Un Album Maledetto? Danger Mouse & Sparklehorse – Dark Night Of The Soul

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Danger Mouse & Sparklehorse Present Dark Night Of The Soul

Devo ammettere di non essere uno dei più grandi fan dell’opera omnia di Brian Burton (aka Danger Mouse) ma, di tanto in tanto, le sue produzioni mi hanno prima incuriosito e poi interessato: per i due o tre che non lo sanno Danger Mouse è quello di Crazy, uno dei singoli di maggior successo dell’ultima decade ma ha anche collaborato con Sparklehorse, Gorillaz, The Good, The Bad & The Queen, Black Keys (compreso l’ultimo, eccellente, Brothers), Beck e Broken Bells tra gli altri, quindi vari nomi interessanti e validi.

Questo progetto Dark Night Of The Soul prende lo spunto da un poema omonimo scritto nel 16° secolo da San Giovanni della Croce, un mistico spagnolo che ha voluto rappresentare questa “Notte oscura dell’anima” come quella fase, nella vita spirituale di una persona, in cui la solitudine e la desolazione prevalgono sugli altri sentimenti, ovviamente sotto forma di metafora e relativamente soprattutto al Cristianesimo (per chi vuole approfondire, ovviamente ci sono molti testi al riguardo).

L’idea alla base di questa rappresentazione è di Mark Linkous, il non dimenticato leader degli Sparklehorse, scomparso suicida nel marzo di quest’anno, dopo una vita segnata da molte tragedie personali e caratterizzata dalle conseguenze di una overdose avuta nel 1996 in una camera di albergo che lo ha lasciato su una sedia a rotelle per alcuni mesi e poi con seri problemi alle gambe per il resto della sua vita. Un altro dei partecipanti a questo album, Vic Chesnutt, è morto suicida a Natale dello scorso anno dopo una vita visssuta in circostanze più o meno analoghe a quelle di Linkous.

Per questo nel titolo ho accennato ad una sorta di “maledizione” che ha colpito questo disco; in effetti l’album sarebbe dovuto uscire (è uscito, in parte!) lo scorso anno come una sorta di progetto multimediale con la partecipazione di David Lynch, autore delle foto nel libro di 100 pagine e “cantante” in un paio di brani di questa miniopera.

Linkous, per motivi personali, non ha voluto apparire come cantante in questo CD e quindi una serie di amici e ammiratori della sua opera si è alternato nei vari brani.

Devo dire che, prima di sentirlo, ero piuttosto scettico su questa operazione invece mi devo ricredere, il disco è molto bello, “strano” ma non più di tanto e la rivista inglese Mojo lo ha eletto disco del mese nel numero in edicola questo mese non senza motivo: si tratta di un album intenso, molto vario ( e non poteva essere diversamente visto il numero dei partecipanti coinvolti), ma con una sua logica.

Molti dei partecipanti che sono stati scelti per rappresentare i brani di Mark Linkous hanno delle attitudini vocali non lontane da quelle dell’autore ma non è sempre così: Danger Mouse si limita a imporre quella patina di “modernità” nel filtraggio delle voci, nell’uso moderato dell’elettronica e di effetti “statici” qua e là, ma la sua produzione è molto misurata nell’insieme.

E così ascoltiamo, nell’iniziale Revenge, Wayne Coyne dei Flaming Lips, in un brano caratterizzato da una ritmica esuberante vagamente reminiscente del Lennon di Plastic Ono Band o dei Pink Floyd dei mid-seventies, un leggero falsetto, una voce filtrata dall’eco e pochi altri effetti per una bella ballata, semplice e immediata che è uno dei brani migliori dell’album che ha altre vette ma parte bene.

Just War è cantata da Gruff Rhys dei Super Furry Animals con sonorità quasi beatlesiane, lievemente “psichedeliche”, dolci e ondeggianti, molto “serene, suono che rimane molto simile anche nella successiva Jaykub cantata da Jason Lytle dei Grandaddy, questo psyco-pop molto avvolgente e con melodie vocali espansive e assai curate, tra tastiere vintage, chitarre elettriche e “moderna” elettronica vince in questa sua sorprendente semplicità. Il trittico iniziale è molto “positivo” e vincente.

Non sono un ammiratore di Julian Casablancas ma devo ammettere che la sua prestazione è più che adeguata nel rock elettronico della “svelta” Little Girl che ci regala anche un convenzionale e pungente assolo di chitarra elettrica in puro stile rock ma con venature wave fine anni ’70. Black Francis dei Pixies e Iggy Pop fanno loro stessi e ci regalano i momenti più “duri” di questa raccolta: Angel’s Harp è un brano quasi alla Nirvana o Pixies se preferite, con chitarre tirate, ritmica violenta e cantato quasi grunge, mentre quello di Iggy Pop, Pain è un omaggio alla sua produzione Bowiana anni ’70 ma anche alle sonorità di certi gruppi inglesi anni ’70 (secondo alcuni assomiglia moltissimo a Shot By Both Sides dei Magazine, un brano del catalogo EMI che potrebbe essere all’origine del contenzioso tra la casa discografica e Danger Mouse), comunque rimane una delle migliori performances degli ultimi tempi dell’Iguana.

Star Eyes è il primo contributo di David Lynch, un’altra piccola variazione sul tema neo-psichedelico dell’album, con la voce filtrata del regista che potrebbe essere di chiunque tanto è irroconoscibile, non memorabile ma neppure malvagio. Everytime I’m With You cantata ancora da Lytle è una più sofferta rappresentazione dello stile di Linkous, mentre Insane Lullaby cantata da Jason Mercer degli Shins (e dei Broken Bells) è una sorta di ninna-nanna futuribile molto carica nelle sonorità costruite dal produttore Danger Mouse.

Daddy’s Gone, un duetto tra Linkous e Nina Persson dei Cardigans, vagamente country e nuovamente beatlesiana al contempo, è un’altra piccola perla pop con archi esuberanti e quella scrittura più leggera che ha sempre caratterizzato lo stile di Linkous nei dischi degli Sparklehorse.

Una sospirosa e francamente irriconoscibile, tanto è filtrata la sua voce, Suzanne Vega, contribuisce al brano con il titolo più intrigante del disco, The Man Who Played God, non tra le più riuscite del disco devo dire. Grim Augury con la voce sgraziata e inconfondibile di Vic Chesnutt che aggiunge al fascino insalubre del brano un significato recondito postumo e Dark Night Of The Soul ancora “cantata” da un filtratissimo Lynch concludono su una nota pessimistica questa opera postuma nata dalla collaborazione di Danger Mouse e Mark Linkous.

Una operazione strana e inconsueta ma affascinante, da domani nei negozi.

Volendo, potete sentire, prima di decidere l’eventuale acquisto, l’intero album in stream qui NPR’s stream of the album

Bruno Conti

Un Album Maledetto? Danger Mouse & Sparklehorse – Dark Night Of The Soulultima modifica: 2010-07-12T19:14:00+02:00da bruno_conti
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