Uno “Stilista” Del Blues, In Trasferta Al Sud. Tas Cru – Memphis Song

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Tas Cru – Memphis Song – Subcat Records

Ogni tanto, quando l’impulso creative lo assale, Tas Cru ci delizia con un nuovo album: e lo fa con alacre regolarità, visto che la sua discografia ormai conta una decina di album usciti tra il 2006 e il 2018 https://discoclub.myblog.it/2017/01/11/una-chitarra-e-una-voce-che-vivono-lo-spirito-del-blues-tas-cru-simmered-and-stewed/ , l’ultimo, questo Memphis Song, uscito  ormai qualche mese or sono. Perché il “problema” principale, direi quasi cronico, per i cosiddetti artisti di culto, è la scarsa reperibilità delle loro produzioni: in qualche caso però vale la pena di insistere. Come per Tas Cru, vero nome dell’artista newyorchese  Richard Bates, che è anche un divulgatore del blues, uno che gira per le scuole, pubblica anche dischi per bambini, per spargere il verbo delle 12 battute, e poi pubblica dischi dove il suo spirito eccentrico e l’arguzia e l’ironia dei suoi testi si sposano con una lettura del blues che miscela il suono classico, con derive rock, country, da cantautore, con tocchi errebì, come nel nuovo disco, che prende spunto dalla musica di Memphis per tornare ai suoi vecchi umori abituali.

Sono con lui in questa nuova avventura  Bob Purdy al basso, Dick Earle Ericksen all’armonica, Andy Rudy piano/clavichord, Guy Nirelli organo, Sonny Rock, Ron Keck e Andy Hearn che si alternano alla batteria, oltre alle voci di supporto femminili di Donna Marie Floyd-Tritico e Patti Parks, e la presenza di Mary Ann Casale che firma un paio di brani con Tas Cru, gli altri dieci sono suoi. Mentre nella title track appaiono come ospiti Victor Wainwright al piano e il giovane Pat Harrington alla slide, sempre proveniente dalla band di Wainwright https://discoclub.myblog.it/2018/04/14/un-grosso-artista-in-azione-in-tutti-i-sensi-victor-wainwright-the-train-victor-wainwright-and-the-train/ , che aumentano questo spirito che trasuda dai locali di Memphis lungo Beale Street. Cru non è un cantante fenomenale, diciamo comunque più che adeguato (laconico e stringato, vagamente alla JJ Cale), ma compensa con la sua abilità alla chitarra e come autore e arrangiatore raffinato, e Memphis Song, la canzone, lo dimostra abbondantemente, con il suo fluire accidentato, tra colline e vallate, di suoni che profumano di Americana music. L’altro brano firmato con la Casale è l’iniziale Heal My Soul, un nuovo vibrante e galoppante esempio del blues-rock coinvolgente del nostro amico, tra chitarre acustiche, piano, organo e armonica, che sostengono il call and response tra Tas e le voci femminili di supporto; Fool For The Blues ricorda vagamente i primi Dire Straits, altri discepoli di JJ Cale, sempre tra rock e blues, con l’organo di Nirelli a sostenere le divagazioni della solista del nostro.

In Give A Little Up Casale e Cru duettano con brio, in un brano dove l’armonica di Ericksen punteggia, su un ritmo funky-reggae vagamente alla Steely Dan, le eleganti divagazioni della band; la divertente Daddy Didn’t Give You Much è un funky blues più riflessivo, quasi un blue eyed soul, nuovamente ricercato nei suoni, dove organo e chitarra si intersecano tra loro, fino all’eccellente solo di chitarra, tutto feeling, di Cru. Have A Drink accelera i tempi e viaggia tra swing jazz leggero e boogie, con chitarra, organo e voce ben supportate dalle backing vocalists che rispondono con eleganza alle sollecitazioni della musica, mentre That Look è un altro funky-blues-rock molto sofisticato, siamo un po’ dalle parti del Robben Ford più carnale, e anche la discorsiva One Eyed Jack rimane in questi territori sonori, con l’aggiunta dell’armonica e un fluido solo di Tas Cru. Queen Of Hearts rimane nell’ambito dei semi delle carte, ma aggiunge una sognante ballata al menu del disco, sempre suonata con grande classe e souplesse, tra le cose migliori del disco, assolo incluso https://www.youtube.com/watch?v=pppjQPMfrpM ; Don’t Lie To That Woman, fin dal titolo, si avvicina al suono pigro e laidback del JJ Cale più jazzy, ma anche con un groove alla Donald Fagen, con Cru questa volta impegnato alla solista acustica. Feel So Good è un bel “bluesazzo” di quelli tosti, con interplay classico tra chitarra e armonica, sempre eseguito con lo stile elegante e mai sopra le righe del musicista di New York, che ci congeda con la lunga Can’t Get Over Blues, altro ottimo esempio del suo solismo squisito e di gran classe. Per chi ama gli “stilisti” del blues, quelli che sanno emozionare con garbo e talento.

Bruno Conti

Una Chitarra (E Una Voce) Che Vivono Lo Spirito Del Blues! Tas Cru – Simmered And Stewed

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Tas Cru – Simmered And Stewed – VizzTone

 All’incirca un annetto fa “usciva” You Keep The Money, l’ultimo album di Tas Cru, un veterano della scena blues dell’area di New York, anche se poi il disco, come vi riferivo nella recensione, era in effetti in faticosa circolazione da parecchio tempo. Ma ottime recensioni ne hanno incrementato le vendite, tanto da risultare uno dei dischi blues più venduti e con le migliori critiche nel 2016. Nel frattempo la VizzTone (l’etichetta di Bob Margolin che recentemente ha pubblicato anche le ottime prove di Austin Young e Nancy Wright) lo ha messo sotto contratto e questo Simmered And Stewed, il suo 7° disco di studio, è il risultato di questa alleanza per le 12 battute. Tas Cru nel nuovo CD privilegia, a tratti, pure un approccio più raccolto alla materia, ma in altri più ricco e corposo, impegnato oltre che alla elettrica, anche alle resonator e cigar box guitars, nonché  all’acustica. Quello che non gli manca, come sempre, è l’arguzia e l’ironia nei testi delle sue canzoni (un tratto che mi ricorda quello di David Bromberg): una delle migliori è Tired Of Bluesmen Cryin’ , un classico bluesaccio elettrico che parte lento e poi si scatena in tutti i sensi, con folate di resonator slide, ficcanti armonie vocali, l’uso dell’armonica dell’ottimo Dick Earl Ericksen e del piano di Chip Lamson, degni compari di Cru in questa divertente presa per i fondelli degli stereotipi dei bluesmen che devono piangere a tutti i costi nelle loro canzoni.

Anche Dat Maybe, posta in apertura, applica la stessa formula di un blues sanguigno e tirato, slide impazzita, le coriste pure, la ritmica picchia di gusto, l’armonica sottolinea e il nostro canta con forza, impeto e passione. Ma anche quando un insinuante pianino honky-tonk si prende il proscenio, come nella swingante Grizzle’n’Bone, Tas Cru ha sempre tutto sotto controllo, la sua band viaggia a cento all’ora, tra giri di blues forsennati, le solite coriste assatanate, chitarre acustiche ed elettriche gettate con misura nel sound d’assieme, dove anche l’organo hammond fa capolino all’occorrenza. Feel I’m Falling è un esempio di quel blues più raccolto, ma ricco di atmosfera, con la strumentazione meno in evidenza, però sempre con arrangiamenti di grande classe, comunque pronti ad ampliare a comando lo spettro sonoro dei brani, che in ogni caso anche in questo pezzo è complesso e di notevole impatto, qualcuno ha parlato di hill country blues per questo pezzo. Anche nell’elettroacustica Time And Time, una splendida blues ballad dal fascino incontaminato, si conferma l’abilità di Tas Cru come songwriter, uno che non scrive mai canzoni banali, ricche comunque di piccoli tocchi sonori geniali, come la vena gospel che viene utilizzata nel brano in questione, cantato con grande trasporto e con deliziosi attimi di finezza della sua chitarra. Road To My Obsession è una canzone autobiografica sulla sua passione per il blues, “play them blues, anytime, and most anywhere!”, un ritmo funky, le solite coriste impegnate e impregnate dal classico call and response, una solista guizzante e il gioco è fatto ancora una volta, mentre Biscuit che si apre per sola voce e armonica poi riparte sparata per un’altra sana razione di blues elettrico, incalzante e senza freni: bisogna dirlo, è proprio bravo questo signore.

In Cover My Love tutti in trasferta per un’altra dose di urgente blues urbano, da New York a Chicago senza sforzo apparente, divertimento e grinta sempre presenti; Woman Won’t You Love Me è un ondeggiante country-blues con tratti R&B e un flavor sonoro quasi alla New Orleans, grazie a piano e resonator, non so cosa ho detto, ma ha senso. Just Let It Happen è un altro dei brani che gioca sul lavoro di sottrazione per creare interesse, suono acustico, con chitarra, contrabbasso, piano e le immancabili armonie vocali che gli donano uno spirito molto old fashioned e chic; di Tired Of Bluesmen Crying abbiamo detto, per concludere rimane una bella versione del classico errebi di Jackie Wilson (Your Love Keeps Lifting Me) Higher And Higher, che perde parte del suo spirito giubilante e trascinante per trasformarsi in una sorta di blues del Delta, rallentato ad arte, ma sempre con elementi gospel grazie alle presenza delle voci femminili, musicalmente un lavoro di questo tipo avrebbe potuto farlo il miglior Ry Cooder, bellissima versione, affascinante ed inconsueta, anche se poi, giustamente, nel finale la canzone lentamente riacquista il suo spirito originale, grazie ad un crescendo splendido, dove Tas Cru distilla dalla sua chitarra lo spirito del Blues. Di cui, mi sento di dire, questo signore attualmente è una delle voci più interessanti in circolazione.

Bruno Conti

Altro Chitarrista Da Appuntarsi Sul Taccuino O Nello Smartphone, O Dove Volete. Tas Cru – You Keep The Money

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Tas Cru – You Keep The Money – Self-released 

Ufficialmente questo album è uscito negli ultimi giorni del dicembre 2014, ma poi la reputazione del disco è cresciuta nel corso del 2015, tanto da meritarsi l’inserimento tra i migliori dischi blues dell’anno in alcune classifiche di settore americane (per la precisione tra Buddy Guy e Shemekia Copeland, con Robert Cray il migliore, tutti regolarmente recensiti sul Blog). Tas Cru, come si può evincere dalla copertina, non è più un giovanotto di belle speranze, ha una lunga carriera discografica alle spalle, con sei album, compreso questo, pubblicati dalla proprie etichette, più uno didattico per bambini, molto piacevole, Even Bugs Sings The Blues (e un altro in arrivo). Il nostro amico vive e opera musicalmente nella zona di New York, dove è uno dei musicisti più rispettati nell’ambito east-coast blues, e propone un blues elettrico che si rifà ai grandi del passato, partendo dal suono della Sun Records che ammira moltissim, un tocco appena accennato di Chicago Blues, il southern boogie, per ottenere infine un rock-blues che cita i grandi chitarristi del passato e lo avvicina a gente come Tom Principato, Tinsley Ellis, Duke Robillard e soci, a cui mi sentirei di accostarlo, forse un gradino sotto.

Accompagnato da una buona band che consta, tra gli altri, di Dick Earl Ericksen all’armonica, Ron Keck percussioni, Dave Olson batteria e Bob Purdy, basso, oltre ad alcune voci femminili di supporto e le tastiere di Chip Lamson, piano e Guy Nirelli, organo. Questo disco, dicono, nasce dall’incontro su un palco con il nipote del grande musicista del Delta, T-Model Ford e si avvale di dodici composizioni originali dello stesso Cru, partendo dalla title-track che ha un sapore latineggiante, vagamente alla Santana, con le due vocalist Mary Ann Casale e Alice “Honeybea” Ericksen che aggiungono pepe alla buona voce di Tas (non una cosa da ricordare negli annali delle 12 battute, ma un cantante più che adeguato), con armonica, organo e percussioni, e, perché no, un basso funky e rotondo che fornisce un adeguato sfondo per le evoluzioni chitarristiche di Cru. Niente male A Month Of Somedays, un ballata blues, che ci porta dalle parti di Ronnie Earl o Duke Robillard, con il preciso raccordo tra la solista di Tas che ci regala un bel solo, nitido e ricco di feeling, con l’organo sullo sfondo a “scivolare” con gran goduria https://www.youtube.com/watch?v=7VFtNkHPYX8 . Half The Time, tra country, rock, boogie e un pizzico di blues, mi ha ricordato un incrocio tra il solismo del primo Knopfler nei Dire Straits e certe cose degli ZZ Top, sempre con voci di supporto, organo, armonica e percussioni a rendere più ricco un suono ben arrangiato.

La Belle Poutine, è uno strumentale d’atmosfera, a metà strada tra Gary Moore e Ronnie Earl, con piano elettrico e organo che sottolineano l’ottimo lavoro d’insieme https://www.youtube.com/watch?v=66u-30wLUAo , mentre Heart Trouble vira decisamente verso un funky marcato, sempre con la chitarra protagonista. A Little More Time, ancora con qualche traccia santaneggiante, di quello balladeer, anche per l’uso dell’organo, poi vira verso un sound tra pop e easy jazz, molto piacevole, con Bad Habit, uno shuffle che è forse quello più vicino al blues classico, sempre comunque con uno spirito birichino nell’uso delle voci femminili. Take Me Back To Tulsa, fin dal titolo e dall’introduzione acustica, ci rimanda a certe canzoni di JJ Cale o Clapton, quando il ritmo accelera e in Count On Me siamo di nuovo nel blues duro e puro, molto efficace, come al solito, il lavoro della solista, per poi tornare ad una bella ballata di impronta sudista, come l’eccellente ed elettro-acustica Holding On To You https://www.youtube.com/watch?v=bg45jkc7kbI . In Bringing Out The Beast qualcuno ha visto influenze alla Little Feat, anche se la voce di Tas Cru qui mi sembra troppo forzata e il brano non decolla del tutto, forse una bella elettrica al posto dell’acustica avrebbe fatto più al caso. Acustica che rimane, più a proposito, a duettare con l’armonica, nel country-rock della conclusiva Thinking How To Tell Me Goodbye. Altro nome da segnarsi sul taccuino.

Bruno Conti