Il Miglior Disco Dal Vivo Di Tom? Tom Petty & The Heartbreakers – Southern Accents In The Sunshine State

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Tom Petty & The Heartbreakers – Southern Accents In The Sunshine State – Gossip 2CD

Per principio di solito tendo a bypassare i sempre più molteplici CD tratti da trasmissioni radiofoniche dell’epoca, in primo luogo perché faccio già fatica a star dietro alle uscite “ufficiali”, in secondo perché la fregatura (leggasi qualità di registrazione insufficiente) è sempre dietro l’angolo, ed in ultima battuta perché questi prodotti è giusto chiamarli con il loro nome: bootleg. L’unica eccezione l’ho fatta per questo live di Tom Petty con i suoi Heartbreakers messo fuori dalla Gossip (???), che documenta la registrazione completa del suo homecoming concert del 1993 a Gainesville, Florida, per la semplice ragione che considero il biondo rocker ed i suoi compari la migliore rock’n’roll band sul pianeta assieme ai Rolling Stones ed a Bruce Springsteen & The E Street Band ma, a differenza delle Pietre e del Boss (che ultimamente hanno aperto gli archivi dei concerti), sono sempre stati un po’ avari sul fronte delle uscite ufficiali dal vivo (a parte il cofanetto pubblicato qualche anno fa, che infatti è uno dei classici dischi da isola deserta). Facendo ricerche online, ho letto poi che la qualità del suono di questo Southern Accents In The Sunshine State era considerata tra l’ottimo e l’eccellente, e con mio grande godimento posso confermare che esistono album dal vivo “regolari” che suonano molto peggio di questo.

Nel 1993 Tom era in un periodo di grazia: veniva da due album di grande successo (Full Moon Fever e Into The Great Wide Open, il suo periodo Jeff Lynne), la sua intesa sul palco con la band era ormai a prova di bomba (oltre ai veterani Mike Campbell e Benmont Tench, c’erano ancora Stan Lynch alla batteria prima di lasciare per darsi…all’oblio, e Howie Epstein, prima che la droga se lo portasse via per sempre) e, grazie anche alla sua militanza nei Traveling Wilburys, la sua popolarità era alle stelle. Venendo a questo doppio CD, e già detto del suono ottimo, sottolineerei prima di una rapida disamina del contenuto la spettacolarità della scaletta, che comprende il meglio degli ultimi due album, vari classici del passato, qualche brano “oscuro”, un paio di interessanti covers e due brani offerti in anteprima.

L’inizio tramortirebbe una mandria di tori: si passa dalla potente Love Is A Long Road, brano oggi un po’ dimenticato ma perfetto per aprire un concerto, alla splendida Into The Great Wide Open (Petty canta benissimo), alla byrdsiana Listen To Her Heart, fino alla grandissima I Won’t Back Down, nella quale tutto il pubblico canta insieme a Tom (e pure io dal mio divano). Anche Free Fallin’ è un perfetto singalong, mentre con le seguenti Psychotic Reaction (un oscuro brano anni sessanta dei Count Five) e Ben’s Boogie, Petty riposa per un po’ le corde vocali, in quanto la prima vede Lynch come cantante solista (con Tom all’armonica) e la seconda è una trascinante improvvisazione strumentale guidata dalle evoluzioni pianistiche di Tench. Tom si riprende il centro del palco con la lunga Don’t Come Around Here No More, da sempre uno degli highlights dei suoi show (ed una vetrina per la bravura di Campbell, sentite il finale), per poi presentare due brani all’epoca nuovi (erano gli inediti del Greatest Hits in uscita in quei giorni): la gradevole Something In The Air (altro brano oscurissimo di una band ancor più sconosciuta, i Thunderclap Newman) e la strepitosa Mary Jane’s Last Dance, grandissima canzone che vede, in quasi nove minuti, Tom e Mike duellare mirabilmente alle chitarre, un pezzo che andrebbe fatto sentire a chiunque sostenga che il rock è morto. Chiudono il primo CD due deliziose canzoni proposte con un inedito arrangiamento acustico, Kings Highway e A Face In The Crowd (ed il pubblico è sempre più caldo).

Il secondo dischetto comincia sempre acustico, con una sorprendente versione, ricca di feeling, del classico dei Byrds Ballad Of Easy Rider (perfetta per la vocalità di Petty), seguita da due cover (elettriche) della celebre Take Out Some Insurance di Jimmy Reed, dove gli Spezzacuori bluesano come se non sapessero fare altro, ed una pimpante Thirteen Days di JJ Cale. Ed ecco un altro brano-manifesto di Petty, quella Southern Accents che, nel 1985, diede il titolo ad uno dei dischi più controversi di Tom (ma la canzone è magnifica), con a ruota la divertente Yer So Bad, con un altro ritornello killer; a seguire abbiamo due canzoni inedite, che a tutt’oggi non hanno una versione in studio: Drivin’ Down To Georgia e Lost Without You (assieme a Something In The Air presenti proprio in questa versione anche nella Live Anthology), due pezzi discreti ma Tom sa fare di meglio. Ed ecco che si preparano i fuochi d’artificio finali: Refugee non ha bisogno di presentazioni, è forse la signature song di Petty per antonomasia insieme ad American Girl, ma anche Runnin’ Down A Dream fa la sua porca figura (e Campbell arrota alla grande), mentre Learning To Fly, full band a differenza degli ultimi anni in cui Tom la fa acustica, è forse ancora meglio dell’originale (e ce ne vuole). Finale pirotecnico con una trascinante Rainy Day Women # 12 & 35 (dopo Byrds e Cale, non poteva mancare Bob Dylan per completare l’omaggio alle influenze di Tom), subito seguita dalla già citata American Girl, più che una canzone una vera e propria celebrazione.

Congedo acustico e solitario con la poco nota Alright For Now: Live Anthology a parte (in cui peraltro tre brani di questo concerto appaiono), come scrivo nel titolo del post questo Southern Accents In The Sunshine State è semplicemente il miglior album dal vivo sul mercato, DVD compresi, di Tom Petty, al punto da farmi quasi dimenticare che è un bootleg.

Marco Verdi