Piccoli Piaceri Segreti! Dan Michaelson & The Coastguards – Shakes

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Dan Michaelson & The Coastguards – Shakes – Editions Self-Released

In questo caso dovrei veramente sfoderare il proverbiale “Chi è costui?” perché siamo di fronte ad un costui di grande talento. Inglese, 33 anni è stato il leader degli Absentee uno dei gruppi inglesi più sottovalutati della scorsa decade ma da un paio di anni ha deciso di dedicarsi alla carriera da solista con risultati splendidi.

Il primo album Saltwater uscito lo scorso anno per la Memphis Industries e con la collaborazione di alcune delle migliori forze della scena alternative (musicisti provenienti dal gruppo di KT Tunstall, Magic Numbers, Fields, Rumblestrips, Broken Family, gruppi e nomi che non scuotono il mondo dalle fondamenta ma dai risultati ottenuti non si direbbe), questo disco, si diceva, era già notevole con un suono molto espansivo e novi musicisti che giravano attorno al bellissimo baritono di Dan Michaelson.

Questo nuovo Shakes (autoprodotto e venduto in proprio, quindi si fatica a trovarlo, per usare un eufemismo) è ancora meglio, per la regola del meno e meglio il gruppo dei collaboratori è stato ridotto a cinque (4 + Michaelson): una chitarra “normale”, una steel, basso e batteria, più a sprazzi il piano e la tastiere del leader. Provate ad immaginare come avrebbe suonato la musica di Leonard Cohen se avesse iniziato la sua carriera ai giorni nostri (con meno impronta poetica ovviamente, anche se l’incipit del primo brano All The Trying, “Could you ever love again? Could you ever let it happen?” non è affatto male, e poi prosegue “Could you open up your ams, Enough to let The light trickle where it trickles, ‘cause I warned you, I want you”): se immaginate una musica semplice ma complessa al tempo stesso, un piano appena accennato, le due chitarre che avvolgono la voce di Michaelson, una sezione ritmica energica ma gentile al tempo stesso, potreste persino pensare che i Go-Betweens esistono ancora o che Richard Hawley ha fatto finalmente quel disco che minaccia di fare da anni, tanto per non fare dei paragoni e citare dei “fratelli in musica”. If not for you è altrettanto bella, malinconica e suadente al tempo stesso, con i suoi quasi silenzi che all’improvviso si aprono in melodie accattivanti e memorabili.

Love lends a hand con quella chitarra vagamente twangy ricorda per certi versi il Chris Isaak più raffinato e meno commerciale degli esordi con una voce più profonda e senza l’effetto Orbison me sempre con quella melancolia strisciante che ti entra dentro (i nomi sono usati per rendere più chiaro cosa stiamo ascoltando ma non sono vincolanti sono solo pareri e impressioni personali). Questa musica mi ricorda anche certi cantautori “minori” degli anni ’70 (tipo Lee Clayton per fare un nome ma con un approccio sonoro meno “americano” e più minimale).

Sono solo nove canzoni ma non c’è un brano che non valga la pena essere ascoltato. You have those way è un breve sketch folk che parte acustico ma poi si sviluppa in modo eclettico in un alternarsi di pause e piccoli crescendi. Something Awful/Dancing è semplicemente stupenda, traccia in poche parole uno dei drammi della vita moderna, come chiedere ad una ragazza di ballare se odi il ballo? Michaelson sviluppa anche il tema musicale con un basso elettrico che segna il ritmo della canzone mentre un coretto semplice e orecchiabile prepara il territorio per un finale strumentale dove le chitarre creano una cascata di note arpeggiate tra la dolcezza della steel e il suono più pungente della solista che si integra perfettamente con l’atmosfera del brano e lo conduce alla sua gloriosa conclusione.

Pickup sono altri 5 minuti e 34 secondi di meraviglie sonore che ci riportano ai tempi d’oro dei Go-Betweens con quella chitarra tintinnante che si confronta con il tono “piangente” della pedal steel nella lunga parte centrale strumentale mentre la voce di Michaelson quieta ed evocativa regala altre briciole di emozione.

Forever e The wait is over sono altre due variazioni sul tema sonoro del disco, quella ricchezza sonora temperata dai tempi lenti e quasi narcotici della musica. La conclusiva Dust, se possibile, è ancora più minimale, solo una chitarra acustica accarezzata, piccoli tocchi di piano e pedal steel ma anche in questo caso si apre all’improvviso con una bella accelerazione melodica prima quasi di scomparire tra lunghi silenzi e una coda pianistica molto sofferta dove quello che non c’è conta quasi come la musica.

Un disco “strano”, non facile, ma che riserva molte soddisfazioni all’ascoltatore attento e partecipe, non un capolavoro ma un bel disco sicuramente che fa il paio con il precedente, ve li consiglio entrambi.

Bruno Conti

Piccoli Piaceri Segreti! Dan Michaelson & The Coastguards – Shakesultima modifica: 2010-11-25T19:19:00+01:00da bruno_conti
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