Commander Cody & His Lost Planet Airmen: Ballerine, Nani E Tanto Rock’n’Roll E Country! Parte II

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Parte seconda.

Per l’ultimo disco per la Paramount a novembre 1973 i Commander Cody si presentano a Austin, dove, in un tripudio di armadilli in copertina disegnati da Jim Franklin, registrano un grande disco dal vivo che esce a Marzo dell’anno dopo. Ed ecco

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Live from Deep in the Heart of Texas 1974 Paramount/MCA ****1/2, naturalmente siamo all’Armadillo World Headquarters, uno dei dischi classici in concerto degli anni ‘70, con il gruppo in forma strepitosa, di fronte ad una folla adorante (ma gli applausi sembrano mezzi fasulli visto che il locale teneva al massimo 1.500 persone) e l’ultimo disco per il momento con Black alla pedal steel, Una sequenza di brani formidabile che parte con lo strumentale Armadillo Stomp, con tutti gli strumentisti al proscenio, prosegue con Farlow che incanta il pubblico con Good Rockin’ Tonight, l’honky-tonk accelerato di I’m Coming Home di Johnny Horton, una variazione su un loro classico che per l’occasione diventa Down To Seeds and Stems Again Blues, ma rimane una splendida canzone, e molto bella anche la suggestiva cowboy song Sunset On The Sage.

Si prosegue con una serie di canzoni estratte dal loro enorme repertorio, non presenti nei dischi di studio, come Little Sally Walker, dai profumi R&R, Git It che ricorda moltissimo le scorribande degli Sha Na Na, e ancora la sfrenata Oh Momma Momma, leggendaria nei loro concerti, con Frayne che va di barrelhouse e sul lato country la loro cover di Crying Time di Buck Owens, l’allegra Diggy Liggy Lo, con violino e steel sugli scudi, mentre gli altri armonizzano di gusto. Il divertimento continua con una trascinante Riot In Cell Block #9 e un altro dei loro cavalli di battaglia,una dirompente Too Much Fun, e per chiudere in gloria una fantasmagorica Mean Woman Blues.

Dal vivo erano veramente fantastici, confermo perché mi è capitato di vederli di persona ai tempi. A fine 1974, scaduto il contratto con la Paramount, firmano il contratto con la Warner Bros e durante l’anno successivo esce l’omonimo

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Commander Cody and His Lost Planet Airmen1975 Warner Bros ****

Prodotto da John Boylan è probabilmente il loro disco di studio più bello: copertina fantascientifica, e contenuto pure, nel senso che è talmente bello che quasi non ci si crede, uno dei primi esempi di Americana music. Ernie Hagar sostituisce Black alla pedal steel , arriva la sezione fiati dei Tower Of Power e la scelta dei brani è di prima qualità: si parte con Southbound di Hoyt Axton, un perfetto esempio di country-rock con il lavoro del nuovo produttore che evidenzia tutti i particolari sonori in modo superbo. Don’t Let Go è un’altra delle loro formidabili escursioni tra rock’n’roll e R&B, California Okie un sentito omaggio alla musica dello stato che li ospita, altro esempio di country-rock da manuale.

Un minuto di raccoglimento, anzi 3:38 minuti, tanto dura la cover di Willin’ dei Little Feat, a mio parere la più bella mai incisa, cantata a più voci, con delle armonizzazioni da lasciare senza fiato, la pedal steel che quasi ti abbraccia con calore, veramente un capolavoro, l’avrò sentita centinaia di volte nel corso degli anni ma non mi stanco mai, e comunque l’originale dei Feat non scherzava, ma questa è unica, l’epitome della country song per eccellenza. Il resto dell’album prevede The Boogie Man Boogie, un altro omaggio allo swing ed al jump blues, diretto discendente di Hey! Ba-Ba-Re-Bop di Lionel Hampton, con la band che viaggia come un treno, il Comandante Cody in testa con il suo piano fiammeggiante; la più rilassata Hawaii Blues è una deliziosa pillola tra steel scivolanti in mezzo a palme tropicali e western swing, ma è un attimo perché il boogie riprende subito fiato grazie ai fiati (scusate, mi è scappato) scatenati dei Tower Of Power che faticano a tenere testa agli 88 tasti di Frayne nella magnifica House Of Blue Lights.

Torna anche il country insaporito di western swing alla Asleep At The Wheel (ma anche Bob Wills, grande influenza su Frayne) di Keep On Lovin’ Her, con il violino scatenato di Andy Stein, e non manca neppure il romanticismo adorabile di una ballata come Devil & Me cantata in modo favoloso da John Tichy, con la pedal steel di Hagar che non fa rimpiangere Black, in grande evidenza anche nello swing sincopato e dai salaci doppi sensi di Four Or Five Times e rendere infine omaggio diretto a Bob Wills con la splendida e vorticosa That’s What I Like About the South, dove Stein ci delizia una volta di più con il suo violino, che conclude un album veramente superbo. Difficile fare meglio, ma il disco successivo ci va molto vicino, anzi direi che siamo alla pari con

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Tales From The Ozone – 1975 Warner Bros ****

Disco che vede il ritorno in formazione del figliol prodigo Bobby Black (ma Hagar aveva fatto più che bene) e una ulteriore serie di canzoni strepitose: produce Hoyt Axton, e tra gli ospiti, oltre ai Tower Of Power, troviamo David Bromberg al dobro, oltre ad una serie di backing vocalist tra cui spiccano Nicolette Larson, Mimi Farina e Ronee Blakley e lo stesso Axton. Si parte subito forte con una pimpante e corale versione, tra classico e “moderno” di Minnie The Moocher di Cab Calloway, seguita dal rockabilly rock di It’s Gonna Be One Of Those Nights dove ancora una volta i Planet Airmen eccellono, Connie è una delle due brillanti country tunes portate da Kevin “Blackie” Farrell, vecchio amico di Bill Kirchen e autore di altre canzoni nei dischi precedenti della band, molto bella anche Tina Louise, una sorta di ballata di frontiera, con mariachi ed atmosfere messicane.

Ma il country è lo stile prevalente in Tales, come sottolinea anche la bellissima cover di I Been to Georgia on a Fast Train di Billy Joe Shaver, e l’altrettanto emozionante cover di Honky Tonk Music dei Dusty Chaps (vi potrei fare il giochino di chi li ricorda alzi la mano? https://www.youtube.com/watch?v=GHa9k-UTaas ). Ottima anche la corale Lightning Bar Blues di Hoyt Axton, con un ritornello irresistibile e intrecci di violino e steel sempre impeccabili, Axton che firma anche il country’n’roll fiatistico di Paid In Advance, con tutte le ragazze a gorgheggiare sullo sfondo, di Tina Louise abbiamo detto,

ma prima troviamo anche una cover di Cajun Baby di Hank Williams Jr. che appartiene alla famiglia di Jambalaya e canzoni simili, e a seguire una delle tipiche canzoni di Leiber-Stoller come la divertente The Shadows Knows dove Frayne si può divertire con il suo vocione, l’allegra e scanzonata Roll Your Own di Mel McDaniel, con Bromberg al dobro a fronteggiare il piano dei Comandante, che lascia il proscenio finale a Andy Stein, ottimo violinista anche tra classico e tzigano nella conclusiva Gypsy Fiddle. Per dirla con Asterix SPQCC (Son Pazzi Questi Commander Cody): prima di sciogliere la band tutta la troupe parte per un tour europeo, dove tra gennaio e febbraio 1976 viene registrato in Inghilterra

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We’ve Got a Live One Here! 1976 2LP Warner Bros ***1/2

Ci sono delle variazioni nella formazione, John Tichy non è più della partita, sostituito da Rick Higginbotham alla chitarra, mentre viene aggiunto alla line-up il veccgio amico Norton Buffalo, ad armonica, trombone e voce. Dal vivo sono sempre formidabili e nel loro elemento, ci mancherebbe, ma manca forse un po’ del fuoco del Live degli Armadilli. Comunque un commiato più che rispettabile per i Lost Planet Airmen: anche in questo tour appaiono, com’era loro usanza, molte canzoni non apparse su dischi precedenti, dall’apertura con la scintillante One Of Those Nights, che dà il via subito alle danze, fanno la prima apparizione anche Big Mamou, un valzerone in salsa New Orleans cajun che poi accelera come forse neanche Zachary Richard all’epoca, un altro classico è la soave San Antonio Rose dell’amato Bob Wills, il contributo di Norton Buffalo con la frenetica e bellissima 18 Wheels, visto che c’è un altro chitarrista in formazione, ogni tanto all’occorrenza Kirchen suona il trombone, come pure Norton Buffalo, l’ultima canzone che appare per la prima volta nel doppio è Milk Cow Blues, dove appunto i fiati sono in evidenza sempre con questo effetto Louisiana.

Le altre canzoni, comunque tutte suonate alla grande, già le conosciamo: Semi Truck dedicata a tutti i camionisti, con un florilegio di chitarre, Smoke!Smoke!Smoke!, con il Comandante che si “Ingigionisce” (si può dire!), la splendida Mama Hated Diesels dove armonizzano alla grande, come pure in Seeds And Stems, ma anche tanto boogie e R&R, Back To Tennessee, Rock That Boogie, Don’t Let Go, Too Much Fun, Hot Rod Lincoln e in ambito country Lost in The Ozone.

Da allora a oggi, tra quello di nuove Commander Cody Band, alla pubblicazione di molto materiale di archivio, è uscito parecchio a livello discografico, anche se poi quelli che contano sono i primi sette album in sei anni, comunque ecco un rapido

Best Of The Rest 1977-2020

Rock’N’Roll Again del 1977 è un buon album (su CD Wounded Bird): dei “vecchi” rimane solo Bobby Black, mentre la voce solista è sempre George Frayne, con un aiuto da Nicolette Larson, ma si sente la mancanza di un cantante vero, stesso discorso per Flying Dreams del 1978, con miriadi di ospiti, Jeff Baxter, Buzzy Feiten, Danny Gatton, Neil Larsen, il solito Bobby Black, vocalists a go-go, cover dei Beatles, della Band, ma non ci siamo proprio.

Vengono nel 1980 al Rockpalast di Essen, e nel 2009 esce postumo un CD o DVD, c’è Bill Kirchen alla chitarra e alla voce di tanto in tanto, buono ma non eccelso, 3 stellette e mezzo di stima, lo stesso anno esce anche il disco di studio Lose It Tonight, giudizio un bel bah! Nel 1986 esce Let’s Rock per la Blind Pig, un po’ meglio, con il ritorno di Bruce Barlow e Kirchen, che divide le parti vocali con Austin De Lone e Cody, qualche remake, un paio di brani di “Blackie” Farrell, per un disco discreto. A questo punto cominciano a uscire dei dischi con materiale d’archivio: la Relix ne pubblica un paio Aces High, con materiale live 1979-1989 e soprattutto Sleazy Roadside Stories con un concerto inedito del dicembre 1973 all’Armadillo World Headquarters, registrato il mese dopo Deep In The Heart Of Texas, ma temo non si trovino più.

Tra le cose d’archivio, sempre del periodo Lost Planet Airmen, uscite più di recente e quindi spero reperibili, vi segnalo Live In San Francisco 1971 della Sundazed, Live In The Ozone 1973 Usa Tour della Cleopatra/Purple Pyramid, e Live From Ebbetts Field, Denver Colorado Aug 11 1973, oltre allo strepitoso Found In the Ozone, ricordato all’inizio dell’articolo, tutti più o meno imperdibili e immancabili tasselli per ricordare una delle più grandi e sottovalutate band di culto della musica americana degli anni ‘70. Saluti al Comandante!

Bruno Conti

Western Swing, Country E Divertimento Assicurato. Asleep At The Wheel – New Routes

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Asleep At The Wheel – New Routes – Bismeaux Records

Quando uno pensa agli Asleep At The Wheel si immagina che la band texana abbia registrato cento album (in effetti “solo” una trentina!) e che siano in attività da sempre: il tutto benché la creatura di Ray Benson esista dall’inizio anni ’70, e non sono neppure texani, in quanto Benson nasce a Philadelphia nel 1951, ed a Austin ci arriva solo nel 1973, dopo una serie di concerti all’Armadillo Wolrd Headquarters, su istigazione dei loro mentori, i Commander Cody & His Lost Planet Airmen, che li hanno iniziati alle delizie del Wester Swing, e anche del boogie e del country, non dimenticando Van Morrison su Rolling Stone che li indicò come una delle sue band preferite. Poi da allora di strada ne hanno fatta tantissima, in tutti i sensi, visto che sono una delle band che più girano in tour per gli States, e da parecchi anni sono considerati anche gli eredi di Bob Wills & His Texas Playboys, magari in un ambito leggermente più neo-tradizionalista, ma sempre molto rispettoso delle radici. La formazione, che ha vinto in carriera ben 9 Grammy, è cambiata moltissimo nel corso degli anni, l’unico membro fisso è rimasto il solo Benson, mentre un centinaio di musicisti si sono avvicendati nelle cinque decadi di attività, con un organico sempre tra gli otto e gli undici elementi (al momento sono in 8).

L’ultima arrivata è Katie Shore (insieme ad altri 4 nuovi elementi), violinista, seconda voce solista e autrice anche di alcuni brani in questo New Routes, il primo album da una decina di anni a questa parte in cui il materiale originale non manca, e neppure le cover scelte con cura. Gli ultimi dischi degli AATW erano stati il natalizio Lone Star Christmas e in precedenza l’ottimo tributo corale Still The King: Celebrating The Music of Bob Wills & His Texas Playboys, e prima ancora il disco con l’amico Willie Nelson, nell’album Wille And The Wheel. Questa volta l’amico Willie non c’è, ma ha mandato la sorella Bobbie al piano, per un emozionante omaggio intitolato Willie Got There First, scritto da Seth Avett degli Avett Brothers che poi si sono presentati in forze anche per registrarlo, una splendida ballata cantata a più voci, che chiude in modo splendido questo album, che ha comunque molte altre frecce al proprio arco, ma questo brano è veramente un piccolo capolavoro e vale quasi l’album da solo. Dall’apertura di Jack I’m Mellow, una cover di un scintillante boogie western swing degli anni ’30, cantata in modo malizioso dalla Shore, che si alterna con il suo violino a pedal steel, chitarre e clarinetto per un delizioso tourbillon di musica senza tempo, seguita da Pencil Full Of Lead, uno scatenato boogie and roll degno delle migliori cose dei Commander Cody, con Benson che ha ancora una ottima voce e poi il sax di Jay Reynolds guida la band che swinga di brutto, la canzone è dello scozzese Paolo Nutini, ma sembra un classico degli anni ’50.

Anche Calling A Day Tonight, scritta da Benson e dalla Shore, che poi la canta deliziosamente. è una canzone retrò di grande fascino, e pure Seven Nights To Rocks, scritta da Moon Mullican, è una vera schioppettata di energia, un altro country boogie dall’energia contagiosa con i vari solisti in bella evidenza. Dublin Blues è una cover di un altro texano doc, Guy Clark, altra ballata dolceamara cantata in modo intenso da Benson, ben supportato dalla Shore, molto brava anche in questa canzone; la Shore poi contribuisce anche il quasi cabaret di una insinuante I Am Blue che ricorda certi pezzi di Mary Coughlan, senza dimenticare Pass The Bottle Around, un nuovo brano di Ray Benson, il classico country blues dall’andatura contagiosa con la band che segue il suo leader alla grande. Non manca un omaggio a Johnny Cash con una bellissima rilettura di Big River, tutta grinta e ritmo, con la Shore che fa la June Carter della situazione, oltre a suonare il violino alla grande, e che poi conferma di essere un vero talento anche nella propria Weary Rambler, altra country ballad  di squisita fattura e molto fascinosa pure la cover di un altro autore contemporaneo come Seth Walker per una bluesata e pigra More Days Like This, sempre cantata con classe dalla bravissima Shore.

Che dire, veramente un gran bel disco, piacevole, garbato e consistente, tra i migliori della discografia degli Asleep At The Wheel.

Bruno Conti

Un Comandante “Perduto”, Ritrovato. Commander Cody And His Lost Planet Airmen – Live From Ebbets Field Denver, Colorado August 11 1973

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Commander Cody And His Lost Planet Airmen  – Live From Ebbets Field Denver, Colorado August 11 1973 – S’more Entertainment/Rockbeat Records

Ecco l’altro Live album radiofonico pubblicato dalla Rockbeat di recente, si tratta di un concerto trasmesso nell’estate del 1973 e registrato a novembre a Austin, pochi mesi prima  quindi di quello ufficiale che poi uscirà nel 1974 come Live From Deep In The Heart Of Texas. Un disco dal vivo magnifico,, tanto che in quel periodo, magari esagerando, la rivista Billboard votò Commander Commander Cody & His Lost Planet Airmen, perché di loro parliamo, la migliore R&R band sul pianeta. Sicuramente erano un gruppo eccezionale, già in quell’estate del 1973, con il formidabile suonatore di pedal steel (uno dei migliori mai sentiti) Bobby Black, entrato da poco in formazione, e con tre album già nel loro carnet, tra cui Country Casanova: agli amanti consiglio, oltre a quello dal vivo citato prima, anche l’omonimo album pubblicato nel 1975, che oltre ad una copertina memorabile (e non è l’unica) contiene una versione di Willin’ di Lowell George, che a mio modesto parere è forse la più bella mai realizzata di questa splendida canzone, forse anche meglio di quella dei Little Feat. Per completare l’excursus personale mi è capitato di vedere Commander Cody a fine anni ’70 a Londra, non con la formazione originale, ma vi posso assicurare che era ancora un grande spettacolo e durante il concerto proiettavano, a dimostrazione che erano altri tempi, pure un cartone animato con i personaggi stilizzati sulle fattezze dei musicisti della band.

Ma nel 1973 siamo quasi allo zenit della loro carriera: Billy C. Farlow è un vocalist ( e saltuariamente) armonicista di grande voce e carisma, Bill Kirchen un chitarrista e cantante scintillante, Bobby Black, si è detto, tra i migliori alla pedal steel guitar in circolazione, George Frayne, alias Commander Cody, un pianista travolgente, Andy Stein, a violino e sax, è un altro musicista di grande spessore, e pure la sezione ritimica, Bruce Barlow, basso e Lance Dickerson, batteria, con John Tichy, aggiunto alla chitarra, non perde un colpo. Il repertorio poi è quanto di più variegato uno si possa aspettare: boogie, R&R, western swing, jump blues, country (rock), tutti eseguiti con una forza, un vigore ed una classe invidiabili. Partoriti da una idea di George Frayne, in quel di Ann Arbor, Michigan, dopo anni di gavetta nei locali della zona, si erano trasferiti in California, dove la loro carriera era decollata (con gli album e qualche singolo che entreranno anche nelle zone alte della classifica) e dove saranno raggiunti da un’altra band che usava anche il western swing tra le proprie armi di seduzione con gli ascoltatori, ossia gli Asleep At The Wheel: Bob Wills, Merle Travis, Merle Haggard, ma anche nomi ignoti del rockabilly o stelle del R&R come Elvis Presley erano nel DNA dei Commander Cody, che avevano comunque anche un repertorio di materiale proprio di consistente qualità, ed erano, come detto, una formazione portentosa dal vivo, come testimonia il concerto inciso in questo CD, anche con una qualità sonora direi più che buona.

Il concerto si apre con Good Rockin’Tonight, un pezzo di jump blues, tra gli antenati del R&R, con la band e i suoi solisti, Stein, Black, Kirchen e il Comandante, subito scatenati e a velocità supersoniche, What’s The Matter Now, un pezzo di Billy Farlow è più country swing degli originali, con Bobby Black e Andy Stein magnifici a pedal steel e fiddle, per non parlare di Commander Cody, serafico al piano e ancora Kirchen alla chitarra. Truck Drivin’ Man è uno dei super classici del country, nel repertorio anche di New Riders e Flying Burrito, con la guizzante pedal steel di Black ancora sugli scudi, per non dire del violino, mentre 4 or 5 Times è un western swing di Bob Wills eseguito alla perfezione. Down And Out un traditional fatto a tempo di country-rockabilly, sempre trascinante, Mama Hated Diesels una di quelle country ballads splendide e malinconiche che erano nelle loro corde, con la weeping steel di Black in evidenza. (Little) Sally Walker, anche nel live texano ufficiale, un altro R&R fulminante con Kirchen e Black scatenati, ma anche Stein al sax, poi il country-rock divertente e scanzonato di Ain’t Nothin’ Shakin (But The Leaves) e la strappalacrime (ed ironica) ballata All I HaveTo Offer You (Is Me), subito superata  in un altro momento ludico come Diggy Liggy Lo, una frenetica country tune che faceva anche la Nitty Gritty.

Smoke That Cigarette, da Country Casanova, è il tipico momento di Commander Cody, boogie allo stato puro, seguita da Rave On, uno dei classici di Buddy Holly e del R&R, che poi imperversa anche nelle successive Rock That Boogie, un pezzo loro, e nella immortale Jailhouse Rock, poi, all’interno di un broadcast radiofonico, si lanciano in un western swing intitolato Truckin’ & Fuckin’ (?!?) a tutta steel, un ulteriore cavallo di battaglia come Wine Do Yer Stuff, altra ballatona country, che precede il brano di Merle Haggard Mama Tried, sempre suonata alla grande, un po’ di blues and roll con la potente Lawdy Miss Clawdy e il finale con la melanconica Sunset On The Sage. Live di Commander Cody in circolazionece ne sono parecchi, questo è uno dei migliori!

Bruno Conti