Novità Di Aprile Parte I. Tribute To John Denver, Flaming Lips, Suzanne Vega, Quicksilver, Besnard Lakes, Charles Bradley, Harper Simon, Black Angels, Mad Season

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Nuovo mese, nuove uscite, riprendiamo con la rubrica sulle pubblicazioni discografiche della settimana, in questo caso quelle relative al 2 aprile. I titoli che non trovate in questo Post, o li avete già letti o state per leggerli, il resto lo trovate domani.

The Music Is You sottotitolo A Tribute To John Denver, annunciato da parecchi mesi, esce domani per la ATO negli States e per la Sony/Bmg in Europa, e si tratta di un doveroso omaggio per un cantautore, spesso massacrato dalla critica, e che invece, almeno nella prima parte della sua carriera, è stato tra i più validi ed eclettici, con una musica, di volta in volta, tra country, folk e da cantautore puro. Non per nulla i nomi che si sono riuniti per celebrare questo omaggio ad un musicista molto amato dai colleghi, a oltre quindici anni dalla scomparsa, sono, per certi versi, e per chi conosce le sue canzoni solo superficialmente, sorprendenti:

1. My Morning Jacket – Leaving on a Jet Plane
2. Dave Matthews – Take Me to Tomorrow
3. Kathleen Edwards – All of My Memories
4. J. Mascis & Sharon Van Etten – Prisoners
5. Train – Sunshine on My Shoulders
6. Old Crow Medicine Show – Back Home Again
7. Lucinda Williams – This Old Guitar
8. Amos Lee – Some Days Are Diamonds
9. Allen Stone – Rocky Mountain High
10. Brett Dennen and Milow – Annie’s Song
11. Evan Dando – Looking for Space
12. Emmylou Harris & Brandi Carlile – Take Me Home, Country Roads
13. Blind Pilot – The Eagle and the Hawk
14. Mary Chapin Carpenter – I Guess He’d Rather Be in Colorado
15. Josh Ritter and Barnstar! – Darcy Farrow
16. Edward Sharpe and the Magnetic Zeros – Wooden Indian

Se non ho fatto male i conti, questo The Terror dovrebbe essere il 13° album di studio dei Flaming Lips, a pochi mesi di distanza dalla rivisitazione di In The Court Of Crimson King che aveva fatto seguito a quella di Dark Side Of The Moon. La band di Wayne Coyne pubblica il nuovo album il 16 aprile negli Stati Uniti per la Warner mentre in Europa esce domani, in versione doppia, per la Bella Union. Il secondo CD è formato 3 pollici (sapete, quelli piccolini che richiedono un adattatore) e contiene altri 2 brani Sun Blows Up Today e una cover di All You Need Is Love con alcuni componenti di Edward Sharpe & The Magnetic Zeros, con i quali avevano gi collaborato in passato. Ammetto che ultimamente non li seguo più molto.

Dopo i 4 volumi della serie Close-Up dove rivisitava il suo vecchio songbook in nuove versioni e qualche canzone aggiunta per l’occasione, ora per Suzanne Vega è la volta di un CD dal vivo Solitude Standing Live At The Barbican pubblicato nell’immediatezza dell’evento come Instant Live su doppio album dalla Concert Live e che ora viene distribuito di nuovo, almeno per il mercato inglese (lo so che il video è un “nanetto” come direbbe Frassica, ma quello c’era)!

 

Un paio di ristampe effettive e una che è una “ristampa” di un genere.

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Di album di materiale inedito dei Quicksilver Messenger Service, dal vivo e in studio, in questi ultimi anni, ne sono usciti veramente tanti, tra i migliori quelli pubblicati dalla Purple Pyramid Records, una sottoetichetta della Cleopatra Records americana, ovvero Anthology Box 1966-1970 3 CD+DVD e Happy Trails Live At Fillmore 1969. Questo doppio CD Live At The Fillmore June 7, 1968 è della stessa famiglia, registrato un anno prima di quello citato poc’anzi vede in azione sempre la formazione classica del gruppo: John Cipollina e Gary Duncan alle chitarre e voce, David Freiberg basso e voce, Greg Elmore, batteria La qualità del suono, da quello che ho potuto sentire è più che buona, qualche pignolo ha sottolineato che nel mixare l’album, la chitarra di Duncan (che ha fatto il lavoro ma non credo ci sia del dolo) ogni tanto copre quella di Cipollina, a me non pare, comunque non si nota molto. In ogno caso la qualità della musica compensa abbondantemente, una delle serate di grazia della formazione che non sempre era impeccabile, ancorchè spesso fantastica, dal vivo.

I Mad Season nel corso della loro vita musicale hanno pubblicato un solo album, questo Above uscito in origine nel 1995. Ora, a 18 anni dalla data originale, subisce il trattamento Deluxe e, per una volta, la Sony Music ha fatto un ottimo lavoro. Della formazione originale ormai sono rimasti in vita solo Mike McCready e il batterista Barrett Martin, il bassista John Baker Saunders è morto nel 1999 e l’ex cantante degli Alice In Chains Layne Staley se ne è andato 3 anni dopo, nel 2002. Ma il disco è uno di quelli che ha retto meglio il passare del tempo e la fine del cosiddetto movimento grunge. Un disco di rock, solido e violento, ma con influenze anche jazz e blues portate da Saunders, che tra i tanti aveva suonato anche nell’ottima Lamont Cranston Band, e con alcuni contributi da parte di Mark Lanegan, allora cantante degli Screaming Trees.

Nella nuova versione, oltre all’album originale rimasterizzato troviamo nientepopodimeno che:

CD1:
1. Wake Up
2. X-Ray Mind
3. River Of Deceit
4. I’m Above
5. Artificial Red
6. Lifeless Dead
7. I Don’t Know Anything
8. Long Gone Day
9. November Hotel
10. All Alone
11. Interlude
12. Locomotive [feat. Mark Lanegan]
13. Black Book Of Fear [feat. Mark Lanegan]
14. Slip Away [feat. Mark Lanegan]
15. I Don’t Wanna Be A Soldier [remix]

CD2:
1. Wake Up [live]
2. Lifeless Dead [live]
3. Artificial Red [live]
4. River Of Deceit [live]
5. I Don’t Wanna Be A Soldier [live]
6. Long Gone Day [live]
7. I’m Above [live]
8. I Don’t Know Anything [live]
9. X-Ray Mind [live]
10. All Alone [live]
11. November Hotel [live]

DVD:

  • Full video set of the Live at The Moore performance from Seattle, WA performance, April 29, 1995. Remixed and remastered for 5.1 sound, and newly edited by director Duncan Sharp.
  • Plus, more bonus footage, including a full concert of the band’s performance from New Years Eve 1995 at RKCNDY in Seattle, and both performances from the Seattle-based Self-Pollution Radio specials, one newly edited

I Black Angels (da non confondere con degli omonimi metallari, che non hanno il The, ma siamo al limite delle sottigliezze) vengono presentati come una rock band neo-psichedelica da Austin, Texas e prendono il loro nome da una canzone dei Velvet Underground, ecco perché poco sopra li ho presentati come “una ristampa” di un genere e le collaborazioni con Roky Erickson sono sintomatiche. Indigo Meadow è il loro quarto album, oltre a tre EP, il secondo per la riattivata eichetta Blue Horizon Ventures, che però è solo una lontana parente dell’originale fondata da Mike Vernon in Inghilterra negli anni ’60.  Phosphene Dream del 2010 mi era parso un buon disco, di Indigo Meadow ho letto recensioni nuovamente abbastanza positive, ma da quello che ho sentito mi sembra leggermente inferiore, anche se ascolterò meglio perché ho sentito veramente poco e velocemente. Se è ancora attivo il link qui potete ascoltare qualcosa (tutto il disco) http://pitchfork.com/advance/55-indigo-meadow/

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 Non so cosa unisca questi tre album, penso nulla se non che escono tutti e tre il 2 aprile, per cui…

I Besnard Lakes sono canadesi e vengono da Montreal, Quebec e sono accostati al filone indie, shoegaze, post-rock, ma a me sembra solo del sano buon vecchio rock, incidono per l’etichetta Jagjaguwar che di solito è sinonimo di buona musica (Black Mountain, Okkervil River, Sharon Van Etten) e Until In Excess, Imperceptible UFO è il 4° album della loro discografia (se i negozi di dischi fossero ancora il primo posto dove si compra musica, entrando sarebbe stato d’uopo esordire con un bel “mi dà l’ultimo dei Besnard Lakes!” per evitare scioglilingua). “Strani” ma interessanti.

Charles Bradley ha esordito nel 2011, a 63 anni, con l’album No Time For Dreaming uscito per la meritoria etichetta Dap-Tone (quella di Sharon Jones), o meglio per la divisione Durham Records. Ora, il figlio illegittimo nato dall’unione tra James Brown e Otis Redding (non si può? Scusate!), con qualche gene di Wilson Pickett e Marvin Gaye caduto casualmente nella provetta, pubblica il suo secondo album, Victim Of Love, che ribadisce e rilancia il suo amore per funky, soul ed errebì classici. Se volete qui trovate la recensione del precedente disco charles+bradley, il nuovo è altrettanto buono.

Harper Simon è il “figlio vero” di Paul Simon, ma questo Division Street non conferma, a parere di chi scrive, quanto di buono aveva palesato il disco omonimo di esordio del 2010. Tanti ospiti: Pete Thomas degli Attractions alla batteria, il bassista degli Stokes, Nate Walcott dei Bright Eyes, Mikael Jorgensen dei Wilco alle tastiere (che però mi sembra porti il lato meno buono musicale del gruppo di Chicago), con la produzione di Tom Rothrock che ha lavorato con Elliott Smith e Beck, oltre che al debutto di James Blunt recordman di vendite inel Regno Unito (quasi 2 milioni e mezzo di copie). Insomma, tante tastiere, synth soprattutto e chitarre elettriche rispetto al suono più “intimo” del precedente, anche se certo rock di qualità non mancava neppure lì. Ci sono anche Jon Brion, Inara George, Eleni Mandell, Benmont Tench, ma quel suono troppo “moderno”, al solito primo ascolto, potrei correggermi, nun me piace troppo. Etichetta PIAS, Play It Again Sam, nel video almeno si vedono ottimi dischi…

Poi arriva il seguito.

Bruno Conti

Correzioni Ed Aggiornamenti, In Breve. Eric Burdon, Suzanne Vega, Rod Stewart, Art Garfunkel

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Periodicamente controllo i Post passati per vedere se ci sono delle imprecisioni oppure dei titoli che sono stati cancellati o posticipati e questi sono gli aggiornamenti odierni.

Il disco che vedete qui sopra, la doppia antologia di Art Garfunkel The Singer era stata annunciata a febbraio in uscita per il 4 aprile. Voi l’avete vista? No. Io neppure, perché la nuova data di pubblicazione è il 28 agosto, ovviamente sempre per la Columbia.

Disc: 1
1. Bridge Over Troubled Water Simon & Garfunkel
2. All I Know
3. Perfect Moment
4. For Emily, Whenever I May Find Her Simon & Garfunkel
5. Crying In The Rain duet with James Taylor
6. I Only Have Eyes For You
7. 99 Miles From L.A.
8. (What A) Wonderful World with James Taylor and Paul Simon
9. Bright Eyes
10. Two Sleepy People
11. Skywriter
12. Scarborough Fair/Canticle Simon & Garfunkel
13. Some Enchanted Evening
14. The Promise
15. The Thread
16. Lena
17. Barbara Allen
Disc: 2
1. Kathys Song Simon & Garfunkel
2. Long Way Home
3. Scissors Cut
4. The Sound Of Silence Simon & Garfunkel
5. Breakaway
6. So Long, Frank Lloyd Wright Simon & Garfunkel
7. Waters Of March
8. The Decree
9. I Wonder Why
10. Disney Girls
11. My Little Town Simon & Garfunkel
12. O Come All Ye Faithful
13. A Heart In New York
14. Ive Grown Accustomed To Her Face
15. April Come She Will Simon & Garfunkel
16. When A Man Loves A Woman
17. In Cars

Il 18 settembre doveva uscire il nuovo album di Eric Burdon Til Your River Runs Dry per la ABKCO e per l’occasione Burdon aveva duettato con Springsteen al South By Southwest di Austin ed era in partenza un tour americano. Tutto bloccato a causa di una operazione alla schiena che dovrebbe avvenire in questi giorni. Per ascoltare il nuovo disco, di cui si dice sia uno dei migliori in assoluto della sua carriera dovremo aspettare il primo trimestre 2013. Auguri di pronta guarigione. Sentite che voce ha ancora!

Stessa data presunta anche per il nuovo Rod Stewart che non sarà il disco in coppia con Jeff Beck ma, per fortuna, neppure un ennesimo capitolo della soporifera serie dedicata all’American Songbook. Rod The Mod dice che sarà un album sulla scia dei vecchi tempi, una sorta di Gasoline Alley 40 anni dopo. Mi basterebbe anche la metà! Tra i brani annunciati anche 4 cover, un brano di Tom Waits, Shake Your Money Maker e Here Comes The Night (non si sa se il brano dei Them o quello di Lulu, speriamo il primo). Dita incrociate nella speranza che non sia l’ennesima tavanata galattica.

Infine, il nuovo Suzanne Vega il Close Up, Vol. 4, Songs Of Family, che doveva uscire prima a maggio poi il 10 luglio è stato posticipato dalla Cooking Vinyl al 4 settembre, si spera.

Direi che per oggi è tutto.

Bruno Conti

“Una Signora Americana”. Shawn Colvin – All Fall Down

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Shawn Colvin – All Fall Down – Nonesuch Records 2012

Shawn Colvin originaria di Vermillion (South Dakota), è stata in gioventù una delle più celebrate cantautrici uscite dalla cosiddetta prima ondata del “new folk” (iniziata negli anni ottanta), un movimento che ha portato alla luce, fra gli altri, i talenti di Suzanne Vega e Jack Hardy. Nel 1989 con Steady On seppe meritarsi un Grammy (l’Oscar americano della musica) nella categoria di miglior esordio in ambito folk, un altro lo vincerà nel 1998 con il singolo Sunny Came Home, contenuto nell’album A Few Small Repairs, come miglior canzone dell’anno. In seguito con una stampa sempre favorevole, ha prodotto dischi di valore assoluto come Fat City (92), Cover Girl (94) uno splendido album di “cover”, il già menzionato A Few Small Repairs (95), e il più recente These Four Walls (2006).  

Il nuovo lavoro della dolce cantautrice, All Fall Down, è molto ambizioso: per confezionarlo la Colvin ha chiamato a raccolta uno stuolo di grandi nomi del rock (ma soprattutto amici), sotto il patrocinio di Buddy Miller, produttore del disco, presso lo studio del medesimo a Nashville. Shawn saggiamente ha approfittato della amicizia e disponibilità a partecipare alle sessioni di artisti come Jakob Dylan, Alison Krauss, Patty Griffin, Emmylou Harris, Bill Frisell, e musicisti del valore di Stuart Duncan al violino, Viktor Krauss al basso, Brian Blade alla batteria, Julie Miller (moglie del produttore) e le sorelle McCrary ai cori. Buddy Miller è un produttore molto esperto (ha lavorato praticamente con tutti ed è ricercato da tutti) e in questa occasione ha costruito attorno alle canzoni della sua “amica” un suono molto morbido e suadente che rispetta la natura acustica del suo “songwriting”, ma che non manca di soluzioni elettriche.

L’iniziale “title track” All Fall Down è scritta col suo partner e produttore di lunga data John Leventhal, un brano elettrico dove la voce ricorda quella di Sheryl Crow, mentre la seguente American Jerusalem, pescata dal repertorio di Rod MacDonald,  tocca il cuore, mettendo in evidenza la chitarra di Bill Frisell e il controcanto di Emmylou Harris, uno dei punti più alti del disco. Si riparte con Knowing What I Know Now, delicato brano punteggiato dal violino di Duncan, seguito da Seven Times The Charm firmato con Jakob Dylan e con Alison Krauss vocalist aggiunta. Anne of the Thousand Days è una ballata romantica che vede come autore Frisell e lo si nota per l’elegante gusto dell’arrangiamento, mentre The Neon Light of the Saints (scritta appositamente per la serie TV Treme) ha ritmo e un ritornello dinamico, con  tutte le coriste in spolvero.

Change Is on the Way scritta a due mani con Patty Griffin è un’altra delle perle del CD, una ballata sognante, e la Colvin si supera con una “performance” notevole, su un tessuto sonoro che si sviluppa con la pedal steel e il violino di Stuart. I Don’t Know You e Fall of Rome sono canzoni folkie, dalla accurata struttura armonica, con il suono magico delle chitarre di Bill Frisell e Buddy Miller. Con Up on That Hill di Mick Flannery si arriva al terzo momento “caldo” del disco (e devo dire con una certa sorpresa), in quanto Shawn va a pescare nel songbook di uno dei miei cantautori preferiti del momento (recensito sul blog la settimana scorsa in-irlanda-un-numero-1-grande-talento-mick-flannery-red-to-b.html), un brano di una bellezza disarmante (tratto da Red To Blue), una versione incantevole, un gioiello preso in prestito. La chiusura è affidata a On My Own un brano dove la Colvin ricorda persino la miglior Suzanne Vega (con cui ha condiviso gli esordi), una ballata dal suono morbido e romantico.

Ne ha fatta di strada Shawn Colvin e non sarei sorpreso se All Fall Down prendesse una “nomination” per i Grammy del prossimo anno, perché dischi coltivati e suonati con tanto amore, non possono passare inosservati alle orecchie più sensibili. Se cercate una degna “epigona” di Joni Mitchell, difficile in questo momento trovare di meglio.

Tino Montanari

Uscite Discografiche “Prossime Venture” Periodo Giugno-Agosto 2012 Parte II (TBC – Da Confermare). Eric Burdon, Joe Jackson, Suzanne Vega, ZZTop, Pink Floyd, Sam Phillips, Asia, Blues Traveler

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La seconda parte della carrellata di uscite, con qualche eccezione, prevede album la cui uscita tecnicamente è TBC (To Be Confirmed): Da Confermare. Quindi niente copertina e data di uscita non certa. Il primo di cui Vi parlo è quel signore che vedete effigiato qui sopra: si tratta di Eric Burdon (ebbene sì, invecchiato ma è proprio lui), reduce dal piccolo successo personale al SXSW di Austin dove è salito sul palco per cantare con Springsteen (che ha dichiarato che, negli anni, “ogni fottuta canzone che ho scritto era stata copiata da quelle di Burdon e anche il nuovo fottuto album”) la sua classica We Gotta Get Out Of This Place, che nata come canzone del Brill Building scritta da Barry Mann e Cynthia Weil per i Righteous Brothers, con alcuni aggiustamenti nel testo, nella versione degli Animals è diventata una sorta di inno della classe lavoratrice prima inglese e poi mondiale, e non solo. Comunque il nuovo album, in uscita il 18 settembre per la ABKCO, si chiamerà ‘Til Your River Runs Dry e si annuncia come uno dei migliori e più personali della carriera del grande cantante inglese, una delle voci più potenti e straordinarie della storia della musica rock. E’ stato prodotto dallo stesso Burdon e da Tony Braunagel tra New Orleans e la California e tra i brani c’è memorial-day

 

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Il nuovo album di Joe Jackson, in uscita il 26 giugno per la Razor And Tie negli States, come si capisce dal titolo sarà un omaggio a Duke Ellington. Questi i titoli, così vedete anche gli altri cantanti coinvolti nel progetto:

01. I’m Beginning To See The Light
02. Mood Indigo
03. I Got It Bad (And That Ain’t Good)
04. It Don’t Mean A Thing (If It Ain’t Got That Swing) [feat. Iggy Pop]
05. I Ain’t Got Nothin’ But The Blues [feat. Sharon Jones]
06. Caravan [feat. Sussan Deyhim]
07. Perdido [feat. Lilian Vieira]
08. Isfahan
09. Rockin’ In Rhythm
10. The Mooche
11. Black And Tan Fantasy

Tra i musicisti anche Questlove e altri membri dei Roots, il contrabassista Christian McBride, la violinista Regina Carter e, in un paio di brani, Steve Vai alla chitarra, oltre ai suoi musicisti Vinnie Zummo alla chitarra e Sue Hadjopoulos alle percussioni.

 

Il quarto volume della serie Close-Up di Suzanne Vega sarebbe dovuto uscire il 10 luglio (e prima a Maggio) ora sembra che uscirà il 7 agosto. Eichetta Razor and Tie in USA e Cooking Vinyl in Europa, l’unica cosa certa è il titolo Songs Of Family. Spero che non succeda anche per lei quello che hanno fatto i Cowboy Junkies alla fine delle Nomad Series ovvero pubblicare un box con un CD inedito perché a quel punto un bel “vaffanculo” sarebbe d’uopo.

Il nuovo album degli ZZTop prodotto da Rick Rubin non ha ancora un titolo o una data di uscita ma questa Flying High sarà “sicuramente” una delle canzoni. Com’è? Boh!

 

 

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Questo invece è certamente in uscita il 26 giugno. Un bel documentario sul Making Of del classico album del 1975 dei Pink Floyd mancava all’appello. E allora vai con The Story Of Wish You Were Here in versione DVD o Blu-Ray per la Eagle Rock/Edel.

 

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Martinis And Bikinis era il titolo del quarto, e forse più bello in assoluto, album di Sam Phillips, grande cantuatrice americana, che allora era la moglie di T-Bone Burnett che produsse questo album (come quasi tutti gli altri della Phillips). Il 17 luglio la Omnivore Recordins lo ripubblicherà in versione rimasterizzata con 4 bonus tracks nel CD o doppio vinile, questa la tracking list:

1. LOVE AND KISSES
2. SIGNPOSTS
3. SAME RAIN
4. BABY I CAN’T PLEASE YOU mOlqiJeOOe8
5. CIRCLE OF FIRE
6. STRAWBERRY ROAD
7. WHEN I FALL
8. SAME CHANGES
9. BLACK SKY
10. FIGHTING WITH FIRE
11. I NEED LOVE
12. WHEEL OF THE BROKEN VOICE
13. GIMME SOME TRUTH
Bonus Tracks
14. I NEED LOVE (With The Section Quartet)
15. FIGHTING WITH FIRE (Remix)
16. BLACK SKY (Version 2)
17. STRAWBERRY ROAD (2012 Version)

Nel disco suonano, tra gli altri, Colin Moulding degli XTC, Peter Buck dei R.E.M, Marvin Etzioni e Don Heffington dei Lone Justice, Benmont Tench degli Heartbreakers, Marc Ribot, Mickey Curry, e gli arrangiamenti sono di Van Dyke Parks. Il disco, manco a dirlo, è molto bello!

 

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Il 3 luglio uscirà XXX il nuovo album degli Asia per l’italiana Frontiers anche in versione doppia limited con DVD allegato.

 

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E il 17 luglio è in uscita il nuovo disco dei redivivi Blues Traveler che negli anni ’90 erano uno dei miei gruppi rock americani preferiti, recensiti a ripetizione dalle pagine del Buscadero. Non so se depone a loro favore che in questo nuovo Suzie Cracks The Whip in uscita il 26 giugno per la 429 records ci sia un duetto, I Don’t Wanna Go, con Crystal Bowersox proveniente da American Idol (magari è bravissima, non la conosco, per curiosità ho letto in Wikipedia i brani che ha cantato nella trasmissione e i gusti sono ottimi). Nel caso vi fosse sfuggito a marzo è uscito un bel doppio antologico del gruppo Blues Traveler 25, ricco di rarità nel secondo CD. Questa c’è, è il primo brano.

Proseguiamo un altro giorno quando avrò nuovo materiale, domani invece lista (ricchissima) delle uscite del 29 maggio, almeno una ventina di titoli; dalla settimana prossima riparto anche con le recensioni, magarì già da domani se qualche “ospite” produce qualcosa.

Bruno Conti

Difficilmente Ne Sbaglia Uno! Dar Williams – In The Time Of Gods

dar williams in the time of gods.jpgmusica. bruno conti. discoclub, dar williams, richard shindell, lucy kaplansky, suzanne vega, kevin killen, shwan colvin, folk, larry campbell

 

 

 

 

 

 

 

Dar Williams – In The Time Of Gods – Razor & Tie/Floating World

Dorothy Snowden Williams, in arte Dar Williams, è una delle migliori (e più avvenenti) cantautrici americane, con una lunga carriera alle spalle, questo è il nono album in studio in una ventina di anni, più un paio di live, l’ottima doppia antologia del 2010 Many Great Companions (in parte le versioni classiche, in parte rivisitate con una serie di ospiti in versione acustica), senza dimenticare la collaborazione con Richard Shindell e Lucy Kaplansky in Cry Cry Cry.

E difficilmente ne ha sbagliato uno! Partita dal folk acustico ad inizio anni ’90, nella sua New York, patria del genere, si è man mano costruita un repertorio più raffinato e composito dove la sua bella voce, calda e suadente si libra su un tappeto sonoro molto variegato che potrebbe ricordare la Suzanne Vega del periodo migliore, quello dei primi album, dove la struttura acustica, si arricchiva di volta in volta del lavoro di produttori come Steve Addabbo e Lenny Kaye, Anton Sanko e Mitchell Froom.

Dar Williams si è affidata per questo In The Time Of Gods a Kevin Killen, che ha lavorato con altri cantautrici affini a lei come Paula Cole, Tori Amos o la più celtic folk Loreena McKennit, ma anche con U2, Costello, Peter Gabriel, Kate Bush, quindi un curriculum di tutto rispetto: anche in questo album la produzione di Killen regala quel suono classico da major alle procedure (anche se come quasi tutta la produzione della Williams è pubblicata dalla etichetta “indie” Razor and Tie, lei è una fedele!) e con la presenza di alcuni musicisti di gran pregio come Larry Campbell alle chitarre, Charlie Drayton che si disimpegna sia al basso che alla batteria, Rob Hyman degli Hooters a tastiere e chitarre, Gerry Leonard anche lui alle chitarre (e in precedenza con Suzanne Vega, casualmente!). Tutti musicisti che nella loro carriera sono stati anche produttori, ma nonostante tanti galli nel pollaio, la “gallinella” (mi è scappato, non ho resistito) Dar ha saputo imporre il suo songwriting arguto e acculturato a queste dieci canzoni che, come da titolo, prendono lo spunto dalla mitologia greca e romana. E di volta in volta Hermes (Mercurio) è un biker spericolato in You Will Ride With Me Tonight, Vesta è la dea della terra in Have Been Around The World, Artemide è la dea della caccia in Crystal Creek e così via.

Ma c’è spazio anche per le rigogliose armonie di I Am The One Who Will remember Everything alla pari con le migliori canzoni della tradizione cantautorale classica femminile o per il pop solare e radiofonico della deliziosa Summer Child, magari andassero in onda brani come questo sulle radio e allo stesso tempo se molti cantanti e autori non si dovessero “vergognare” di scrivere canzoni che hanno dei ritornelli orecchiabili, chissenefrega se poi alcuni tromboni diranno che è diventata commerciale. Bellissima anche The Light And Sea con le armonie vocali di Shawn Colvin che si intrecciano con il cantato evocativo della Williams. O il suono caldo ed avvolgente della dolcissima Crystal Creek sempre benedetto da sgargianti armonie vocali e la “classica” e pianistica I Will Free Myself quasi mitchelliana.

Ma sono tutte belle le dieci canzoni, poco più di 32 minuti di musica, e alla fine, magari senza scossoni o colpi di genio particolari, ma con una qualità costante, ti rendi conto di avere ascoltato un album che ti ha regalato una pausa di gioia e serenità dai crucci della vita. E non è poco.

Bruno Conti

Giovani Talenti Si Confermano! Laura Marling – A Creature I Don’t Know

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Laura Marling – A Creature I Don’t Know – V2/Coop

Per completare la trilogia dedicata alle “ventunenni” che recentemente hanno pubblicato un nuovo disco arriviamo a Laura Marling e a questo A Creature I Don’t Know, suo terzo album e quello della consacrazione definitiva di un talento sicuramente superiore alla media dei cantautori (e cantautrici) in circolazione, giovani ed affermati indifferentemente. Per intenderci (esagerando un po’!) non so se Joni Mitchell  a 21 anni fosse così brava, non credo, anche se per essere onesti il primo disco della Mitchell uscì nel 1968 quando di anni ne aveva già 25 e quindi era molto più matura della nostra amica Laura che di album ne ha pubblicati tre. Non voglio fare paragoni perchè Joni Mitchell sia a livello vocale che compositivo è stata unica ma la Marling mi sembra sulla buona strada, un’ottima discepola, almeno nelle intenzioni.

Intanto facendo una musica “non facile” i suoi dischi vendono, e parecchio. Questo in particolare ha esordito in settimana direttamente al 4° posto delle classifiche inglesi, sicuramente aiutato da questo florilegio del fenomeno “neo-folk” inglese guidato dai Mumford and Sons dell (ex?) fidanzato Michael Mumford, che di dischi ne vendono a pacchi in giro per il mondo e sono presenti anche in questo A Creature I Don’t Know anche se in misura meno massiccia che nel precedente I Speak Because I Can. La produzione del nuovo album è affidata a Ethan Johns, degno figlio di tanto padre, e ai controlli in molti dei migliori dischi di Ryan Adams e Ray Lamontagne (per citare un paio dei suoi “clienti”), che ha mediato lo stile folk inglese della Marling aggiungendo “tocchi americani” ma senza snaturare troppo il sound.

E quindi i primi due brani The Muse e I Was Just A Card hanno quel piglio swing tra jazz, blues e folk con improvvise aperture di mandolino, banjo e gli occasionali fiati che uniscono il suono alla Mumford con quello di Joni Mitchell o Suzanne Vega con le quali la Marling condivide una impronta vocale, soprattutto nelle note medio-basse, perchè quando cerca di aprire la voce verso le tonalità più alte affiora ancora una certa acerbità, oppure semplicemente il suo range è quello. Comunque averne di musiciste così brave come è dimostrato dalla parte centrale dell’album che è veramente fantastica.

La sequenza di brani che si apre con Don’t Ask Me Why, piccola meraviglia di lirismo folk-rock a tempo di un valzer dolce e anche orecchiabile, che ricorda il meglio della California anni ’70, prosegue con la stupenda Salinas che nella costruzione sonora, ricorda la miglior Mitchell del periodo di mezzo in modo impressionante, e lo considero un grande complimento perchè anche quella della Marling è grande musica, cantata con passione e ricca di continue variazioni anche nelle sezioni strumentali. Se possibile The Beast è anche meglio, un brano che si apre su un arpeggio di chitarra acustica che ricorda la Suzanne Vega del primo album e poi in un crescendo inarrestabile si trasforma in un brano elettrico e vibrante, dove le pennate violente di una chitarra elettrica e le atmosfere torbide si possono accostare a quelle di PJ Harvey o Patti Smith, mantenendo comunque una loro unicità. Sapete che il “gioco” dei rimandi a questo e a quello è uno dei preferiti dei critici, ma serve per inquadrare la materia.

Molto bella anche Night After Night con quella vena acustica malinconica che ricorda Nick Drake o Sandy Denny dei tempi d’oro, con una semplicità e una intensità vincenti. Con My Friends, dall’arrangiamento più complesso si ritorna a quel folk “arricchito” di effetti vocali dei primi brani, con il banjo in primo piano e quei crescendi improvvisi tipici delle canzoni più intriganti di Mumford and Sons. Anche Rest In My Bed ha quell’aria malinconica che non è tristezza dei brani di Nick Drake mentre Sophia è un’altra piccola gemma di british folk dei tempi che furono con un testo che racconta di un amore finito con un lirismo inconsueto per una ragazza di 21 anni. E pensate che questa piccola meraviglia è il nuovo singolo dell’album, a dimostrazione che si può tentare il successo anche facendo buona musica. Si conclude con All My rage altro brano dalle sonorità transatlantiche che si ricollega ai “cugini” Mumford in un tripudio di mandolini, chitarre acustiche, percussioni, violini e dulcimer(o autoharp?) che virano anche verso sonorità orientali e regala una dalle interpretazioni vocali più convincenti di Laura Marling che si “arrampica” verso tonalità più alte.

Sarà anche nata nel 1990 ma dischi così belli li facevano soprattutto a cavallo tra la fine degli anni ’60 e la prima metà degli anni ’70 nel periodo d’oro della musica dei cantautori folk-rock. Molto molto bello, che altro dire?

Bruno Conti

Novità Di Luglio Parte II. R.e.m., Suzanne Vega, George Thorogood, Graham Parker, Kasey Chambers, Jimmie Vaughan Eccetera

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La calura non accenna a diminuire e neppure il numero delle uscite discografiche.

Iniziamo con il secondo volume degli archivi “pirata” di Graham Parker. The Bootleg Box vol. 2. sempre pubblicato dalla Voiceprint/Retroworld/distr.IRD, sempre cofanetto da 6 CD, sempre prezzo molto speciale intorno ai 30 euro. Contiene 6 concerti:  

 “Graham Parker & The Rumors  – Live at the Rainbow 1977”, “Live alone- The Bastard Of Belgium ”, “Graham Parker And The Latest Clowns – “Live clowns” “Graham Parker & The Rumour S&+ Hot!”, Graham Parker & the Figgs “more live cuts from somewhere”, Graham Parker And The Latest Clowns – “More Live clowns”.

Quindi anche materiale più recente con i Figgs e in solitaria.

Il buon George Thorogood torna con 2120 South Michigan Avenue sempre su Emi Records. Per i più attenti in effetti si tratta sia dell’indirizzo dei mitici studi di Chicago della Chess Records che il titolo di un brano strumentale degli Stones. Come al solito per Thorogood un misto di brani originali e classici del Blues che questa volta prevalgono. Ospiti Buddy Guy e Charlie Musselwhite in due brani.

Terzo capitolo della serie di album che Suzanne Vega dedica alla riedizione dei suoi vecchi brani in versioni più scarne ed acustiche. Close-up vol.3, States Of Being, esce come al solito per la Cooking Vinyl/Edel e contiene anche un brano scritto per l’occasione in coppia con Duncan Sheik.

Data di uscita per tutti i 3, oggi 12 luglio.

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Kasey Chambers è una cantautrice australiana molto brava (vagamente una sorta di country-rock-pop down under) e in effetti questo Little Bird in Australia era già uscito lo scorso anche in versione Deluxe doppia (ma il secondo CD per la maggior parte è parlato). Etichetta Welk, tra gli ospiti Missy Higgins, Patty Griffin, il marito Shane Nicholson, il babbo Bill e il fratello Nash Chambers. Produce lei ma non vi aspettate un prodotto familiare ma, come già detto, dell’ottima country-roots music con ampie aperture pop. In Australia vende a carrettate.

Giusto un anno fa anche dalle pagine (virtuali) di questo Blog vi parlavo del nuovo album, molto bello, di Jimmie Vaughan Plays Blues, Ballads & Favorites. Aggiungete un More al titolo per il secondo capitolo, ma Lou Ann Barton e l’etichetta Proper rimangono, ovviamente cambiano i brani e il colore della copertina. Uscirebbe il 26 luglio ma visto che è già approdato nelle nostre lande ve lo segnalo.

E sempre più o meno un annetto fa usciva la ristampa per il 25esimo di Fables of The Reconstruction. Quest’anno tocca a Lifes Rich Pageant dei R.E.M., versione doppia, etichetta IRS/Emi con la solita valanga di inediti, demos e rarità, anzi per la verità questa volta il secondo CD sono tutti demo:

2011 25th Anniversary Edition reissue bonus tracks (The Athens Demos)
  1. “Fall On Me” (Demo)
  2. “Hyena” (Demo)
  3. “March Song (King of Birds)” (Demo)
  4. “These Days” (Demo)
  5. Bad Day” (Demo)
  6. “Salsa (Underneath the Bunker)” (Demo)
  7. “Swan Swan H” (Demo)
  8. “Flowers of Guatemala” (Demo)
  9. “Begin the Begin” (Demo)
  10. “Cuyahoga” (Demo)
  11. “I Believe” (Demo)
  12. “Out of Tune” (Demo)
  13. “Rotary Ten” (Demo)
  14. “Two Steps Onward” (Demo)
  15. “Just a Touch” (Demo)
  16. “Mystery to Me” (Demo)
  17. “Wait” (Demo)
  18. All the Right Friends” (Demo)
  19. “Get On Their Way (What If We Give It Away?)” (Demo) 

Come al solito, se volete spendere una decina di euro in più (e non abitate là o avete amici americani), la versione USA ha un boxettino più carino e alcune cartoline nelle confezione.

Anche per questo trittico la data è il 12 luglio.

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Ingrandendo la copertina questo sarebbe il volume 6 delle Cowboy Songs e capitolo 3 del Buckaroo Bluegrass per Michael Martin Murphey. L’album si chiama Tall Grass & Cool Water, esce per Rural Rhythm e anche se dopo ha fatto una valanga di album per me Murphey rimane sempre quello di Geronimo’s Cadillac e Cosmic Cowboy Souvenir due dei più bei dischi di country-rock cantautorale di tutti i tempi. Non che quelli che continua a fare non siano sempre belli ma uno ha le sue preferenze.

In tema di country-rock la BGO ristampa in uno dei loro classici twofer, due album in un cd, Head Over Heels e Rose Of Cimarron, l’ultimo con Timothy B. Schmit che poi sarebbe andato negli Eagles, Rusty Young e Paul Cotton, presenti anche nel disco precedente. Molto belli entrambi e hanno circolato molto poco in CD.

William Elliott Whitmore è una delle ultime “scoperte” della Anti in ambito country-folk alternativo. Questo Field Songs segue l’ottimo Animals In The Dark del 2009 che lo aveva fatto conoscere ed apprezzare. Ma tra ufficiali e autoprodotti di dischi ne ha già fatti una decina.

Anche per questa settimana è tutto per le uscite.

Bruno Conti

Un Album Maledetto? Danger Mouse & Sparklehorse – Dark Night Of The Soul

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Danger Mouse & Sparklehorse Present Dark Night Of The Soul

Devo ammettere di non essere uno dei più grandi fan dell’opera omnia di Brian Burton (aka Danger Mouse) ma, di tanto in tanto, le sue produzioni mi hanno prima incuriosito e poi interessato: per i due o tre che non lo sanno Danger Mouse è quello di Crazy, uno dei singoli di maggior successo dell’ultima decade ma ha anche collaborato con Sparklehorse, Gorillaz, The Good, The Bad & The Queen, Black Keys (compreso l’ultimo, eccellente, Brothers), Beck e Broken Bells tra gli altri, quindi vari nomi interessanti e validi.

Questo progetto Dark Night Of The Soul prende lo spunto da un poema omonimo scritto nel 16° secolo da San Giovanni della Croce, un mistico spagnolo che ha voluto rappresentare questa “Notte oscura dell’anima” come quella fase, nella vita spirituale di una persona, in cui la solitudine e la desolazione prevalgono sugli altri sentimenti, ovviamente sotto forma di metafora e relativamente soprattutto al Cristianesimo (per chi vuole approfondire, ovviamente ci sono molti testi al riguardo).

L’idea alla base di questa rappresentazione è di Mark Linkous, il non dimenticato leader degli Sparklehorse, scomparso suicida nel marzo di quest’anno, dopo una vita segnata da molte tragedie personali e caratterizzata dalle conseguenze di una overdose avuta nel 1996 in una camera di albergo che lo ha lasciato su una sedia a rotelle per alcuni mesi e poi con seri problemi alle gambe per il resto della sua vita. Un altro dei partecipanti a questo album, Vic Chesnutt, è morto suicida a Natale dello scorso anno dopo una vita visssuta in circostanze più o meno analoghe a quelle di Linkous.

Per questo nel titolo ho accennato ad una sorta di “maledizione” che ha colpito questo disco; in effetti l’album sarebbe dovuto uscire (è uscito, in parte!) lo scorso anno come una sorta di progetto multimediale con la partecipazione di David Lynch, autore delle foto nel libro di 100 pagine e “cantante” in un paio di brani di questa miniopera.

Linkous, per motivi personali, non ha voluto apparire come cantante in questo CD e quindi una serie di amici e ammiratori della sua opera si è alternato nei vari brani.

Devo dire che, prima di sentirlo, ero piuttosto scettico su questa operazione invece mi devo ricredere, il disco è molto bello, “strano” ma non più di tanto e la rivista inglese Mojo lo ha eletto disco del mese nel numero in edicola questo mese non senza motivo: si tratta di un album intenso, molto vario ( e non poteva essere diversamente visto il numero dei partecipanti coinvolti), ma con una sua logica.

Molti dei partecipanti che sono stati scelti per rappresentare i brani di Mark Linkous hanno delle attitudini vocali non lontane da quelle dell’autore ma non è sempre così: Danger Mouse si limita a imporre quella patina di “modernità” nel filtraggio delle voci, nell’uso moderato dell’elettronica e di effetti “statici” qua e là, ma la sua produzione è molto misurata nell’insieme.

E così ascoltiamo, nell’iniziale Revenge, Wayne Coyne dei Flaming Lips, in un brano caratterizzato da una ritmica esuberante vagamente reminiscente del Lennon di Plastic Ono Band o dei Pink Floyd dei mid-seventies, un leggero falsetto, una voce filtrata dall’eco e pochi altri effetti per una bella ballata, semplice e immediata che è uno dei brani migliori dell’album che ha altre vette ma parte bene.

Just War è cantata da Gruff Rhys dei Super Furry Animals con sonorità quasi beatlesiane, lievemente “psichedeliche”, dolci e ondeggianti, molto “serene, suono che rimane molto simile anche nella successiva Jaykub cantata da Jason Lytle dei Grandaddy, questo psyco-pop molto avvolgente e con melodie vocali espansive e assai curate, tra tastiere vintage, chitarre elettriche e “moderna” elettronica vince in questa sua sorprendente semplicità. Il trittico iniziale è molto “positivo” e vincente.

Non sono un ammiratore di Julian Casablancas ma devo ammettere che la sua prestazione è più che adeguata nel rock elettronico della “svelta” Little Girl che ci regala anche un convenzionale e pungente assolo di chitarra elettrica in puro stile rock ma con venature wave fine anni ’70. Black Francis dei Pixies e Iggy Pop fanno loro stessi e ci regalano i momenti più “duri” di questa raccolta: Angel’s Harp è un brano quasi alla Nirvana o Pixies se preferite, con chitarre tirate, ritmica violenta e cantato quasi grunge, mentre quello di Iggy Pop, Pain è un omaggio alla sua produzione Bowiana anni ’70 ma anche alle sonorità di certi gruppi inglesi anni ’70 (secondo alcuni assomiglia moltissimo a Shot By Both Sides dei Magazine, un brano del catalogo EMI che potrebbe essere all’origine del contenzioso tra la casa discografica e Danger Mouse), comunque rimane una delle migliori performances degli ultimi tempi dell’Iguana.

Star Eyes è il primo contributo di David Lynch, un’altra piccola variazione sul tema neo-psichedelico dell’album, con la voce filtrata del regista che potrebbe essere di chiunque tanto è irroconoscibile, non memorabile ma neppure malvagio. Everytime I’m With You cantata ancora da Lytle è una più sofferta rappresentazione dello stile di Linkous, mentre Insane Lullaby cantata da Jason Mercer degli Shins (e dei Broken Bells) è una sorta di ninna-nanna futuribile molto carica nelle sonorità costruite dal produttore Danger Mouse.

Daddy’s Gone, un duetto tra Linkous e Nina Persson dei Cardigans, vagamente country e nuovamente beatlesiana al contempo, è un’altra piccola perla pop con archi esuberanti e quella scrittura più leggera che ha sempre caratterizzato lo stile di Linkous nei dischi degli Sparklehorse.

Una sospirosa e francamente irriconoscibile, tanto è filtrata la sua voce, Suzanne Vega, contribuisce al brano con il titolo più intrigante del disco, The Man Who Played God, non tra le più riuscite del disco devo dire. Grim Augury con la voce sgraziata e inconfondibile di Vic Chesnutt che aggiunge al fascino insalubre del brano un significato recondito postumo e Dark Night Of The Soul ancora “cantata” da un filtratissimo Lynch concludono su una nota pessimistica questa opera postuma nata dalla collaborazione di Danger Mouse e Mark Linkous.

Una operazione strana e inconsueta ma affascinante, da domani nei negozi.

Volendo, potete sentire, prima di decidere l’eventuale acquisto, l’intero album in stream qui NPR’s stream of the album

Bruno Conti

Delizie Pop Estive Canadesi. Sarah Harmer – Oh Little Fire

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Sarah Harmer – Oh Little Farmer – Zoe/Rounder/Universal

A quel pop del titolo potete aggiungere senza timore folk, country e rock e avrete un’idea di quello che vi aspetta e se già la conoscete non insisto ulteriormente. Per i novizi vorrei citare come punti di riferimento ma non necessariamente di ispirazione e in ordine sparso, Suzanne Vega, Feist, Laura Veirs, ma anche i connazionali canadesi Blue Rodeo e Bruce Cockburn con cui Sarah Harmer ha collaborato.

Al sottoscritto ricorda, come approccio musicale, se non come voce e genere completamente, la bravissima Aimee Mann con cui condivide un inizio carriera all’interno di un gruppo, nel caso della Mann i ‘Til Tuesday (dove era la regina glamour del pop statunitense anni ’80, poi quanto diversa la carriera solista, per i meno attenti Aimee Mann è quella della colonna sonora di Magnolia e di tanti altri dischi bellissimi) mentre per Sarah Harmer parliamo dei meno conosciuti Weeping Tile che hanno pubblicato un paio di dischi negli anni ’90.

Vi dico ciò perché questo Oh Little Fire segna un spostamento (o un ritorno) ad atmosfere più leggiadre e pop dopo il folk dell’album I’m A Mountain del 2005 che aveva avuto ottimi riscontri critici. Questa pausa di cinque anni è stata usata per l’altra grande passione della Harmer, l’amore per l’ecologia ambientale per la quale svolge varie campagne di sensibilizzazione nel nativo Canada e in giro per il mondo.

Il richiamo per la musica è stato comunque irresistible e questo disco è comunque un piccolo gioiellino di pop cantautorale (l’ho detto ancora, lo so) misto a testi ricercati e alle altre influenze di cui vi dicevo.

Il suono è molto fresco ed estivo, adatto alla stagione in cui vede la luce il disco: le iniziali The Thief e Captive, con la collaborazione delle voci  e tastiere dell’amica canadese Julia Fader e con la produzione di Gavin Brown che ha tra i suoi clienti anche i Metric (il cui cantante James Shaw peraltro appare nel disco come ospite), sono molto poppy ma deliziose e potrebbero addirittura allietare le onde radio della nostra estate, soprattutto Captive che ha un ritornello inesorabile nella sua leggera piacevolezza (avete presente  1 2 3 4 di Leslie Feist, canadese pure lei).

Dopo la pausa folk di New Loneliness, sussurrata nel miglior Suzanne Vega style della prima ora si torna ai babà sonori, forse troppo leggeri e zuccherosi ma piacciono anche delle pause più leggere nella musica che ascolto, One Match è puro pop ma perfetto e preciso, con il suo stacchetto di chitarra elettrica nella parte centrale, le armonie vocali delicate e le pause e ripartenze, difficile fare delle canzoni pop migliori. Nella successiva Careless ci si avvicina molto. Washington, con il suo cantato strascicato e i ritmi country-rock non sfigurerebbe in un disco di Neil Young (altra influenza) o dei Blue Rodeo (spesso compagni di avventure) con le sue belle chitarre aperte e un organo insinuante.

Late Bloomer ricorda ancora quelle atmosfere tra pop e rock che ti risucchiano nelle loro armonie senza tempo e la voce della Harmer, spesso coadiuvata da una seconda voce femminile , è una piccola delizia sonora, sicura e leggera come poche nel panorama attuale. Per The City non posso che ripetere quanto detto per il brano precedente, forse potrei aggiungere che mi ricorda anche la deliziosa Carlene Carter (figlia di Johnny Cash e moglie di Nick Lowe, uno che di pop se ne intendeva) ma anche la Mary Chapin Carpenter meno country, quelle voci vispe e brillanti.

Un’altra che ha una voce molto bella,  Neko Case, si presenta all’appello per registrare un duetto Silverado, che è un piccolo capolavoro di equilibri vocali e sonori, con le due voci che si rincorrono e si sovrappongono su un tappeto country con tanto di pedal steel, magnifica canzone. The Marble In Your Eye è un’altra delizia in salsa folk-rock con un ritornello circolare e una musica che ti abbraccia e ti coccola delicatamente.

La conclusione è affidata a It Will Sail altro piacevole esempio di folk pop acustico colorato da un intermezzo di tromba quasi alla Bacharach, troppo? Va bene facciamo alla Herb Alpert.

A me piace parecchio, spero che delizierà i vostri viaggi e le vostre serate estive (ma anche il resto dell’anno).

Bruno Conti

A Volte Ritornano (A Incidere le Vecchie Canzoni) Suzanne Vega – Close-Up Vol.1 Love Songs

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Suzanne Vega – Close-up Vol.1 Love Songs Amanuensis Productions

Il nome dell’etichetta vale solo per chi acquista il Cd in rete dove è disponibile da alcuni giorni per il download, ma ne esiste anche una versione distribuita tramite una grande catena (Barnes And Noble, si può anche fare il nome, da noi non c’è). Non é finita, il disco esce ufficialmente fra qualche giorno per la Razor And Tie, etichetta indipendente americana (non credo sarà distribuito in Italia, ma non si mai, vediamo) e, dulcis in fundo, per chi lo acquista su Itunes c’è la versione deluxe con 16 pezzi. Tutte le altre ne hanno dodici: credo di essere stato esaustivo!

Il suo ultimo album, Beauty and Crime, era uscito nel 2007 per la Blue Note e non è stato, per usare un eufemismo, un grande successo nè di vendita nè di critica.

Lo scorso anno Suzanne Vega ha compiuto 50 anni e quest’anno festeggia i 25 anni di carriera (quando voglio so essere maligno, mai dire l’età di una signora): nel 1985 usciva il primo album, omonimo, bellissimo, quello con Marlene On The Wall, che fu un anche un grande successo, bissato l’anno successivo dall’altrettanto bello Solitude Standing, quello con Luka, dopo tanti anni la nostra amica ha deciso di rivisitare il suo passato con una serie di album, quattro, che secondo le previsioni dovrebbero uscire entro la fine del 2011.

Progetto non dissimile da quello annunciato da Jackson Browne, ad oggi sono usciti solo due volumi della serie Solo Acoustic, uno nel 2005 e uno nel 2008, entrambi dal vivo. Viceversa questa serie di album intende riproporre i vecchi brani in una nuova veste acustica, o meglio nuove versioni, visto che non mi pare i vecchi album della Vega fossero particolarmente “elettrici” o arrangiati in stile rock.

Questo primo volume è dedicato alle canzoni d’amore, o meglio come dice lei stessa nel suo sito “Canzoni che io considero d’amore, ma anche di confronto, corteggiamento e attrazione”.

Ovviamente il ritorno alle origini ha fatto bene alla cantautrice newyorkese, questo stile acustico, una-due chitarre acustiche, un basso qui è là, qualche tastiera, sporadiche chitarre elettriche, si addice al suo cantato disincantato, minimale, folk ma alternativo, vicino ai cantanti rock della scuola di New York ma anche a Leonard Cohen che rimane il suo modello per la poetica e lo stile riservato, sia nel canto come nella vita.

Com’è? Non male: Marlene On The Wall è quasi più bella dell’originale, con un bel break di chitarra elettrica nel finale, Some Journey è quasi mitchelliana nel suo arrangiamento avvolgente di chitarre elettriche ed acustiche, in Caramel Suzanne accenna qualche accordo di bossanova. If you were in my movie con il suo cantato quasi recitato torna ai temi musicali che le sono peculiari, mentre Gypsy era uno dei brani piu belli di Solitude Standing e tale rimane. I’ll never be your Maggie May non me la ricordo (in effetti era solo nel best), Songs In Red And Gray è una delle migliori dell’ultimo periodo, molto british folk in questa versione.

Le quattro bonus sono 99.9, It Makes Me Wonder, Freeze Tag e Knight Moves, altro brano del primo album, tra le mie preferite.

Questa è la vecchia versione di Marlene on The Wall, sapete una cosa, togliete pure il quasi da sopra, la nuova versione è più bella dell’originale.


Suzanne Vega – Marlene On The Wall
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Ce la farà a rispettare i tempi di uscita? Ho dei dubbi!

Bruno Conti