Uno Dei Dischi Più Belli Della Storia Della Musica Rock, Anche In Versione Dal Vivo. Carole King – Tapestry: Live At Hyde Park

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Carole King – Tapestry: Live At Hyde Park – Sony Legacy CD/DVD CD/Blu-ray

Carole King è stata una delle quattro o cinque, facciamo tre, più grandi cantautrici della storia della musica rock. Insieme al marito Gerry Goffin, nell’ambito del Brill Building negli anni ’60, ha scritto alcune delle più belle e durature canzoni pop di tutti i tempi. Nel 1971 ha realizzato Tapestry, uno dei dischi più venduti e più belli di sempre. Unite questi fatti e arriviamo a questo Tapestry:Live At Hyde Park, la registrazione di un concerto tenutosi il 3 luglio del 2016 a Londra di fronte a 65.000, dove per la prima volta veniva riproposto, dal vivo e nella sua interezza, questo album epocale. Dal 1971 a oggi sono successe molte cose: in estrema sintesi, la King ha continuato, negli anni ’70 e agli inizi degli anni ’80 a pubblicare ancora dischi la cui qualità, per quanto progressivamente calante, avevano ancora il tocco e la leggiadria della grande autrice. Poi gli anni ’80 e ’90 sono stati poco produttivi e alcuni dei dischi usciti erano francamente anche brutti. Un buon disco nel 2001 Love Makes The World e uno natalizio nel 2011, ma anche alcuni album di materiale d’archivio e un paio di Live di buona qualità, con una punta di eccellenza nel Live At The Troubadour con James Taylor. Nel corso degli anni il suo capolavoro Tapestry, un disco che contiene solo belle canzoni, senza riempitivi, è stato ristampato più volte, la versione doppia Legacy Edition del 2008 è quella da avere.

Nel frattempo le sue canzoni sono diventate anche un musical, Beautiful: The Carole King Musical, fino a che nel 2016, nell’ambito dei concerti dell’estate londinese sul palco di Hyde Park arriva il momento della rivisitazione del suo album più celebre, ma anche di molti altri brani del suo immenso songbook: e quindi in una stranamente calda e soleggiata serata inglese, sul far del sera, Carole King si è presentata sul palco, accompagnata da una band dove spiccavano due veterani, il chitarrista Danny Kortchmar, che suonava nel disco originale e il bassista Zev Katz, oltre a Shawn Pelton alla batteria, Robbie Kondor alle tastiere aggiunte e direttore musicale e Dillon Kondor alla seconda chitarra, a completare una formazione solida. La King forse non è mai stata una grandissima cantante, ma la sua voce leggermente roca e particolare, affascinante anche a 75 anni, pur con qualche cedimento, regge ancora bene lo scorrere del tempo, e poi le canzoni sono sempre formidabili. Si parte con I Feel The Earth Move (con ottimo assolo di Kortchmar incluso) e So Far Away, una accoppiata iniziale che pochi album possono vantare, eseguite entrambe alla perfezione. A seguire la bellissima It’s Too Late, altro esempio di quel pop & soul raffinato e perfetto, che ai tempi venne definito soft-rock, dove accanto ad una scrittura di immacolate melodie non mancava l’uso di voci di supporto per creare quell’effetto soul che aveva incantato anche Aretha Franklin, e viene ripetuto con l’uso di due coriste anche in questa serata. Home Again è una ballata pianistica di grande bellezza (una di quelle che hanno affascinato il collega Elton John che in quegli anni percorreva lo stesso percorso musicale, e che all’inizio del DVD, narrato nella parte iniziale da Tom Hanks, appare a rendere omaggio, insieme al produttore originale Lou Adler, a Crosby & Nash, James Taylor, Korchmar, la coppia Barry Mann & Cynthia Weill, poi per il resto il DVD o il Blu-ray sono identici, al CD e quindi magari godetevi il concerto nella versione video).

Concerto che prosegue con la ritmata Beautiful, altro brano di grande fascino, e dove il piano della King fluisce con una ammirevole tecnica. Way Over Yonder non è forse conosciutissima, ma è un’altra canzone di una bellezza cristallina e anche se la voce ogni tanto si spezza, si gode comunque grazie alle due coriste che la sostengono. Poi è il momento singalong, con tutti i 65.000 presenti che intonano le note della immortale You’ve Got A Friend, riconosciuta fin dal primo accordo; a questo punto sale sul palco la figlia Louise Goffin, per cantare con la mamma, prima una brillante Where You Lead e poi il classico Will You Love Me Tomorrow? scritto in origine per le Shirelles, e che qui torna una ballata pianistica in puro stile Carole King. Poi sia la King che la Goffin imbracciano due chitarre elettriche per una versione a 4 chitarre di una potente Smackwater Jack dove tutti si divertono. Ancora Tapestry ennesima canzone di gran fascino, e poi un’altra delle più belle canzoni di tutti i tempi, (You Make Feel Like) A Natural Woman, con due Carole King a confronto, quella giovane dell’epoca e l’attuale. A questo punto finisce la riproposta di Tapestry, ma non il concerto, che continua con un medley di alcuni successi anni ’60, prima da sola al piano e poi accompagnata dalla band e a seguire, in una sequenza memorabile, suonate e cantate con grande grinta e classe, Hey Girl, Chains, Jazzman, Up On The Roof, The Locomotion, prima del gran finale che prevede la ripresa di I Feel The Earth Move accompagnata dal cast del musical Beautiful e un’altra versione in solitaria di You’ve Got A Friend. Come dicono gli inglesi, “Oh What A Night”, titoli di coda e saluti.

Bruno Conti  

Un Terzetto Di “Combattenti” Rock! Da Brooklyn The Last Internationale – We Will Reign

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The Last Internationale – We Will Reign – Sony Music/Epic

Non è un disco recentissimo (è uscito sul finire di settembre dello scorso anno), ma quando vieni a conoscenza di certi gruppi o artisti, come questi The Last Internationale, che ti colpiscono, è doveroso e giusto (come abbiamo sempre fatto) segnalarli. Vengono da Brooklyn (NYC), e amano definirsi un trio “folk radicale”, un progetto che spazia tra musica e attivismo politico, che ha sorpreso tutti gli addetti ai lavori sia per la qualità dei componenti che per l’affidabilità del songwriting, con testi che raccontano storie di Indiani d’America, di “new economy”, di banche ladre ed inique, e tutta l’ingiustizia che l’umanità deve subire, alla fine con un disco che suona soltanto come del “vecchio” e sano rock and roll. L’artefice di questo splendido album di debutto è senza dubbio il musicista Tom Morello (leader dei Rage Against The Machine e amico di Bruce)), che ha portato in dote come consulenti artistici il produttore Brendan O’Brien (Pearl Jam, Springsteen) e Brendan Benson (tra gli altri, Raconteurs), un contratto con la Sony e  il batterista aggiunto Brad Wilk (dei RATM, Audioslave e ultimamente Black Sabbath): così Edgey Pires alla chitarra, e la voce bellissima della fascinosa “frontwoman” Delila Paz (non è un paragone azzardato, ma era dai tempi della grande Grace Slick che non mi entusiasmavo così per la cantante di un gruppo), suonando con anima, corpo e grinta in questo We Will Reign, registrato nei noti Henson Studios di Hollywood, sono partiti alla conquista dell’America (passando anche dal David Letterman Show https://www.youtube.com/watch?v=Tq3OaQvgXPU )!

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Tamburi martellanti annunciano l’iniziale Life, Liberty, And The Pursuit Of Indian Blood (sui temi dei compromessi della vita del popolo indiano), seguita dalla title track We Will Reign (pescata dal repertorio del “vecchio” autore rock americano Marti Frederiksen https://www.youtube.com/watch?v=vDy3NXVBQtI ), per poi passare ad una ballata western come Wanted Man (con un bellissimo video https://www.youtube.com/watch?v=sTXlK-O2Q8E ), dove viene messa in risalto la grinta della Paz, la rocciosa Killing Fields  (già sentita nella serie di successo Justifield https://www.youtube.com/watch?v=VcpZX6Wt37A ), e l’ariosa cavalcata di suoni in Battleground. Con Baby It’s You (cover delle Shirilles e dei Beatles), i tre addirittura vanno a spulciare l’immenso “songbook” del duo Bacharach/David https://www.youtube.com/watch?v=tht6exR_Fbk , a cui fanno seguire due ballate come Devil’s Dust https://www.youtube.com/watch?v=Lu0EQYlXhTE  e I’ll Be Alright, dove sembra di sentire la Chrissie Hynde più grintosa dei tempi d’oro, per tornare ai canti rivoluzionari con l’infuocata Fire, e la commemorativa 1968, con echi dei Black Keys.

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La Band The Last Internationale, capitanata dalla portoricana dai capelli corvini Delila Paz, come già detto e  ripetuto, nelle loro canzoni parlano di fuorilegge e indiani, citano il ’68 ed inneggiano alla rivoluzione (spero pacifica), a dimostrazione che la musica può essere ancora utilizzata per combattere le “storture” di questo mondo, pur essendo progressisti nei contenuti ma tradizionalisti nella forma. Infatti We Will Reign è un lavoro di classic rock contemporaneo, e i Last Internationale una delle più convincenti sorprese dell’ultimo periodo, a dimostrazione che il Rock è (ancora) vivo e vegeto  https://www.youtube.com/watch?v=3pUcs8mym3I ! Per chi vuole investigare ulteriormente hanno pubblicato in precedenza, a livello indipendente e con un suono più ruspante, un paio di album e un EP dove affrontano anche vecchi blues e traditionals

NDT: Mi vien da pensare, che se i Last Internationale fossero italiani, sarebbero ospiti fissi del Concertone del 1° Maggio, ma mai dire mai !

Tino Montanari