Father And Sons. James Luther Dickinson And North Mississippi Allstars – I’M Not Dead I’M Just Gone

james luther dickinson.jpg

 

 

 

 

 

 

James Luther Dickinson and North Mississippi Allstars – I’m Just Dead I’m Not Gone – Memphis Int. Rec.

Questo raro incontro discografico (“unico” nella discografia di Jim Dickinson), tra padre e figli, vede la musica, senza voler essere blasfemi, nella parte dello “Spirito Santo”. Registrato il 2 giugno del 2006 al New Daisy Theater di Memphis, Tennessee, in Beale Street, la via del Blues per antonomasia, questo concerto viene pubblicato solo oggi, a tre anni di distanza dalla scomparsa di Mudboy.

Si tratta di un concerto gagliardo, esuberante, dove non solo il Blues, ma tutte le “radici” della musica della famiglia Dickinson vengono rivisitate: registrato in Mono, ma con un ottimo suono, il concerto, per rimanere in tema religioso, è preceduto da un breve sermone anti Bush (era l’epoca) del Rev. Dickinson, ma poi si dipana con un sound che ricorda i suoi vecchi datori di lavoro, gli Stones dell’epoca Exile, quelli più “caattivi” (doppia a) e pericolosi. Dall’apertura tosta di Money Talks, un vecchio brano di Sir Mack Rice, con le sue sonorità viziose, attraversate dalle sciabolate della slide di Luther “Keith’n’Mick” Dickinson, si viaggia subito sulle traiettorie del miglior rock ad alta gradazione blues, quello più genuino e ruspante. Uno che introduce il brano successivo, Ax Sweet Mama come, “scritto dal mio vecchio amico Sleepy John Estes”, come lo definisci se non leggendario – Morto ma non andato! – la sua musica vive in questo suono “paludoso” e volutamente grezzo e in questo brano che cita anche Leaving Trunk e Sloppy Drunk, rivive il mito del blues e del rock più sapido, suonato dal pianino di Jim e dalla chitarra di Luther e cantato con una voce, non bella, ma che, a chi scrive, sembra quella di un John Mayall più incazzato, se mi permettete l’analogia, un altro però che ha fatto di questa musica una religione.

Pure nella successiva cover di Codine, un grande brano di Buffy Sainte-Marie, la voce è rotta, quasi spezzata, ma percorsa da una grinta che sfiora la missione: i North Mississippi Allstars, Luther, Cody alla batteria e il bassista Chris Chew, suonano con un fervore incredibile, degni alunni della lezione di vita e di musica insegnata loro dal grande musicista di Memphis, che si cimenta da par suo al piano. Dopo una breve presentazione dei suoi tre figli, due veri e uno spirituale, ci si rituffa nella musica con una Red Neck, Blue Collar di Bob Frank, che è puro Outlaw Country, le armonie vocali sono di Jimmy Davis. Il concerto è composto solo da nove brani, dura poco più di 42 minuti, ma ha una intensità incredibile, non c’è grasso che cola, solo musica di qualità, non è questa la casa del virtuosismo, anche se i musicisti sono di gran spessore, niente lunghi assolo, solo il minimo indispensabile, con i due Luther che si dividono i brevi spazi solisti e la band che segue con vigore, come nella cover di Kassie Jones, Pt.1 di Furry Lewis, un altro che ha fatto la storia di questa musica, Jim declama Blues e Luther lo segue con la sua slide.

Anche quando fa rollare il suo pianino a tutta birra, come nella cover scatenata a tempo di R&R di Rooster Blues, un vecchio brano scritto da Jerry West, che era uno dei cavalli di battaglia di Lightnin’ Slim, senti che c’è tanta passione e competenza nella musica, e questa versione accelerata è presa dal repertorio di Ronnie Hawkins che viene ringraziato nel finale con un “Dio Benedica Ronnie Hawkins!” molto sentito. Quando i musicisti rendono omaggio al B.B. King D.O.C. di Never Make Your Move Too Soon si percepisce un piacere, una gioia irrefrenabile nel suonare questa musica, essere sul palco e divertirti e suonare la musica che ami, cosa puoi volere di più?  Se poi il tutto è suonato con questa classe e nonchalance l’ascoltatore percepisce quel quid indefinibile che divide i grandi musicisti (di culto) dalle mezze calzette. Di nuovo il country scalcagnato ma irresistibile di Truck Drivin’ Man con la seconda voce di Davis e il pianino di Jim Dickinson in overdrive prima del finale sontuoso con una Down In Mississippi quasi solenne che omaggia la loro terra e la loro musica e permette, per una volta, a Luther Dickinson di lasciarsi andare a una improvvisazione chitarristica leggermente più estesa, sotto l’occhio benevolo e benedicente del babbo che ha lasciato il testimone in mani esperte. Se questo deve essere l’ultimo commiato, il vecchio Mudboy ci lascia alla grande!

Bruno Conti