Prossime Uscite Autunnali 12. Fleetwood Mac 50 Years: Don’t Stop – Altro Cofanetto Natalizio Fondamentalmente Inutile. In Uscita Il 16 Novembre.

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Fleetwood Mac – 50 Years: Dont Stop – 3 CD Warner/Rhino – 16-11-2018

Al titolo del Post potrei aggiungere: a meno non abbiate nulla dei Fleetwood Mac! In effetti si tratta di una antologia tripla pura e semplice, in ordine cronologico, quindi meno pasticciata di 25 Years – The Chain, uscita nel 1992, appunto per il 25° Anniversario della band (anche se non capisco perché il conteggio dell’attuale box ci porta a 50 anni, se partendo dal 1967 ed essendo nel 2018, dovremmo essere a 51 anni, ma si sa che la matematica per le case discografiche è un optional e si conta dalle date degli album). Però nel caso del quadruplo del 1992, anche i brani erano inseriti alla rinfusa c’erano cinque canzoni nuove, più  alcune rarità e versione inedite di brani già noti.

Nel caso di questo 50 Years – Don’t Stop, che esce in concomitanza del nuovo tour autunnale, dove non sarà presente Lindsey Buckingham, sostituito da Neil Finn dei Crowded HouseMike Campbell degli Heartbreakers di Tom Petty, si è optato per una sequenza cronologica delle canzoni, senza versioni inedite, se non vogliamo considerare tali le single versions e gli edits, che praticamente, tradotto, vuole dire versioni più brevi. I tre CD coprono le diverse epoche della Band. nel primo si va dal 1968 (anche se il gruppo aveva iniziato a suonare già nel 1967) al 1974, quindi il periodo blues-rock inglese con Peter Green; Jeremy Spencer Danny Kirwan, e le prime avventure americane con Christine McVie, Bob Welch Bob Weston. Il secondo CD segue gli anni californiani, quelli del grande successo, con la coppia Buckingham/Stevie Nicks dal 1975 al 1980 e il terzo CD, l’ultimo periodo dal 1982 al 2013, quello dove tra uscite, rientri e nuovi arrivi, nella band transitano anche Billy Burnette, Rick Vito, Dave Mason e Bekka Bramlett. Quindi, ripeto, solo se non avete nulla, e anche in considerazione del fatto che il triplo CD dovrebbe avere un prezzo interessante, potete farci un pensierino, eventualmente anche come regalo natalizio. Aggiungo che è prevista anche una versione singola ridotta dell’antologia. In ogni caso ecco la tracklist completa.

[CD1]
1. Shake Your Moneymaker
2. Black Magic Woman
3. Need Your Love So Bad
4. Albatross
5. Man Of The World
6. Oh Well – Pt. I
7. Rattlesnake Shake
8. The Green Manalishi (With The Two Prong Crown)
9. Tell Me All The Things You Do
10. Station Man – Single Version
11. Sands Of Time – Single Version
12. Spare Me A Little Of Your Love
13. Sentimental Lady – Single Version
14. Did You Ever Love Me
15. Emerald Eyes
16. Hypnotized
17. Heroes Are Hard To Find – Single Version 1.

[CD2]
1. Monday Morning
2. Over My Head – Single Version
3. Rhiannon (Will You Ever Win) – Single Version
4. Say You Love Me – Single Version
5. Landslide
6. Go Your Own Way
7. Dreams
8. Second Hand News
9. Don’t Stop
10. The Chain
11. You Make Loving Fun
12. Tusk
13. Sara – Single Version
14. Think About Me – Single Version
15. Fireflies – Single Version
16. Never Going Back Again – Live

[CD3]
1. Hold Me
2. Gypsy
3. Love In Store
4. Oh Diane
5. Big Love
6. Seven Wonders
7. Little Lies
8. Everywhere
9. As Long As You Follow
10. Save Me – Single Version
11. Love Shines
12. Paper Doll
13. I Do – Edit
14. Silver Springs – Live-Edit
15. Peacekeeper
16. Say You Will
17. Sad Angel

P.S. Proprio a voler essere “buonisti” a tutti i costi, Sad Angel, l’ultima canzone contenuta nel triplo CD, è inedita almeno nel formato fisico, essendo stata pubblicata solo nell’Extended Play del 2013 con quattro brani, disponibili esclusivamente per il download digitale. Ma sempre per non voler essere cattivi, allora non le potevano pubblicare tutte e quattro nel box?

E’ tutto, altre news su future uscite nei prossimi giorni e settimane.

Bruno Conti

E Questo Se Lo Erano Dimenticato? Fleetwood Mac – Fleetwood Mac

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Fleetwood Mac – Fleetwood Mac – Reprise/Warner CD – Deluxe 2CD – Super Deluxe 3CD/DVD/LP

Quando nel 2013 la Reprise decise di riservare il trattamento “deluxe box set” a Rumors, il disco più bello e più famoso dei Fleetwood Mac, a tutti sembrò semplicemente un omaggio ad uno degli album più venduti di tutti i tempi. Col tempo però il piano della casa discografica è stato rivelato, cioè trattare allo stesso modo tutti i dischi in studio della lineup più popolare del gruppo (cioè quella formata dai britannici Mick Fleetwood, John McVie e dall’allora moglie Christine Perfect McVie e dagli americani Lindsay Buckingham e Stevie Nicks): a Rumors sono seguite quindi le versioni deluxe dell’ambizioso Tusk e dei due episodi degli anni ottanta, il poco considerato Mirage ed il popolarissimo (e commerciale) Tango In The Night. Era però inspiegabilmente assente l’album che diede il via a tutto, cioè l’omonimo Fleetwood Mac del 1975 (o “White Album” come lo hanno soprannominato i fans), mancanza fortunatamente riparata oggi, con l’ultimo (?) episodio di questa serie di box deluxe che contengono anche il vinile originale rimasterizzato (esiste anche la versione in singolo e doppio CD).

E Fleetwood Mac è a mio parere, e non solo mio, il lavoro migliore del gruppo dopo Rumors, un delizioso disco di puro pop-rock californiano in cui le tre anime creative della band (Buckingham e le due ragazze) si amalgamano alla perfezione fin dal primo momento, pur mantenendo ognuno dei tre il proprio stile (il primo incontro tra i tre inglesi ed i due americani in un ristorante messicano di Los Angeles, con conseguente “colpo di fulmine” tra le due fazioni – specie tra la McVie e la Nicks, dato che Fleetwood non voleva nel gruppo due donne che non andassero d’accordo fin da subito – e ben narrato nelle note di David Wild nel libretto allegato). Il primo CD ripropone l’album originale, con i due nuovi arrivati già perfettamente integrati, e che anzi portano un fresco vento di novità nel sound. Buckingham arriva con in dote subito due pezzi da novanta: l’opening track Monday Morning, un perfetto ed orecchiabile pop-rock tipico del suo stile, che stranamente non uscirà su singolo ma diventerà negli anni uno dei pezzi più popolari del quintetto, e la conclusiva I’m So Afraid, rock song tesa e potente, che dal vivo diventerà un momento imperdibile per godere delle evoluzioni chitarristiche di Lindsay. Al riccioluto musicista di Palo Alto è affidata anche Blue Letter (un brano scritto dai fratelli Richard e Michael Curtis per il mai realizzato secondo album della coppia Buckingham-Nicks), un trascinante pezzo di puro rock californiano anni settanta e la ficcante e vigorosa World Turning, scritta e cantata con la McVie.

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Stevie Nicks si comporta ancora meglio, in quanto scrive due dei brani più belli della storia del gruppo: Rhiannon, una delle signature songs della bionda cantante e decisamente il pezzo più famoso del disco, un vero classico, con uno dei riff chitarristici più riconoscibili di sempre, e la splendida Landslide, uno slow acustico che è anch’esso tra le sue più belle canzoni in assoluto. In più, Stevie riesuma Crystal, che appariva anche su Buckingham-Nicks (del quale si attende ancora una ristampa in CD), una dolcissima ballata che viene però cantata da Buckingham. La McVie è sempre stata quella dei Mac che ho amato meno, troppo soft-pop il suo stile per i miei gusti, anche se qui mi smentisce in parte con Say You Love Me, irresistibile uptempo pianistico tra pop e rock’n’roll, un altro classico della band; per contro, Christine offre anche la raffinata (anche troppo) Warm Ways, la cadenzata ed immediata Over My Head, uscita come primo singolo in America (scelta strana, c’era di meglio), ma poi chiude con la deliziosa Sugar Daddy, solare e gradevolissima (e con Waddy Wachtel alla chitarra ritmica). Completano il primo CD le single versions di Over My Head, Rhiannon, Say You Love Me e Blue Letter. Il secondo dischetto, nei primi undici brani, propone versioni alternate (tutte inedite) dei pezzi originali, a dire il vero mai troppo diverse, ma che forniscono comunque un ascolto piacevole: alcune non sono ancora rifinite, altre (Blue Letter, Rhiannon e Say You Love Me, nella quale si sente di più la chitarra) andavano già bene così, mentre Crystal e Landslide in versione spoglia, voce e chitarra, sono lo stesso bellissime, e World Turning, con una lunga coda strumentale, è persino meglio.

A seguire abbiamo quattro brani ripresi dal vivo, tre da questo disco ed uno, Why (una rock ballad che non sfigura affatto), da Mystery To Me; chiudono il CD una fluida e rilassata jam collettiva (già uscita però su una precedente ristampa) e soprattutto una formidabile take strumentale di I’m So Afraid, con una performance mostruosa di Lindsay, un pezzo che da solo vale il dischetto e che forse è persino migliore di quella cantata. Il terzo CD (esclusivo per il box) è decisamente interessante, in quanto propone 14 brani dal vivo registrati nel tour promozionale dell’album, tutti inediti (tranne Don’t Let Me Down Again, uscita su Fleetwood Mac Live del 1980). Ho detto interessante perché ci sono diversi brani appartenenti alle lineup precedenti del gruppo, in quanto questa configurazione anglo-americana non aveva ancora un repertorio così ampio da riempire un intero concerto. Il CD si apre addirittura con un pezzo dei Chicken Shack (la prima band della McVie), la bluesata e trascinante Get Like You Used To Be, e poi prende due canzoni dal periodo “di mezzo”, l’intrigante rock song tinta di blues Station Man (in origine cantata da Danny Kirwan, qui da Buckingham e Nicks all’unisono) e la discreta Spare Me A Little (ce ne sono altre due appartenenti alla stessa fase della band, cioè la già citata Why e l’insinuante Hypnotized, scritta da Bob Welch). Sei pezzi arrivano da Fleetwood Mac, tra cui una scintillante Rhiannon, la solita strepitosa I’m So Afraid ed una spettacolare Blue Letter, con un grande finale chitarristico; completano la già citata Don’t Let Me Down Again, un saltellante pop-rock tratto da Buckingham-Nicks e due tra i pezzi più noti del primo periodo, quello con Peter Green, il rock-boogie Oh Well e la maestosa The Green Manalishi, nelle quali Lindsay fa di tutto per non far rimpiangere il grandissimo chitarrista inglese. Il DVD, solo audio, offre la versione 5.1 surround del disco originale più i soliti quattro singoli in stereo alta risoluzione.

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Ora la “golden age” dei Fleetwood Mac dovrebbe essere al completo, a meno che la Reprise non decida di rimettere fuori anche i due live, quello già citato del 1980 e The Dance del 1997. E non sarebbe affatto una cattiva idea.

Marco Verdi

Una Festa Natalizia “On Stage” Di Gran Classe – Chris Isaak – Christmas Live At Soundstage

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Chris Isaak – Christmas Live At Soundstage – BMG CD/DVD

Quest’anno il mio disco di Natale è questo live di Chris Isaak, registrato per la nota trasmissione Soundstage: un lavoro pienamente meritevole anche se devo dire che il panorama discografico mondiale non ha offerto molte valide alternative in questo 2017 (mentre lo scorso anno era stato più generoso, con almeno tre ottime uscite: Jimmy Buffett, Neil Diamond e Loretta Lynn). Tra l’altro questo concerto non è neppure nuovo, in quanto era stato registrato nel 2004 per promuovere l’album natalizio del rocker californiano (Christmas, appunto) ed era pure già uscito all’epoca in versione video, anche se ormai da tempo fuori catalogo: ora la BMG lo ripropone con una veste rinnovata, aggiungendo il supporto audio a quello video, aumentando così la platea di potenziali acquirenti.

chris-isaak-concert

https://www.youtube.com/watch?v=NtPBfiTZNGE

Ed il concerto è godibilissimo: Christmas (l’album di studio) mescolava abilmente classici stagionali e nuove composizioni di Chris, e questa riproposizione on stage è l’ideale prolungamento di quel disco, che viene ripreso quasi totalmente (manca solo Auld Lang Syne, che è più un canto da Capodanno) ed aggiunge due canzoni in più, Santa Bring My Baby Back e I’ll Be Home For Christmas, che però erano presenti come bonus tracks nell’edizione australiana dell’album originale. Il tipico stile vintage di Isaak, tra Elvis Presley e Roy Orbison, melodico ma anche rock’n’roll quando serve, si adatta alla perfezione alle atmosfere natalizie, e ciò emerge ancora di più ascoltando questo bellissimo concerto con il nostro in forma smagliante ed aiutato da una band solida (Kenny Dale Johnson, Rowland Salley, Hershel Yatovitz, Scott Plunkett e Rafael Padilla), più alcuni ospiti speciali che vedremo. Che la serata sia di quelle giuste si capisce subito dall’iniziale Blue Christmas, dal delizioso sapore sixties e con uno stile leggermente country, subito seguita dal classico hawaiano Mele Kalikimaka, gioiosa e solare come è giusto che sia. Chris ha classe, voce e presenza fisica, sia che faccia il romanticone (Washington Square, la famosa Pretty Paper di Willie Nelson, cantata splendidamente, l’ottima Brightest Star, la migliore tra le quattro scritte da Isaak), sia che faccia uscire la sua anima rock’n’roll (la cadenzata e divertente Hey Santa!, con tanto di fiati mariachi, l’irresistibile gospel-rock Last Month Of The Year), sia infine che lasci spazio al country (l’honky-tonk scintillante di Christmas On TV).

Chris Isaak Christmas with Stevie Nicks f

https://www.youtube.com/watch?v=vJPWBFkI7g4

Non sarebbe poi Natale se non ci fossero dei duetti: il primo ospite è l’amico Michael Bublé, che allora non era ancora diventato il pupazzo che è adesso, e fa benissimo la sua parte sia nella raffinatissima The Christmas Song che nella swingata Let It Snow (anche se Sinatra è di un’altra categoria); poi abbiamo il pianista e vocalist Brian McKnight, con il quale Chris rilascia una squisita e jazzata Have Yourself A Merry Little Christmas di gran classe, ed infine Stevie Nicks che presta la sua ugola ad una festosa Santa Claus Is Coming To Town. Finale con la languida I’ll Be Home For Christmas e poi tutti quanto sul palco per una travolgente e scatenata Rudolph The Red-Nosed Reindeer. Tra romanticismo, tradizione ed un pizzico di rock’n’roll, un disco perfetto per la notte di Natale.

Marco Verdi

Una Figlia D’Arte Un Po’ “Tardiva”. Mollie Marriott – Truth Is A Wolf

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Mollie Marriott – Truth Is A Wolf – Amadeus Music      

Forse il cognome risveglierà qualche fremito a coloro più addentro nelle vicende del rock britannico: ebbene sì, questa “nuova” cantante è proprio la figlia del grande Steve Marriott, indimenticato leader degli Small Faces e degli Humble Pie, una delle voci più belle del rock inglese di sempre, tragicamente scomparso nel rogo della propria casa, a soli 44 anni, nel lontano 1991. Mollie Marriott è la terza figlia di Steve, e anche per lei la gavetta è stata lunga, faticosa e costellata di problemi legali (come era stato per il babbo), e quindi solo in questi giorni, a 32 anni compiuti, arriva il suo esordio discografico: nel frattempo ha calcato i palcoscenici del Regno Unito, come background vocalist per PP Arnold, gli Oasis, in un musical sugli Small Faces, in vari tributi, tra cui quello a Ronnie Lane e alla riunione dei Faces dello scorso anno, oltre al concerto per gli 80 anni di Bill Wyman. Tra quelli che lei chiama “zii” ci sono Peter Frampton, Ronnie Wood, Kenney Jones, che hanno più volte espresso il loro entusiasmo (forse non disinteressato) per la voce di Mollie, e anche Paul Weller ha voluto collaborare con lei, infatti è presente in due brani di questo Truth Is A Wolf, album che avuto una lunga gestazione, tanto che doveva essere pubblicato già nel 2015 con un’altra copertina.

Ma alla fine, tramite una piccola etichetta, la Amadeus Music, è uscito. E devo dire che non è per niente male, buon sangue non mente, Mollie Marriott ha una bella voce, qualche inflessione e movenza del padre (come ammette le i stessa), un timbro vocale che può ricordare Bonnie Raitt o Susan Tedeschi, leggermente rauco ma potente, uno stile che si rifà a cantanti come la Sheryl Crow del primo periodo o Stevie Nicks.. Ovviamente non manca il rock classico inglese, sia quello anni ’60 e ’70, che il più recente Britpop. Tra i suoi collaboratori, co-autrice in due brani, troviamo Judie Tzuke, cantautrice rock molto di successo in UK a cavallo degli anni ’80 (e che al sottoscritto piaceva parecchio), mentre l’unico brano non composto dalla Marriott, ovvero la title track Truth Is A Wolf, porta la firma di Gary Nicholson, autore di successi per Bonnie Raitt e Delbert McClinton,e decine di altri “clienti, che aveva portato questo brano a Nashville con l’idea di darlo appunto alla Raitt o alla Tedeschi, e invece è finito su questo disco. Ed è probabilmente il pezzo migliore dell’album (che comunque si difende con lode): un brano che gira attorno al suono di un piano elettrico e della chitarra di Paul Weller, una delle classiche canzoni che di solito si accostano al miglior repertorio proprio di Raitt e Tedeschi, con la voce autorevole della Marriott che ricorda moltissimo le illustri colleghe, potente e grintosa, con una leggera vena malinconica, uno spirito musicale tra rock e blues e un arrangiamento di gran classe, veramente una bella canzone.

Il singolo Control è un bel pezzo rock, con qualche retrogusto gospel e qualcuno ha riscontrato similitudini con una vecchia canzone degli Humble Pie Fool For A Pretty Face, comunque la band della Marriott e le voci di supporto ci danno dentro di gusto, in particolare il chitarrista Johnson Jay, anche Broken è un’altra bella canzone, incalzante, con un ritmo e un drive che ricordano la miglior Stevie Nicks, una classica rock song dal sapore americano che ruota attorno alla bella voce di Mollie e al sound avvolgente dell’arrangiamento. Give Me A Reason è una bella ballata pop con elementi soul, commerciale, ma il giusto, sempre con sontuosi inserti vocali e una bella chitarra tagliente; Run With The Hounds ha di nuovo un groove tipico dei migliori Fleetwood Mac, musica pop ma di quella raffinata e coinvolgente, mentre Love Your Bones, secondo la stessa Mollie è ispirata dal sound di Tori Amos, quella più pop e meno cerebrale. Transformer è una delle due canzoni scritte con Judie Tzuke, un brano più da cantautrice classica, sempre con la bella voce in evidenza, anche se forse un filo troppo pomposo e pompato; Fortunate Fate, con qualche elemento country rimanda al repertorio della prima Shery Crow, quindi non manca neppure l’impeto rock, King Of Hearts, l’altro pezzo firmato con la Tzuke, è pure il secondo dove appare Paul Weller, una sorta di simil slow blues con richiami sia al “Modfather” come al babbo, anche se l’arrangiamento è nuovamente troppo pompato, ed è forse il difetto che più mi sento di imputare al disco,  insomma la voce e il talento ci sono, ma a tratti il tipo di produzione “moderno” incontra poco i miei gusti. La chiusura è affidata a My Heaven Can Wait, una ballata mid-tempo emozionale di nuovo troppo orientata verso quel suono turgido che non sempre soddisfa. Promossa con qualche piccola riserva.

Bruno Conti

 

Mancava Solo Un “Pezzo” Per Fare I Fleetwood Mac Di Nuovo, E Si Sente! Lindsey Buckingham Christine McVie

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Lindsey Buckingham Christine McVie – Lindsey Buckingham Christine McVie –East West/Warner

All’inizio uno potrebbe pensare ad un errore, Buckingham/McVie, ma non era Buckingham/Nicks? Se aggiungiamo che la sezione ritmica è formata da Mick Fleetwood alla batteria e John McVie al basso, non facevano prima a chiamare anche Stevie Nicks e fare un nuovo album dei Fleetwood Mac? Ma sarebbe stato troppo semplice e si sa che i musicisti sono strani, quelli di questo gruppo in particolare, si sono presi e lasciati in mille combinazioni nel corso degli anni, ma una certa amicizia e complicità è sempre rimasta, non credo che nei loro occhi brilli solo il simbolo del dollaro. Oltre a tutto il disco è abbastanza “democratico”: cinque pezzi di Buckingham, due della McVie (da sempre la meno prolifica) e tre firmati insieme. Produce Lindsey Buckingham con Mark Needham e Mitchell Froom, che suona anche le tastiere nell’album, oltre alla stessa Christine McVie. Capolavoro pop-rock quindi? Forse no, semplicemente un solido e piacevole album che ripercorre il classico sound californiano della band originale: quando la McVie è ritornata all’ovile dei FM nell’aprile del 2014, lei e Buckingham erano subito tornati in studio per vedere se la chimica funzionava ancora, e si erano trovati talmente bene che avevano deciso di registrare un album a nome della band, visto che anche McVie e Fleetwood erano della partita, ma poi ci sono stati dei problemi (strano, non lo avrei mai detto!) con la Nicks e quindi è diventato un progetto della coppia Buckingham/McVie, un disco di duetti.

Ovviamente parte del materiale, sotto altre forme, essendo Buckingham quello che è, ovvero un certosino creatore di confezioni pop-rock, in parte si era già sentito: per esempio il brano di apertura Sleeping Around The Corner, era già stato pubblicato, come bonus track, nell’edizione digitale del disco solo di Lindsey Seeds We Sow, e sicuramente altri frammenti e idee sedimentavano nella “diabolica” e fervida mente di Buckingham. Quindi partiamo proprio da questa canzone, tipica del musicista californiano (l’unico “autoctono” del gruppo): classico giro di chitarra del nostro, coretto gioioso, su un groove ritmico al solito complesso ma che si memorizza con facilità, particolari suoni, anche elettronici, ma mai “sgarbati”, aggiunti all’insieme, la voce che ora sussurra, ora ammicca, mentre la McVie per il momento lavora più di conserva, business as usual per il nostro amico. Feel About You, scritta in coppia, ha piccoli tocchi di marimba che aggiungono un sapore caraibico, un insistito giro di basso di John McVie e la deliziosa voce della di lui ex moglie, Christine, che intona un’altra delle tipiche melodie di Buckingham, che gorgheggia pure sullo sfondo, sempre nell’ambito pop raffinato siamo; In My World combina il rock di Tusk, con una ritmica più incalzante di Fleetwood, nel classico tempo à la Fleetwood Mac, unito ad una di quelle solari e sognanti frasi melodiche che sono tipiche del DNA del buon Lindsey, le potrebbe scrivere anche dormendo, ma si apprezzano sempre, anche se sentite mille volte.

La successiva Red Sun, una di quelle firmate in coppia, presenta l’ideale alternativa alle delizie del passato quando a fianco di Buckingham c’era la voce di Stevie Nicks, ma il risultato è quello, forse il miglior pop californiano dopo quello dei Beach Boys, con armonie deliziose e un assolo di chitarra di grande finezza; Love Is Here To Stay con i classici arpeggi della chitarra acustica, la voce sussurrata e poi il classico leggero crescendo armonico del suo pop barocco è ancora puro Buckingham non adulterato, quello che di solito si trova nei suoi dischi solisti. Too Far Gone, di nuovo attribuita alla coppia, ha un ritmo funky-rock con un synth ricorrente, rullate aggressive e tribali della batteria di Fleetwood, ma non entusiasma più di tanto, sembra un pezzo minore degli Eurythmics, anche se l’assolo di chitarra è asprigno il giusto. Lay Down For Free potrebbe essere un outtake di Rumours, il classico pop-rock dei Fleetwood Mac, con le voci dei due sovrapposte e unite per una canzone che al solito piace, ma senza entusiasmare; potrebbe essere meglio Game Of Pretend, una delle tipiche ballate pianistiche della McVie, ma sembra un po’ irrisolta e poi si perde in un ritornello tutto caramelloso e zuccherino ripetuto, che potrebbe provocare il diabete all’ascoltatore. On With Show di nuovo scritta dal solo Buckingham è un altro piacevole brano pop-rock cantato in coppia, con la prevalenza della voce di Lindsey nell’insieme. Insomma, in definitiva un buon album, come conferma l’ultima traccia scritta in solitaria dalla McVie, una sinuosa e sognante Carnival Begin (il migliore dei suoi contributi), graziata da un stridente solo della solista di Buckingham nel finale, ma se mi passate un penoso gioco di parole con il cognome di Christine da nubile, siamo lontani dall’essere “perfect”! A parte nella foto di copertina, dove sembrano dire “passavamo di qui per caso”!

Bruno Conti

Il Disco “Conclusivo” Del Gruppo Pop Californiano Per Antonomasia! Fleetwood Mac – Tango In The Night

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Fleetwood Mac – Tango In The Night – Warner CD – Deluxe 2CD – Super Deluxe 3CD/DVD/LP

Il titolo del post è in realtà provocatorio, in quanto non stiamo parlando dell’ultimo disco in assoluto dei Fleetwood Mac, ma dell’episodio conclusivo della formazione più celebrata e per certi versi migliore del gruppo (anche se ci sarebbe il primo periodo “inglese” con Peter Green, ma era in partica un’altra band), cioè quella formata dai britannici Mick Fleetwood, John McVie e Christine Perfect McVie e dagli americani Lindsay Buckingham e Stevie Nicks (dal loro reunion album Say You Will del 2003 mancava infatti la McVie). A meno di un anno di distanza dalla riedizione di Mirage http://discoclub.myblog.it/2016/10/04/piacevole-riscoperta-fleetwood-mac-mirage/ , la Warner pubblica in versione cofanetto (ma anche in doppio e singolo CD) quello che è stato il loro album più di successo dopo l’irraggiungibile Rumours, cioè Tango In The Night del 1987, anche se manca sempre, ed è incomprensibile, l’omonimo Fleetwood Mac del 1975. Tango In The Night è sempre stato un album molto discusso: da un lato molto amato dai fans e di grande successo (quindici milioni di copie vendute nel mondo), dall’altro è sempre stato, forse anche giustamente, criticato per il suo suono eccessivamente radiofonico e per il massiccio utilizzo di sintetizzatori che gli conferirono un suono decisamente anni ottanta. La cosa era stata però studiata a tavolino, in quanto il precedente Mirage era stato un parziale insuccesso, e le carriere soliste di Buckingham e Nicks non erano esattamente al top (Stevie era in forte ribasso dopo lo splendido esordio di Bella Donna http://discoclub.myblog.it/2016/12/08/ritorna-degli-album-classici-anni-80-versione-deluxe-stevie-nicks-bella-donna/ , mentre Lindsay non era mai decollato, ed i suoi Law And Order e Go Insane avevano venduto pochissimo).

Non c’era nemmeno nell’aria una particolare voglia dei Mac di fare un nuovo disco, ma un po’ per il bisogno di rilanciarsi un po’ per le pressioni della casa discografica, i cinque misero da parte i rispettivi problemi e si ritrovarono per cercare di tirare fuori qualcosa, pare utilizzando in gran parte canzoni che Lindsay aveva scritto pensando al suo prossimo solo album. L’atmosfera era però piuttosto tesa, e non aiutò il fatto che molte parti del disco vennero incise a casa di Buckingham (che produsse il lavoro insieme a Richard Dashut), con la sua fidanzata dell’epoca che girava per le stanze e la Nicks che si rifiutava di incidere le sue parti nella camera da letto dei due, comprensibilmente imbarazzata dal fatto che nel letto con Lindsay una volta ci stava lei. Il contributo di Stevie fu quindi molto limitato (solo due settimane complessive), ma nonostante tutto i cinque riuscirono a dare alle stampe un lavoro abbastanza unitario e che deliziò la Warner per la sua eccezionale commercialità, anche se scontentò un po’ i vecchi fans (ma ne fece acquisire di nuovi). Risentito oggi il disco non è neanche male: certo il suono in certi momenti suona un po’ datato, altre volte i synth esagerano, e ci sono almeno un paio di riempitivi, ma non mancano i momenti interessanti ed anche due-tre zampate di gran classe, pur non essendo certo in presenza del loro album migliore (ma la nuova rimasterizzazione ha fatto miracoli, ed il suono, già quasi perfetto allora, ha oggi una pulizia incredibile).

Il disco (che ha sempre avuto una copertina davvero magnifica) è caratterizzato da quattro singoli di grande successo, a partire da Big Love, incalzante rock song di Buckingham (nella quale in verità Lindsay si auto-ricicla un pochino), passando per due pezzi della McVie (Everywhere e Little Lies), che si dimostra l’anima pop più leggera del gruppo, due brani orecchiabili ma di limitato spessore ed eccessivamente commerciali, per finire con il migliore tra di essi, cioè Seven Wonders della Nicks, uno dei suoi brani migliori del periodo, una ballata pop-rock cantata con la solita voce carismatica e dal ritornello di grande immediatezza, alla quale mi sento di perdonare i sintetizzatori. Per il resto, Buckingham si carica come al solito sulle spalle gran parte del lavoro, a partire da Caroline, un pop-rock caratterizzato da ritmiche quasi tribali ed un arrangiamento perfetto, decisamente piacevole, per seguire con l’affascinante title track, canzone tipica del nostro (sullo stile di classici come I’m So Afraid), con soluzioni melodiche dirette ma non banali, raffinate parti di chitarra, refrain potente e grande assolo finale, probabilmente il pezzo migliore del disco; il contributo di Lindsay si completa con la solare e danzereccia Family Man, quinto singolo estratto, e la mossa You And I, Part II, forse più adatta ad un cocktail party che ad un album rock. Anche Christine è molto attiva: oltre ai due singoli citati poc’anzi abbiamo la tenue e piacevole Mystified, che a parte l’arrangiamento troppo “rotondo” è una bella canzone, e la roccata ed elettrica (e per lei atipica) Isn’t It Midnight, buona anche se forse la più “ottantiana” in assoluto nei suoni.

La Nicks come già detto è ai minimi storici, ma quel poco che presenta è valido: oltre a Seven Wonders troviamo la fluida e pimpante Welcome To The Room…Sara e la toccante ballata When I See You Again, cantata come al solito benissimo dalla bionda rockeuse. Interessante come al solito il secondo CD, che offre b-sides, versioni alternate e qualche inedito: i quattro lati B sono l’orecchiabile Down Endless Street, vivace pop song di Lindsay che poteva anche aspirare a finire sull’album (anche se soffre degli stessi difetti sonori), lo strumentale Book Of Miracles, il classico riempitivo, la bizzarra ma non disprezzabile Ricky, quasi un divertissement, e la prima parte di You And I, qui per la prima volta unita alla seconda. Le alternate takes sono cinque, tra cui una Seven Wonders già bella e meno strumentata di quella pubblicata, e Tango In The Night che sembra quasi un’altra canzone ma mantiene intatto il suo fascino (e l’assolo formidabile non manca neanche qua); quattro sono gli inediti, e mentre Special Kind Of Love e Where We Belong sono canzoni di poco conto, Juliet è un rock’n’roll improvvisato con Stevie alla voce che avrebbe meritato di più  https://www.youtube.com/watch?v=2HWJwWJ7UDA (ed infatti finirà sul disco solista della Nicks del 1989, The Other Side Of The Mirror, probabilmente il suo migliore dopo Bella Donna), e la discreta Ooh My Love, cantata ancora da Stevie. Il terzo CD, che contiene una marea di remix di brani dell’album, ve lo risparmio, mentre il DVD si limita ai cinque videoclip dei singoli ed alla versione audio 24/96 del disco. Non c’è nulla dal successivo tour in quanto subito dopo l’uscita dell’album Lindsay lascia il gruppo, e viene sostituito da ben due chitarristi, Rick Vito e Billy Burnette, due onesti mestieranti che non valgono un’unghia di Buckingham (ed infatti l’unico album di questa lineup, Behind The Mask del 1990, non lascerà traccia): motivo in più per riscoprire Tango In The Night che, pur con tutti i suoi difetti, testimonia la fine di un’epoca irripetibile da parte di uno dei gruppi più amati di sempre.

Marco Verdi

Un Cofanetto Che Si Può Tranquillamente Evitare, Esce Il 31 Marzo! Fleetwood Mac – Tango In The Night Super DeLuxe

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Il prossimo 10 marzo uscirà l’ennesima ristampa Deluxe di un album dei Fleetwood Mac: dopo Rumours, Tusk e Mirage tocca a Tango In The Night, che però, al di là dell’enorme successo commerciale che ebbe quando fu pubblicato nel 1987, vendendo oltre 15 milioni di copie nel mondo, a mio parere, non merita questa ristampa potenziata e Deluxe. Forse sarebbe stato meglio indirizzarsi sul primo, omonimo album del 1975 (di quelli con la formazione Buckingham-Nicks ovviamente), ma così è stato deciso e quindi vediamo cosa conterrà la ristampa. Intanto, per completare l’informazione, l’album, a differenza del suo predecessore Mirage, non andò al primo posto delle classifiche USA, fermandosi solo al settimo posto, fu un album tipicamente dal suono anni ’80, molto ridondante, con arrangiamenti “esagerati”, uso di molte tastiere e percussioni sintetiche, e fu funestato dall’uscita di molti singoli che contenevano remix dance, dub e quant’altro, decisamente inascoltabili, almeno per me. Purtroppo tutti recuperati nel terzo CD della edizione Deluxe.

E quindi vediamo cosa contiene il cofanetto. Il primo CD è l’album originale, 12 brani in tutto, qualcuno anche discreto, ma globalmente non un disco memorabile, per usare un eufemismo. Ci sono anche tre canzoni firmate insieme, per la prima volta, da Lindsey Buckingham e Christine McVie (e proprio in questi giorni è stato annunciato che probabilmente a maggio uscirà un nuovo disco della strana coppia), e solo tre di Stevie Nicks. Il secondo CD, il più interessante, contiene B-sides, alternate takes, demos, versioni strumentali e anche dei brani inediti, quasi tutto materiale mai pubblicato prima. E i primi due album escono anche come doppio CD, forse il formato ideale, se volete (ri)comprarvi Tango In The Night. Il terzo CD, quello orrido, riporta una sfilza di materiale ottimo per le piste da ballo, meno per i nostri impianti. Poi c’è un DVD, solo con 5 video dell’epoca relativi ai brani del disco, il resto dello spazio è occupato dalla versione ad Alta Risoluzione dell’album originale. E il quinto disco è proprio il vinile originale. Non si poteva mettere un bel concerto in sostituzione, magari questo?

Disc: 1
1. Big Love (Remastered)
2. Seven Wonders (Remastered)
3. Everywhere (Remastered)
4. Caroline (Remastered)
5. Tango in the Night (Remastered)
6. Mystified (Remastered)
7. Little Lies (Remastered)
8. Family Man (Remastered)
9. Welcome To The Room… Sara (Remastered)
10. Isn’t It Midnight (Remastered)
11. When I See You Again (Remastered)
12. You And I, Pt. II (Remastered)

Disc Two: B-Sides, Outtakes, Sessions
1.    “Down Endless Street”
2.    “Special Kind Of Love” (Demo)*
3.    “Seven Wonders” (Early Version)*
4.    “Tango In The Night” (Demo)*
5.    “Mystified” (Alternate Version)*
6.    “Book Of Miracles” (Instrumental)
7.    “Where We Belong” (Demo)*
8.    “Ricky”
9.    “Juliet” (Run-Through)*
10.  “Isn’t It Midnight” (Alternate Mix)*
11.  “Ooh My Love” (Demo)*
12.  “Mystified” (Instrumental Demo)*
13.  “You And I, Part I & II” (Full Version)*

Disc Three: The 12″ Mixes (super deluxe only)
1. “Big Love” (Extended Remix)
2. “Big Love” (House On The Hill Dub)
3. “Big Love” (Piano Dub)
4. “Big Love” (Remix/Edit)
5. “Seven Wonders” (Extended Version)
6. “Seven Wonders” (Dub)
7. “Little Lies” (Extended Version)
8. “Little Lies” (Dub)
9. “Family Man” (Extended Vocal Remix)
10. “Family Man” (I’m A Jazz Man Dub)
11. “Family Man” (Extended Guitar Version)
12. “Family Party” (Bonus Beats)
13. “Everywhere” (12″ Version)
14. “Everywhere” (Dub)

Disc Four: The Videos (DVD) *super deluxe only
1. “Big Love”
2. “Seven Wonders”
3. “Little Lies”
4. “Family Man”
5. “Everywhere”
Plus a High-Resolution Stereo Mix of the Original Album

Tango In The Night (Vinyl)

Side One
1. “Big Love”
2. “Seven Wonders”
3. “Everywhere”
4. “Caroline”
5. “Tango In The Night”
6. “Mystified”

Side Two
1. “Little Lies”
2. “Family Man”
3. “Welcome To The Room… Sara”
4. “Isn’t It Midnight”
5. “When I See You Again”
6. “You And I, Part II”

Da quello che ho visto, stranamente, il box non avrà un prezzo proibitivo, indicativamente tra i 60 e i 70 euro, quindi se volete farvi del male non vi costerà neppure moltissimo. Quindi, ripeto, data prevista di uscita il 10 marzo, etichetta Warner/Rhino.

Alla prossima.

Bruno Conti

Il Resto Del Meglio Secondo Disco Club. Annata Musicale 2016, Parte II

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Eccoci alla seconda parte della lista dei migliori dischi del 2016, secondo il vostro Blogger preferito, spero!

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Michael Kiwanuka – Love And Hate

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Felice Brothers – Life In The Dark

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Aaron Neville – Apache

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Joe Bonamassa – Blues Of Desperation

Joe Bonamassa – Live At The Greek Theatre

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Ryley Walker – Golden Sings That Have Been Sung

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Kiefer Sutherland – Down In The Hole

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Kenny Neal – Bloodline

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Jack Ingram – Midnight Motel

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Seth Walker – Gotta Get Back

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Dwight Yoakam – Swimmin’ Pools, Movie Stars…

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Dolly Parton/Emmylou Harris/Linda Ronstadt – The Complete Trio Sessions

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Reckless Kelly – Sunset Motel

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Nick Cave & The Bad Seeds – Skeleton Tree

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Led Zeppelin – The Complete BBC Sessions

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Frankie Miller’s Double Take

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Luke Winslow-King – I’m Glad Trouble Don’t Last Always

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Bob Weir – Blue Mountain

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Phish – Big Boat

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Leonard Cohen – I Want It Darker

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Nitty Gritty Dirt Band – Circlin’ Back Celebrating 50 Years

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Richard Lindgren – Malmostoso

dear jerry celebrating the music of jerry garcia 2 cd

Dear Jerry – Celebrating The Music Of Jerry Garcia

madeleine peyroux secular hymns

Madeleine Peyroux – Secular Hymns

david bromberg band the blues, the whole blus and nothing but the blues

David Bromberg Band – The Blues, The Whole Blues And Nothing But The Blues

melissa etheridge MEmphis rock and soul

Melissa Etheridge – Memphis Rock And Soul

joanne shaw taylor wild

Joanne Shaw Taylor – Wild

otis clay live in switzerland

Otis Clay – Live In Switzerland, 2006

john prine for better, or worse

John Prine – For Better, Or Worse

the shelters

The Shelters – The Shelters

tim buckley lady, give me your key

Tim Buckley – lady, give me your key

life and songs of emmylou harris

The Life & Songs Of Emmylou Harris CD+DVD

planxty between the jigs and the reels

 Planxty – Betwen The Jigs And The Reels A Retrospective CD+DVD

stevie nicks bella donna

Stevie Nicks – Bella Donna

jimmy ragazzon songbag

Jimmy Ragazzon – SongBag

blue rodeo 1000 arms

Blue Rodeo – 1000 Arms

townes van zandt's last set

Lowlands And Friends Play Townes Van Zandt’s Last Set

Rolling Stones - Blue & Lonesome cd

Rolling Stones – Lonesome and Blues

Direi che è tutto. Ho lasciato fuori qualcosa da queste due liste (e da quella “ufficiale” dell’11 dicembre)? Può essere, ma credo di avere di avere quasi esagerato. In attesa delle prime uscite targate 2017 e comunque con aggiornamenti giornalieri del Blog su uscite passate e future.

Bruno Conti

 

 

Ritorna Uno Degli Album “Classici” Degli Anni ’80 In Versione Deluxe! Stevie Nicks – Bella Donna

stevie nicks bella donna

Stevie Nicks – Bella Donna – Atco/Rhino Deluxe Edition 3 CD

Ci sono dei dischi che risentiti a distanza di tempo risultano delle mezze delusioni, altri che sorprendono per l freschezza che hanno mantenuto nel tempo e poi ci sono i capolavori senza tempo. Direi che questo Bella Donna di Stevie Nicks probabilmente non rientra nella terza categoria, ma ci si avvicina molto: non sentivo il disco da parecchi anni e devo ammettere che riascoltandolo 25 anni dopo la sua uscita originale mi sono meravigliato di quanto sia bello. Dieci canzoni, tutte di grande qualità, e del tutto all’altezza di quanto la bionda di Phoenix, ma californiana per elezione, abbia fatto con la sua band, i Fleetwood Mac, di cui è sempre stata strenua “difenditrice” (per quanto il vocabolo al femminile suoni male), l’unica del trio delle stelle, con Lindsey Buckingham e Christine McVie, sempre presente nelle varie reunion del gruppo. La storia di Bella Donna, narrata con dovizia di particolari nel corposo libretto che è allegato alla tripla versione Deluxe, è abbastanza nota, ma facciamo un veloce ripasso. Siamo alla fine del 1980, i Fleetwood Mac sono al termine del tour mondiale per promuovere Tusk, disco che non ha ripetuto le vendite colossali di Rumours, ma ha raggiunto comunque i due milioni di vendite complessive e l’unanime plauso della critica, però quello viene considerato il disco di Buckingham (anche se ci sono ben cinque canzoni di Stevie, tra cui la splendida Sara). Comunque i rapporti amorosi intrecciati (e la loro fine), tra i vari componenti del gruppo hanno creato un ambiente quasi invivibile, la tensione tra Nicks, Buckingham e Mick Fleetwood è alle stelle, quindi Stevie. nelle pause tra una data e l’altra, si rifugia spesso nelle hall degli alberghi dove trova un pianoforte, per scrivere bozzetti di quello che sarà il suo primo album solista.

Ma prima fonda la propria etichetta, la Modern Records, all’interno del gruppo Warner/Atco, trova un produttore, Jimmy Iovine (scelto perché la Nicks voleva chiunque stesse producendo i dischi di Tom Petty), che poi diventerà anche il suo fidanzato, il quale le procura, in mancanza di un gruppo, alcuni dei migliori musicisti, non turnisti (questa è una pregiudiziale fondamentale), che suonavano in alcune delle migliori band americane: ed ecco Roy Bittan dalla E Street Band, Michael Campbell, Benmont Tench e Stan Lynch degli Heartbreakers, Don Felder e l’ex boyfriend Don Henley dagli Eagles, ma anche il chitarrista di Elton John Davey Johnstone, Waddy Wachtel alle chitarre, Bill Payne dei Little Feat al piano in un pezzo, Bobbye Hall alle percussioni, Bob Glaub al basso e Russ Kunkel alla batteria, per una sezione ritmica da sogno, oltre alle sue inseparabili amiche, e grandi esperte di armonie vocali, Lori Perry e Sharon Celani. Tutti coadiuvati da Iovine, che reduce dai suoi lavori, prima con John Lennon e Bruce Springsteen, poi con Meat Loaf e la Patti Smith di Easter, a soli 27 anni è uno dei produttori del momento, anche grazie al suo successo con Damn The Torpedoes di Tom Petty And The Heartbreakers, che convince, grazie alla loro complicità amorosa, la sua fidanzata, che comunque gli presenta una serie di splendide canzoni, alcune appena composte, altre recuperate dal passato, a registrare come singolo, un pezzo che Tom Petty e Mike Campbell avevano scritto apposta per lei (e da lì nascerà una “amicizia” e una collaborazione tra i due che proseguirà per tutti gli anni ’80), la bellissima Stop Draggin’ My Heart Around, uno splendido esempio del miglior rock americano dell’epoca.

Ma nel disco ci sono altre 9 canzoni, tra cui 3 ulteriori singoli: la poderosa Edge Of Seventeen, dedicata alla prima moglie di Petty, Jane, e il cui titolo nasce da un equivoco, quando Stevie chiese loro da quando si conoscevano lei gli rispose “from the age of seventeen” con un forte accento della Florida e la canzone prese quel titolo, oltre ad uno dei riff di chitarra più conosciuti dell’epoca, creato da Waddy Wachtel, e intorno al quale le Destiny’s Child di Beyoncé hanno costruito la loro hit Bootylicious, mentre il pezzo della Nicks è un grande esempio di rock californiano, degno delle migliori cose dei Fleetwood Mac, con le tre vocalist scatenate. La vellutata, fin dal titolo, Leather And Lace, era nata come una canzone da donare a Waylon Jennings e Jessi Colter per un duetto non utlizzato, e nel disco la ballata acustica viene eseguita in coppia con Don Henley, che entra solo nel finale, ma la canta da par suo. After The Glitter Fades, splendida, è una canzone dall’impianto country, con la pedal steel di Dan Dugmore e il piano di Roy Bittan in grande evidenza, oltre a Stevie che la canta in modo celestiale, con quella voce riconoscibile fin dalla prima nota, una delle più caratteristiche del rock americano.

Tra le altre canzoni la title-track è un’altra perfetta ballata mid-tempo di stampo west-coastiano, romantica e corale, di nuovo con il piano, questa volta Benmont Tench, protagonista assoluto, ma splendido anche il lavoro di tessitura della chitarra di Wachtel e i saliscendi nella costruzione sonora del brano; Kind Of Woman porta anche la firma di Tench, e grazie agli arpeggi dell’acustica di Johnstone potrebbe ricordare il sound dell’Elton John “americano”, ancora perfetto il lavoro di chitarra di Waddy Wachtel, uno dei grandi non celebrati dello strumento, mentre Think About It, che porta anche la firma di Roy Bittan, vede la presenza, proprio al piano, di Bill Payne, la canzone è una sorta di esortazione all’amica e compagna di avventura nei Mac, Christine McVie, a pensarci bene prima di andarsene dalla band , un altro brano molto bello, ma non ce n’è uno scarso, con un arrangiamento avvolgente e il suono nitido e ben delineato creato da Iovine, con tutti i musicisti registrati live in studio. After The Glitter Fades, di nuovo dalla chiara impronta country, con chitarre, piano e pedal steel celestiali, è un messaggio della giovane Stevie, alla futura stella Nicks, scritto in gioventù quando lei e Lindsey si arrabattavano tra mille mestieri in cerca di una futura gloria. How Still My Love è un altro brano dove si apprezza il classico sound pop-rock di eccellente fattura tipico dei Fleetwood Mac d’annata, come pure Outside The Rain, altra canzone forse minore, ma comunque di sicura presa, con la conclusiva The Highwayman, dove appaiono ancora Johnstone, Henley e Mike Campbell, brano di nuovo intimo, quasi dolente, ma di caratura superiore.

Nel secondo CD della confezione ci sono versioni alternative di Edge Of Seventeen, più lunga e meno rifinita, con alcune false partenze, Think About It, quasi più bella dell’originale, How Still My Love dove un organo svolazzante aggiunge fascino e brio alla costruzione del pezzo, Leather And Lace, in versione alternativa acustica, senza Henley, ma comunque bella, Bella Donna, è in formato demo, solo voce e piano. Poi ci sono alcuni inediti: Gold And Braid, uscita solo nel cofanetto Enchanted, anche questa volta con falsa partenza, ma poi diventa un bel pezzo rock, Sleeping Angel, in una versione alternativa con mandolino, rispetto a quella più rock usata nella colonna sonora di Fast Times At Ridgemont High, che troviamo in chiusura del dischetto, altra canzone di buona fattura. Come pure If You Were My Love, prevista per Mirage e poi apparsa nel recente 24 Karat Gold, e The Dealer prevista in Tusk, e pubblicata solo, con nuovo arrangiamento, sempre in 24 Karat Gold, questa avrebbe fatto un figurone in Tusk, Rumours o Bella Donna, dove volete. Manca ancora l’altro brano tratto da una colonna sonora, Blue Lamp, dal film di animazione Heavy Metal (il genere musicale non c’entra), suono fin troppo pompato e anni ’80, quelli non buoni, comunque non orribile.

Il terzo CD prevede un concerto strepitoso, registrato al Wiltshire Theatre di Beverly Hills nella serata finale, 13 dicembre del 1981, del brevissimo tour per promuovere l’album: 14 brani in tutto, con una band della madonna, Roy Bittan, Benmont Tench, Waddy Wachtel, Bob Glaub, Russ Kunkel, Bobby Hall e le due coriste Lori Perry e Sharon Celani, con la presentazione del babbo di Stevie Nicks, e versioni lunghe e poderose di sette brani dell’album, oltre a Gold Dust Woman, minacciosa e tirata, Gold And Braid, che manco i migliori Fleetwood Mac forse avrebbero saputo fare meglio, e anche una versione tiratissima di I Need To Know, degna dei migliori Heartbreakers, oltre a sontuose versioni di Dreams, Angel, Sara  e in conclusione, dopo una incredibile Edge Of Seventeen di quasi nove minuti, anche una magnifica Rhiannon. Pochi giorni dopo sarebbe rientrata nei ranghi per registrare insieme agli altri Fleetwood Mac il nuovo album Mirage, ma questo Bella Donna rimane il suo quasi capolavoro, a maggior ragione in questa versione potenziata: splendido, forse l’ho già detto?

Bruno Conti        

Una Piacevole Riscoperta! Fleetwood Mac – Mirage

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Fleetwood Mac – Mirage – Warner CD – Deluxe 2CD – Super Deluxe 3CD + DVD + LP

Quando, all’incirca una ventina di anni fa, l’industria discografica ha cominciato un’opera massiccia di riedizione di vecchi dischi in versione espansa (le cosiddette “deluxe editions”), inizialmente le pubblicazioni riguardavano solo gli album degni di entrare nella categoria “imperdibili”: oggi non è più così, si celebra e si ripubblica un po’ di tutto, ed ogni anniversario è buono per creare una ristampa ad hoc. Il caso in esame oggi, Mirage, album del 1982 dei Fleetwood Mac, è esemplare: da sempre questo è stato il disco meno considerato del periodo d’oro della formazione a cinque Fleetwood – McVie (John) – McVie (Christine) – Buckingham – Nicks del gruppo anglo-californiano, che aveva il torto di arrivare dopo il pluripremiato Rumours, uno dei dischi più venduti di tutti i tempi, e l’ambizioso Tusk, sottovalutato all’epoca (ma vendette comunque la rispettabile cifra di quattro milioni di copie) e giustamente guardato oggi come un grande disco di pop-rock d’autore. Perfino Tango In The Night del 1987, nonostante (o forse proprio per questo) fosse pieno di sonorità tipiche del periodo ed infarcito di sintetizzatori e canzoncine pop innocue, vendette uno sproposito, ed è oggi il disco più famoso della band dopo Rumours. In tutto ciò, quindi, Mirage venne visto all’epoca come l’anello debole della catena (The Chain, una delle canzoni più famose dei Mac), mentre era semplicemente, nelle intenzioni dei nostri, un tentativo di staccarsi dalle complesse architetture pop di Tusk e di tornare ad un formato più immediato sullo stile di Rumours, che però aveva dalla sua il fatto di contenere una serie tale di successi da farlo quasi sembrare un greatest hits.

Risentito oggi, Mirage suona come un riuscito album di puro Mac-sound, con una bella serie di canzoni orecchiabili ma mai banali, in perfetto equilibrio tra pop e rock ed una produzione scintillante (ad opera di Lindsey Buckingham con il fido Richard Dashut), un album che in poche parole avrebbe meritato maggior fortuna. Questa ristampa esce in vari formati come è successo con Rumours e Tusk (ma allora perché non anche con il loro “esordio” Fleetwood Mac, forse il loro miglior album dopo il bestseller del 1977?), ed è paradossalmente la più interessante fino ad oggi, in quanto contiene un intero CD di outtakes mai sentite prima d’ora (negli altri due casi molte erano già uscite in precedenti ristampe) e, nella versione a cofanetto, oltre all’album in LP e ad un DVD audio con il disco in surround sound, un terzo CD con parte di un concerto del 1982 al Los Angeles Forum. Come ho già detto, Mirage è un disco da riscoprire: la hit più famosa del disco è Gypsy, una delle migliori composizioni di Stevie Nicks, un pop-rock di gran classe, con un testo autobiografico e la voce carismatica della bionda cantante a dominare su tutto. Il CD si apre con Love In Store della McVie, una perfetta pop song in cui i nostri erano maestri, fresca, ritmata, orecchiabile ma non banale, con un delizioso refrain ed ottimi cori; Can’t Go Back è una tipica canzone alla Buckingham, con chitarre dappertutto, soluzioni ritmiche particolari ed  un’altra melodia accattivante.

Molto buona anche That’s Alright che vede la Nicks alle prese con un brano saltellante e vagamente country, con uno squisito ritornello corale (in quel periodo Stevie era in gran forma, l’anno prima aveva pubblicato Bella Donna, ancora oggi il suo miglior disco da solista). Book Of Love, di Lindsay, è un moderno rock-soul, davvero godibile e con il solito eccellente gioco di voci, di Gypsy ho già detto, Only Over You è un tantino troppo levigata e “poppettara” (Christine ogni tanto si faceva prendere la mano), mentre Empire State è un altro contributo di Buckingham, mai banale nemmeno in brani minori come questo; Straight Back è una buona canzone, anche se forse qui Stevie ricicla un po’ sé stessa, Hold Me è ottima, un vivace pop-rock pianistico che ci presenta la miglior McVie (è l’altro hit single del disco), Eyes Of The World è un folk-rock fresco e spedito, mentre la conclusiva Wish You Were Here, di certo la sua prova migliore del disco, con un bellissimo finale dominato da piano e chitarra. Ho volutamente lasciato per ultima quella che reputo il capolavoro di Mirage, cioè la splendida Oh Diane, un delizioso pezzo dal sapore anni sessanta, con un motivo irresistibile ed arrangiamento perfetto, una zampata da vero fuoriclasse da parte di Lindsay.

Il secondo dischetto comprende ben venti brani, di cui solo due già noti (una versione acustica di Cool Water, un vecchio pezzo di Bob Nolan inciso, tra gli altri, da Hank Williams, Johnny Cash e Joni Mitchell, che era sul lato B di Gypsy, ed una variante extended della stessa Gypsy all’epoca usata per il videoclip ufficiale), mentre il resto sono prime versioni e takes alternate di tutti i dodici brani del disco, oltre a veri e propri inediti. Tra le alternate takes segnalerei una Love In Store alla quale mancano le rifiniture (ma era già un’ottima canzone), lo squisito strumentale chitarristico Suma’s Walk (che con l’aggiunta delle parole diventerà Can’t Go Back), una eccellente That’s Alright elettroacustica, ancora più country e persino migliore di quella pubblicata, una Gypsy meno lavorata e più spontanea, una Empire State decisamente più rock ed una Wish You Were Here con un finale completamente diverso (e curiosamente simile allo stile della ELO). Gli inediti: If You Were My Love è uno slow pianistico della Nicks (pare scritto pensando a Tom Petty), un pezzo fluido con un deciso crescendo (ripreso di recente dalla cantante nel suo 24 Carats Gold); ancora lei, ed ancora meglio con Smile At You, una rock ballad potente e cantata alla grande, un brano che avrebbe a mio parere dovuto finire sul Mirage originale, e che Stevie ha giustamente voluto riprendere in Say You Will del 2003, ad oggi ultimo album di studio dei Mac. La sinuosa e melodica Goodbye Angel di Buckingham è un gustoso brano nello stesso mood di Oh Diane. Teen Beat è elettrica e roccata e con una lunga coda strumentale, mentre Blue Monday è un’interessante jam improvvisata in studio attorno al noto successo di Fats Domino, che purtroppo si interrompe dopo meno di due minuti.

Il CD dal vivo, che comprende tredici brani, è come al solito molto interessante, in quanto ci fa sentire un gruppo in ottima forma, guidato come al solito da un Buckingham in stato di grazia (Lindsay è uno dei chitarristi più creativi e più sottovalutati in circolazione): oltre a tre tra i migliori pezzi di Mirage (Gypsy, Love In Store e Eyes Of The World) il live propone una selezione di alcuni degli hit del gruppo, tra cui le ottime The Chain e You Make Loving Fun, le coinvolgenti Rhiannon e Tusk, la straordinaria Go Your Own Way, uno dei brani migliori degli anni settanta, il finale in tono minore con la delicata Songbird e la formidabile I’m So Afraid, da sempre punto centrale dei loro concerti e pretesto per le trascinanti evoluzioni chitarristiche di Lindsay. Un’ottima ristampa quindi, che riesce a far diventare quasi indispensabile anche un disco “minore” come Mirage: la prossima riguarderà Tango In The Night, e voglio proprio vedere cosa si inventeranno.

Marco Verdi