Le Buone Tradizioni Di Famiglia! Wilson Fairchild – Songs Our Dads Wrote

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Wilson Fairchild – Songs Our Dads Wrote – BFD CD

I Wilson Fairchild, duo musicale formato da due cugini provenienti dalla Virginia, Wil e Langdon Reid, è uno dei rari casi di una band che cambia nome a carriera in corso: i due infatti avevano iniziato la carriera, pubblicando anche un paio di CD, come Grandstaff, ma poi pare che il nome creasse problemi ad essere compreso e così lo hanno mutato in Wilson Fairchild, ottenuto mettendo insieme i loro middle names (non che adesso il nome sia così memorizzabile). Indagando più a fondo, però, ho scoperto che i due altri non sono che i figli di Don e Harold Reid, cioè i due membri più importanti degli Statler Brothers, gruppo vocale country-gospel famoso negli anni sessanta e settanta (ma che hanno fatto dischi fino al 2002), il quale, pur avendo vinto diversi premi come gruppo country vocale dell’anno, deve gran parte della sua notorietà al fatto di essere stati per anni al servizio di Johnny Cash. Ma i due Reid Senior, che erano tra l’altro gli unici fratelli all’interno del gruppo (Statler era un nome di fantasia, preso da una marca di fazzoletti di carta!), hanno scritto anche diverse canzoni, nove delle quali sono entrate a far parte di questo CD di debutto dei figli Wil e Langdon (è il loro primo full length, alle spalle hanno solo un EP uscito nel 2013), intitolato significativamente Songs Our Dads Wrote.

Un omaggio sincero e sentito alle loro origini, un lavoro che mostra rispetto per il passato ed amore per la musica, due cose che oggi sono purtroppo sempre più rare: per far meglio risaltare la bellezza delle canzoni i Reid Jr., che sono tra l’altro dotati di due gran belle voci, hanno deciso di rivestire le melodie con il minimo indispensabile di strumenti, una scelta che fa loro onore, anche se commercialmente non avranno grandi benefici. Infatti in queste dieci canzoni (l’ultima, The Statler Brothers Song, è l’unica scritta dai figli e non dai padri, e tra l’altro già pubblicata 8 anni fa con la vecchia “ragione sociale”) troviamo solo le due chitarre acustiche dei nostri, l’armonica di Buddy Greene, una leggera percussione ad opera di Andy Hubbard ed un dobro in un paio di brani: nient’altro, a parte alcuni interventi vocali di Jimmy Fortune, un ex membro degli Statler Brothers anche se solo dal 1983. Le canzoni sono tutte molto belle, sia quando vengono riproposte con l’arrangiamento simile all’originale sia quando assumono un approccio più moderno, ed il lavoro dei due cugini è doppiamente meritevole, in quanto ci fanno riscoprire un gruppo oggi abbastanza dimenticato.

Il disco inizia benissimo con la bella Left Handed Woman, una limpida country song dalla melodia fluida e diretta, solo con le due chitarre dei nostri e l’armonica (che è quasi lo strumento solista), ma non si sente la mancanza di altro: se volete un termine di paragone, sembra di sentire una versione stripped-down della Nitty Gritty Dirt Band d’annata. Nella deliziosa I’ll Even Love You Better Than I Did Then, c’è anche una percussione appena accennata, che dona maggiore profondità ad un brano decisamente bello e fruibile, con i due che armonizzano davvero bene, mentre How Are Things In Clay, Kentucky? è quasi più folk che country, e mantiene le caratteristiche dei due brani precedenti, cioè una melodia semplice ma di spessore allo stesso tempo, con il solito accompagnamento scarno ma perfettamente bilanciato. Si sente che le canzoni sono state scritte in un’altra epoca, anche se l’approccio dei nostri è piuttosto contemporaneo: la pura e tersa She’s Too Good vede affacciarsi un dobro, Second Thoughts e Some I Wrote sono due scintillanti country songs ancora dal motivo classico e di presa sicura, con un refrain splendido la prima ed un’atmosfera d’altri tempi la seconda. Guilty rimanda direttamente ai canti folk appalachiani, ritmo spedito ed ottimo ritornello corale, mentre con la cristallina A Letter From Shirley Miller torniamo ai giorni nostri, per una squisita country ballad dall’aria nostalgica. L’album si chiude con la veloce He Went To The Cross Loving You, un brano originariamente di matrice gospel che i nostri trasformano in un riuscito country tune bucolico, e con la già citata The Statler Brothers Song, un sentito omaggio dei due ai propri padri, che pone termine ad un vero e proprio labor of love, e che è una dimostrazione pratica che il futuro ha le radici nel passato.

Marco Verdi