Grande Musica Dal Sud Degli States! Victor Wainwright & The Wildroots – “Boom Town”

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Victor Wainwright & The Wildroots – “Boom Town” – Blind Pig/Ird

L’etichetta è di Chicago, l’album è stato registrato tra la Florida e Memphis, Tennessee, dove vive il suo titolare, nato a Savannah, Georgia. Il risultato è un gran bel disco, non poteva essere altrimenti, perché l’aria che si respira dai solchi virtuali di questo CD è certamente quella: tanto blues, ma anche boogie woogie, soul fiatistico New Orleans style, tra Dr. John, Neville Brothers e Fats Domino, rock and roll, e rock sudista. Non per nulla Victor Wainwright, che anche fisicamente ricorda il “Dottore”,  è un pianista e organista “extraordinaire”, divide il suo tempo pure con i Southern Hospitality, l’ottima band sudista dove militano pure Damon Fowler e JP Soars, autrice di quel fantastico debutto che si chiamava Easy Livin’, pubblicato sempre dalla Blind Pig nel 2013, prodotto da Tab Benoit. Wainwright, ha “le physique du role”, anche extralarge, ma è un signor pianista, non per nulla vincitore del Pinetop Perkins Piano Player Of The Year ai due ultimi Blues Music Award del 2013 e 2014, nonché un cantante dalla voce perfettamente in linea con il fisico: rauca, vissuta, “grassa” (scusate!) e pimpante https://www.youtube.com/watch?v=74gYEbLQtqw  , in grado di convogliare sia lo spirito di Mac Rebennack (e anche del vecchio Leon Russell), quanto quello del citato Fats Domino, come i vocioni dei classici bluesmen, o nei momenti in cui i suoi Wildroots sembrano dei Little Feat in fregola, le tonalità vocali di Lowell George.

Questi Wildroots sono fior di band: tre musicisti ai fiati (e quindi qualche similitudine con combo tipo i Roomful Of Blues potrebbe pure starci), con Patricia Ann Dees anche dedita alle armonie vocali e voce solista con Victor in WildRoot Farm, Stephen Dees, il bassista, nonché chitarrista, vocalist, autore o co-autore di tutti i brani, compagno di avventura di Wainwright dai tempi del primo album solista di Victor, Piana From Savannah, uscito nel lontano 2005 e la cui title-track, un formidabile boogie woogie strumentale è presente in questo Boom Town. Aggiungete Stephen Kampa all’armonica, quando il blues si fa più urgente, e Nick Black alla chitarra, oltre a Billy Dean, batterista dal grande swing, e a questo punto ricordiamo anche gli altri due fiatisti, Charlie DeChant e Ray Guyser, tutti al sax, compresa la Dees. Si parte subito alla grande, con i florilegi pianistici di Wainwright, l’organo hammond di Chris Stephenson, i fiati che pompano, e la voce subito nella parte, potente e decisa, per una title-track minacciosa e poderosa che ci parla di un voodoo-rock-blues cadenzato e coinvolgente https://www.youtube.com/watch?v=SznI9mISJbg . Nella successiva Saturday Night Sunday Morning il ritmo aumenta vorticosamente e siamo in pieno R&R, un pezzo che avrebbe fatto vibrare anche i baffetti di Little Richard o le bacchette di Lionel Hampton ai tempi di Hey Ba-Ba-Re-Bop, fantastico. Anche Stop Me Bossin’ Me Baby rimane su queste coordinate, con Nick Black il chitarrista, voce duettante con Victor, uno è il rock, l’altro il roll, per questo swingante brano, dove piano, chitarre e tutta la band ci danno dentro sempre alla grande.

It Ain’t Got Soul – Part 1 sono i Little Feat in trasferta a New Orleans e in session con i Meters, grande groove e l’armonica di Kampa che si fa sentire, come Wainwright che raddoppia anche all’organo. When The Days Is Done è uno strano gospel soul con solo le voci di Victor, Dees, Black e Beth McKee (toh chi si risente http://discoclub.myblog.it/2012/03/04/musica-dal-profondo-sud-e-da-new-orleans-gran-bella-voce-bet/ ) accompagnate da percussioni, battito di mani, chitarra acustica e armonica. Genuine Southern Hospitality probabilmente prende il nome dall’altro gruppo di Wainwright (o viceversa) ed è un altro ottimo esempio di Little Feat sound, anche grazie alla slide dell’ospite Ernie Lancaster; altro fantastico boogie woogie è Two Lane Black Top Revisited, con le mani di Wainwright che volano sulla tastiera. WildRoot Farm, come ricordato, è un duetto con la Dees, puro Dr. John sound, sottilmente avvolgente, con Professor Stephen Kampa all’armonica, mentre per The Devil’s Bite arriva anche JP Soars all’acustica, un tuffo in atmosfere old time e fumose, con Wainwright che ricorda il giovane Tom Waits per lo stile vocale. Reaper’s On The Prowl, tra shuffle e surf music è un altro eccellente esempio della ecletticità di questo combo, con Back On Top che è un classico blues di quelli pigri e ciondolanti, il titolo preso a prestito dal chitarrista Robert “Top” Thomas, che duetta con il piano di Wainwright e l’armonica. In conclusione c’è WildRoot Rumble che è veramente un “rombo di tuono” di pezzo, un boogie rock devastante, chitarra, piano e armonica sugli scudi, ma tutta la band gira a mille e dimostra perché sono giustamente considerati uno dei migliori gruppi attualmente in giro nell’ambito del roots-rock e nelle cui fila milita uno dei pianisti più formidabili al momento in circolazione. Alzare il volume dello stereo e godere!

Bruno Conti

Suoni Di Casa (Di Tab Benoit) E Tanta Slide, Ma Non Solo! Damon Fowler – Sounds Of Home

damon fowler sounds of home

Damon Fowler – Sounds Of Home – Blind Pig/IRD

Molti sono convinti che questo sia il terzo album di Damon Fowler, al limite il quarto, contando anche il CD dei Southern Hospitality (con Jp Soars e Victor Wainwright), ed in effetti è vero, ma solo contando la produzione con l’etichetta Blind Pig.

Risalendo nel passato, il musicista di Brandon, Florida (un paesino nei pressi di Tampa Bay, quasi una “istigazione” giovanile al Blues), aveva già pubblicato tre dischetti, tra cui un live, usciti con distribuzione indipendente, a cavallo della scorsa decade, o dello scorso secolo se preferite. Gli ultimi tre sono notevolissimi, di Sounds At Home ci occupiamo immediatamente, e lo confermano uno dei massimi talenti emergenti del nuovo blues, come chitarrista, soprattutto alla slide, dove è veramente letale , e come cantante, con una voce che è una via di mezzo tra uno Steve Marriott, un filo meno potente, e un vecchio cantante soul (che sono quasi la stessa cosa)! Se poi aggiungiamo che la produzione del nuovo album è affidata a Tab Benoit (che scrive quattro pezzi con Fowler, e canta e suona, con discrezione, nel disco) il risultato è pressoché matematico: gran bel disco, con un sound da sballo.

Registrato nei Whiskey Bayou Studios (un nome, un programma) di Houma, Lousiana, di proprietà di Benoit, il disco è un’ode alla buona musica, principalmente blues, ma non solo. Grande chitarrista slide , anche se non forse della scuola virtuosistica alla Derek Trucks o Sonny Landreth, o di quella più rigorosa ma immaginifica di un Ry Cooder (a cui mi pare più vicino), senza dimenticare Winter, il nostro Damon si disbriga bene anche con le accordature tradizionali, per quanto con un tipo di suono un po’ sghembo, aspro, molto ritmico, comunque trascinante. Prendete l’iniziale Thought I Had It All, con il bottleneck che inizia a scivolare quasi con libidine sul manico della chitarra e Fowler che canta con una voce tiratissima e “cattiva”, come quella che aveva il giovane Marriott o altri giovani bianchi che si sono cimentati con il blues-rock nel corso degli anni: l’atmosfera è sospesa e minacciosa, la sezione ritmica scandisce il tempo con grande perizia e il brano, e il disco, prendono subito quota, con l’assolo nella parte centrale che è veramente letale.

E siamo solo al primo brano. Il secondo, scritto con Tab Benoit, e che è quello che dà il titolo all’album, Sounds Of Home, ci porta dalle parti delle paludi della Lousiana, dove ci aspetta un personaggio pittoresco, ma di grande carisma come Big Chief Monk Boudreaux, che con il suo vocione vissuto aiuta il “giovane” Damon a spargere il seme del blues, del rock e della bayou music dei vecchi Creedence più ingrifati di Fogerty, con la giusta grinta, gustosissimo il breve ed intricato solo nella parte finale. Trouble, scritta ancora con Benoit, ed Ed Wright, che aveva firmato anche il brano iniziale, è una sinuosa e sensuale ode al funky-soul più genuino, con un groove della sezione ritmica che spinge il piedino irresistibilmente a muoversi e lui che canta divinamente, mentre si occupa con amore della sua chitarra, titillata quasi con piacere, che meraviglia! Spark sfodera ritmi quasi da R&R e con un pizzico dello Springsteen più gioioso (sto dando i numeri?), ma ancora anche tanto Fogerty, e i due qualche punto in comune ce l’hanno. Old Fools, Bar Stools And Me (bel titolo) è uno slow blues & soul, molto cadenzato, quasi attendista, ma aspetta che ti aspetta, quando parte l’assolo ti stende al tappeto sotto lo sgabello del bar. Where I Belong avrebbe potuta suonarla Ry Cooder nei suoi dischi degli anni ’70, quelli del blues alle radici della musica, un train sonoro semplice e una slide misurata, ma sempre in grado di fare i numeri, con Benoit che lo aiuta alla ritmica acustica.

Grit My Teeth, a tempo di boogie Fowler si misura con ZZ Top o Thorogood, con la chitarra che va quasi subito in overdrive nell’altra galassia. A questo punto così ti va a pensare quel geniaccio del Damon? Una bella cover di Alison di tale Declan Patrick McManus, per la mamma, Elvis Costello per tutti gli altri, che viene “soulificata” (se si può dire, non credo, ma ormai l’ho scritto) e trasportata nel Sud degli Stati Uniti, dalle parti di Memphis o Muscle Shoals, con tanto di assolo come quelli che faceva Duane Allman nei singoli Stax od Atlantic https://www.youtube.com/watch?v=SFmA4BqrmbU  e potrebbe fare adesso il suo erede Derek Trucks, bellissimo! In Tv Mama Damon Fowler si cimenta con il repertorio di uno dei maestri della slide, Johnny Winter, e il risultato è quasi un pari, e qui si viaggia alla grande https://www.youtube.com/watch?v=S60cGLAz5s0. Per completare lo spettro delle influenze c’è anche una Do It For The Love che è una ballata “country got soul” con Tab Benoit impegnato alla pedal steel. E per finire la cover di un traditional come I Shall Not Be Moved, che parte all’incirca a tempo di ragtime e diventa un gospel, ancora quasi cooderiano nei suoi sviluppi. Consigliato, questo è uno bravo!

Bruno Conti