Supplemento Della Domenica. Leonard Cohen 1934-2016: Un Ultimo Sentito Tributo. Ecco La Discografia “Mirata” Di Un Gigante Della Musica.

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Quando ho appreso la notizia della morte di Leonard Norman Cohen ero in viaggio per Savona e sono stato contattato dall’amico Bruno per un eventuale commento in merito (cosa che è stata fatta puntualmente e meritoriamente su queste pagine virtuali dal collaboratore Marco Verdi http://discoclub.myblog.it/2016/11/11/volevamo-giornata-piu-buia-si-spento-sorpresa-anche-leonard-cohen/), e vista la mia nota passione musicale per questo poeta, scrittore e cantautore Canadese, mi è sembrato giusto e doveroso, per chi vuole approfondire, ripercorrere album per album la sua straordinaria carriera, quindi ecco cosa è successo in questi cinquanta leggendari anni.

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The Songs Of Leonard Cohen (1968) – Con questo fondamentale e brillante esordio, il romanziere Leonard Cohen si fa conoscere al mondo intero come cantautore raffinato e sensibile, in un disco dove spiccano i testi e la sua voce profonda, ad accompagnare ballate che rimarranno nella storia come Suzanne e So Long, Marianne, e piccoli gioielli quali Sisters Of Mercy e Hey, That’s No Way To Say Goodbye.

Songs From A Room (1969) – Il secondo capitolo (registrato stranamente a Nashville) conferma la statura del personaggio: con la famosissima e poetica Bird On The Wire (sul retro del disco si può notare la sua “musa” e amante Marianne Ihlen, morta recentemente a cui è dedicata la canzone), e altri brani di valore come Story Of Isaac, Seems So Long Ago, Nancy e la struggente The Partisan.

Songs Of Love And Hate (1971) –  Con questo lavoro (per chi scrive il punto più alto della sua produzione), Cohen entra nel “gotha” dei cantautori: un album dove accanto a poesie musicali come Famous Blue Raincoat, Diamonds In The Mine e Joan Of Arc (tradotta in italiano da Fabrizio De Andrè), si trovano gli scarni arpeggi di Avalanche, il canto di rabbia di Dress Rehearsal Rag e una perla poco conosciuta come la dolcissima Love Calls You By Your Name.

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Live Songs (1973) – Questo è il primo disco dal vivo di Leonard (con vecchie registrazioni del 1970), dove accanto ai classici troviamo la tenue You Know Who I Am, Nancy e la biblica Story Of Isaac.

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New Skin For The Old Ceremony (1974) – Dopo anni trascorsi sull’isola greca di Idra, pubblica un disco di nuove canzoni tra cui spiccano la famosa Chelsea Hotel #2 (dedicata a Janis Joplin), con la tambureggiante Lover Lover Lover, la militaresca Field Commander Cohen, e la dolce Who By Fire

Death Of A Ladies’ Man (1977) – Questo è sicuramente l’album più controverso della produzione di Cohen (non tanto per le liriche, ma per la “spericolata” produzione affidata a Phil Spector), con arrangiamenti “pomposi” dove si salvano una trascinante Memories, una Dont Go Home With Your Hard-On (con la “chicca” di un certo Bob Dylan e Allen Ginsberg ai cori), e con il particolare che sulla cover del disco si intravede Suzanne Elrod (la madre dei suoi due figli, Adam e Lorca).

Recent Songs (1979) –  Fortunatamente con questo lavoro Cohen ritrova un repertorio folk-pop più adatto alla sua fama, a partire dall’iniziale The Guest, l’intrigante tradizionale The Lost Canadian (Un Canadien Errant) cantata in francofono con un orchestra “mariachi”, una superba e straziante The Gypsy’s Wife (dedicata all’attrice Natalie Wood), e una lunga Ballad Of The Absent Mare (dove per chi scrive ci sono forti analogie con Una Storia Sbagliata musicata da Massimo Bubola con testo di Fabrizio De Andrè).

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Various Positions (1984) –  Questo album (stranamente) non fu accolto positivamente dalla critica, pur contenendo la canzone manifesto (e la sua hit più nota) del cantautore, quella Hallelujah che è divenuta una delle più famose ballate planetarie, senza dimenticare Dance Me To The End Of Love, la pianistica Coming Back To You, Heart With No Companion, e le note melodiose della bellissima If It Be Your Will (con ai cori la bella voce di Jennifer Warnes).

I’m Your Man (1988) –  Con questo lavoro, che annovera canzoni di spessore come Ain’t No Cure For Love, First We Take Manhattan, Everybody Knows (scritta con Sharon Robinson), I’m Your Man, Tower Of Song, e il meraviglioso valzer Take This Waltz, Cohen torna ai livelli migliori del decennio precedente, confermandosi ai vertici delle voci poetiche del cantautorato.

The Future (1992) –  L’accompagnamento musicale di questo disco (ispirato alla Genesi e anche alla Apocalisse) non è più quello essenziale dei primi tempi, con Leonard che lascia la chitarra e passa alle tastiere varie, certificate dall’iniziale title track The Future, e dalle riuscite Closing Time, Democracy, e la religiosa Anthem.

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Cohen Live (1994) – A corollario ella precedente eccellente prova, arriva questo Live registrato in parte  nel ’88 e in parte nel ’93, dove le sue canzoni (o poesie) più significative vengono riproposte con arrangiamenti più raffinati, valorizzate dai cori dalle bravissime vocalist Julie Christensen e Perla Batalla, supportate da magnifici musicisti (che negli anni saranno parte integrante delle varie band).

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Field Commander Cohen (2001) – Negli anni ’90 Cohen (come è noto) si ritira in un monastero Buddista sulle colline di Los Angeles, e al suo rientro la Columbia mette sul mercato questo Live registrato durante il Tour del 1979 (all’Hammersmith Odeon di Londra), dove vengono ripescate splendide pagine minori quali The Window, The Smokey Life e Why Don’t You Try.

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Ten New Songs (2001) – Abbandonato il monastero Leonard esce con dieci brani inediti (come sempre intensi e personali) scritti e cantati con la corista storica Sharon Robinson, dove spiccano In My Secret Life, A Thousand Kisses Deep, il moderno gospel di Boogie Street, e una meravigliosa Alexandra Leaving.

Dear Heather (2004) – L’accoppiata Robinson – Cohen viene bissata con questo lavoro fragile e crepuscolare, cantato a mezza voce, che trova i punti di forza nella declamata The Letter, nella lenta e pianistica On That Day, e nella traccia finale (ripresa dal vivo) Tennessee Waltz.

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Live At The Isle Of Wight 1970 (CD+DVD) – Questo live testimonia meritoriamente il famoso e formidabile raduno post-Woodstock nel 1970 all’isola di Wight, dove un giovane Leonard Cohen incantò una platea entusiasta dei gruppi rock con “perle”  che a distanza di anni diventeranno brani immortali.

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Live In London (2009) –  Questo è il primo concerto che il grande canadese estrae dai numerosi tour in giro per l’Europa, venticinque canzoni splendide per oltre due ore di grandissima musica, suonate in modo impeccabile, e cantate dal “maestro” con passione e cuore.

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Songs From The Road (2010) CD+DVD Registrato in vari paesi (America, Canada, Inghilterra, Germania e Israele), questo disco è l’ideale seguito dello splendido Live In London, con ballate senza tempo a comporre una scaletta leggermente diversa e intrigante.

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Old Ideas (2012) –  A distanza di otto anni dal precedente lavoro in studio, Cohen ritorna con dieci nuove canzoni (con temi che spaziano dall’amore, al sesso e politica), a partire dalla commovente Going Home, l’intensa preghiera Amen, la meravigliosa malinconia di una Show Me The Place, e la toccante Darkness, con la partecipazione di Jennifer Warnes, Sharon Robinson e Dana Glover, che con le sorelle Hattie e Charley Webb regalano dolcezza e malinconia negli onnipresenti cori.

Popular Problems (2014) – Contrariamente ai suoi tempi di lavoro (Cohen ci ha abituato a lunghe attese), a distanza di solo due anni dal disco precedente Leonard festeggia i suoi splendidi 80 anni pubblicando nove brani inediti come sempre poetici e innovativi, con una menzione particolare per la suadente Slow, la struggente Samson In New Orleans (a ricordare l’uragano Katrina), una ballata coinvolgente come My Oh My, e finire con la crepuscolare You Got Me Singing.

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Live In Dublin (2014) 3 CD+DVD –  Dopo lo straordinario successo di Live In London, Cohen fa uscire questo splendido concerto registrato nella capitale Irlandese (per chi scrive il suo migliore di sempre, accompagnato da una delle sue band, anche in questo caso,  migliori di sempre), con una scaletta composta da 30 canzoni (oltre 3 ore di musica elegante e raffinata), dove oltre ai classici (che tutti sconosciamo), sono stati inseriti alcunii brani recenti di Old Ideas, con Leonard impegnato in una “performance” unica. Imperdibile.

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Can’t Forget (A Souvenir Of The Grand Tour 2015) – A giustificare l’intensa attività in concerto del maestro Canadese negli ultimi anni, il tutto è da catalogare sotto la voce “problemi finanziari” (come noto la sua ex-manager Kelley Linch, poi condannata a soli 18 mesi di prigione, ha sottratto al pensionato Leonard circa 5 milioni di dollari), e questo ennesimo live è l’occasione per riproporre brani meno conosciuti e abituali del suo grande repertorio come Choices, cover del countryman George Jones, e la famosa canzone d’amore del Quebec dell’icona locale Georges Dor La Manic, e presentare due inediti, come il blues soffuso di Never Gave Nobody Trouble e il “funky-groove” di Got A Little Secret, eseguite impeccabilmente.

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You Want It Darker (2016) – E siamo arrivati (purtroppo) al capitolo finale, uscito poche settimane prima della sua scomparsa, e come al solito  un capolavoro: nove canzoni che affrontano i temi di sempre, Dio, l’amore, la sessualità, la perdita, la morte come nella splendida Leaving The Table, le sofferte e dolorose Traveling Light e Steer Your Way, e salutare il mondo con la voce del tenore Gideon Zelermyer, che canta in ebraico gli ultimi versi di una profetica You Want It Darker, per un lavoro fragile, crepuscolare, un“testamento spirituale” per un elegante commiato. Sipario.!

Alla fine di questo straordinario percorso (tralasciando i numerosi “bootleg”, i vari tributi dedicati alle sue canzoni,  i video, le sue poesie e naturalmente i due romanzi Il Gioco Preferito e Beautiful Losers), rimane la sensazione che il Canadese è l’unico, con Bob Dylan, che sia riuscito ad elevare a poesia il vocabolario della sua musica, il tutto certificato in quasi sessant’anni di carriera (tra letteratura, poesia e canzone), regalandoci splendide pagine che rimarranno per sempre nei nostri cuori.

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Leonard Norman Cohen, si è spento nel sonno nella sua casa di Los Angeles, la morte che tutti si augurano di avere (anche se, pare, a seguito di una caduta avvenuta durante la notte, particolare reso noto solo parecchi giorni dopo e non nel comunicato iniziale del decesso). perfettamente consapevole che la si può comunque accogliere attraverso l’accettazione della fede, con la serenità che passeggiando per il Paradiso se allungherà la mano, la prima che troverà, ci potete scommettere, sarà quella della “sua” Marianne. Riposa in pace Leonard.!

NDT: Per noi “coheniani” il pensiero corre a chi può sostituire il “maestro” (sapendo benissimo che sarà comunque impossibile), io comunque un nome da proporre l’avrei: nel suo piccolo, andatevi ad ascoltare Gregory Alan Isakov!

Tino Montanari