Il “Solito” Disco Di Luka Bloom, Per Fortuna! Head And Heart

luka bloom head & heart

Luka Bloom – Head And Heart – Skip/V2Compass/Ird

Prosegue imperterrita la striscia di ottimi album pubblicati da Luka Bloom, difficilmente i suoi dischi, come si diceva anche in altre occasioni, hanno raggiunto l’eccellenza assoluta, ma la sua opera omnia non manca in ogni occasione di stupire gli appassionati, per la consistenza e la qualità di questi lavori https://www.youtube.com/watch?v=07_n211EvBk . Come è ormai noto (almeno tra i suoi estimatori e gli appassionati della buona musica) il vero nome di Luka è Kevin Barry Moore, fratello minore di Christy Moore, e per chi scrive, giusto una “anticchia” inferiore all’augusto fratello https://www.youtube.com/watch?v=WxLTuzx82XM . Pur avendo vissuto per qualche anno pure fuori dall’Irlanda, dove se è svolta la parte centrale della sua carriera, Luka Bloom ha sempre mantenuto vivi i contatti con la sua terra di origine, e in questo CD c’è una accorata ballata intitolata Liffeyside, dedicata al quartiere di Newbridge, nella County Kildare irlandese, dove si è svolta la sua infanzia https://www.youtube.com/watch?v=5t-nzW9dkRM .

luka bloom christy moore

La novità di questo disco, se tale si può definire, non è tanto nel tipo di sound utilizzato, quanto nel fatto che, con l’esclusione del brano citato e di un’altra canzone di cui parliamo tra poco, si tratta di un album tutto di covers, che quindi esaminano anche la componente non celtico-irlandese della sua musica, che è peraltro presente in alcuni brani. L’altra canzone che porta la firma di Luka Bloom è Give You Wings, una canzone scritta di getto sull’onda emotiva provocata dall’incidente avvenuto in una galleria svizzera nel 2012, quando un bus belga si era schiantato provocando la morte di 28 persone, di cui 22 erano bambini, non so se ricordate il fatto, ma il nostro pubblicò all’epoca su YouTube un filmato che conteneva questa canzone che raccontava la tragedia in modo poetico https://www.youtube.com/watch?v=SvoW6Vqv7PU , vista dal punto di vista dei genitori che non avrebbero più rivisto i loro piccoli figli.

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Bloom è in parte, nella sua poetica, un cantore di questi sentimenti universali, messi sotto forma di canzone, non per nulla il disco si chiama “la testa e il cuore” e nel precedente http://discoclub.myblog.it/2013/01/05/una-certa-aria-di-famiglia-luka-bloom-this-new-morning/ c’erano il brano sull’incontro tra la regina Elisabetta e la Presidentessa irlandese, quello sull’artista olimpica Sonia O’Sullivan e Gaman sul disastro nucleare di Fukushima, quindi un occhio sempre attento anche sull’attualità. Ma in questo album ci si rivolge decisamente al passato: accompagnato dal trio del pianista Phil Ware, del contrabbassista Dave Redmond e del batterista Kevin Brady, registrati nello studio casalingo di Luka, il repertorio pesca alcune “perle” della musica mondiale, qualcuna celebre, altre meno note.

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La title-track Head And Heart, ad esempio, è tratta da uno dei dischi non più celebrati, ma comunque bellissimi, di John Martyn, Bless The Weather, e viene rivista in un arrangiamento jazzato vicino allo spirito dello scozzese, la voce non è cosi fluida e magica, ma è comunque sempre un bel sentire, perché anche la voce di Luka ha quell’impeto in comune con il fratello Christy https://www.youtube.com/watch?v=aEStVgQttBM . Bloom lavora spesso anche con il suono inconfondibile della sua chitarra, suonata in modo particolare, quasi “spaziale”, a causa dei problemi di tendinite che lo hanno afflitto ad inizio carriera. Banks Of The Lee, con la filigrana delicata dell’acustica ci riporta alla tradizione della musica celtica, un brano tradizionale scozzese interpretato dai Silly Wizard ma famoso anche per la versione che ne fece Sandy Denny con i suoi Fotheringay, re-intitolandola Banks Of The Nile. Molto intima e raccolta è la versione di uno dei pochi “classici”  degli anni ’80 di Dylan, una Every Grain Of Sand, che si riappropria dello spirito da troubadour del primo Zimmerman. The First Time I Ever Saw Your Face l’ha scritta Ewan MacColl, ma l’hanno cantata in mille, da Presley a Cash, anche se la versione di riferimento, quella di maggiore successo, e forse la più bella è quella di Roberta Flack, Bloom cerca di impossessarsi dello spirito “amoroso” di questa canzone.

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Dopo la dolcissima Give Me Wings, Bloom riporta Gentle On My Mind allo spirito folk dell’originale di John Hartford (anche se le versione più conosciuta è quella di Glenn Campbell). My Wild Irish Rose è una vecchia canzone romantica irlandese di fine ‘800 https://www.youtube.com/watch?v=VZ7g-oxClkE , mentre Lonesome Robin, un altro delicato brano folk acustico, l’ha scritto un vecchio cantautore, tale Bob Coltman (ammetto di non conoscere). And I Love You So viceversa la conoscono tutti, un’altra stupenda canzone d’amore scritta da Don McLean (Vincent e American Pie dicono qualcosa?) per il suo primo album Tapestry https://www.youtube.com/watch?v=WxLTuzx82XM , poi diventata uno degli ultimi successi di Perry Como. Detto della malinconica Liffeyside anche Danny Boy è una delle più celebri ballate uscite dalla terra d’Irlanda nel secolo scorso, cantata in modo struggente da Luka Bloom. Conclude The Joy Of Living, il secondo brano firmato da Ewan MacColl, ancora musica folk d’autore, sostenuta solo dalla delicata chitarra arpeggiata del nostro amico e quasi sussurrata, ma con grande abbandono, dal cantante irlandese. Se uno è bravo, è bravo!

Bruno Conti

Gaelic Folk Rock. Manran – The Test

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Manran – The Test – Manran Records – 2013

Sono un sestetto, vengono dalla Scozia, questo The Test è il loro secondo album (anche il primo, omonimo, del 2011, è un buon album, fateci un pensierino), fanno del folk-rock, o meglio del celtic-rock, meglio ancora, visto che usano molto quel linguaggio, del gaelic rock. Quindi discendono e si ispirano sicuramente ai Runrig (e anche  ai Capercaillie), altra band scozzese, di cui riprendono anche un brano in questo disco. Il loro stile è sicuramente influenzato dal rock, vista la presenza di una sezione ritmica e la presenza di chitarre acustiche e tastiere (suonate anche da Phil Cunningham, il produttore del disco e, nell’ordine, anche lui scozzese ed ex componente dei grandi Silly Wizard), ma soprattutto molto folk, contrassegnato dalla presenza di parecchi brani tradizionali e da diverse composizioni in gaelico (caratteristica che hanno in comune anche con i Waterboys, dei quali eseguivano nel primo album Sunny Sailor Boys o Maraiche Nan Aigh, per dirla in gaelico e perché no, pure i Clannad, altra band che ha fatto grande uso della lingua celtica, che proprio in questi giorni pubblica un nuovo disco di studio, dopo tanti anni).

Caratteristica della band è quella di avere nel proprio repertorio molto materiale strumentale, lunghe gighe e reels, dove violino, highland pipes e whistle, suonate da Ewen Henderson e uillean pipes e flauto di legno, suonati da Ryan Murphy, si amalgamano con una sezione ritmica molto marcata, à la Moving Hearts (per ricordare un’altra banda molto amata nel passato, anche se non hanno un Christy Moore in formazione): MSR, posta in apertura, fonde le due anime, lunghe improvvisazioni strumentali con improvvisi cambi di tempo, si alternano a sezioni cantate in gaelico da Norrie MacIver che è il cantante del gruppo, nonché chitarrista.

L’energia e la grinta sono palpabili ma si stemperano nella bella ballata mid-tempo Tamhasg (con questi titoli mi si impastano anche i tasti del PC) (Shadow per gli amanti della lingua inglese) e nella incalzante Dhèanainn Sùgradh, che in inglese farebbe I Will Sport With The Black-Haired Girl, misteri delle lingue antiche. 10k Tattie è un medley solo strumentale di tre brani, dal sound tipicamente folk, sempre con l’immancabile sezione ritmica presente a sottolineare le evoluzioni dei solisti del gruppo, che oltre ai citati Henderson e Murphy, si avvale anche dell’ottimo Gary Innes all’accordion, i continui cambi di tempo sono all’ordine del giorno, come nel buon folk-rock che si rispetti.

Per dimostrare che a scuola hanno studiato anche l’inglese ecco un’altra bella ballata, Maria (aah che sollievo!), scritta per la parte musicale dal bassista Ross Saunders, anche se trattasi di medley con Kerlou, naturalmente in gaelico, molto evocativo nel suo andamento. The Test, a dimostrazione della democrazia compositiva che vige nel gruppo, porta la firma del batterista Scott Mackay, e questo è  inglese, ragazzi, un bel brano melodico quasi pop-rock, con le tastiere di Cunningham a sottolineare gli inserti tradizionali degli strumenti a corda e fiato, fondamentalmente una bella canzone. Jigs, come evidenzia il titolo è un altro lungo medley strumentale che profuma di vecchi brani di Fairport Convention o Steeleye Span, trascinante e spumeggiante come si conviene al buon folk (rock).

Tillidh Mi( I’ll Return) è la cover dei Runrig di cui vi dicevo in apertura di recensione, tratto dal primo album Play Gaelic e scritta ai tempi dai fratelli MacDonald, secondo me è un pezzo di rock gaelico, ho come questa impressione! The Fishing Boat, una collaborazione tra Lisa Sinclair, cantante scozzese a me sconosciuta e il pianista jazz islandese Astvaldur Traustasson (ma allora ditelo con ‘sti nomi) che illustra nuovamente il lato più melodico e riflessivo dei Manran e Overtime, un nuovo lungo vorticoso medley diviso in quattro parti, concludono più che degnamente il nuovo lavoro di questa band, che comincia a farsi conoscere in giro per il mondo e che sento di consigliare spassionatamente agli amanti del genere, forse non un capolavoro, un poco semplicistico in alcuni momenti, ma sicuramente un disco dai fondamentali solidi, il cuore batte ai giusti ritmi. Naturalmente, file under folk!

Bruno Conti