Ma Che Bello! The Duke And The King – Long Live The Duke And The King

duke and the king long live.jpg

 

 

 

 

 

 

 

The Duke & The King – Long Live The Duke And The King – Silva Oak/Loose/Pias/Self

O per dirla tutta come Nino Frassica nei panni di Frate Antonino da Scasazza avrebbe detto “Non è bello ciò che è bello, ma che bello, che bello, che bello”. Dopo questa citazione storica facciamo anche l’altra che tutti si aspettano per dimostrare di avere studiato: The Duke and The King sono due dei  compagni di viaggio di Huckleberry Finn nel famoso romanzo di Mark Twain. Ma vi dirò di più ancora, in questo sfoggio di cultura, il titolo dell’album del 2009 dei Felice Brothers Yonders is the Clock è anche il titolo di un altro racconto di Mark Twain.

Già ma perché i Felice Brothers appaiono subito in questa recensione? Ma è elementare, Watson! Perchè Simone Felice, il leader di questo gruppo è il fratello ed ex batterista e polistrumentista nel gruppo di famiglia, ma “membro minore”  e non come in modo magniloquente viene riportato nel comunicato stampa, cito parola per parola – La nuova incarnazione di Simone Felice, la mente degli americani Felice Brothers…- ma mi faccia il piacere! Chissà come saranno contenti, e sorpresi, i fratelli.

Comunque questo Long Live The Duke And The King è un signor disco, un passo avanti rispetto al già ottimo Nothing Gold Can Stay ed assolutamente alla pari o superiore agli album dei Felice Brothers. Non per nulla, e questo è assolutamente vero, Simone Felice il 16 ottobre prossimo a Livorno riceverà il Premio Ciampi come migliore songwriter americano dell’anno. E questo per il disco dello scorso anno, questo è anche meglio, quindi tenere d’occhio.

Si diceva che questo nuovo LLTDATK (per comodità vista la lunghezza del titolo) è un ulteriore sviluppo rispetto all’album precedente che era nato come sforzo congiunto di una coppia, insieme a Felice c’era Robert “Chicken” Burke, mentre in questo caso l’organico si è allargato a quattro con l’ingresso dell’ottimo batterista Nowell Haskins anche lui con un passato funky con George Clinton come Burke e la componente femminile di Simi Stone. Questo allargamento fa sì che in questo disco si assista di più a uno sforzo di gruppo con varie voci che si alternano e si amalgano, mentre, proseguendo l’analogia Twainiana, il loro viaggio musicale li porta da Bearsville (lo stesso nome degli studi della Band, da cui hanno preso l’abitudine di scambiarsi gli strumenti, ma situata vicino a NY) al profondo sud dei Muscle Shoals per il soul e il gospel passando per California e il sound weastcostiano di CSN & Y, ma anche con tanto country got soul e echi del primo James Taylor (di tanto in tanto sembrano Crosby, Stills And Taylor in un mondo alternativo) e Cat Stevens nella voce particolare di Simone Felice.

Questo signore, oltre a tutto, questa estate se l’è anche vista brutta perché a causa di problemi cardiaci ha dovuto subire una operazione a cuore aperto che per fortuna è andata bene, ma ha sospeso l’andamento del tour estivo e la pubblicazione del nuovo album.

Ma il disco è uscito, è bello, esageriamo? Molto bello! Dieci canzoni per un totale di 38 minuti, conciso, con un bel suono nitido (l’ingegnere del suono è il mitico Bob Ludwig e si sente!) e si fa ascoltare con gran piacere: dall’iniziale Gloria, uno stupendo country-gospel secolare dove la voce di Felice si confronta nel suo “call” con un response “nero” ma con retrogusti serenamente country weast-coast e belle armonie vocali. Shine On You con un’armonica molto younghiana (e pure il suono della chitarra!) e un bel intreccio vocale dei vari componenti del gruppo è un altro brano da grandi spazi mentre Shaky con i suoi riferimenti ai Jackson 5 e le sue ritmiche cariche di negritudine vira verso tematiche più funky ma parte come un gemello diviso alla nascita di For What’s Is Worth dei Buffalo Springfield, e non c’è niente di male in questo se poi il brano diventa così bello e coinvolgente, ancora con quelle voci così deliziose nella loro coralità e echi della psichedelia morbida del Donovan fine anni ’60, il sax nella parte finale aggiunge pepe alle procedure musicali.

Right Now ancora con quei brillanti incroci vocali tra il folk-rock portato da Felice e le derive soul dei componenti neri del gruppo con la voce femminile nel mezzo ad amalgamare il tutto è un altro momento topico del disco. Hudson River è soul puro di ottimo caratura, tra Sam Cooke e il Reverendo Al Green, molto derivativo ma chi se ne importa se il brano ti “acchiappa” e questo lo fa.

Simi Stone è la voce femminile del gruppo (nonchè violinista) e assume il comando delle operazioni nell’esuberante No Easy Way Out, qui il suono si fa più grintoso ma con le consuete dinamiche di alternanza tra rock e momenti più riflessivi. You And I è una meravigliosa ballata acustica, alla Crosby, Stills and Taylor, come si diceva prima, ma a cui le improvvise aperture sonore aggiungono profondità inconsuete al sound del gruppo. Children Of The Sun è un altro brano dove la psichedelia morbida si coniuga con soul e coralità weast-coastiana (qualcuno ha detto Graham Nash?) con il violino della Stone a impreziosire le trame sonore.

Have You Seen It è un altro momento che proviene dal songbook di CSN (& Y) ma dalle prime pagine, quelle migliori e loro lo conoscono bene.

Tutti i brani oscillano tra i 3 e 4 minuti scarsi l’unica eccezione è la conclusiva Don’t Take That Plane Tonight dove le chitarre si sfidano in una bella jam centrale che mi ha ricordato i Blue Rodeo ( e di rimando i momenti epici di Young), molto presente un basso danzante evidenziato dalla estrema nitidezza del suono e il finale che evidenzia a sua volta la vocalità di Simi Stone, vagamente dissonante.

Bello, non aggiungerei altro!

Bruno Conti

Ma Che Bello! The Duke And The King – Long Live The Duke And The Kingultima modifica: 2010-10-07T20:30:00+02:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo