Ma E’ Già Natale? Il “Manolenta Natalizio” Però Non Convince Del Tutto. Eric Clapton – Happy Xmas

eric clapton happy xmas

Eric Clapton – Happy Xmas – Polydor/Universal CD

Parlare di musica natalizia a poco più di metà Ottobre suona un po’ strano, per di più con un clima che si avvicina molto di più alla primavera che all’autunno, ma si sa che gli artisti quando decidono di pubblicare dischi a tema festivo si muovono sempre per tempo. In più, stiamo parlando di uno dei maggiori musicisti al mondo, Eric Clapton, che se da una parte ha deciso di non intraprendere più tournée lunghe e faticose (ma concerti singoli o brevi tour, per esempio in Giappone, quelli sì), dall’altra è ancora molto attivo in studio, dato che il suo ultimo album I Still Do è di appena due anni fa. Happy Xmas è il primo lavoro a carattere natalizio per Eric, ed è un lavoro suonato ovviamente benissimo e prodotto anche meglio (il suono è spettacolare) da Clapton stesso insieme all’ormai inseparabile Simon Climie, ma dal punto di vista artistico secondo me non tutto funziona alla perfezione. Eric sceglie di mescolare classici stagionali a canzoni più contemporanee, e non manca di arrangiarne qualcuna in chiave blues, ma non trova il coraggio di fare un disco tutto di blues (probabilmente per arrivare ad una maggiore fetta di pubblico) e così inserisce anche diverse ballate, ma non sempre tiene a bada il tasso zuccherino, usando anche, talvolta a sproposito una sezione archi.

Quindi il disco si divide tra brani ottimi, altri buoni, ed alcuni piuttosto nella media; poi, proprio nel bel mezzo del lavoro, un episodio incomprensibile, un brano elettronico che ci sta come i cavoli a merenda in un album del nostro, e che rischia di gettare un’ombra su tutta l’operazione. Il CD, la cui copertina è disegnata dallo stesso Eric (e ad occhio e croce è meglio come chitarrista che come disegnatore) vede all’opera un manipolo di vecchi amici del nostro, fra cui Jim Keltner alla batteria, Doyle Bramhall II alla chitarra, Nathan East al basso, Dirk Powell alla fisarmonica, violino e pianoforte e Tim Carmon all’organo Hammond. La partenza è ottima, con il superclassico White Christmas rivoltato come un calzino: intro potente di chitarra, ritmica tosta, ed Eric che riesce a dare un sapore blues ad un pezzo che di blues non ha mai avuto nulla, pur senza snaturare la melodia originale. Away In A Manger diventa un delizioso e raffinato blue-eyed soul, e Clapton canta divinamente, grande classe; For Love On Christmas Day è l’unico brano nuovo, scritto da Eric insieme a Climie, un’elegante ballata lenta, pianistica e con una spolverata di archi, però fin troppo sofisticata e leccata: mi ricorda la fase in cui Clapton ne azzeccava poche (il periodo di dischi come Pilgrim, Reptile e Back Home). Molto meglio Everyday Will Be Like A Holiday, una splendida soul song di William Bell, con Manolenta che canta ancora alla grande e ricomincia a graffiare con la chitarra, mentre Christmas Tears è un vero blues, di Freddie King, ed Eric (che l’aveva già fatta in passato sulla compilation A Very Special Christmas Live) la suona come va fatta, cioè come se si trovasse in un club di Chicago (anche se King era texano), grande chitarra e grande feeling.

Home For The Holidays è una canzone antica, la faceva Perry Como, e Clapton la trasforma in una squisita e limpida rock ballad, tra le migliori del CD, sia per la bella melodia sia per il fatto che è suonata in maniera perfetta. Per contro Jingle Bells, forse la canzone natalizia più famosa di sempre, è una porcheria innominabile: Eric la dedica ad Avicii, il giovane DJ svedese morto suicida lo scorso Aprile, e forse proprio per questo la arrangia in modo assurdo, un pezzo techno-disco-dance elettronico che è un pugno nello stomaco https://www.youtube.com/watch?v=2h0Ksg_vy8A . Va bene ricordare una persona scomparsa in maniera così tragica, ma qui corro seriamente il rischio di vomitare il panettone dell’anno scorso. Meno male che si torna con i piedi per terra grazie ad una ancora deliziosa Christmas In My Hometown (di Charley Pride), a metà tra dixieland e country d’altri tempi, davvero bella, e con It’s Christmas, una rock song pura e semplice, originariamente di Anthony Hamilton, diretta, godibile e con ben poco di natalizio, testo a parte. Sentimental Moments (la cantava Joan Bennett nel film Non Siamo Angeli del 1955, con Humphrey Bogart) è una ballatona cantata con trasporto, chitarra slide sullo sfondo e tasso zuccherino tenuto a bada un po’ faticosamente, mentre Lonesome Christmas (Lowell Fulson) è ovviamente puro blues, ritmato, coinvolgente e “grasso”, suonato con la solita classe sopraffina. Chiudono il CD tre classici assoluti: Silent Night, versione cadenzata eseguita da Eric con un coro femminile al quale partecipano anche la moglie Melia e la figlia Sophie, non indispensabile, una solida Merry Christmas Baby trasformata in uno slow blues sanguigno e chitarristicamente godurioso, seppur con il freno a mano un po’ tirato (e poi gli archi che c’entrano?), e finale con una Have Yourself A Merry Little Christmas cantata con stile da crooner, raffinata ma un tantino stucchevole.

Quindi un omaggio al Natale con diversi alti e qualche basso da parte di Eric Clapton, che però prevediamo venderà di più dei suoi ultimi lavori, maggiormente riusciti. Ma quella Jingle Bells elettronica grida vendetta.

Marco Verdi

La Quintessenza Della Musica Soul, Firmata Da Melissa Etheridge – MEmphis Rock And Soul

melissa etheridge MEmphis rock and soul

Melissa Etheridge – MEmphis Rock And Soul – Stax/Concord

Quando nella seconda metà degli anni ‘80 fece la sua apparizione sulle scene musicali Melissa Etheridge venne salutata come una delle prime rocker donne che si impossessava di nuovo del vocabolario del rock classico, sia pure mediato da innesti folk e da cantautrice pura: gli album, dal primo omonimo fino a Yes I Am del 1993 (e forse anche Your Little Secret del 1995) erano degli ottimi album. Energici e tirati, godibili ancora oggi, ma poi, a parere di chi scrive, si è persa un po’ per strada, piegandosi alle esigenze, e al suono, del mercato mainstream, infilando una serie di album mai brutti (per quanto), anche con alcune belle canzoni, ma complessivamente poco soddisfacenti. Forse con l’eccezione dei Live, comunque non memorabili (però dal vivo è rimasta sempre una performer brillante ed energica, grazie anche alla propensione a sorprendere il pubblico con cover mirate e che denotavano i suoi buoni gusti musicali) e anche se qualcuno (anche su questo Blog http://discoclub.myblog.it/2014/11/01/passano-gli-anni-la-grinta-rimane-melissa-etheridge-this-is-m/) aveva segnalato una sorta di ritorno alla miglior forma con l’album del 2014 This Is M.E e il successivo disco dal vivo A Little Bit Of Me: Live In L.A., che per quanto migliori di tutto ciò che era uscito nella decade precedente, avevano comunque, per chi scrive, quella tendenza “insana” per un suono bombastico, pompato ed esagerato, pur se con evidenti segni di miglioramento in alcune canzoni.

Forse è anche per questo che la Etheridge di solito non viene più inserita nelle liste di donne che fanno del rock ( e del soul, e pure blues) come Bett Hart, Susan Tedeschi, Dana Fuchs, Grace Potter, Joss Stone in ambito soul, ed altre che non citiamo per brevità, che mantengono alto il vessillo delle sonorità classiche: tutto questo pur riconoscendo a Melissa la sua indubbia grinta, grazie anche a quella voce roca e fumosa (in inglese “raspy & smoky” fa più figo) che è sempre stata il suo marchio di fabbrica. Ora Melissa Etheridge ha deciso di pubblicare un disco interamente dedicato ai classici del Memphis Rock And Soul, come proclama il titolo dell’album, e per farlo è andata direttamente, a marzo di quest’anno, nella tana del leone, ai Royal Studios di Memphis, quelli storici di Willie Mitchell, ora gestiti dal figlio Lawrence “Boo” Mitchell (e che ultimamente sono abbastanza “visitati”, a giudicare dai dischi usciti di recente, registrati in loco, da Solomon Burke a Bobby Rush, passando per Jim Lauderdale, Paul Rodgers, William Bell, Boz Scaggs e parecchi altri), che ha curato la registrazione del CD, anche se i produttori accreditati sono la stessa Melissa e John Burk. Però i musicisti che suonano nel disco sono quelli leggendari dell’epoca ( o i loro discendenti), la famiglia Hodges, con Charles all’organo e LeRoy al basso, James Robertson alla batteria, Michael Toles alla chitarra, Archie Turner alle tastiere aggiunte, oltre al corollario indispensabile di sezione fiati, coriste d’ordinanza e tutto quello che serve per fare un lavoro con i fiocchi, il suo migliore da lunga pezza.

Particolare non trascurabile la presenza di una dozzina di canzoni scelte con cura nell’immenso patrimonio del grande soul (e anche un paio di brani blues): e quindi scorrono, in ottime versioni, Memphis Train di Rufus Thomas, Respect Yourself degli Staples Singers ( a cui la Etheridge ha aggiunto dei versi nel testo, aggiungendo anche un People Stand Up, tra parentesi nel titolo, ma mantenendo inalterato il senso del brano) https://www.youtube.com/watch?v=rSi039HRn_A , una scintillante Who’s Making Love di Johnnie Taylor, e ancora, il super classico di Sam & Dave Hold On, I’m Coming, tutto fiati sincopati, cori coinvolgenti e ritmi rock aggiunti per dare ulteriore vigore alla ottima interpretazione della Etheridge ,che poi si ripete in una bellissima versione della ballata soul per antonomasia I’ve Been Loving You TooLong (To Stop Now), una delle perle assolute di Otis Redding. Perfino Any Other Way di William Bell, una scelta inaspettata come pure l’iniziale Memphis Train, fa il suo figurone, grazie a quel groove magico di casa Stax (e zone limitrofe) creato da organo e chitarra e che, come ricorda lei stessa in una intervista per il disco, ricorda molto le canzoni di Springsteen.

I’m A Lover è un composito del brano di Lowell Fulsom e Jimmy Cracklin, e di Tramp di Otis Redding e Carla Thomas, dal riff inconfondibile e con nuove liriche della Etherdige. Non manca il blues sapido, sanguigno ed intenso di una eccellente Rock Me Baby di B.B. King, con John Mayer eccellente aggiunto alla solista. Di nuovo William Bell (ri)scoperto di recente, con una dolcissima ballata come I Forgot To Be Your Lover, il cui testo inizia come in una celebre canzone di Van Morrison, e poi Wait A Minute di Barbara Stephens che mi sono dovuto andare a controllare nei miei cofanetti della Stax, perché non la ricordavo, c’è! Ed è pure bella, sembra un pezzo Motown, ma viene dell’altra sponda. Tra blues e soul, di nuovo con Mayer aggiunto alla chitarra, brilla anche una ottima Born Under A Bad Sign, legata ad Albert King, ma pure questa scritta da William Bell, insieme a  Booker T Jones. A chiudere il cerchio di un album veramente bello, una notevole I’ve Got Dreams To Remember, la quintessenza della soul music firmata Otis Redding. E brava, Melissa!

Bruno Conti  

Novità Di Giugno, Prima Decade. Paul Simon, Spain, Train, Dexys, Boo Hewerdine, Joan Baez, Shawn Colvin & Steve Earle, William Bell, Eli Paperboy Reed, Band Of Horses, Rolling Stones, Van Morrison

rolling stones totally stripped european versionvan morrison it's too late 3cd+dvd

Torna la rubrica delle anticipazioni sulle novità. Queste sono le più importanti ed interessanti tra quelle previste per il 3 e 10 giugno. Dei cofanetti dedicati ai Rolling Stones, Totally Stripped e a Van Morrison, It’s Too Late To Stop Now…Volumes II, III, IV & DVD vi ho già riferito nelle settimane scorse, basta andare a cercare a ritroso nel Blog e trovate tutte le informazioni. Vediamo le altre uscite.

paul simon stranger to stranger

Nuovo album per Paul Simon Stranger To Stranger, il secondo che esce per la Concord/Universal dopo il buono ma non eccelso (per chi scrive) So Beautiful Or So What del 2011 http://discoclub.myblog.it/2011/04/10/temp-d60b04cfdc8f0c74be0a93f5c8899c81/ , mentre nel 2012 è uscito l’eccellente CD+DVD Live In New York City. Anche il nuovo lavoro, da quello che ho sentito e da quello che ha detto chi ha ascoltato l’album nella sua interezza, è un buon lavoro, eclettico e ricco di spunti musicali, con mille generi fusi insieme: però il terzetto di brani con l’artista electro-dance italiano Clap! Clap!, presente in tre brani in modo per fortuna non troppo invasivo (ovvero non si sente troppo) è bilanciato dal ritorno del produttore storico di Simon, Roy Halee (quello dei dischi più belli di Simon & Garfunkel e di Graceland). Nel disco confluiscono anche elementi di musica africana, folk peruviano, ritmi flamenco (grazie alla presenza in alcuni brani di alcuni ballerini usati a mo’ di percussione) e anche elementi quasi “contemporanei” grazie alla presenza di strumenti provenienti dal repertorio di Harry Partch. Ci sono anche un paio di brani strumentali e l’immancabile versione Deluxe, singola e molto costosa, con cinque tracce extra: 2 brani Live, un altro strumentale, un inedito e il duetto con Dion New York Is My Home, tratto dal disco di quest’ultimo. Al solito poi ne parliamo con più calma dopo l’uscita ufficiale, prevista per il 3 giugno.

spain carolina

Tornano anche gli Spain di Josh Haden che, sempre il 3 giugno, pubblicheranno il loro ottavo album (compreso il best), ma quinto effettivo di studio, intitolato Carolina, sempre su etichetta Glitterhouse in Europa (in America è su Diamond Soul Recordings), con la produzione di Kenny Lyon, che nel disco suona di tutto, chitarre elettriche ed acustiche, tastiere, piano, banjo, lap e e pedal steel. Josh Haden ha scritto i dieci brani, suona il basso ed è affiancato dalla sorella Petra Haden al violino e alle armonie vocali, e dall’altro nuovo componente del gruppo, Danny Frankel batterista newyorkese in pista già agli albori del CBGB e poi con Lou Reed, Kd Lang, Rickie Lee Jones, Fiona Apple, John Cale, Laurie Anderson e mille altri. Il disco è stato registrato ai Gaylord Studios di Los Angeles, di proprietà di Lyon, nell’edificio di fronte al club dove il padre di Josh, Charlie Haden guardava Ornette Coleman inventare il suo jazz. Il genere della band è stato definito Alternative, Indie Rock, slowcore, ma secondo me fanno semplicemente buona musica, al di là delle etichette http://discoclub.myblog.it/2014/02/25/i-notturni-josh-haden-spain-sargent-place/ . E questo Carolina lo conferma ancora una volta.

train does led zeppelin II

Di solito (le jam band soprattutto) capita che gruppi importanti eseguano nei concerti di Halloween o di Capodanno, album importanti e storici nella loro interezza, penso a band come Phish Gov’t Mule, ma è raro che un gruppo pubblichi un intero album di studio dedicato ad un disco specifico del passato, però in questo caso il titolo non lascia dubbi Train Does Led Zeppelin II. 

E i Train Led Zeppelin II lo fanno davvero bene, forse fin troppo fedele all’originale, ma a giudicare dai brani che potete ascoltare sopra, magari vale la pena di fare un ripasso. 1. Whole Lotta Love 2. What Is and What Should Never Be 3. The Lemon Song 4. Thank You 5. Heartbreaker 6. Living Loving Maid (She’s Just a Woman) 7. Ramble On 8. Moby Dick 9. Bring It On Home https://www.youtube.com/watch?v=PwhF_LkSJqo Non ho sentito le versioni di Whole Lotta Love Heatrbreaker, ma il resto non è male e Pat Monahan conferma di avere una gran voce. Sempre il 3 giugno la data di uscita, etichetta Crush/Atlantic (la stessa degli Zeppelin).

dexys let the record show

Nel 2014 Kevin Rowland aveva pubblicato un voluminoso (e costoso) cofanetto, soprattutto nella versione in 4 DVD + 2 CD, ma esistevano anche le versioni divise in 3 CD o 2 DVD, il tutto intitolato Nowhere Is Home era la riproduzione di un concerto al Duke Of York’s Theatre, dove si ripercorreva il meglio della sua storica band dei Dexys (una volta anche Midnight Runners) http://discoclub.myblog.it/tag/kevin-rowland/ . Il gruppo, nella prima tribolata incarnazione, si era diviso intorno alla metà degli anni ’80, dopo averci regalato una breve serie di ottimi album, che fondevano soul, o meglio celtic soul alla Van Morrison, rock, musica irlandese, pop di grande qualità, R&B e molto altro, in dischi come Searching For TheYoung Soul Rebels, Too-Rye-Ay e il sottovalutato, ma splendido, Don’t Stand Me Down. Poi le manie di grandezza di Rowland e un evidente calo di ispirazione avevano posto fine alla storia. La storia venne ripresa nel 2012 con l’ottimo One Day I’m Going To Soar ed ora con questo album che riprende un progetto che avrebbe dovuto essere il quarto album di studio della band, Let The Record Show: Dexys Do Irish and Country Soul. Mi piacciono questi titoli dove si capisce subito il contenuto del disco.

Esce per la Warner Music in varie edizioni e contiene classici della musica irlandese e del country (ma non solo, direi che la peraltro bellissima Both Sides Now di Joni Mitchell difficilmente appartiene alle due categorie), ma comunque ecco la lista completa dei contenuti del disco, che esce anche in una versione tripla Deluxe, forse superflua, ma non essendo particolarmente costosa un pensierino si può fare, dove c’è un secondo CD di versioni accapella solo voce o brani strumentali, e un DVD con il consueto Making Of.

Tracklist 1. Women Of Ireland 2. To Love Somebody 3. Smoke Gets In Your Eyes 4. Curragh Of Kildare 5. I’ll Take You Home Kathleen 6. You Wear It Well 7. 40 Shades Of Green 8. How Do I Live 9. Grazing In The Grass 10. The Town I Loved So Well 11. Both Sides Now 12. Carrickfergus [Deluxe Edition Bonus CD2] 1. To Love Somebody (Solo Vocal) 2. Smoke Gets in Your Eyes (Solo Vocal) 3. Curragh of Kildare (Solo Vocal) 4. I’ll Take You Home Again, Kathleen (Solo Vocal) 5. How Do I Love (Solo Vocal) 6. Grazing in the Grass (Solo Vocal) 7. The Town I Loved So Well (Solo Vocal) 8. Carrickfergus (Solo Vocal) 9. How Do I Live (Instrumental) 10. Grazing in the Grass (Instrumental) 11. Both Sides Now (Instrumental) [Deluxe Edition Bonus DVD] 1. 50 Minute Film

A giudicare dalla cover della Mitchell e di Carrickfergus il CD promette molto bene!

boo hewerdine born ep

Boo Hewerdine è un artista di culto, un “beautiful loser” che piace molto agli estensori di questo Blog, soprattutto al sottoscritto. Una carriera iniziata negli anni ’80 con i misconosciuti Bible, poi collaborazioni con un altro “piccolo grande artista” come Darden Simth, e con molti dei migliori talenti del nuovo folk anglosassone, Kris Drever, Eddie Reader, Heidi Talbot, John McCusker, gli State Of The Union e altri. Ogni tanto pubblica un album nuovo, l’ultimo Open, lo scorso anno. Ora esce, per l’etichetta Reveal, un nuovo EP Born, che dovrebbe essere preludio ad un album intero.

Io ve lo segnalo sempre, perché secondo me merita, poi non so se questo EP con cinque brani, tiratura limitata di 1.000 copie, in uscita il 3 giugno, sarà recuperabile, ma i fans sono avvisati.

joan baez 75th celebration

Quest’anno oltre a Bob Dylan un’altra icona della musica americana ha festeggiato il suo 75° compleanno, parliamo di Joan Baez, la quale, a differenza del menestrello di Duluth, ha deciso di festeggiare l’evento in pompa magna, con un mega concerto registrato al Beacon Theatre di New York il 27 gennaio scorso. Ora la Razor & Tie pubblica, il 10 giugno, questo 75th Birthday Celebration in vari formati. C’è il doppio CD, il DVD, o la versione deluxe 2 CD+DVD e il contenuto è fantastico, sia per la scelta dei brani che per ospiti presenti alla serata. Vedete un po’ chi c’era e cosa hanno cantato:

God is God – Joan Baez
There But For Fortune – Joan Baez
Freight Train – Joan Baez and David Bromberg
Blackbird – Joan Baez and David Crosby
She Moved Through the Fair – Joan Baez and Damien Rice
Catch the Wind – Joan Baez and Mary Chapin Carpenter
Hard Times Come Again No More – Joan Baez and Emmylou Harris
Deportee (Plane Wreck at Los Gatos) – Joan Baez, Emmylou Harris, and Jackson Browne
Seven Curses – Joan Baez
Swing Low, Sweet Chariot – Joan Baez
Oh Freedom / Ain’t Gonna Let Nobody Turn Me Around – Joan Baez and Mavis Staples
The Water Is Wide – Joan Baez, Indigo Girls, and Mary Chapin Carpenter
Don’t Think Twice, It’s All Right – Joan Baez and Indigo Girls
House of the Rising Sun – Joan Baez, Richard Thompson, and David Bromberg
She Never Could Resist A Winding Road – Joan Baez and Richard Thompson
Before The Deluge – Joan Baez and Jackson Browne
Diamonds & Rust – Joan Baez and Judy Collins
Gracias a la Vida – Joan Baez and Nano Stern
The Boxer – Joan Baez and Paul Simon
The Night They Drove Old Dixie Down – Joan Baez
Forever Young – Joan Baez
 

shawn colvin & steve earle

Altra formidabile ed imprevedibile accoppiata, Shawn Colvin & Steve Earle pubblicano il 10 giugno il loro disco di duetti Colvin & Earle per la Fantasy del gruppo Universal. Per i misteri della discografia internazionale, la versione singola, ma Deluxe, con tre brani in più, già di per sé fin troppo costosa, uscirà solo per il mercato americano (niente Europa ed Italia), quindi pure di difficile reperibilità.

Il disco, prodotto da Buddy Miller e registrato nel suo studio privato e casalingo, consta di dieci brani nella versione standard, sei scritti dalla coppia Earle e Colvin, più quattro cover, un brano di Emmylou Harris, uno di Sylvia Fricker, Tobacco Road Ruby Tuesday degli Stones. Tredici i brani della Deluxe edition: 1. Come What May 2. Tell Moses 3. Tobacco Road 4. Ruby Tuesday 5. The Way That We Do 6. Happy & Free 7. You Were on My Mind 8. You’re Right (I’m Wrong) https://www.youtube.com/watch?v=QnUktPxUxbU 9. Raise the Dead 10. You’re Still Gone Deluxe Edition Bonus Tracks: 11. Someday 12. That Don’t Worry Me Now 13. Baby’s in Black

Nel disco suonano anche Fred Eltringham alla batteria, Chris Wood (Medeski, Martin & Wood Wood Brothers) al basso e Richard Bennett alle chitarre. Ottimo ed abbondante!

william bell this is where i live

William Bell è stato uno dei primi artisti ad essere messo sotto contratto dalla Stax: il suo primo singolo You Don’t Miss Your Water, una splendida soul ballad, risale al 1961, e il suo ultimo album per l’etichetta di Memphis al 1974. Ora, 42 anni dopo e all’età di 76 anni ritorna su etichetta Stax per questo bellissimo This Is Where I Live.

  https://www.youtube.com/watch?v=dbXMYJSvddk

Dodici brani di soul music senza tempo: 1. The Three Of Me 2. The House Always Wins 3. Poison In The Well 4. I Will Take Care Of You 5. Born Under A Bad Sign 6. All Your Stories 7. Walking On A Tightrope 8. This Is Where I Live 9. More Rooms 10. All The Things You Can’t Remember 11. Mississippi-Arkansas Bridge 12. People Want To Go Home

Le note del disco sono firmate da Peter Guralnick, uno dei decani e tra i più grandi giornalisti musicali americani e nell’album, prodotto da John Leventhal, appaiono brani scritti appositamente per l’occasione da Rosanne Cash, Marc Cohn, Cory Chisel Scott Bomar, oltre che da Leventhal che ha scritto molto dei brani con lo stesso Bell. Oltre ad una ripresa del suo super classico Born Under A Bad Sign, scritta ai tempi insieme a Booker T Jones per Albert King e suonata anche dai Cream. Per gli amanti della soul music che godranno come ricci, sono solo tre parole: gran bel disco!

eli paperboy reed my way home

Un altro che fa grande soul music, “bianca”, mista a rock, è questo signore di belle speranze Eli Paperboy Reed, di cui ,i era piaciuto moltissimo il terzo album http://discoclub.myblog.it/2010/04/29/soul-music-con-l-a-nima-maiuscola-eli-paperboy-reed-come-and/, meno il successivo Night Like This uscito per la Warner Bros nel 2014, dove la voce e le canzoni c’erano ma il suono era drasticamente cambiato. Ora il nostro amico passa alla Yep Rock per questo nuovo My Way Home, in uscita il 10 giugno e sembra avere messo di nuovo la testa a posto. con un disco solido e ben suonato.

Ecco i brani contenuti: 1. Hold Out 2. Your Sins Will Find You Out 3. Cut Ya Down 4. Movin’ 5. Tomorrow’s Not Promised 6. My Way Home 7. Eyes On You 8. The Strangest Thing 9. I’d Rather Be Alone 10. A Few More Days 11. What Have We Done

E un altro estratto, strepitoso, questa volta dal vivo, dal nuovo disco. Dimensione Live dove emerge il suo talento veramente notevole, sentite che roba.

band of horse why are you ok

Nuovo album anche per i Band Of Horses dopo l’interessante Live At the Ryman del 2014 http://discoclub.myblog.it/2014/02/17/cavalli-razza-versione-unplugged-band-of-horses-acoustic-at-the-ryman/, uscito per una etichetta indipendente, tornano ad una major la Interscope/Universal che pubblica loro il nuovo album Why Are You Ok, prodotto da Jason Lyttle dei Grandaddy, e con la supervisione esecutiva di Rick Rubin (che sarà anche il produttore del nuovo Avett Brothers in uscita il 24 giugno), oltre al mixaggio di Dave Fridmann dei Mercury Rev.

Questi i titoli delle canzoni: 1. Dull Times/The Moon 2. Solemn Oath 3. Hag 4. Casual Party 5. In A Drawer 6. Hold On Gimme A Sec 7. Lying Under Oak 8. Throw My Mess 9. Whatever, Wherever 10. Country Teen 11. Barrel House 12 Even Still

E comunque anche l’ultimo disco del 2012 Mirage Rock aveva avuto un ottimo produttore nella persona di Glyn Johns e pure quelli precedenti, con Phil Eck (Fleet Foxes, Modest Mouse, Shins). Il disco sembra buono ad un veloce ascolto. Sempre ottimi dal vivo https://www.youtube.com/watch?v=xEFGGChcivg

Direi che è tutto, alla prossima lista di uscite.

Bruno Conti

P.s Scusate, ma c’era stato nei giorni scorsi un problema tecnico nella impaginazione di questo Post, ora risolto.

Natale In Ritardo E Fuori Stagione, Ma Questa E’ Brava! Susan Marshall – Decorations Of Red

susan marshall decorations of red

Susan Marshall – Decorations Of Red – Madjack Records

A volte mi capita (è successo in passato, succede nel presente, e succederà in futuro), di scoprire dei gruppi e cantanti misconosciuti quasi per caso, e (quasi sempre) apprezzarli molto di più di altri grandi nomi. Uno dei primi di questi “casi” è successo nel lontano ’94 per i Mother Station, un gruppo poco noto proveniente da Memphis, che aveva la particolarità di essere guidato da due donne: dalla ottima chitarrista Gwin Spencer e dalla meravigliosa voce di Susan Marshall, che insieme a Rick Shelton alla batteria e Paul Brown al pianoforte, pubblicavano Brand New Bog (assolutamente da recuperare, lo si trova ancora a prezzi contenuti), un lavoro dal suono potente, molto ispirato sia al “southern rock” quanto al vecchio stile blues modernizzato, purtroppo l’unico disco uscito fino ad oggi. In sintesi il disco era composto da dodici brani, undici scritti dalla Spencer, il dodicesimo invece era una cover di un vecchio brano degli Humble Pie Fool For A Pretty Face, con le ballate finali Show You The Way e Stranger To My Soul, in cui la Marshall dava un saggio della sua bravura vocale.

Dopo questo doveroso preambolo per inquadrare la figura di questa cantante, una breve cronistoria: la carriera di Susan Marshall dopo lo scioglimento del gruppo è proseguita come backing vocalist, fornendo la sua voce a tante registrazioni (viene accreditata in più di 100 album) di artisti importanti come Lynyrd Skynyrd, Primal Scream, Afghan Whigs, Lenny Kravitz, Toy Caldwell, Willy DeVille, Ana Popovic, Lucinda Williams, Solomon Burke, North Mississippi Allstars, Bottle Rockets, Cat Power e moltissimi altri. Nel frattempo Susan si è messa a scrivere canzoni e suonare il pianoforte, e il suo debutto da solista  era avvenuto con Honeymouth (02), seguito da Firefly (05), Little Red (09), quasi tutti colpevolmente ignorati dalle nostre parti.

Questa ultima fatica Decorations Of Red (uscito sul finire dello scorso anno), è una bella raccolta di brani a carattere natalizio, con alcune “cover” d’autore a tema, e per registrarlo Susan (con la produzione di Jeff Powell) si è recata nei mitici studi Sam Phillips Recording Services di Memphis (tutti travestiti da Babbo Natale), David Cousar alle chitarre elettriche e acustiche, Clifford “Peewee” Jackson alla batteria, Jana Misener al cello, contrabbasso e armonie vocali, e la stessa Marshall al piano e tastiere, per confezionare nove brani dove la voce di Susan può spaziare in libertà di vocalizzo.

Le “decorazioni rosse” stagionali si aprono con una magnifica versione di un brano di William Bell Every Day Will Be Like A Holiday, una ballata “soul” con tanto di coretti in puro stile “Stax”, per poi passare ai classici sempiterni, una Santa Baby (ascoltate anche la versione originale di Eartha Kitt) rifatta in chiave blues, e una White Christmas cantata in modo celestiale dalla nostra “amica”, e  quindi omaggiare una grande cantautrice come Carole King con la sua nota Home Again, pescata dal famosissimo e pluridecorato Tapestry (71). Le confezioni natalizie contengono un altro “standard” come  Jingle Bells, rivoltato come un calzino dall’arrangiamento della Marshall, a cui fanno seguito una sofferta Little Things A Lot , una Blue Christmas di Billy Hayes riletta in chiave ovattata e “jazzy”, per poi rispolverare un’altra grande canzone “stagionale” come River di Joni Mitchell (questa la trovate sul mitico Blue) in una versione pianistica da brividi, e chiudere con l’inedito Deck The Halls, Y’All (firmato da tutti i componenti della band), dove Susan sperimenta nuovi percorsi sonori.

Susan Marshall in tutti questi anni, si è costruita una dignitosa carriera indipendente nell’ambito del sottobosco musicale americano, confermandosi una straordinaria cantante tra le più brave e versatili attualmente in circolazione (siamo in zona Beth Hart https://www.youtube.com/watch?v=jjYc2TIGBxE , Dana Fuchs e Grace Potter), con una voce chiara e potente, doti che la fanno apprezzare come “vocalist” dagli addetti ai lavori e dagli amanti della buona musica. Se ancora non conoscete questa signora, è giunto il momento di rimediare a questa lacuna. Oppure aspettate il prossimo Natale!

Tino Montanari

*NDT. Dopo Dana Fuchs e Susan Marshall, per chiudere il cerchio delle belle voci, a giorni sarà il turno di un’altra grande cantante, Shaun Murphy. Alla prossima!