzioni della chitarra. No Monkey But The Blues è un episodio più morbido, con le percussioni soffuse (e un battito di mani) di Giancarlo Cova a sostenere le evoluzioni di armonica e chitarra solista, che arriva solo nel finale, ma si fa notare. One Of These Days, l’unica cover, viene dal repertorio di Shawn Pittman, un giovane bluesman texano, che penso condivida con i T-Roosters una passione per questi blues umorali, cantato ed atmosfera vagamente alla Canned Heat periodo dorato, ritmo cadenzato, sferzate di organo e armonica, mentre la chitarra, inesorabile, crea lampi elettrici di stampo seventies, interessante.

In Your Room This Morning è il classico slow blues canonico, chitarra limpida che mi ha ricordato quella di Mike Bloomfield, sonorità lancinanti assai vicine agli stilemi dei maestri della chitarra elettrica, un piano di sostegno affidato a Davide Spagnuolo, e poi Tiziano Galli immagino vada di “faccine”, quelle che inevitabilmente si stampano sui volti dei chitarristi quando “improvvisano” musica, classico ma bello. Blues In My Bones, piano, chitarra acustica e voci (anche quella di supporto di Chiara Lucchini) profuma di Mississippi Blues, come viene ripetutamente ricordato nel testo, ha comunque un bel supporto ritmico e quando entra l’armonica decolla alla grande, mentre Miss Bella (Please Don’t Cry), di nuovo con voce filtrata, potrebbe venire dall’epoca del Cotton Club, grazie alla tromba pimpante che la punteggia. All That You Clean, elettrica e santaneggiante, vive tutta sulle evoluzioni della solista di Galli, non male anche Operating Instructions con un bel solo di acustica nella parte centrale e Tapoo Blues, altro blues vagamente beefheartiano, giocato sul lavoro della slide. Every Damn Days è nuovamente un intenso blues lento, anche con uso fiati, di quelli dove la chitarra si prende i suoi spazi. Daylight, campagnola e corale, piacevole ma non memorabile, chiude, mentre la bonus-track sembra incisa in cantina e provenire da qualche bootleg.

Bella confezione digipack apribile, con libretto con i testi e traduzione italiana.

Bruno Conti

Piacevole Texas Blues. Johnny Moeller – BlooGaLoo

johnny moeller.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Johnny Moeller – BlooGaLoo! – Severn Records/Ird

Era da un po’ di tempo che ci giravo intorno, quando le copie da recensire sono diventate due mi è parso inevitabile parlarne!

Johnny Moeller non è sicuramente uno dei primi nomi che balza alla mente quando viene chiesto il nome di un chitarrista texano ma fa parte anche lui di quella lunga lista (è nato a Forth Worth una quarantina di anni fa). Ultimamente il suo nome ricorre perché, dal 2007, è il nuovo chitarrista dei Fabulous Thunderbirds ma in passato scorrendo le note di molti dischi di blues da Darrell Nulisch a Gary Primich passando per Lou Ann Barton vi può essere capitato di imbattervi nel suo nome.

A cavallo tra fine anni ’90 e l’inizio della prima decade del 2000 ha già fatto un paio di dischi per un’etichetta locale di Dallas, non a suo nome, ma erano produzioni super indipendenti quindi dobbiamo considerare questo Bloogaloo il suo esordio da solista.
Non sarà questo il disco che scuoterà il blues dalle sua fondamenta ma si tratta di un dischetto, inteso come CD, molto piacevole e vario. Con la partecipazione di alcuni “amici” e in un giusto equilibrio tra cover e brani originali, tra brani strumentali e pezzi cantati (che non sono il suo forte) il disco scorre via piacevolmente, undici brani, poco più di trentacinque minuti di musica.
Si parte con il divertente strumentale Bloogaloo, un Blues misto a Boogaloo, spumeggiante e ritmato con la chitarra di Moeller che intreccia le sue traiettorie con l’organo di Matt Farrell mentre i fiati aggiungono una nota di colore. Sembrano quelle canzoncine stile anni ’60 che si vedevano nei telefilm americani di quegli anni, tipo la sigla di Batman o quelle cose.

Shawn Pittman è un altro chitarrista e cantante texano, e in questa veste di cantante viene utilizzato nella grintosa e bluesata I’m Movin’ on Up, visto che canta decisamente meglio di Moeller.  Trick Bag è un vecchio brano di Earl King, il primo dei quattro cantati da Moeller; conferma che il nostro amico non verrà ricordato negli annali del blues alla voce “grandi cantanti”, temo di no, mentre la parte strumentale è più che adeguata. Got a feelin’ è il primo dei due brani dove appare Kim Wilson alla voce e all’armonica, visto che i T-Birds nella nuova formazione non hanno ancora inciso nulla ma suonato solo dal vivo è l’occasione per sentire il loro classico sound riproposto ancora una volta con mucho gusto. I’m Stuck on you è un duetto tra Moeller e Lou Ann Barton, la cui voce rivitalizza il brano. Theme from the one armed swordsman è un altro di quei brani strumentali da party che sembrano essere uno dei temi musicali preferiti dal nostro amico, piacevole ma nulla più.

Evidentemente Earl King è un musicista che piace a Johnny Moeller visto che è la seconda cover del suo repertorio che appare in questo CD: Everybody’s Got To Cry Sometime, più bluesata della precedente si avvale di una ottima e sentita interpretazione vocale di Lou Ann Barton (ottima cantante molto sottovalutata) e di un pungente lavoro di chitarra del titolare dell’album che illustra i suoi meriti come solista.
Raise your hands è un piacevole funkettone molto cadenzato con un eccellente lavoro nella parte strumentale ed una meno soddisfacente parte vocale a cura del solito Moeller. A questo punto meglio la tirata Well Goodbye Baby cantata ancora con molta partecipazione da Kim Wilson, solito T-Bird style ma grinta e ritmo a volontà. Shufflin’ Around, lo dice il titolo stesso, è uno shuffle strumentale con chitarra e sax a dividersi con il piano gli interventi solistici, non male con quel classico sound del vecchio blues dei tempi che furono.
Tease me baby è un vecchio boogie che John Lee Hooker faceva anche con i Canned Heat, questa versione solo voce (Moeller) e chitarra devo dire che mi ha fatto rimpiangere non poco il vocione del vecchio “Hook”.

Bruno Conti