Più Brava Di Coloro Per Cui Scriveva, Una Sorta Di “Usato” Sicuro! Brandy Clark – Big Day In A Small Town

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Brandy Clark – Big Day In A Small Town – Warner CD

Brandy Clark, quarantenne originaria dello stato di Washington, è conosciuta da diverso tempo nell’ambiente musicale, avendo scritto negli anni una lunga serie di canzoni per artisti perlopiù country, gente del calibro di Miranda Lambert, LeAnn Rimes, Darius Rucker, Keith Urban, Kacey Musgraves, Reba McIntire, Wade Bowen (Songs About Trucks), Sheryl Crow e Toby Keith (e ho citato solo i più noti). Avendo poi constatato di essere in possesso di una voce più che buona, Brandy ha deciso ad un certo punto di affiancare alla remunerativa attività di autrice per conto terzi anche una carriera come musicista in proprio, esordendo nel 2013 con il discreto 12 Stories, un buon disco che ebbe anche un accettabile riscontro, ma che non faceva certo presagire che tre anni dopo avremmo avuto per le mani un seguito del calibro di questo nuovissimo Big Day In A Small Town, un album di notevole spessore che la fa entrare prepotentemente nella cerchia delle cantautrici che fanno notizia per la loro bravura. Maturata ulteriormente come scrittrice, la Clark è anche in possesso di una bella voce grintosa che si adatta perfettamente alle sonorità di questo disco: undici canzoni che, partendo da una base country, si vestono spesso e volentieri di suoni decisamente rock, merito anche della produzione dell’esperto Jay Joyce, uno che ha lavorato con John Hiatt (The Tiki Bar Is Open), Emmylou Harris (Hard Bargain), Eric Church, Patty Griffin, i Wallflowers e la Zac Brown Band, e della collaborazione di musicisti dal pedigree bello tosto, come Fred Eltringham (ex batterista proprio dei Wallflowers), Keith Gattis (ex chitarrista di Dwight Yoakam), John Deaderick (bravissimo pianista) e con alle armonie vocali nomi quali Kacey Musgraves, Shane McAnally (che è anche spesso il songwriting partner di Brandy) e Morgane Stapleton (moglie di Chris).

Un disco molto bello dunque, che, oltre ad un suono professionale, ha soprattutto degli arrangiamenti fatti come si deve, spesso più rock che country, ed una serie di canzoni decisamente sopra la media, difficilmente ascoltabili tutte assieme in uno stesso album: un coro quasi ecclesiastico introduce Soap Opera, poi entrano le voci e la strumentazione è subito molto diretta, un country-rock gustoso e dal suono ruspante, un refrain molto orecchiabile e lievi rimandi al miglior Elton John “americano”, quello di dischi come Tumbleweed Connection e Madman Across The WaterGirl Next Door è una splendida rock song a tutto tondo, tra Tom Petty e certe cose di Stevie Nicks, una ritmica pulsante, melodia accattivante che sfocia in un ritornello impreziosito da un deciso crescendo, e Brandy che canta con grande sicurezza: un singolo naturale (ed infatti hanno scelto proprio questa). Homecoming Queen era già stata incisa da Sheryl Crow, ed è una delicata ballata elettroacustica, molto ben costruita e con il suono giusto, un ottimo esempio di puro cantautorato, mentre la nervosa e scattante Broke è rockin’ country con umori southern (e che grinta), altro brano fruibile pur senza essere commerciale; You Can Come Over è una signora canzone, una sontuosa ballata pianistica dallo sviluppo splendido, romantica ma non sdolcinata, un pezzo che dimostra la caratura della ragazza: bellissimo il crescendo strumentale, di grande pathos https://www.youtube.com/watch?v=Un-zFYcAl70 .

Ottima anche Love Can Go To Hell, altra ballad dalla strumentazione molto ricca, vibrante, fluida e leggermente crepuscolare, mentre la cadenzata Big Day In A Small Town recupera qualche elemento country, e se non ci fosse una gentil donzella alla voce solista non esiterei a definirla una canzone maschia (ma il mood è sempre molto godibile). Bellissima anche Three Kids No Husband, anzi una delle più belle, uno slow di gran classe, ben sostenuta da un arrangiamento perfetto e da un motivo di prim’ordine, profondo e toccante, degno della miglior Mary Chapin Carpenter, mentre Daughter cambia completamente registro e ci presenta un country d’altri tempi, con tanto di boom-chicka-boom che fa tanto Johnny Cash (e non siamo lontani dallo stile della sua figliastra, Carlene Carter) e con un testo non proprio da educanda. Il CD si chiude con Drinkin’, Smokin’, Cheatin’, la più country del lotto, anzi direi quasi honky-tonk, anche se nel ritornello la strumentazione è decisamente elettrica (ed il brano è, manco a dirlo, molto bello), e con la triste Since You’ve Gone To Heaven, toccante tributo ad una persona cara che non c’è più.

Big Day In A Small Town è uno dei dischi al femminile più belli del 2016.

Marco Verdi

Ma Sbagliare Un Disco Ogni Tanto No? Willie Nelson – Summertime

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Willie Nelson – Summertime: Willie Nelson Sings Gershwin – Sony Legacy CD

A pochi mesi di distanza dall’eccellente disco in duo con Merle Haggard (Django & Jimmie) http://discoclub.myblog.it/2015/07/07/due-vispi-giovanotti-willie-nelson-merle-haggard-django-and-jimmie/  torna il grande Willie Nelson, 83 anni fra poco più di un mese e nessuna voglia di rallentare il ritmo (e la qualità) delle pubblicazioni. Nella sua ormai quasi sessantennale carriera, Willie ha inciso diversi album composti da evergreen della musica americana: proprio un suo LP di standard (Stardust, 1978) fu un enorme successo, ed ancora oggi è uno dei suoi lavori più venduti, e da allora periodicamente il nostro ne ha pubblicati altri, tutti molto belli anche se con risultati commerciali inferiori (qualche titolo sparso: Somewhere Over The Rainbow, What A Wonderful World, Moonlight Becomes You, American Classic); inoltre, Nelson ha anche al suo attivo più di un disco interamente dedicato ai brani di un singolo artista (Lefty Frizell, Kris Kristofferson, Cindy Walker) e quindi, fondendo assieme le due cose, non è una sorpresa la decisione del barbuto texano di pubblicare un intero album di classici di George Gershwin, uno dei più grandi compositori del secolo scorso, che insieme al fratello Ira ha scritto un’incredibile serie di canzoni che sono poi diventate degli standard assoluti, quasi alla stregua di brani tradizionali, un songbook inarrivabile che è stato (ed è ancora) un punto di riferimento per molti artisti, ponendo le basi per la nascita della musica moderna: uno insomma per cui la parola “genio” non è assolutamente fuori luogo.

Summertime (sul titolo forse Willie poteva spremersi un po’ di più) è composto da undici pezzi, e vede il nostro accompagnato non da un’orchestra (ci poteva stare, ma è meglio così) ma da una super band, che vede, oltre ai fidi Mickey Raphael all’armonica e a Bobbie Nelson (sua sorella) al piano, lo straordinario pianista Matt Rollings (già con Lyle Lovett e Mark Knopfler, ed anche il produttore del CD insieme allo specialista Buddy Cannon), il chitarrista Dean Parks (presente su almeno, sparo, 1.200 album di gente che conta), il batterista Jay Bellerose (idem come per Parks, è anche il drummer preferito di T-Bone Burnett e Joe Henry), il leggendario steel guitarist Paul Franklin, oltre ai due bassisti David Piltch e Kevin Smith. Il disco è, manco a dirlo, bellissimo (come direbbe il Mollicone nazionale): innanzitutto ha un suono stellare (e qui la coppia Cannon-Rollings dice la sua) e poi è suonato in modo strepitoso dalla band presente in studio, con una miscela di sonorità jazzate (la base di partenza dello stile di Gershwin) e texane (Willie) che rende Summertime l’ennesima perla di una collana che sembra non avere fine. E, last but not least, c’è la voce del leader, che più passano gli anni e più fa venire la pelle d’oca: secondo me la sua ugola in America andrebbe dichiarata patrimonio nazionale, e non esagero.

But Not For Me apre il CD alla grande, uno slow caldo e jazzato che ricorda non poco lo stile dell’ultimo disco di Bob Dylan dedicato a Sinatra, con la voce di Willie ben centrale ed il gruppo che lo segue con sicurezza. Anche Somebody Loves Me è un esercizio di classe, con tempo swingato ed il piano di Rollings assoluto protagonista: grandissima musica; Someone To Watch Over Me è ancora lenta e raffinata, ma, grazie ad un feeling formato famiglia, non è solo un mero esempio di stile (e Willie fa sembrare canzoni che hanno più della sua età come se le avesse scritte lui il giorno prima). Let’s Call The Whole Things Off vede la presenza in duetto di Cyndy Lauper (che dopo il disco blues sta per pubblicarne a maggio uno country, Detour), e la strana coppia funziona, malgrado un testo non proprio da dolce stil novo ed un’atmosfera un po’ da cabaret (ma la band suona davvero alla grande) https://www.youtube.com/watch?v=tJq1NCCvICU .

It Ain’t Necessarily So è finora quella con il suono più texano, sembra davvero una (bella) western ballad tipica di Willie, mentre I Got Rhythm, che conoscono anche i sassi, viene proposta in una strepitosa versione western swing, una cover da manuale che dimostra come Nelson possa veramente far sua qualunque canzone. Love Is Here To Stay è ancora leggermente jazzata, con la batteria spazzolata e la steel che si insinua tra i solchi; splendida anche They All Laughed, ancora con il piano sugli scudi e l’ormai abituale mood country-jazz, e Willie che appare perfettamente rilassato ed a suo agio.

Anche Sheryl Crow di recente è rimasta folgorata sulla via del country, e qui presta la sua ugola a Embraceable You, altra ballad raffinatissima https://www.youtube.com/watch?v=8wwlW8h0wD8 : Sheryl è brava, ma in quanto a carisma Willie vince a mani basse; chiudono il disco, in tutto trentasei minuti praticamente perfetti, la fluida They Can’t Take That Away From Me, di nuovo con parti strumentali di grande godimento, e la superclassica Summertime, forse il brano più noto dei fratelli Gershwin, un pezzo che ha avuto decine di interpretazioni (alcune imperdibili, ad opera di gente del calibro di Billie Holiday, Ella Fitzgerald, Sam Cooke e Janis Joplin), ed anche Willie centra il bersaglio con una rilettura che mette il piano (splendido) in evidenza e con lui che tira fuori la solita voce da brividi.

Grandi canzoni, due produttori straordinari, una grande band e Willie Nelson con la sua chitarra: devo aggiungere altro?

Marco Verdi

Lo “Springsteen” Del Texas E’ Tornato! Pat Green – Home

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Pat Green – Home – Green Horse/Thirty Tigers CD

A ben sei anni dall’ultimo disco composto da brani originali, What I’m For (Song We Wish We’d Written II del 2012, seguito del primo volume in coppia con Cory Morrow, era composto esclusivamente da covers), torna con un album nuovo di zecca Pat Green, ovvero uno dei country acts più popolari della scorsa decade, autore di diversi CD di successo, tra i quali Wave On Wave e Cannonball sono senz’altro i più noti. Ora Pat torna con questo Home che, a dispetto del buon successo ottenuto da What I’m For, non esce per una major ma bensì per una etichetta indipendente (affiliata con la benemerita Thirty Tigers): sei anni d’altronde è un periodo molto lungo tra un disco e l’altro, e si sa che le major oggi non hanno pazienza, vogliono tutto e subito; Pat però ha avuto necessità di fermarsi, di riflettere, ha messo a punto un disco solo quando aveva le canzoni giuste, ed il risultato gli ha dato ragione, dato che Home è entrato di botto nella Top 5 Country di Billboard. Green, anche nei momenti di maggiore popolarità, non si è mai venduto, ma ha sempre mantenuto il suo suono degli esordi, un country decisamente imparentato col rock, molto chitarristico e con arrangiamenti ad ampio respiro, che, combinato con testi che narrano la vita quotidiana di persone normali, gli hanno fatto guadagnare il soprannome di “Bruce Springsteen del Texas”.  

Fortunatamente, anche il nuovo album non si discosta dallo standard medio-alto al quale il nostro ci ha abituati: prodotto da un trio formato da Jon Randall Stewart (fino al 2005 collega di Pat e poi dedicatosi soltanto a produzione e songwriting), Justin Pollard (il batterista del disco) e Gary Paczosa (Dolly Parton, Alison Krauss), Home presenta una bella serie di canzoni di sano e corroborante country-rock texano come Pat è solito regalarci, scritte in collaborazione con alcuni dei più bei nomi del settore e non (il nostro beniamino Chris Stapleton, presente anche come vocalist di supporto, Andrew Dorff, Walt Wilkins e Dierks Bentley), oltre ad ospitare ben quattro duetti con colleghi di gran nome, che scopriremo man mano. La title track apre il disco con il piede giusto, un rockin’ country dalla melodia coinvolgente e ritmo sostenuto, nella migliore tradizione (texana) del nostro, voce forte e piena, chitarre spiegate e grande feeling https://www.youtube.com/watch?v=bQiJ3WXtX1k ; Break It Back Down è più country, il violino si sente maggiormente, ma la sezione ritmica picchia lo stesso come un martello, anche se Pat canta in maniera più tranquilla https://www.youtube.com/watch?v=rQBO5WTZpl8 .Girls From Texas, che è anche il primo singolo, ospita la prima collaborazione di prestigio del CD: vediamo infatti a duettare con Pat il grande Lyle Lovett, in una ballata languida e rilassata, che potrebbe benissimo uscire da un disco del texano col ciuffo; le due voci si integrano alla perfezione, anche se è chiaro che quando Lyle si prende il microfono la temperatura sale.

Bet Yo Mama è dura, roccata, quasi sudista, con il blues nelle note ed una grinta non comune, mentre Right Now (il brano scritto con Stapleton) vede la partecipazione di Sheryl Crow, ultimamente reinventatasi come country girl: il pezzo, una ballata semiacustica dal notevole pathos, è decisamente ben eseguito, e Sheryl è più che credibile nelle vesti di partner vocale https://www.youtube.com/watch?v=aokv_q7zfXw .While I Was Away è un altro slow cantato con grande anima, che ha una delle migliori melodie del CD, mentre May The Good Times Never End ospita il grande Delbert McClinton alla voce (e armonica) e Lee Roy Parnell alla slide, ed il brano è esattamente come uno si potrebbe aspettare,  un soul-rock sudista tutto ritmo e divertimento, con le ugole dei due headliners che si integrano alla perfezione e Parnell che li accompagna da par suo https://www.youtube.com/watch?v=vIRfAxJ6Bvs . La bella Life Good As It Can Be è ariosa, limpida, tersa, e sembra quasi un brano di stampo californiano (il ritmo e l’intro di chitarra acustica ricordano vagamente Learning To Fly di Tom Petty) https://www.youtube.com/watch?v=9Ien9KnZ2jg , No One Here But Us è intima e meditata, anche se l’arrangiamento è comunque full band, mentre I’ll Take This House è roccata e solida, con un drumming potente ed un refrain da applausi: puro Texas rock’n’roll. L’album si chiude con la ballad elettrica I Go Back To You, ennesimo brano dallo script maturo e dal suono potente, la tenue e deliziosa Day One e l’irresistibile Good Night In New Orleans, cantata in collaborazione con il Lousiana Kid Marc Broussard, che inizia come un lento bayou-soul per poi tramutarsi in un coinvolgente cajun-rock dal ritmo forsennato https://www.youtube.com/watch?v=hdriYjjw_ow .

Non solo Pat Green non ha perso lo smalto, ma con Home ci regala uno dei suoi dischi più riusciti.

Marco Verdi

Sulla Strada Americana Del “Soulful Folk-Rock” D’Autore! Brigitte DeMeyer – Savannah Road

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Brigitte DeMeyer – Savannah Road – BDM Music

Dopo Kris Delmhorst, Robyn Ludwick e Jennifer Castle, ecco un’altro nome da aggiungere alla vostra lista di “female singer-songwriters” di talento e qualità da seguire: è quello di Brigitte DeMeyer nata nel Michigan da immigrati (madre tedesca e padre belga), ma cresciuta nella California del sud, in possesso di una voce bella, intensa e seducente (per certi versi “simile” a quella di Sheryl Crow, ma anche Bobbie Gentry è un nome da spendere e pure Marshall Chapman, take a look https://www.youtube.com/watch?v=6I2ytZnx6yE), che giunge con questo nuovo Savannah Road al suo sesto album solista. Figlia girovaga di un marinaio, Brigitte dopo un lungo peregrinare si è infine stabilita a San Francisco per intraprendere la carriera di musicista, incidendo il primo disco, Another Thousand Miles (01) una valida proposta country-soul che le ha permesso subito di farsi conoscere e apprezzare; il secondo Nothing Comes Free (03) orientato più verso il blues e il soul le ha ampliato orizzonti e consensi, il terzo Something After All (06) proponeva una sorta di country-roots, con il supporto di grandi nomi, tra i quali Steve Earle, Buddy Miller e Daniel Lanois, per poi arrivare con gli ultimi due lavori, The Red River Flower (09) e Rose Of Jericho (11) https://www.youtube.com/watch?v=6I2ytZnx6yE https://www.youtube.com/watch?v=wMAwcVB9JXc , a proporre una nuova “miscellanea” di generi che spaziava tra country e bluegrass, blues e soul, e anche un pizzico di gospel.

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In Savannah Road (il titolo è stato ispirato dal libro My Cross To Bear di Gregg Allman) tutti i brani sono scritti dalla DeMeyer e la maggior parte in collaborazione con il veterano cantautore Will Kimbrough (ben dieci) https://www.youtube.com/watch?v=mYi78JWzkho  che l’accompagna anche, alla chitarra acustica, banjo e pedal steel e con il valido apporto di musicisti di “area” quali il produttore degli album precedenti Brady Blade , qui alla batteria e percussioni, Jeff Coffin al clarinetto, Ricky Davis alla chitarra slide, Chris Donohue al basso, Jimmy Wallace al pianoforte e tastiere, Guthrie Trapp al mandolino e le McCrary Sisters (sentite ultimamente nel disco Sky Still Blue di Seth Walker dove appare anche Brigitte) che danno un tocco di soul e blues, alle armonie vocali.

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Le “strade” si aprono dinnanzi a noi con la title track Savannah Road, una brano dalle atmosfere vicine al famoso Paris Texas di Wim Wenders, seguita dall’arpeggio di una delicata canzone d’amore come Say You Will Be Mine, una ballata semiacustica, Boy’s Got Soul, cantata con forte emozione da Brigitte, mentre Please Believe Me è un blues “fumoso” del delta, e Big Man’s Shoes è viceversa un motivo delicato e gentile, sostenuto dal clarinetto di Jeff Coffin. Dopo una brevissima sosta la strada riprende con una bellissima Conjure Woman, una canzone dalla fascinosa linea melodica guidata dalla pedal steel di Kimbrough, le note sensuali di Honey Hush, il country alla Julie Miller di Worker, passando per le struggenti note di Home Ground, e un brano stile Motown, Lightnin’ Poor, con le armonie soul delle sorelle McCrary.

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Si arriva (purtroppo) alla fine della strada con la semi-acustica Simmer Right, con un formidabile coro “gospel”, un blues (rubato dai solchi di una Bonnie Raitt d’annata) come Build Me A Fire e una ballata scesa dai monti Appalachi, My Someday , con il banjo e l’armonica di Will a chiudere un lavoro che colpisce direttamente al cuore (sicuramente ciò che ha ispirato il grande Gregg Allman a chiederle di aprire i suoi concerti).

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Non avete nulla della signora Brigitte DeMeyer?, Questa è l’occasione migliore per fare la sua conoscenza, in fondo la buona musica richiede qualche sacrificio e un pizzico di coraggio anche da chi acquista i CD, per quanto ci riguarda la ricerca continua…!

Tino Montanari

In Attesa Del Resto! Smokey Robinson – Smokey & Friends

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Smokey Robinson – Smokey & Friends – Verve 19-08-2014

In questi giorni mi sono messo con impegno a preparare la lista delle uscite più interessanti di agosto e nel vagliare titoli e artisti (molti più di quanto pensavo, si superano i venti titoli di parecchio e li troverete nei prossimi giorni, divisi credo in tre parti, mentre qualcuno avrà la sua recensione a parte), mi sono imbattuto in questo nuovo album di Smokey Robinson, 74 primavere quest’anno, ma sempre pimpante. Anche se è altrettanto vero che, per usare un eufemismo, il nostro non realizza un disco degno della sua fama, o meglio, lo fa solo in parte. Questa volta, per andare sul sicuro, l’idea è quella di riproporre, nella formula del duetto, alcuni dei classici della sua ultracinquantennale carriera di cantante e autore. Ottima idea: ma poi scegli come produttore Randy Jackson, attuale responsabile di American Idol, il talent musicale che va per la maggiore negli Stati Uniti attualmente, e poi, credo con un piccolo “aiutino” della sua casa discografica, i musicisti con cui dovrai realizzare le nuove versioni di queste bellissime canzoni. In effetti, in un primo momento, avevo pensato di intitolare questo Post, “quanto talento sprecato”, ma poi per rispetto verso Robinson e alcuni dei musicisti impiegati ho lasciato perdere, anche se in parte lo penso ancora.

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Per essere onesti è meno peggio di quello che pensavo, il suono ogni tanto vira verso quel nu soul che va di moda al giorno d’oggi ma alcune canzoni funzionano. A questo punto immagino vogliate sapere chi c’è, e cosa canta. Ecco la lista dei brani e relativi interpreti:

01. “The Tracks Of My Tears,” feat. Elton John

https://www.youtube.com/watch?v=5A0lK8IdiRA
02. “You Really Got A Hold On Me,” feat. Steven Tyler

https://www.youtube.com/watch?v=YmbuOsqNFrs
03. “My Girl,” feat. Miguel, Aloe Blacc, JC Chasez
04. “Cruisin’,” feat. Jessie J
05. “Quiet Storm,” feat. John Legend

https://www.youtube.com/watch?v=9glRdQwQg7g
06. “The Way You Do (The Things You Do),” feat. CeeLo Green
07. “Being With You,” feat. Mary J. Blige

https://www.youtube.com/watch?v=ffFOr-uDBhQ
08. “Ain’t That Peculiar,” feat. James Taylor

https://www.youtube.com/watch?v=LGfPRaHklBA
09. “The Tears Of A Clown,” feat. Sheryl Crow
10. “Ooh Baby Baby,” feat. Ledisi
11. “Get Ready,” feat. Gary Barlow

Per cui un bel triplo uhm è d’uopo, anche se alcuni brani non sono male, neppure come suono, e poi se Bob Dylan lo ha definito “uno dei grandi poeti dei nostri tempi” un motivo ci sarà pure stato. La data di uscita del 19 agosto è riferita al mercato americano, in Europa uscirà a settembre.

Proseguo con il resto del lavoro, alla prossima.

Bruno Conti

Ne Vale La Pena (Se Riuscite A Trovarlo), Un Altro Giorno A Nashville! Willie Nelson & Friends Live At Third Man Records

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Willie Nelson & Friends – Live At Third Man Records – Third Man Records 2LP

Willie Nelson, nella sua lunghissima carriera, non ha mai centellinato le uscite discografiche, sia in studio che dal vivo: se per quanto riguarda gli album in studio lo standard è sempre stato abbastanza alto (con qualche momento di appannamento, specie negli anni ottanta quando incideva per la Columbia), nei dischi live più di una volta è affiorata una certa routine, a stento mascherata da duetti con ospiti più o meno prestigiosi.

Questo Live At Third Man Records è però su un altro livello: inciso lo scorso anno negli studi di Nashville dell’etichetta di proprietà di Jack White per celebrare i suoi 80 anni, vede un Willie in gran forma rivisitare con vigore e freschezza alcune pagine storiche del suo repertorio (e non solo), con la compagnia di diversi amici di cui non vi rivelo ora l’identità per non rovinarvi la sorpresa.

Il problema, se di problema possiamo parlare, è che il disco, pubblicato solo in doppio vinile ed inciso su tre lati anziché quattro, è ordinabile soltanto sul sito della Third Man Records, come già altri live analoghi usciti nel recente passato.

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L’etichetta di White, tra le più dinamiche ed interessanti del panorama indie, opera infatti in tre canali ben precisi: quello delle normali uscite discografiche in CD (come i comeback albums di Wanda Jackson e Loretta Lynn, entrambi prodotti da White, e l’ultimissimo delle Haden Triplets), la ripubblicazione in tiratura limitata su vinile colorato e glow in the dark di alcuni leggendari singoli della Sun Records, e buon ultimo questa serie di album live incisi negli studi di Detroit e Nashville, quasi tutti disponibili solo in vinile (oltre ad un bel numero di artisti alternativi non molto noti, come Dex Romweber Duo, Nobunny e The Jacuzzi Boys, troviamo anche gente come i Drive-By Truckers, la stessa Jackson, i Raconteurs ed il grande Jerry Lee Lewis, quest’ultimo reperibile facilmente anche in CD su Amazon).

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Tornando a Willie, ribadisco che la qualità di questo live album vale lo sforzo di procurarselo, in quanto ci troviamo di fronte ad un musicista straordinario, uno di quelli di cui hanno buttato via lo stampo, accompagnato da una band che lo segue ad occhi chiusi (l’inseparabile Mickey Raphael, vecchi marpioni come Fats Kaplin e Phil Madeira, l’esperto batterista Marco Giovino e Dominic Davis, bassista di fiducia di White), e con una serie di canzoni a cinque stelle.

(NDM: Willie non è nuovo a questo tipo di auto-celebrazioni: vent’anni fa uscì, solo in VHS, lo splendido The Big Six-O, sorta di festa per i sessant’anni con ospiti del calibro di Bob Dylan – la loro Pancho & Lefty da sola valeva l’acquisto – Paul Simon, Ray Charles, Waylon Jennings e Lyle Lovett. Una ristampa in DVD sarebbe oltremodo gradita http://www.youtube.com/watch?v=2yL7r7-Ic9k .)

La serata si apre con l’unico brano che vede Willie senza ospiti: si tratta di una scintillante versione di Roll Me Up And Smoke Me When I Die, un tipico honky-tonk texano, fluido e coinvolgente, con assolo continui di violino, steel, piano e Nelson stesso con la sua mitica Trigger.

Poi sale sul palco Ashley Monroe, alla quale toccano due grandi brani: Angels Flying Too Close To The Ground, dove canta solo lei, e soprattutto Blue Eyes Crying In The Rain, con Willie super alla chitarra e la fisa in sottofondo che le dona un tocco mexican.

Ashley è bravina, ma sicuramente si poteva puntare più in alto (tipo Emmylou Harris).

willie nelson live norah jones

Poi arriva Norah Jones ed il livello sale: grande fan di Nelson (i Little Willies nascono proprio come omaggio al grande texano), Norah delizia la platea con la classicissima Funny How Time Slips Away, nella quale il suo tocco elegante dà al pezzo un tocco jazzato con cui Willie va a nozze (ricordatevi il disco in duo con Wynton Marsalis), e poi con la vivace I Gotta Get Drunk, dove però è Nelson a fare la parte del leone (e che brava che è la band) http://www.youtube.com/watch?v=C9b50PMeCf4 .

willie nelson live neil young

Ed ecco il momento centrale dello show: sale sul palco nientemeno che Neil Young, che esegue con grande feeling (ma non avevo dubbi) la bella ma poco nota Sail Away (era sul mitico Rust Never Sleeps) e la stupenda (è una delle mie preferite in assoluto del Bisonte) Long May You Run http://www.youtube.com/watch?v=uQH-L78clJw : Neil fa tutto in perfetta solitudine e con Willie che lo accompagna alla chitarra, ma non alla voce.

Inutile dire che gli applausi fanno venire giù la sala.

La languida Far Away Places ospita sul palco la prezzemolina per antonomasia, cioè Sheryl Crow: la bella ex moglie di Lance Armstrong quando vuole è anche brava, e stasera fa la sua parte con grande rispetto e senso della misura http://www.youtube.com/watch?v=0q3ZdKny6IM .

Whiskey River di solito apre i concerti di Willie, ma questa sera è posta verso la fine, e vede tutti gli ospiti sul palco (con l’aggiunta di Jamey Johnson, mica un pirla qualunque) a rendere omaggio al barbuto texano: è una festa, e quindi chiudiamo gli occhi se c’è qualche stonatura o se qualcuno va fuori tempo http://www.youtube.com/watch?v=HiVunqkZ1RM .

willie nelson live leon russell

Un altro “gigante” in arrivo: Leon Russell, che nel 1979 aveva inciso un intero album con Willie (One For The Road), tornato in auge anche grazie ad Elton John, presta il suo vocione per il suo classico A Song For You (*NDB il video dell’80° non l’ho trovato, va bene anche quello dei 70, con Ray Charles? http://www.youtube.com/watch?v=2UW4ELmVD9M e per una godibile versione molto country’n’roll dell’evergreen di Elvis Heartbreak Hotel.

willie nelson live jack white

Si chiude con i due padroni di casa, cioè Willie e Jack White, insieme per una delicata Red Headed Stranger.

“Roll Me Up” 
“Angel Flying Too Close To The Ground” – with Ashley Monroe (Unreleased)
“Blue Eyes Crying In The Rain” – with Ashley Monroe
“Funny How Time Slips Away” – with Norah Jones
“I Gotta Get Drunk” – with Norah Jones (Unreleased)
“Sail Away” – with Neil Young (Unreleased)
“Long May You Run” – with Neil Young
“Far Away Places” – with Sheryl Crow
“Whiskey River” – with Neil Young, Ashley Monroe, Sheryl Crow, Norah Jones, Jamey Johnson
“A Song For You” – with Leon Russell
“Heartbreak Hotel” – with Leon Russell (Unreleased)
“Red Headed Stranger” (Broadcast Version) – with Jack White

Un live di tutto rispetto, vale la pena di procurarselo: Willlie Nelson lo conosciamo, e poi c’è il valore aggiunto di Neil Young, mica bau bau micio micio (come direbbe Enzino Iacchetti).

Marco Verdi

La Più “Americana” Folk Singer Inglese! Thea Gilmore – Regardless

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Thea Gilmore – Regardless – Fullfill Records – 2013

Oggi vi parlo, con estremo piacere, di una cantautrice che nel cuor mi sta. Thea Gilmore è una cantante anglosassone, nata nell’Oxfordshire da genitori irlandesi, alla ribalta dal lontano ‘98 , giunta con questo lavoro Regardless al quattordicesimo album (se non ho sbagliato i conti). Thea ha iniziato la sua carriera lavorando in uno studio di registrazione, dove è stata scoperta da Nigel Stonier, collaboratore di lunga data prima, e dal 2005 anche produttore, nonché co-autore e, last but not least, suo marito. Dopo l’esordio con Burning Dorothy (98), sforna con “certosina” regolarità The Lipstick Conspiracies (2000), Rules For Jokers (2001), Songs From The Gutter (2002), Avalanche (2003), Loft Music (2004), Harpo’s Ghost (2006), Liejacker (2008), lo splendido live in parte acustico ed in parte elettrico, Recorded Delivery (2009), Strange Communion (2010), Murphy’s Heart (2011), raggiungendo la piena maturità con gli omaggi a Bob Dylan John Wesley Harding, e alla grande Sandy Denny con Don’t Stop Singing (2011). forse-non-come-l-originale-ma-sempre-un-ottima-cantautrice-m.html

Le tracce registrate in questo Regardless sono tutte sue, con l’eccezione di tre brani firmati con il marito Nigel: a partire dallo scorrevole pop di  Start As We Mean To Go On, sorretto da brillanti chitarre e con un ritornello piuttosto orecchiabile, proseguendo con una romantica slow ballad dalla buona melodia come Punctuation, e finendo il trittico con l’ariosa Love Came Looking For Me dal seducente riff orchestrale.

Aiutano la Gilmore  in questo nuovo album (oltre al suddetto marito polistrumentista), un manipolo di valenti musicisti, tra cui è giusto menzionare Paul Beavis alla batteria e percussioni, Robbie McIntosh alle chitarre (non dimenticato componente dei Pretenders e della band di paul McCartney) e le violiniste Sarah Spencer e Susannah Simmons. Il disco è molto godibile, alterna momenti rock, come la veloce Something To Sing About, a deliziose ballate di stampo cantautorale come la title-track Regardless e I Will Not Disappoint You, per poi passare alle percussioni latine di This Road, e finire con il lato più intimo di Thea con Let It Be Known e My Friend Goodbye, che colpiscono per la delicata interpretazione.

Regardless è un lavoro davvero buono (forse non un capolavoro), un CD dagli arrangiamenti vari e ricchi (una sorta di piccola orchestra diretta dal marito Nigel Stonier) e Thea Gilmore è un’artista di vaglia, possiede una bella voce (per chi scrive ricorda un po’ quella di Sheryl Crow) *, depositaria di un suono diretto e senza fronzoli, che colpisce per freschezza e personalità. Da ascoltare più volte, con la certezza, che se avete dubbi al riguardo, per il sottoscritto basta ascoltarla anche una volta sola.

Tino Montanari

*NDB E perché non Sandy Denny!?

Una Bella Serata Tra Amici, Vecchi E Nuovi, In Quel Di Austin, TX. Johnny Cash – We Walk The Line

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 Johnny Cash – We Walk The Line A Celebration Of The Music Of Johnny Cash – Sony Legacy CD/DVD o Blu-Ray

Se ne parlava da mesi, ve lo avevo anticipato in modo definitivo il 27 luglio, ora è disponibile, per cui parliamone!

20 Aprile 2012, Moody Theatre, Austin, Texas, un gruppo di musicisti di diversa provenienza (tra poco li vediamo) si unisce per festeggiare l’80° Anniversario della nascita di Johnny Cash, che paraltro non è, né il 20 aprile, giorno del concerto e neppure il 7 agosto, giorno di uscita ufficale dei dischetti, bensì il 26 febbraio, ma non stiamo troppo a sottilizzare.

Sono sul palco Don Was, al basso e direttore musicale, Buddy Miller e Greg Leisz a tutti i tipi di chitarre, dall’Inghilterra via Austin Ian McLagan alle tastiere e Kenny “picchiaduro ma non solo” Aronoff alla batteria. Non male! Subito li raggiunge sul palco per dare il via alle operazioni l’attore Matthew McConaughey. All’inizio l’avevo scambiato per John Carter Cash, ma troppo bello ed atletico non poieva essere lui, comunque poco male, McConaughey si rivelerà un “host” simpatico e competente, facendosi anche una cantatina che si trova tra gli extra del DVD. Quindi dà il via al concerto e sul palco sale la prima cantante:

1) Brandi Carlile -Folsom Prison Blues

Nel corso della serata si esibiranno anche alcuni musicisti che sinceramente non so quale grado di empatia abbiano con la musica di Johnny Cash, ma sicuramente la cantante di Ravensdale, Washington, anche se tutti la accostano alla scena di Seattle (dove ha iniziato la carriera), è una che è sempre vissuta a pane e Johnny Cash, tanto che già a 8 anni cantava con la mamma Tennessee Flat Top Box e Folsom Prison Blues è sempre stato uno dei cavalli di battaglia del suo repertorio live. Con quel gruppo alle spalle è difficile fare male e Brandi (vestita come the Woman In Black) ci mette grinta e passione confermandosi una delle voci più interessanti dell’attuale panorama musicale americana. Grande versione con Buddy Miller e Greg Leisz che cominciano a macinare note con le loro chitarre, ben supportati dall’organo inossidabile di Ian McLagan.

2) Andy Grammer – I Get Rhythm

Questo belloccio californiano è uno dei primi misteri della serata, ma evidentmente, come nel caso del tributo a Dylan di inizio anno, l’industria discografica si para il culo inserendo anche qualche giovanotto di belle speranze. Certo, con tutti i miliardi di musicisti al mondo che potevano eseguire questo brano, Andy Grammer non sarebbe stata la mia prima scelta e forse neppure la millesima, ma, ripeto, con quei musicisti alle spalle è difficile fare male, e il nostro amico se la cava discretamente.

3) Amy Lee – I’m So Lonesome I Could Cry

Altra scelta misteriosa. La ex e ora nuovamente cantante degli Evanescence, così, a occhio, non si sembra una grande appassionata di Cash. E infatti quella che viene presentata come la sua canzone preferita di Cash, in effetti è un brano di Hank Williams, che però faceva parte del suo repertorio. Una struggente ballata country con weeping steel guitar viene cantata peraltro in modo più che rispettoso e degno da Amy Lee.

4) Buddy Miller – Hey Porter

Qui le cose cominciano a farsi serie. Eseguita come Ry Cooder avrebbe fatto se l’avessero invitato per suonare Get Rhythm. Byddy Miller si conferma uno dei pilastri della musica “roots” americana!

5) Shelby Lynne – Why Me Lord

Non le avranno dato il Grammy per nulla. Shelby Lynne alle prese con uno dei brani gospel-country più belli mai scritti da Kris Kristofferson, ancora una volta incanta con la sua voce calda, potente ed espressiva.

6) Pat Monahan – Help Me Make It Through The Night

Ancora un brano di Kristofferson per la voce solista dei Train, che non vedrei male in futuro alle prese con questo tipo di repertorio perché la canta veramente bene, grande voce e grande interpretazione.

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7) Shelby Lynne & Pat Monahan – It Ain’t Me Babe

Gli ultimi due cantanti ascoltati, uniscono le forze per un duetto in uno dei brani di Bob Dylan che Johnny Cash amava di più, quasi sempre eseguita in coppia con la moglie June Carter. Bellissima versione, con un arrangiamento maestoso ed avvolgente, poi in crescendo, probabilmente frutto della mente di Don Was (vedremo cosa riuscirà a fare con il nuovo Van Morrison, che sarà prodotto da lui), in ogni caso gran bella canzone.

8) Jamey Johnson & Kris Kristofferson – Sunday Morning Coming Down

Ancora un duetto e ancora una canzone di Kris Kristofferson, in coppia con una delle forze emergenti della nuova musica country di qualità, per cantare una delle canzoni che hanno fatto la leggenda di Johnny Cash. Ci voleva coraggio per cantare alla televisione americana nel 1970 “Wishing, Lord, That I Was Stoned”, ma che bella canzone ragazzi! Anche in questa versione lenta ed intensa non perde un briciolo del suo fascino, la voce di Kristofferson sempre più “spezzata”, ma mai vinta, sorretta dal baritono poderoso di Johnson, bella accoppiata.

9) Carolina Chocolate Drops – Jackson

Questi sono i giovani che ci piacciono, alle prese, nel loro inconfondibile stile, con un altro dei classici della coppia John & June. Che dire? Bravi, sempre più bravi!

10) Rhett Miller – Wreck Of The Old 97

E il leader degli Old 97’s cosa potevano invitarlo a cantare? Giovanile d’aspetto, ma i 40 li ha passati, Rhett Miller (non è parente di Buddy), da solo o con il suo gruppo è uno dei migliori musicisti della nuova scena alternative country americana e lo conferma anche in questa serata con una versione sparatissima di questo brano da cui ha preso il nome il suo gruppo.

11) Ronnie Dunn – Ring Of Fire

Questo brano l’avrei fatto cantare da qualcun altro, ma devo ammettere che l’ex metà di Brooks & Dunn realizza una versione di buon spessore, con le immancabili trombe mariachi affidate a una coppia di “ragazze messicane”. L’omaggio della Nashville più tradizionale alla musica di uno dei “fuorilegge” di quella scena.

12) Shooter Jennings & Amy Nelson – Cocaine Blues

I due figli d’arte ci regalano una bella versione, gagliarda e grintosa, di uno dei brani che erano sul leggendario At Folsom Prison. Shooter Jennings è sempre bravo, la figlia di Willie Nelson non la conoscevo, ma buon sangue non mente. E poi, ripeto, con quella house band chiunque farebbe un figurone.

13) Lucinda Williams – Hurt

Il brano di Trent Reznor dei Nine Inch Nail è stato uno degli ultimi capolavori del Johnny Cash interprete, nella sua serie degli American Recordings, la voce dolente e sofferta di Lucinda Williams, manco a dirlo, è perfetta per questo brano. Uno degli highlights del concerto.

14) Iron & Wine – Long Black Veil

Altra ottima scelta nell’ambito dell’alternative country (e non solo) è quella di Sam Bean, ovvero Iron & Wine. In una parola, stupenda!

15) Kris Kristofferson – Big River

Torna il grande Kris per rendere il favore. Johnny Cash oltre a cantare alla grande le canzoni degli altri ne scriveva molte belle anche lui. Questo ne è un limpido esempio, proprio una di quelle del classico boom chicka boom, e con la band in grande spolvero, bella anche la interpretazione di Kristofferson!

16) Sheryl Crow – Cry Cry Cry

Lei è come il prezzemolino, c’è sempre, però è brava e questo brano le calza proprio a pennello, gli anni passano ma quando vuole (e può) la classe non manca, ottimo ed abbondante.

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17) Willie Nelson & Sheryl Crow – If I Were A Carpenter

Sheryl Crow rimane e arriva uno dei più grandi amici di Cash, per una versione di un altro dei suoi grandi classici in duetto con la moglie June. Scritta da Tim Hardin, era stata pubblicata come singolo dalla Columbia nel 1969 (nel libretto del doppio, che è formato CD, quindi piccolo e non ingombrante, trovate anche tutte le altre informazioni sulle versioni originali, data ed eventuale album dove appariva). Mickey Raphael si aggiunge all’armonica e la coppia, con la super band alle loro spalle, realizza una versione da sogno di questa stupenda canzone. Non sempre e comunque amo quello che Willie Nelson produce ma quando la ispirazione lo coglie è sempre un grande.

18) Willie Nelson, Kris Kristofferson, Shooter Jennings, Jamey Johnson – Highwayman

Degli originali ne sono rimasti solo due, ma Shooter sostituisce il babbo Waylon Jennings con grande piglio e il vocione di Jamey Johnson sostituisce Johnny Cash con bravura per un brano che ci avvicina alla conclusione del concerto con un altro degli highlights della serata.

19) Full Ensemble – I Walk The Line

Tutto il cucuzzaro sul palco per il gran finale con una versione country-folk di un superclassico che vede tutti i musicisti alternarsi sul palco.

E qui finisce il concerto nella versione CD per restare negli 80 minuti canonici di durata (anche qualcosa meno). Ma negli extra del DVD oltre alla esibizione di Matthew McConaughey che recita e canta The man comes around, c’è anche una eccellente I Still Miss Someone di un ancora ispirato Willie Nelson, registrata durante le prove. Una serie di brevi interviste con tutti i partecipanti inframmezzate da qualche breve filmato preso dai suoi special televisivi, che proseguono nel segmento definito Walking The Line: The Making Of A Celebration. Un piccolo appunto: ma niente Rosanne e John Carter Cash? E pure Carlene Carter?

Per parafrasare il famoso “poeta televisivo” Paolo Bonolis, visto che a parte il promo iniziale YouTube non ci viene in soccorso, Ove possibile, s’ha da avere!

Bruno Conti

80° Anniversario Della Nascita Di Johnny Cash. We Walk The Line: A Celebration Of The Music Of Johnny Cash DVD/CD – Blu-ray

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We Walk The Line – A Celebration Of The Music Of Johnny Cash – Sony Legacy – CD/DVD o Blu-ray 07-08-2012

Quest’anno oltre al centenario di Woody Guthrie si festeggia anche l’80° Anniversario della nascita di Johnny Cash, avvenuta il 26 febbraio del 1932. Per questo motivo il 20 aprile al Moody Theater di Austin, Texas si è riunito un nutrito gruppetto di musicisti per festeggiare l’evento con un concerto sotto la direzione musicale di Don Was. Queste sono tutte le informazioni che vi servono e anche di più:

DVD/Blu-ray
Folsom Prison Blues – performed by Brandi Carlile
Get Rhythm – performed by Andy Grammer
I’m So Lonesome I Could Cry – performed by Amy Lee
Hey Porter – performed by Buddy Miller
Why Me Lord – performed by Shelby Lynne
Help Me Make It Through the Night – performed by Pat Monahan
It Ain’t Me Babe – performed by Shelby Lynne and Pat Monahan
Sunday Morning Coming Down – performed by Jamey Johnson and Kris Kristofferson
Jackson – performed by Carolina Chocolate Drops
Wreck Of The Old 97 – performed by Rhett Miller
Ring Of Fire – performed by Ronnie Dunn
Cocaine Blues – performed by Shooter Jennings
Hurt – performed by Lucinda Williams
The Long Black Veil – performed by Iron & Wine
Big River – performed by Kris Kristofferson
Cry, Cry, Cry – performed by Sheryl Crow
If I Were A Carpenter – performed by Willie Nelson and Sheryl Crow
Highwayman – performed by Willie Nelson, Kris Kristofferson, Shooter Jennings and Jamey Johnson
I Walk The Line – performed by Full Ensemble

Bonus Features

I Still Miss Someone – rehearsal performance by Willie Nelson
The Man Comes Around – performed by Matthew McConaughey

Johnny Cash, His Life and Music – Artist interviews, Johnny Cash archival footage, more

Walking The Line: The Making of a Celebration – behind-the-scenes of the historic Johnny Cash 80th Birthday Concert Celebration

Il CD ha gli stessi brani ma in una diversa sequenza, l’uscita come riportato sopra è prevista per il 7 agosto, dovrebbe costare intorno ai 20 euro, euro più euro meno. Stranamente è prevista l’uscita in contemporanea anche per il mercato italiano, in questo caldo agosto, che discograficamente parlando è sempre un mese importante per le uscite sia in Inghilterra che, soprattutto, negli Stati Uniti.

Se ve lo volete sentire e ascoltare tutto ve lo comprate, dal video di presentazione sembra fantastico, buon divertimento!

Bruno Conti

E Chi E’ Costei? Rita Wilson – AM/FM

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Rita Wilson – AM/FM – Decca/Universal 08-05-2012

Chi è Rita Wilson? E soprattutto perché ne parlo? Lei è la “Signora Tom Hanks” e ha molti amici nel mondo del cinema e dalla musica. Questi ultimi sono accorsi in massa per partecipare alla realizzazione di questo AM/FM: tra gli ospiti infatti troviamo: Chris Cornell, Sheryl Crow, Jimmy Webb, Jackson Browne, Faith Hill, Vince Gill, and Patti Scialfa (ma “lui” non c’è?). Sono tutte cover di brani celebri degli anni ’60, AM e anni ’70, FM, astuta! Ovvero:

1. All I Have to Do is Dream
2. Never My Love
3. Come See About Me
4. Angel in the Morning
5. Walking in the Rain
6. Wichita Lineman
7. Cherish
8. You Were on My Mind
9. Good Times Charlie
10. Love has No Pride
11. Please Come to Boston
12. Will You Still Love Me
13. Faithless Love
14. River

Sentiremo!

Bruno Conti