Un Viaggiatore Cantastorie! Terry Lee Hale – Bound, Chained, Fettered

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Terry Lee Hale – Bound, Chained, Fettered – Glitterhouse Records

Una volta tanto invece di essere i nostri cantanti ad attraversare l’oceano per registrare dischi, in questo caso è stato un songwriter “texano” di origine come Terry Lee Hale (già ospitato sulle nostre pagine con il precedente The Long Draw http://discoclub.myblog.it/2013/12/31/ennesimo-affascinante-beautiful-loser-terry-lee-hale-the-long-draw/ ), partito da Marsiglia (dove vive dallo scorso anno) ed arrivato dalle nostre parti con il primario desiderio di incidere Bound, Chained, Fettered, sotto la produzione illuminata del musicista Antonio Gramentieri (dei gruppo italiano Sacri Cuori), che aveva già lavorato per Dan Stuart, Hugo Race, e molti altri. I musicisti che accompagnano Terry Lee Hale in questo album sono stati pescati (inevitabilmente) dal giro dei Sacri Cuori, con alle tastiere Christian Ravaglioli, Diego Sapignoli alle percussioni e Denis Valentini alla batteria, al synth Franco Naddei e il magnifico sax aggiunto di Francesco Valtieri, con in primo piano le chitarre di Gramentieri; gli arrangiamenti spaziano tra folk, blues, rock e accenni di bluegrass, per nove canzoni come di consueto di ottima fattura,  dove si nota il lavoro al mix di Matt Emerson Brown (un tipo che ha lavorato con i Walkabouts e Trespassers Williams).

Queste “short stories” si aprono con la title track Bound, Chained, Fettered, quasi recitativa, con il parlato di Hale che si trasforma in canto, e dove si sente subito la steel di Gramentieri, seguita dalla splendida e originale The Lowdown (che sembra uscita dai primi dischi di Tom Waits), per poi passare agli arpeggi melodici di una ballata come Acorns, il breve strumentale chitarristico di Flowers For Claudia, e il racconto struggente di Can’t Get Back (Just Like That) dove il ritmo viene dettato da una batteria “spazzolata”. Con i rumori in “sottofondo” di una spettrale e morbida Scientific Rendezvous, Terry Lee spazia in percorsi alternativi, mentre in Signed Blue Angel mette in musica una poesia dalla figlia di 8 anni, andando poi a chiudere con il folk-rock desertico di una meravigliosa Jawbone (e qui si nota ancor di più il suono dei Sacri Cuori), e l’intrigante blues di Reminiscent, dove entra in scena Valtieri con le note oscure e notturne del suo sax.

Le canzoni di Bound, Chained, Fettered sono come sempre “storie di vita” raccontate al meglio da un viaggiatore-cantastorie, che in tre decadi di carriera è stata una “mosca bianca” nella scena di Seattle (la culla del “grunge”), in compagnia dei grandi Walkabouts, con una carriera oscura, relegata ai margini del “business” discografico, uno dei tanti casi di folksinger americani espatriati (il caso più noto forse è quello di Elliott Murphy),  che hanno trovato nella vecchia Europa un pubblico affezionato e competente, a partire dalla Francia dove ha messo radici da qualche anno ed diventato artista di “culto”, cosa che potrebbe accadere anche dalle nostre parti se la sua band di riferimento continueranno ad essere i Sacri Cuori del suo produttore romagnolo Antonio Gramentieri.

Tino Montanari

Un Ennesimo Affascinante “Beautiful Loser”! Terry Lee Hale – The Long Draw

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Terry Lee Hale – The Long Draw – Glitterhouse Records

Come annunciato e minacciato nei giorni scorsi, sono contento, per l’ultima recensione dell’anno, di parlare di Terry Lee Hale (non molto conosciuto dalle nostre parti, ma anche dalle sue), figura più unica che rara di grande folksinger americano, e indubbiamente un autentico personaggio. Texano di nascita, ma girovago di fatto (attualmente vive a Parigi), inizialmente ha trovato a Seattle l’ambiente giusto (dove frequenta la scena locale e il giro d’amicizie dei Walkabouts) per intraprendere la sua carriera di musicista, smentendo il luogo comune che identifica in alcune città un marchio e un timbro consolidato: Nashville per la country music, Chicago per il blues e Seattle per i suoni elettrici e nervosi di quegli anni, ma Seattle non era solo “grunge”, nei suoi vicoli e locali musicali bazzicavano personaggi con una chitarra e una valigia in mano, come Terry Lee Hale, che avevano storie da raccontare.

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Le storie iniziano circa vent’anni fa con Oh What A World (93) in cui era inserita la bellissima The Boys Are Waiting e proseguono con Frontier Model (94) con i Walkabouts al completo, Tornado Alley (95), Leaving West (96), Old Hand (99) con i Blind Doctors, The Blue Room (00, il quasi introvabile Frozen (03) (una selezione live di brani radiofonici) https://www.youtube.com/watch?v=f_XGUOSGdys , Celebration What For (04) con il coinvolgimento di bravi musicisti slavi e l’ultimo lavoro in studio Shotgun Pillowcase (07) https://www.youtube.com/watch?v=yt4GBBQ1CUo . A completamento una raccolta “acustica” The Wilderness Years (95) che copre il periodo 1986-1992 e un best Tender Loving Hell (03) che suona un po’ ironico, visto che di successi Terry Lee Hale  non ne ha mai avuti https://www.youtube.com/watch?v=63F67pRBIvQ . E ci sarebbe anche un CD, Proof Of A Promise, solo strumentale, uscito nel 2010, e venduto sul suo sito.

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The Long Draw, prodotto da Bob Coke (Black Crowes, Ben Harper), è stato registrato in un piccolo studio della Bretagna https://www.youtube.com/watch?v=riypr9zgDFY , con l’apporto di una collaudata sezione ritmica basca, composta dal basso di Nicholas Chelly e dalla batteria di tale Frantxoa Errecarret, e di alcuni amici arrivati da Seattle, come Jack Endino al basso, il tastierista dei Walkabouts Glenn Slater e Jon Hyde alla pedal steel e, protagonista assoluta, la chitarra acustica di Terry Lee, per otto bozzetti di scarno folk, con implicazioni blues e country. Si parte con la title track Long Draw, dal suono crudo e desertico https://www.youtube.com/watch?v=Eol1ZqgygXU , per poi passare alla pedal steel di What She Wrole e alla “dylaniana” Black Forest Phone Call. Con la ballata The Sad Ballad Of Muley Graves, i toni tornano ad essere confidenziali, mentre in Three Days (complice il basso di Jack Endino) il suono diventa più country rock, e non poteva mancare un richiamo ai giorni di Seattle con il folk viscerale di The Central. Chiudono questo album di racconti il sincopato valzer di L.A. 9th & Grand e la lunga e conclusiva ballata blues God Mine, con la profonda vocalità di Hale a disegnare atmosfere “noir”.

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Terry Lee Hale ne ha consumate di suole sulle strade d’America, e anche lui come altri (Elliott Murphy, Chris Cacavas, Rick Hopkins e anche il grande Eric Andersen), ha trovato in Europa orecchie disposte ad ascoltare le sue magnifiche “short stories”, uno degli ultimi “beautiful losers” che, con la chitarra e una valigia d’immagini e suoni, percorre i sentieri del mondo e ci offre un ritratto sincero e affascinante delle sue esperienze di vita “on the road”. Chi non conoscesse questo eccellente songwriter e interprete sopraffino, e volesse colmare la lacuna, può cominciare con fiducia proprio da questo The Long Draw. Scommetto che il viaggio non è finito!

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NDT: Colgo l’occasione per augurare ai collaboratori e ai tanti lettori del Blog, un sereno e migliore anno nuovo (anche musicalmente).

Tino Montanari

Sulle Strade Polverose Dell’Oregon – Chris Eckman – Harney County

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Chris Eckman – Harney County – Glitterhouse Records

Succede sempre così, quando pensi di aver compilato e segnalato la tua classifica dei dischi migliori dell’anno (sollecitata da Bruno), arriva questo disco di Chris Eckman, Harney County, a stravolgere tutto. Per i pochi (spero) che non lo sanno, è il leader da anni dei grandi (per chi scrive) Walkabouts che da Seattle (la città più piovosa d’America e patria del grunge) hanno dovuto scarpinare fino in Europa per avere il successo che meritavono, inoltre, quando stava in Malì, Eckman ha messo in piedi un altro progetto parallelo a nome Dirtmusic, con Hugo Race e Chris Brokaw (di cui mi sono occupato recentemente http://discoclub.myblog.it/tag/dirtmusic/ ), in quanto è stato talmente rapito dalla musica del luogo da fondarci addirittura un’etichetta la Glitterbeat Records, come ai gloriosi tempi della World Music.

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L’esordio di Chris da solista nasce con A Janela (2000), per poi proseguire con The Black Field (2004), un introvabile live Novi Swet (2005) e il pregevole The Last Side Of The Mountain (2008), dedicato al poeta sloveno Dane Zajc. E proprio gli Studi Zuma di Lubjana sono diventati da alcuni anni una “factory” artistica creata con un gruppo di validi musicisti sloveni, che l’accompagnano anche in questo nuovo lavoro Harney County, che oltre alla moglie Anda alle armonie vocali e Ziga Golob al contrabbasso, vede l’apporto di Paul Austin (membro dei Walkabouts) alle chitarre elettriche e l’amico di sempre Terry Lee Hale (di cui è uscito un nuovo disco di cui vi parlerò prossimamente) all’armonica .

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Harney County è ispirato alla lettura del libro Owning It All di William Kittredge, e vede la sua genesi durante le registrazioni del bellissimo Travels In The Dustland (2011), l’ultimo lavoro dei Walkabouts (senza dimenticare il Live http://discoclub.myblog.it/2012/12/06/americani-a-berlino-walkabouts-berlin1/), per quarantacinque minuti di musica profondamente americana, dove sono visibili le influenze dello Springsteen acustico di Nebraska e The Ghost of Tom Joad (*NDB. Mi intrometto: e anche il Roger Waters acustico e pastorale dei primi Pink Floyd). Il viaggio nella contea di Harney inizia con la voce profonda di Eckman che ci delizia sin dalle prime note di Nothing Left To Hate http://www.youtube.com/watch?v=uES_U1hWDEo , e prosegue sulle strade polverose dell’Oregon con la chitarra acustica di Paul Smith in The Carnival Smoke e con i rintocchi “noir” di Requiem For The Old Skool Heavy, passando per il tradizionale Katy Cruel dove si respira quell’epopea disperata.

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La narrazione prosegue con l’incedere della ballata western Sound Of No Return, mentre l’armonica di Terry Lee Hale introduce Many Moons (il brano più “vivace” del disco) con le percussioni dell’ottimo Milan Cimfe, mentre gli undici minuti di Rock Springs sono una lunga “suite” dedicata al Richard Ford dell’omonimo romanzo http://www.youtube.com/watch?v=byyTWsIIUNI , per poi chiudere questo viaggio nell’America dei grandi narratori, con la voce suggestiva di Anda Eckman ad addolcire la recitazione di Chris in Ghosts Along The Border.

Harney County è un “road movie” bellissimo (fin dalla copertina), ed è senza dubbio il risultato più maturo e compiuto di questo musicista giramondo, una penna collaudata che dà il meglio quando sceglie di affrontare queste storie di leggende e miti di confine, con giusto un minimo di accompagnamento musicale.

Per il sottoscritto uno dei dischi di cantautorato più belli sentiti quest’anno (crepuscolare e anche letterario), ora attendo con ansia il nuovo capitolo dei Walkabouts.

Tino Montanari