Sono Veramente Bravi Tutti! Elvin Bishop’s Big Fun Trio – Something Smells Funky ‘Round Here

elvin bishop's big fun trio - something smells funky 'round here

Elvin Bishop’s Big Fun Trio – Something Smells Funky ‘Round Here – Alligator/Ird

Con l’album omonimo dello scorso anno hanno rischiato di vincere il Grammy per il miglior disco di Blues tradizionale nel 2018 https://discoclub.myblog.it/2017/02/04/come-il-buon-vino-invecchiando-migliora-elvin-bishops-big-fun-trio/ , ed Elvin Bishop era già stato candidato nel 2008 con The Blues Rolls On: nel 2015 era anche entrato nella Rock And Roll Hall Of Fame come componente della Butterfield Blues Band, quest’anno a ottobre compirà 76 anni, ma il chitarrista e cantante californiano (cittadino onorario di Chicago, per i suoi meriti nella musica blues) non sembra intenzionato ad appendere la chitarra al chiodo. Si è inventato questa formula del trio dopo tanti anni on the road ,con una big band che aveva almeno sette/otto elementi in formazione, ma ha dichiarato che non è stato per motivi economici che ha cambiato il formato, quanto perché si era stufato di aspettare che il suonatore di trombone finisse il suo assolo (lo humor non gli è mai mancato). Quale che sia il motivo comunque i risultati si sentono: Bishop si è scelto due soci di grande spessore, Willy Jordan (John Lee Hooker, Joe Louis Walker e Angela Strehli), al cajon, e soprattutto vocalist formidabile e Bob Welsh (Rusty Zinn, Charlie Musselwhite, Billy Boy Arnold, James Cotton), piano e chitarra, che sono, come leggete appena sopra, musicisti dal pedigree notevole e tutti e tre insieme fanno un “casino” notevole, inteso nel senso più nobile del termine.

Sono solo dieci brani, ma uno più bello dell’altro, l’album complessivamente mi sembra addirittura superiore al precedente, insomma un gran bel disco di blues, con abbondanti elementi rock, soul e di quant’altro volete sentirci: la title track Something Smells Funky ‘Round Here è firmata da tutti e tre, anche se il testo è di Bishop, che dice di non essere una persona molto politicizzata abitualmente, però l’ultimo inquilino della Casa Bianca è riuscito a fare “incazzare” anche lui, il tutto viene spiattellato a tempo di un rock-blues vibrante e tirato quanto consente un trio in teoria non elettrico, ma con le chitarre che ci danno dentro di gusto. La cover di (Your Love Keeps Lifting Me) Higher And Higher di Jackie Wilson è semplicemente splendida, accompagnamento minimale, ma la voce di Willy Jordan tenta dei falsetti acrobatici e spericolati che neanche Wilson ai tempi raggiungeva, mentre Bishop e Welsh con piccoli accenni di chitarra e slide danno il loro tocco di classe; Right Now Is The Hour è una nuova versione di un pezzo del 1978 che era su Hog Heaven, cantata a due voci da Jordan e Bishop, non sfigura rispetto all’originale del disco Capricorn che aveva un arrangiamento sontuoso, tanta grinta e chitarre anche nella nuova rivisitazione. Pure Another Mule di Dave Bartholomew, il pard storico di Fats Domino, era uscita su un disco di Bishop del 1981, e questa nuova versione mescola Chicago e New Orleans Blues in grande scioltezza, mentre la chitarra è sempre felpata e con sprazzi di gran classe in questo sinuoso blues.

That’s The Way Willy Likes It parte cantata coralmente poi diventa un blues and soul godurioso cantato alla grande da Jordan, con Bishop e Welsh sempre precisi e puntuali alle chitarre. I Can Stand The Rain è l’altra grande cover di un classico della soul music, questa volta di Ann Peebles, di nuovo cantata magnificamente da Wily Jordan, mentre la slide di Bishop e l’organo di Welsh aggiungono ancora tocchi di genio ad una versione intensa, mentre in precedenza in Bob’s Boogie Welsh aveva fatto volare a tutta velocità le mani sulla tastiera del  suo piano. Anche Stomp è un altro strumentale, questa volta di Bishop, sempre a tempo di boogie, con Elvin che mostra la sua abilità sia alla slide come alla solista; prima della conclusione arriva uno dei classici blues confidenziali di Bish che “conversa” con il suo pubblico su pregi  e difetti della terza età, con ironia e dosi di piano e stridente chitarra sparse a piene mani, e ancora il cajun soul godurioso della cover di un vecchio brano di Edwin Hawkins (quello di Oh Happy Day, scomparso di recente a gennaio), con l’accordion di Andre Thierry a duettare brillantemente con piano e chitarra.

Bruno Conti

Come Il Buon Vino, Invecchiando Migliora! Elvin Bishop – Elvin Bishop’s Big Fun Trio

elvin bishop's big fun trio

Elvin Bishop – Elvin Bishop’s Big Fun Trio – Alligator/Ird

L’idea di base di partenza è interessante e stimolante: fare un disco di blues in trio, con tre ospiti all’armonica. Ovviamente è la formazione che è “strana”: a fianco di Elvin Bishop, voce e chitarra, ci sono Bob Welsh, pianista, che si disbriga con abilità, quando serve, anche alla chitarra, e Willy Jordan al cajòn, voce solista e armonie vocali (il cajòn è quello strumento a percussione di origine Peruviana, a forma di cassetta, e che si suona sedendoci sopra). I tre armonicisti ospiti, ciascuno presente in un brano, sono Charlie Musselwhite, Rick Estrin e Kim Wilson. Devo dire che il disco, pur non essendo un capolavoro assoluto, ha un suo perché: Elvin Bishop ormai ha una voce da vecchio maestro del blues (quale è diventato), una specie di roco ghigno un po’ sfiatato, ma vissuto e divertito, al quale si accodano i suoi pard per l’occasione, in grado di regalarci un piccolo ripasso del blues, del soul e del R&R, oltre a sette brani a sua firma, tra i quali una ripresa di Ace In The Hole, la title track del suo terzo album per la Alligator, pubblicato nel 1995. Al solito, se volete il mio parere, che vi do comunque, preferisco il Bishop “elettrico” dell’ultimo Can’t Even Do Wrong Right, pubblicato sempre per l’etichetta di Chicago, e che era un ritorno in parte al sound dei suoi dischi targati anni ’70 http://discoclub.myblog.it/2014/08/23/siamo-sulla-stessa-barca-del-blues-elvin-bishop-cant-even-do-wrong-right/ , ma questo Elvin Bishop’s Big Fun Trio non è niente male.

Questa volta il sound è più intimo e raccolto, peraltro non privo di brillantezza e suonato con la giusta forza, insomma non si corre il rischio di appisolarsi. Fin dall’iniziale vorticoso boogie, per piano e chitarra, Keep On Rollin’, i tre si divertono, con la chitarra di Bishop che svolge anche un supporto ritmico al lavoro di Jordan (che ha pure una ottima voce, cosa che non guasta), oltre a ritagliarsi i suoi spazi solisti. A seguire una ripresa di Honey Babe, un vecchio brano di Lightnin’ Hopkins, sempre caratterizzato da questo suono elettroacustico ma vibrante; It’s You è il brano con Kim Wilson all’armonica, classico Chicago blues, con l’ottimo Welsh al piano e uno scatenato Jordan che oltre a tenere il tempo con brio, come detto poc’anzi, ha una voce da gran cantante. Ace In The Hole, più lenta e sorniona, è cantata da Elvin, mentre Let’s Go, con un bel groove R&R, è un brano mezzo strumentale e mezzo parlato, con retrogusti alla Bo Diddley prima maniera. Delta Lowdown, con Rick Estrin all’armonica, come da titolo, è di nuovo blues puro della più bell’acqua, uno strumentale brillante dove si apprezza l’interscambio dei vari solisti; It’s All Over Now è una ripresa del vecchio classico di Bobby Womack (e degli Stones), che nonostante l’approccio sonoro raccolto del trio, non perde nulla del vigore delle versioni più conosciute, con Jordan che canta alla grande e Bishop che si inventa un assolo di gran classe anche in questa dimensione semi-unplugged.

100 Years of Blues vede la presenza di Charlie Musselwhite all’armonica e voce solista, il classico blues lento e cadenzato che si suona da almeno 100 anni, a giudicare dal titolo, con Bishop che lancia l’assist vocale con un talkin’ blues e Musselwhite che raccoglie e rilancia; Let The Four Winds Blow non avrà 100 anni (solo 55) ma il classico di Fats Domino viaggia a tutto ritmo sulle ali del piano di Welsh e della slide di Bishop, per una versione di gran classe. Il trittico finale di brani firmati da Bishop forse (ma forse) non ha la forza di quanto ascoltato finora, però la divertente That’s What I’m Talkin’ About si lancia anche su derive R&B e gospel, senza dimenticare l’immancabile blues misto a R&R, con Jordan che si conferma non solo percussionista di pregio, ma anche vocalist di talento, forgiato da lunghi anni di militanza sui palchi di New Orleans e dintorni. E pure il blues sanguigno di Can’t Take No More, dove Jordan si lancia in un ardito falsetto, non manca di entusiasmare, più di quanto mi sarei aspettato da un disco così particolare. Il finale, manco a dirlo, è affidato a una Southside Slide, uno strumentale dove Elvin Bishop ci delizia con la sua abilità alla bottleneck guitar. Lo dico di nuovo? Meglio di quanto mi aspettassi, viste le premesse: ancora una volta, 74 anni e non sentirli! Esce ufficialmente il 10 febbraio.

Bruno Conti