Un Sano Disco Di Pop…Dal Texas! Wild Child – Fools

wild child fools

Wild Child – Fools – Dualtone CD

I Wild Child sono una band di sette elementi proveniente da Austin, Texas, un gruppo che però non è country, né rock, ne blues, ma bensì fa del pop puro e semplice, un genere non molto in voga nel Lone Star State. Se poi guardiamo alla formazione, notiamo delle particolarità: oltre a strumenti classici come basso, batteria, pianoforte e violino (rispettivamente Chris D’Annunzio, Drew Brunetti, Evan Magers e Kelsey Wilson, che è anche la voce solista femminile, e principale, del gruppo), troviamo pure ukulele (Alexander Beggins, co-leader insieme alla Wilson e voce maschile) e cose molto meno texane come cello e tromba (Sadie Wolfe e Matt Bradshaw); avrete quindi notato la totale assenza di chitarre (anche se l’ukulele viene spesso usato alla stessa guisa), e sappiamo che una band texana senza chitarre è un po’ come un ristorante messicano che non usi peperoncino, eppure dopo due o tre canzoni ci si rende conto che la musica dei Wild Child ha senso e sta in piedi da sola, con elementi talvolta beatlesiani, talvolta simili a gruppi come Of Monsters & Men ed Edward Sharpe & The Magnetic Zeros ed altre volte più personali, un uso spesso particolare della sezione ritmica e delle melodie fresche e godibili.

Fools è il loro terzo album, dopo Pillow Talk del 2011 e The Runaraound del 2013 che hanno ottenuto ottime recensioni ed un discreto successo locale, ed è prodotto da Peter Mavrogeorgis (già collaboratore di The National e Philip Glass) e dal musicista indie David Plakon. La title track, che apre il CD, è un power pop molto particolare, con diverse soluzioni strumentali e melodiche ed un bel crescendo ritmico, un pezzo in cui le similitudini con gli Of Monsters & Men sono abbastanza chiare. The Cracks non è facilissima da descrivere: inizio quasi roots con l’ukulele in evidenza, poi entrano le voci, il piano e la sezione ritmica e l’atmosfera si fa eterea, quasi ipnotica; Bullets all’inizio è quasi cameristica e dall’aria molto beatlesiana (sullo stile di For No One, Eleanor Rigby), ma la melodia è molto più scorrevole e diretta che nel brano precedente https://www.youtube.com/watch?v=it4hd9B6aBs , mentre Stones vede le voci dei due leader sovrapporsi in una sorta di filastrocca pop accattivante, con un altro cambio di ritmo che a questo punto inizia a diventare uno dei marchi di fabbrica del gruppo.

Un delicato arpeggio di ukulele introduce Meadows (i titoli dei brani sono un po’ laconici), una canzone fresca e quasi bucolica dagli elementi folk; la pianistica Break Bones è puro pop, raffinato e con un refrain fruibile https://www.youtube.com/watch?v=4xcKP0wnNLw , mentre la cadenzata Take It è tutta incentrata sulla voce di Kelsey ed una strumentazione dosata con parsimonia. Pop texano: prima dell’ascolto ero un po’ scettico, ed invece il disco si sta rivelando una piccola sorpresa; la rilassata Saving Face vede i due leader armonizzare su un bel tappeto ritmico e misurati interventi di piano ed ukulele, e quest’ultimo è il protagonista di Reno, dove è quasi l’unico strumento ad accompagnare la voce della Wilson, a parte una leggera percussione ed il   cello nel finale. L’album si chiude con la solare Oklahoma, uno dei motivi più orecchiabili del CD, la mossa Bad Girl, che potrebbe dire la sua anche alla radio, e la scorrevole e liquida Trillo Talk.

I Wild Child dimostrano che in Texas si può fare anche del pop, e con una certa classe e credibilità.

Marco Verdi