Attenzione, non sono dei fenomeni da baraccone, non hanno sicuramente l’approccio filologico delle Unthanks ma si inseriscono in quel filone di “Nuovo Folk” che dall’Inghilterra, Mumford & Sons e Fanfarlo, per citarne due a caso, e dall’America, qualcuno ha detto Fleet Foxes o Low Anthem? Mi era parso! Le ragazzine sono meno brave ma promettenti, se riusciranno a superare una certa monotonia e monocromicità nel loro sound potrebbero regalare delle belle sorprese. Nel disco non c’è ma sentitevi questa bella cover di Tiger Mountain Peasant Song dei Fleet Foxes, la stoffa c’è, le voci pure.
Non chiedetemi chi è Klara e chi Johanna Soderberg delle due sorelline, vi segnalo che hanno già pubblicato un ep Dunken Trees nel 2008, in Youtube ci sono almeno una decina di video, clip e live, tutti molto piacevoli, in brani come Winter is all over you e I met up with a king fanno capolino anche degli archi che danno una maggiore profondità alle voci delle due ragazze, che rimangono comunque le protagoniste con le loro deliziose armonizzazioni vocali.
Le Watson Twins sono una coppia di gemelle californiane già in pista da alcuni anni, prima come collaboratrici alla pari nel delizioso (esagero?), bellissimo album Rabbit Fur Coat, attribuito, giustamente a Jenny Lewis (la bravissima leader dei Rilo Kiley) with the Watson Twins, un piccolo di gioiellino di pop-rock alternativo che avrebbe fatto la gioia degli amanti del rock californiano più raffinato (Fleetwood Mac, Steely Dan) con retrogusti di country got soul. Questo è un appetizer da quella pura delizia.
Poi si sono date alla carriera solista, prima un EP nel 2006 Southern Manners, poi nel 2008 l’ottimo Fire Songs per i tipi della Vanguard Records, trovando anche il tempo per apparire nel tributo femminile a Neil Young Cinnamon Girl con una ottima Powderfinger.
Il 2010 le vede tornare, ai primi di febbraio, con un nuovo album, anche questo molto bello, Talking to You, Talking to me, sempre su Vanguard. Ancora una volta sono le voci il grande atout di questo disco, ma gli arrangiamenti, molto curati, hanno fatto parlare addirittura di una Carole King piena di soul mista a Feist (questo nelle note per la stampa subito riportate nei media).
Io, che l’album me lo sono ascoltato per bene, non ho rilevato nulla di tutto ciò, viceversa ho rilevato una incredibile somiglianza con la prima Tracey Thorn, quella degli Everything but the Girl prima della svolta dance di Missing, moltiplicato per due voci, bellissime ed espressive. Oppure, musicalmente, lo stile di Sade (se avesse, con tutto il rispetto, una voce così bella e meno sospirosa, anche se rispetto e amo i suoi primi album, a proposito anche lei dovrebbe tornare ai primi di febbraio con un nuovo album), ma anche echi country-alternative, folk, rock, blues persino con un organo insinuante e una chitarra pungente che punteggiano il sound delle gemelle.
Le voci sono stupende, intercambiabili quando agiscono in solitario, sublimi quando armonizzano, un piccolo trionfo di puro pop, questo sì nella falsariga delle grandi Voci americane, Carly Simon, Carole King appunto, ma anche echi della California dei Beach Boys, la Natalie Merchant più gioiosamente malinconica (come dite, è un ossimoro, e chi se ne frega, è la verità). Non sto a citarvi brani, sono tutti molto belli, magari nell’attesa del nuovo cercatevi gli album precedenti. Tipo questo.
Bruno Conti