Quasi Perfetto! Tom Petty And The Heartbreakers – Damn The Torpedoes Deluxe Edition

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Tom Petty & The Heartbreakers – Damn The Torpedoes – 2CD Mca/Universal

Tom Petty ha compiuto 60 anni il 20 ottobre scorso e quest’anno ha pubblicato uno dei dischi più belli della sua lunga carriera, Mojo, ma di quel disco abbiamo già parlato a lungo. In questi giorni (il 9 novembre negli States e il 16 novembre in Europa, Italia compresa) esce questa versione Deluxe di uno dei dischi più belli della sua discografia, quel Damn The Torpedoes pubblicato originariamente il 19 ottobre del 1979 (quindi che anniversario è?). Il 30° + 1 che fa il paio con il 30° + 2 (anni) dell’edizione Deluxe di Darkness On The Edge of Town di Springsteen, evidentemente ora usa così.

Damn The Torpedoes è uno dei dischi rock più belli di sempre, quella sequenza iniziale con Refugee watch?v=3u9O5N5dGzo, Here Comes My Girl, Even The Losers e Shadow Of A Doubt è da annali della musica rock, quattro brani così fantastici, uno dietro l’altro si rammentano a fatica nella storia degli Lp ( e anche dei CD se è per questo). Oltre a tutto risentiti oggi non hanno perso una virgola del loro fascino anche grazie all’ottimo lavoro di produzione che fece ai tempi Jimmy Iovine e di quello fatto oggi in fase di rimasterizzazione. Bellissimo, non si può aggiungere altro: o meglio si può aggiungere che ci sono altri due brani straordinari, la conclusiva Louisiana Rain e la trascinante Don’t Do Me Like That. Senza nulla togliere al valoro delle eccellenti Century City, You Tell Me e quella che mi piace meno (ma giusto un zinzinino) What Are Doin’ In My Life (anche se il lavoro alla slide di Mike Campbell è ottimo come sempre). Benmont Tench è uno dei tastieristi più importanti dell’ultimo trentennio della musica rock e Stan Lynch a me, come batterista, piaceva moltissimo. Già che ci siamo aggiungiamo Ron Blair che era il bassista dell’epoca e il cerchio della (quasi) perfezione si completa. Poi vi spiego quel “quasi” che ricorre, ma vi do un indizio subito. Finiti i nove brani dell’album originale passiamo alle nove bonus tracks, peraltro molto interessanti.

Nowhere è uno dei due inediti in assoluto e non avrebbe assolutamente sfigurato nell’album originale anzi ci si chiede perché l’hanno tenuto nel cassetto (o dove diavolo era) fino ad oggi, un pezzo rock con un ottimo lavoro di Campbell alla solista e la sezione ritmica che picchia di gusto in puro stile Heartbreakers (forse c’erano già troppe belle canzoni nel disco? Sarebbe da masochisti, ma come hanno dimostrato Dylan,Springsteen e Morrison nel corso degli anni, non sempre gli artisti sono i migliori giudici nello scegliere i brani da inserire nei propri album, in caso contrario non avremmo avuto quella caterva di stupendi album pieni di inediti usciti a posteriori). Surrender, in un’altra versione, era per la verità già apparsa nel doppio  Anthology Through The Years, comunque è uno di quei tipici brani jingle-jangle di Tom Petty che tanto devono ai Byrds e a Roger McGuinn, molto bella in ogni caso. Casa Dega e It’s Raining Again erano due lati B dei 45 giri del tempo, entrambe piacevoli, soprattutto la prima, la seconda dura solo 1 minuto e 33 secondi, in pratica un intramuscolo. E non dimentichiamoci che erano già apparse entrambe nel Box Sestuplo Playback (ma noi si ricompra sempre, tanto che ce frega). Poi ci sono tre brani dal vivo tutti e tre registrati all’Hammersmith Odeon di Londra il 6 marzo del 1980: un’ottima versione, bella tirata, di Shadow Of A Doubt, Don’t Do Me Like That, non male anche questa, con l’organo e il piano di Tench a duellare con la chitarra di Campbell, ma finisce in un baleno, due minuti e cinquanta e andare. La terza, anche più corta, è la rockandrollistica (per coniare un eufemismo) Somethin’ Else, come al solito grande ritmo e energia. Ma se le uniamo a Here Comes My Girl che era sulla Live Anthology e a tutti gli altri brani del concerto (che evidentemente esistono) non si poteva pubblicare il tutto in un bel CD dal vivo, magari doppio? Chiedo!

Rimangono i due demo, Casa Dega (che era molto più bella nella versione B-Side) molto piacevole e una notevole versione alternata di Refugee che come la prendi, in qualunque versione, è comunque un brano fantastico, false partenze incluse.

A questo punto però è giunto il momento di spiegare il “quasi pefetto” del titolo: premesso che se non lo avete questo è un disco da avere assolutamente in qualsiasi discoteca che si rispetti e le bonus aggiungono al fascino. Ma è doppio!?! Bella forza direte voi e questo il suo pregio, sì ma io mi sono fatto due conti (visto anche il cognome) e vi do conto del mio “Sgub alla Biscardi”, cioè una cosa ovvia se ci pensi, 18 pezzi dicasi diciotto che sommati fanno la bellezza di 67 minuti e 28 secondi. Quindi “ciulati” ancora una volta visto che ci stava tutto comodamente su un CD singolo e avanzava pure dello spazio. Il disco è bello però costa come un doppio, quindi pensare bene prima di investire, fans esclusi che l’avranno già comprato. Volendo farsi del male a livello finanziario esiste anche in versione doppio LP (con buono per il download incluso), Blu-Ray per i patiti dell’Hi-Fi (idem come sopra per il download della parte audio) e, ovviamente, per il download digitale. In Italia c’è solo la versione doppio CD.

Comunque la versione singola, quella “perfetta” da 36 minuti e 40 secondi, rimasterizzata nel 2001, la trovate in promozione in questo periodo a 5 euro e 90 centesimi (centesimo più, centesimo meno), questo a titolo informativo.

Bruno Conti

Uno Dei Tanti? Jim Sullivan – UFO

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Jim Sullivan – U.F.O – Light In The Attic Records -16-11-2010

Il titolo dovrebbe essere esplicativo del contenuto di questo articolo ma il punto interrogativo posto alla fine pone un quesito che ora vado ad esporvi.

Spesso decido l’argomento di un Post sull’estro del momento, qualcosa che ha sollecitato la mia curiosità, visto che non riuscirei mai a fronteggiare la mole enorme di novità e ristampe che ogni gorno invadono il mio tavolo, pur rimanendo fedele al mio motto “un post al giorno leva il medico di torno” ogni tanto (quasi sempre) devo fare delle scelte. In questo caso sono stato incuriosito da una recensione vista sulla rivista Mojo dedicata a questo disco di Jim Sullivan U.F.O. che già aveva incrociato le mie traiettorie nei mesi ed anni passati. Quattro stellette e una recensione così positiva richiedevano quanto meno di investigare il motivo di tanto interesse.

Innanzitutto l’etichetta, la Light In The Attic, è la stessa che ha ripubblicato il CD Cold Fact di Rodriguez, ma anche Lou Bond, i Monks, il disco dei demo di Kris Kristofferson e Karen Dalton, tanto per citare qualche nome. Secondo me non sempre l’hype, l’interesse suscitato dal disco e dall’artista è proporzionale al valore dello stesso. Mentre Karen Dalton è sicuramente uno dei grandi “tesori perduti” della musica americana e Kris Kristofferson sappiamo tutti chi sia (o no?) altri artisti e i loro dischi che vengono lanciati sul mercato da questa etichetta non sempre sono poi così validi come vengono descritti (da un ufficio stampa evidentemente molto attivo e informato?).

Ad esempio il disco di Rodriguez, al di là dell’eccellente Sugar Man, di Crucify Your Mind e un altro paio di brani che ora non ricordo non mi pareva cosi “straordinario”, sicuramente un buon disco destinato a noi “Carbonari” della musica, interessati dalla presenza di alcuni musicisti del giro Motown, Funk Brothers e da alcune belle canzoni e dal successo del disco in Sud Africa e continente australiano dove era una sorta di stella e del completo disinteresse nel resto del mondo. Ma si tratta di un giudizio personale, posso sbagliarmi. Mentre invece, a proposito di artisti Cult avevo trovato assolutamente validi i due dischi di Jim Ford rieditati dalla Bear Family, country got soul della più bell’acqua sia a livello vocale che a livello di contenuti musicali, un grande talento perduto.

Questo Jim Sullivan mi lascia un po’ sul guado. Mi spiego. La storia è affascinante per quanto nebulosa: siamo in California alla fine degli anni ’60 e Jim Sullivan è uno dei vari personaggi che animano il sottobosco californiano, uno di quelli che vorebbe diventare qualcuno e nel frattempo si arrabatta con particine in Easy Rider e conoscenze occasionali come Harry Dean Stanton e tra i musicisti José Feliciano show (giuro, è nel comunicato stampa, sono gli effetti del copia e incolla senza neppure sapere di cosa si parla). In ogni caso il nostro amico conosce un certo Al Dodds, attore ed amico, che pensa bene di investire un po’ di soldi su Sullivan chiamando alcuni musicisti del giro Wrecking Crew (quelli del giro Spectoriano con cui aveva suonato anche Leon Russell) per registrare un disco per la Monnie Records, etichetta fondata appositamente per l’occasione. Il disco naturalmente viene inghiottito nell’oscurità dove scomparivano decine, centinaia, migliaia di album che uscivano in quei fertili tempi. E fin qua niente di strano, una storia come molte altre, ma nel 1975 mentre è sulla strada per recarsi da LA a Memphis per svolgere un eventuale lavoro come session-man, nei pressi di Santa Rosa, New Mexico, Jim Sullivan, sparisce, proprio in senso letterale, viene trovata la sua Wolkwagen con all’interno il portafoglio, la sua chitarra, cambi d’abito ma nessuna traccia del proprietario. Si pensa si sia perso nel deserto, oppure sia rimasto invischiato in qualche regolazione di conti tra bande malavitose oppure, l’ipotesi più affascinante, che sia stato rapito dagli extraterrestri, quell’UFO che titola l’album ed una canzone. Sono passati 35 anni e di Sullivan non si è più saputo assolutamente nulla. Il disco (si nara di un altro album che secondo alcuni non sarebbe che lo stesso disco con un diverso mixaggio) diventa un must per i collezionisti e con l’avvento della rete la leggenda si è auto-perpetuata per arrivare ai giorni nostri.

Dunque così abbiamo per le mani? Un disco con dieci brani, 28 minuti, dove suonano Don Randi alle tastiere, Jimmy Bond al basso, che cura anche gli arrangiamenti e co-produce e, soprattutto, Earl Palmer alla batteria che, secondo me, è il vero protagonista del disco. I tre fanno parte di quei Wrecking Crew citati prima, le chitarre sono suonate dallo stesso Jim Sullivan. Sono stati tirati in ballo, in ordine sparso, James Taylor e Kris Kristofferson, Jim Croce, Gene Clark, Fred Neil e mille altri, vedete un po’ da voi…

Per me rimane uno dei tanti buoni album che hanno lastricato la musica pop negli anni ( se devo pensare a due grandi talenti che rimangono nel limbo, i primi nomi che mi vengono in mente sono i grandissimi Tom Jans, dalla storia tragica ma dal talento immane e Guthrie Thomas, altro Beautiful Loser di grande impatto): si parte dalla piacevole Jerome, che nei suoi intrecci di chitarre acustiche e archi si dipana su una linea melodica non dissimile da quella di certe canzoni di Jim Croce, con un tamburello in primo piano e i musicisti molto indaffarati, si prosegue con Sandman vagamente bluesata e sempre con la batteria di Earl Palmer in grande evidenza, “spazzolata con estrema cura”. Plain As Your Eyes Can See è una delle piccole gemme dell’album, su un ritmo funky-light, le tastiere di Don Randi e la chitarra di Sullivan disegnano melodie affascinanti mentre la batteria di Palmer lega il tutto. Roll Back The Time era il singolo che uscì all’epoca, un bel mid-tempo country-folk con una acustica che cerca di non farsi inghiottire dall’eccellente lavoro di Palmer alla batteria, come dicono gli americani veramente “all over the place”. Molto bella anche Whistle Stop, altro brano che permette agli eccellenti musicisti di mettersi in evidenza, tra chitarre acustiche, organo e la voce piacevole di Sullivan che ricorda certe atmosfere alla James Taylor. Ho citato alcuni brani un po’ alla rinfusa, un’altra canzone che merita un cenno è Highways, anche se forse è troppo sommersa dagli archi e dai fiati mentre UFO che dà il titolo a questo album ricorda vagamente l’Harry Nilsson di Everybody’s Talkin’ anche se decisamente più ritmata e, indirettamente, il suo autore Fred Neil. In definitiva, un album minore, molto piacevole ma in quegli anni ce ne erano molti così, sicuramente c’era molto di peggio in giro ma anche di meglio, comunque nobilitato veramente, mi ripeto, dal fantastico lavoro del batterista Earl Palmer, vero co-protagonista del disco e in zona Cesarini, vi ricordo ancora il suo contributo alla ritmatissima So natural. Fate le vostre scelte!

Bruno Conti

Quietamente…Dal Canada. Doug Paisley – Constant Companion

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Doug Paisley – Constant Companion – No Quarter Records

Un disco così potrebbero farlo o Nick Drake o un cantante canadese. Per la serie “Elementare Watson!” non essendo più tra noi, purtroppo, Nick Drake (in questo caso il Drake “vero” per gli appassionati di musica) rimane l’opzione canadese. E in effetti Doug Paisley, di cui questo Constant Companion è il secondo album, viene da Toronto, Canada e ama circondarsi di altri compratrioti nei suoi dischi creando quel suono indefinibile ma inequivocabilmente tipico di chi è nativo dello stato più a nord del continente americano (l’Alaska non la contiamo). Quel suono che viene dalle grandi distese canadesi, molto quieto e tranquillo, dove sembra che succeda poco ma ogni volta che lo riascolti ti si aprono nuovo orizzonti, sonorità misurate con il bilancino e poi rilasciate nei solchi “ideali” di questo album (ne dovrebbe per l’appunto esistere pure una versione in vinile con download digitale incluso).

Perché l’accostamento a Nick Drake? Se altri hanno parlato di Neil Young e della Band (ci arriviamo subito) ma anche del primo James Taylor, di Cat Stevens, persino di Jim Croce e, tra i contemporanei, di Bonnie Prince Billy (con cui ha condiviso spesso il palco), il sottoscritto avrà il diritto di dire di avere “percepito”, in alcuni brani che poi vi citerò, e comunque nelle atmosfere sonore generali delle analogie con la musica del grande cantautore inglese.

Partiamo dai “legami” con la Band: il primo brano, stupendo, No One But You si apre su una chitarra acustica accarezzata, una sezione ritmica discreta ma molto variegata e soprattutto il suono magico di un organo che disegna sonorità direi inconfondibili, si tratta dello strumento di Garth Hudson della Band, uno dei maestri indiscussi delle tastiere in un ambito rock. Vi trovate immersi in una musica serena e senza tempo che rievoca quell’epoca dorata a cavallo tra la fine anni ’60 e inizio anni ’70 quando una serie di musicisti dopo la sbornia rock e psichedelica degli anni precedenti riscopriva un suono pastorale che risaliva alle “radici” della musica popolare americana e del folk o country (rock). Doug Paisley è un degno esponente di questo ciclico revival che risale a quelle “fonti”: si fa aiutare anche da alcune voci femminili, Jennifer Castle dei Fucked Up, Julie Faught dei Pining e un’altra di cui vi riferirò fra un attimo, anzi subito perché l’ascoltiamo nella evocativa What I Saw (uno dei brani che mi ha ricordato moltissimo Nick Drake ma anche il primo Cockburn, altro grande canadese), si tratta di Leslie Feist che vocalizza con grande compartecipazione in questo brano dove domina ancora il suono maestoso dell’organo di Hudson.

Per completare la fantastica tripletta iniziale, Don’t Make Me Wait ha ancora un incipit Drakiano fantastico, con il suono delle dita che scivolano sulle corde della chitarra, un piano (l’ottimo Robbie Grunwald) e di nuovo la voce di Feist che questa volta duetta alla pari con la sua controparte maschile per creare un brano minimale ma al contempo avvolgente e assolutamente soddisfacente per chi ascolta, fantastica canzone. Bluebird è un’altra meraviglia sonora, ancora quell’organo quasi mistico, la chitarra acustica discreta ma presente e la sezione ritmica precisa e inventiva formata dal batterista Rob Drake (ma allora è scritto nel destino!) e dal bassista Bazil Donovan (esatto proprio quello dei Blue Rodeo).

End Of The Day è un brano acustico, chiaramente di derivazione folk (non vi cito più chi sapete ma lì stiamo) molto raccolto e scarno mentre Always Say Goodbye ricorda nella musica, con la sua andatura marcata, il suono del Neil Young “acustico” più classico, sarà anche la presenza di una chitarra elettrica discreta ma efficace nei suoi interventi, mentre la voce assume tonalità più profonde e risonanti mentre una seconda voce inserisce periodicamente il suo controcanto, quando arriva l’armonica, brevemente, nel finale ti ritrovi tra i solchi di Harvest.

Heart è un’altra meraviglia sonora, con il basso rindondante di Donovan, la batteria avvolgente di Drake e il pianoforte evocativo di Grunwald che creano degli interi universi sonori dove la voce di Doug Paisley può sprigionare la sua piena potenza. Anche I stand alone con quel verso fantastico che recita “the sun goes down and the ground is waiting” è pura poesia, anche sonora, nuovamente nobilitata dalle tastiere di Hudson e Grunwald e dalle armonie vocali della consueta voce femminile (mai scontata nei suoi interventi). Il tema dell’attesa ricorre nei testi di Paisley anche quel “Everyone is waiting” che apre Come here and love me dispiegato su una meravigliosa base di piano e chitarra acustica è il viatico per un’ennesima stupenda canzone fedele al motto dell’album che si potrebbe definire Meno è meglio!

Nove canzoni, poco più di trentacinque minuti di musica ma sono brani che potete risentire e gustare più volte come si era soliti fare con i vecchi vinili dei tempi che furono che rimanevano tuoi compagni di ascolto per mesi e mesi e ad ogni ascolto svelavano “nuove verità” e delizie nascoste. Questo Constant Companion, dal titolo profetico, potrebbe affiancare i Drake, Stevens, Taylor e Young, citati all’inizio e, quietamente, insinuarsi nei vostri ascolti quotidiani.

Per i San Tommaso dell’ascolto ho inserito i soliti stuzzichini audio e video.

Bruno Conti

Billboard! Per Gli Amanti Delle Statistiche E Per Chi Vuole Documentarsi

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Mentre procedo nell’ascolto di Rumer (e devo dire che le 5 stellette di Mojo cominciano ad acquistare credibilità) vi volevo segnalare questo nuovo servizio offerto on-line da Billboard la nota rivista americana. Praticamente hanno inserito un archivio completo e apribile di tutti i numeri arretrati della rivista dal 1940 agli anni 2000. Una vera miniera di informazioni e classifiche: take a look e divertivevi archive?tag=footpromo. Per curiosità il numero del 7 novembre 1970, esattamente 40 anni fa riportava un articolo sull’avvento delle musicassette. Altro che anniversario di Ritorno al Futuro!

Buona lettura!

Bruno Conti

Kurt And Cortney, Ma Non “Quelli”! – Kurt Wagner & Cortney Tidwell Present…Kort – Invariable Heartache

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Kurt Wagner & Cortney Tidwell Present …Kort – Invariable Heartache – City Slang/Self 16-11-2010

Come i più attenti avranno sicuramente notato subito lei si chiama Cortney (senza la u) e quindi il giochetto è presto scoperto. In ogni caso lui Kurt Wagner è il leader degli ottimi Lambchop (Nixon e Is A Woman sono delle vere delizie sonore del cosiddetto alternative country, dovendo scegliere, ma tutti i loro album sono molto belli), lei Cortney Tidwell nei suoi due dischi da solista ha mescolato Bjork, Joy Division e Depeche Mode con la musica della Grand Ole Opry di Nashville, Tennessee.

Questo disco di duetti è un sentito omaggio alla musica “minore” prodotta da una etichetta, la Chart Records, fondata dal nonno di Cortney Slim Williamson, mentre anche la mamma era una cantante di country sul finire degli anni ’60 (tutti i brani sono cover degli artisti della Chart Records meno un pezzo della mamma della Tidwell pubblicato dalla ABC Dunhill). Il disco è prodotto da Kurt Wagner, registrato da Todd Tidwell (il marito) e mixato da Mark Nevers (un altro dei Lambchop): quindi quasi un affare di famiglia ma il risultato finale è assolutamente delizioso e delicato, azzarderei un deliziosamente delicato.

I dischi di duetti, da Robert Plant e Allison Krauss a Isobel Campbell e Mark Lanegan, sono tornati assolutamente di moda e questo disco conferma la bontà della formula in un ambito più di nicchia ma altrettanto valido. Pensate a Emmylou e Gram anche se qui il repertorio è “minore” e più tradizionale, le due voci si amalgano alla perfezione, quella maschia e scarna di Wagner con quella più squillante e pimpante della Tidwell. Il sound con pedal steel, violino, chitarre acustiche e tanto pianoforte ricorda i Lambchop più tradizionali ma anche il country di Nashville degli anni ’60, prima della svolta country-rock quando imperavano Patsy Cline e Loretta Lynn ma senza cadere nella trappola del kitsch di molta musica di quegli anni, solo il meglio.

Si parte con la meravigliosa ballata Incredibly Lonely che è una meraviglia di intrecci vocali dei due protagonisti, malinconica e triste senza cadere nella depressione di certi “alternativi” molto osannati che non nominerò neanche sotto tortura, intrigante anche nelle nuances sonore della chitarra elettrica che disegna arabeschi sonori nel tessuto della canzone e nell’insieme del brano che suona vicino alla perfezione. Si prosegue con Eyes Look Away un brano cantato da Kurt Wagner che ci riporta allo splendore dei Lambchop più ispirati con chitarre e violino che cesellano note su note mentre la Tidwell si inventa delle background vocals angeliche. A Special Day inizia come una outtake dalla colonna sonora di Pat Garrett & Billy The Kid con una weeping pedal steel che dà l’abbrivio ad una interpretazione “adolescenziale” di Cortney che quasi “cinquetta” amabilmente nella parte centrale del brano mentre i musicisti ricreano le atmosfere dorate degli anni ’60 del girl sound rivisitato in stile country (se ci fate caso anche gli She & Him sia pure con un impatto più pop e rock abitano questi territori). Picking Wild Mountain Berries è un brano decisamente più vivace, mosso, con una chitarrina funky che propelle le voci dei Kort verso momenti di pura goduria aurale (se si può dire, ma si può, si può!), non per niente è il singolo dell’album (country got soul?).

Yours forever non avrebbe sfigurato nel repertorio di Patsy Cline e anche se la Tidwell non ha la perfezione vocale della grande Patsy è sicuramente in grado di convogliare le emozioni del brano aiutata abilmente da piano, elettrica e steel guitar, atmosfere già testate nella precedente Yours Forever e qui portate a compimento. Proseguendo si incontra un altro duetto memorabile, She Came Around Last Night che se l’avessero scritta Felice & Boudleaux Bryant sarebbe lì tra Love Hurts e Sleepless Nights nel repertorio di Gram Parsons e Emmylou Harris. Una strana introduzione strumentale quasi atonale ci porta alla vivace Penetration un altro duetto che mi ha ricordato il sound pop ma estremamente raffinato dei Lovin’ Spoonful di John Sebastian, musica pop ma di notevole spessore, l’unica deviazione dalle sonorità prettamente country del CD. April’s Fool è un perfetto veicolo per la voce dolce e sussurrata di Kurt Wagner quasi alla Lee Hazlewood con dei bei vocalizzi della Tidwell in sottofondo.

I can’t Sleep With You ancora con la voce fragile e sofferta, qui raddoppiata, della Tidwell è un altro esempio di come si può fare buona musica con poco, mentre Let’s Think About Where We’re Going, in duetto, è un bel valzerone tipicamente country con fiddle d’ordinanza (sarebbe il violino ma visto il tipo di brano il termine è più consono alla bisogna). Conclude questo catalogo di “delusioni amorose” Who’s Gonna Love Me Now un’altro slow con pedal steel e piano sugli scudi mentre la brava Cortney Tidwell “soffre” (in modo figurato) con grande passione.

La musica country di Nashville come si faceva una volta, artigianale ma con sprazzi di genio (piccolo ma genio!).

Bruno Co(u)nt(r)i.

Novità Di Novembre Parte II. Eric Clapton, Depeche Mode, Ray Davies,Elvis Presley, James Blunt Eccetera

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Nuove liste ma, come al solito, prima alcune precisazioni. Per cominciare la settimana prossima verrà distribuito in Italia il famoso box dei vinili dei Grateful Dead annunciato un paio di mesi fa The Warner Bros Studio Albums. Escono anche, con un leggero anticipo sul ritardo, le due ristampe di Merry Clayton per la Repertoire mentre sembra subire un ennesimo rinvio al 22 novembre l’uscita del Box di 19 CD di Sandy Denny. In Inghilterra, Mojo in particolare, parlano un gran bene di una cantante Rumer il cui disco Seasons Of My Soul è uscito la settimana scorsa per la Atlantic. Sperando in una pubblicazione italiana, recensione nei prossimi giorni (confermo, è brava, anche se 5 stellette mi sembrano tante, una che pubblica un singolo che si chiama Aretha ha tutta la mia stima). Aveva già esordito una decina di anni fa in un gruppo La Honda che non è proprio rimasto nella storia della musica, il disco lo vedete qui sotto.

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Passiamo alle uscite di martedì 9 novembre! Prima di tutto il doppio DVD Eric Clapton & Friends – Crossroads Guitar Festival 2010 (c’è anche il BluRay), registrato dal vivo il 26 giugno a Chicago: per fare prima ecco la tracklist completa, sembra ottima, c’è anche Pino Daniele a duettare con Joe Bonamassa!

 

 

Tracklist

 

CD 1 :
“Promise Land” – Sonny Landreth w/Eric Clapton

1. “Z. Rider” – Sonny Landreth

2. “Traveling Shoes” – Robert Randolph & The Family Band

3. “Going Down” – Pino Daniele, Joe Bonamassa, Robert Randolph & The Family Band

4. “Killing Floor” – Robert Cray w/Jimmie Vaughan & Hubert Sumlin

5. “Six Strings Down” – Jimmie Vaughan w/Robert Cray & Hubert Sumlin

6. “Waiting For The Bus” – ZZ Top

7. “Jesus Just Left Chicago” – ZZ Top

8. “Gypsy Blood” – Doyle Bramhall II

9. “In My Time Of Dying (Jesus Make Up My Dying Bed)” – Doyle Bramhall II

10. “Bright Lights” – Gary Clark Jr.

11. “Long Road Home” – Sheryl Crow w/Derek Trucks, Susan Tedeschi, Doyle Bramhall II & Gary Clark Jr.

12. “Our Love Is Fading” – Sheryl Crow w/Eric Clapton, Doyle Bramhall II & Gary Clark Jr,

13. “Blackwaterside” – Bert Jansch

14. “Mississippi Blues” – Stefan Grossman & Keb’ Mo’

15. “Roll And Tumble Blues” – Stefan Grossman & Keb’ Mo’

16. “One More Last Chance” – Vince Gill w/Keb’ Mo’, James Burton, Earl Klugh & Albert Lee

17. “Mystery Train” – Vince Gill w/James Burton, Albert Lee, Keb’ Mo’ & Earl Klugh

18. “Lay Down Sally” – Vince Gill w/Sheryl Crow, Keb’ Mo’, Albert Lee, James Burton & Earl Klugh

19. “Angelina” – Earl Klugh

20. “Vonetta” – Earl Klugh

21. “Who Did You Think I Was” – John Mayer Trio

22. “Ain’t No Sunshine” – John Mayer Trio

 

 

CD 2 :

1. “Midnight In Harlem” – Derek Trucks & Susan Tedeschi Band

2. “Coming Home” – Derek Trucks & Susan Tedeschi Band w/Warren Haynes

3. “Soulshine” – Warren Haynes

4. “Don’t Keep Me Wondering” – David Hidalgo & Cesar Rosas w/Derek Trucks

5. “Space Captain” – Derek Trucks & Susan Tedeschi Band w/Warren Haynes, David Hidalgo, Cesar Rosas & Chris Stainton

6. “Five Long Years” – Buddy Guy w/Jonny Lang & Ronnie Wood

7. “Miss You” – Buddy Guy w/Jonny Lang & Ronnie Wood

8. “Hammerhead” – Jeff Beck

9. “Nessun Dorma” – Jeff Beck

10. “Crossroads” – Eric Clapton

11. “Hands Of The Saints” – Citizen Cope & Eric Clapton

12. “I Shot The Sheriff” – Eric Clapton

13. “Shake Your Money Maker” – Eric Clapton & Jeff Beck

14. “Had To Cry Today” – Steve Winwood & Eric Clapton

15. “Voodoo Chile” – Eric Clapton & Steve Winwood

16. “Dear Mr. Fantasy” – Steve Winwood & Eric Clapton

17. “The Thrill Is Gone” – B.B. King & Ensemble

Esce anche il nuovo dal vivo dei Depeche Mode Tour Of The Universe Live In Barcelona in varie combinazioni: 2 CD + 2 DVD Deluxe Edition la più completa, CD + 2 DVD Standard edition, 2 Bluray. Potete scegliere!

Cosa sarà mai quel doppio CD di Elvis Presley Viva Elvis? Mah, doppio mah! Praticamente, per la serie, non c’è fine al pudore (e il Natale si avvicina) hanno pensato di prendere alcuni dei brani più noti di Elvis aggiungerci una nuova base a cui hanno aggiunto elementi garage rock, punk, urban e hip-hop al rockabilly, R&R, Delta Blues, Soul, Gospel, Vegas Pop e quant’altro dei dischi originali. Il risultato non l’ho sentito ma posso immaginare. Nel secondo CD dell’edizione Deluxe ci sono le versioni normali. Un lavoro più o meno simile l’avevano fatto con Love dei Beatles anche se in quel caso mi sembrava meglio.

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Il nuovo album di Ray Davies See My Friends stranamente è già nei negozi italiani da qualche giorno mentre in Inghilterra esce la settimana prossima. Le recensioni sono state molto altalenanti, da 1 (!?!) stelletta di Mojo a 2 1/2 di Jam alle tre e quattro del Buscadero. Nei prossimi giorni, se vi interessa vi do anche il mio parere. Nel frattempo vi ricordo che si tratta di un disco dove Ray Davies rivisita (per la seconda volta in pochi mesi) il suo vecchio catalogo con molti ospiti che vedete effigiati sulla copertina. Si va da Bruce Springsteen ai Mumford and Sons, dai Metallica a Lucinda Williams passando per Alex Chilton e Jackson Browne tra gli altri.

Dopo i dissapori di qualche mese fa sull’ottimo Praise and Blame di Tom Jones, quale migliore occasione per siglare la pace se non un bel doppio Greatest Hits Revisited. Com’è evidente dalla foto di copertina si parte dal primo numero uno del 1964 It’s Not Unusual per arrivare fino ai giorni nostri con l’ottima What Good Am I? dall’ultimo disco. Un ottima raccolta con 29 brani ideale per il periodo festivo.

James Blunt ritorna con il suo terzo album Some Kind Of Trouble, l’etichetta è sempre la Atlantic gruppo Warner. Il singolo Stay The Night è quasi brillante (senza il quasi) per gli standard melanconici soliti dell’ex soldatino inglese, il resto vi saprò dire.

Alla prossima.

Bruno Conti


The Avett Brothers – Live, Volume 3 DVD. Svolgimento!

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The Avett Brothers – Live, Volume 3 – American Recordings DVD

Eccomi qua, come promesso, a parlare di uno dei più bei DVD (o CD) dal vivo dell’anno. Le foto, lo ammetto, sono prese dal loro sito home (pure in italiano). Qualche dato veloce: il concerto è stato registrato in quel di Charlotte, North Carolina al Bojangles Coliseum (anche il nome dell’arena sa di buona musica!) nel corso del tour per promuovere I And Love And You, non è prodotto da Rick Rubin (che rimane produttore esecutivo visto che l’etichetta è sua) ma da Blake Morrison e, soprattutto, è molto, ma molto, bello!

I due fratelli Seth e Scott Avett (con contrabbassista e bassista Bob Crawford al seguito) si occupano di chitarre, banjo, pianoforte, percussioni e batteria e cantano (benissimo), mentre il violoncellista Joe Kwon (non ne vedevo uno in pianta stabile sul palco dai tempi del grande Harry Chapin) e il batterista Mike Marsh sono membri aggiunti della formazione. In poco meno di dieci anni (dal 2000) ma la vera data d’inizio ufficiale è il 2002, tra album, Ep, dischi dal vivo hanno già pubblicato quattordici album, prima per la loro etichetta Ramseur e ora per la Sony/American Recordings ma la loro musica non è cambiata di una virgola o meglio, ad ogni album è cresciuta e migliorata in modo esponenziale fino all’ingresso come produttore di Rubin che ha aggiunto il suo tocco di classe e credibilità e ha permesso all’album citato dello scorso anno di arrivare fino al 16° posto delle classifiche americane.

E tutto ciò con della bella musica: un misto di country, bluegrass, hillbilly perfino, folk, rock tradizionale, belle canzoni, tantissima energia (soprattutto dal vivo) ma anche testi semplici e ricercati al tempo stesso e un seguito di fans multigenerazionale (alla fine del DVD negli extra c’è uno spazio a loro dedicato, giovani e meno giovani, ragazzi e ragazze, molte, ma anche famiglie, adulti). Alla faccia di chi pensa che la musica sia solo Lady Gaga e Drake e inseriti in quel nuovo filone che in modo trasversale, dagli americani Old Crow Medicine Show (anche loro seguiti da folle oceaniche ai loro concerti che si entusiasmano per armonie vocali, assoli di banjo e violino e simili cose “pazzesche”) ma anche dai Mumford and Sons più vicini al folk-rock inglese ma sempre attenti al pop e “fratelli elettivi” degli Avett Brothers. Un paio di nomi per dare un’idea ma il “movimento” è molto più ampio e complesso, per fortuna! Magari ne parliamo più diffusamente in un’altra occasione.

Come vi dicevo ieri questo Live, Volume 3 è stato “eletto” disco del mese sul Buscadero (quindi esiste in CD) ma se riuscite a procurarvi il DVD è molto meglio. Sono circa settanta minuti di concerto, un totale di sedici brani, uno più bello dell’altro con qualche picco di eccellenza.

Il concerto è registrato a due passi da casa loro quindi si potrebbe pensare che il pubblico sia parziale, e sicuramente lo è, ma l’energia che emana da questo manufatto è viva e palpabile.

Si parte con la formazione a 3, quella originale, i due fratelli + Crawford, con una versione trascinante di Pretty Girl From Matthews (ma la provenienza della bella ragazza può cambiare di volta in volta), banjo, chitarra acustica, contrabbasso, per un bluegrass con armonie vocali fantastiche ma anche l’energia del punk, con urletti e pogo che scatenano l’entusiasmo del pubblico, il tutto eseguito con grande perizia. Swept Away è una bellissima canzone sotto forma di ballata cantata a tre voci, con la sorella Bonnie Avett Rini (brava pure lei), i tre che si alternano e armonizzano alla grande con il violista Joe Kwon (di chiare origini orientali) che si aggiunge alla formazione. Talk On Indolence è una bluegrass song con venature hillbilly, eseguita a velocità supersonica dal quintetto (è arrivato anche il batterista Mike Marsh), accelerazioni, fermate, cambi di tempo, tutti che saltellano come invasati, urla di chiara derivazione punk o metal ma una precisione e una bravura strumentale quasi ineccepibili. Il pubblico è già in tripudio!

The Ballad Of Love And Hate presentata erroneamente sul busca come ballata pianistica alla Jackson Browne è in effetti un brano acustico, cantato in solitaria dal solo Seth Avett che si accompagna alla chitarra acustica, una folk song molto evocativa dove pare che il nostro amico si dimentichi qualche parola del testo ma rimedia abilmente e ne ricava una bellissima versione, assai apprezzata dal pubblico presente ma anche dal sottoscritto che se la gusta da casa. In origine era sull’album Emotionalism, gran titolo! ColorShow cantata ancora da Seth ha atmosfere quasi irlandesi, ancora grande energia e ritmo con il basso elettrico in evidenza, con tutti che saltano come grilli ma le armonie e l’interscambio solista dei due fratelli nelle parti vocali è comunque sontuoso.

I And Love And you con Seth al piano è cantata da Scott con le voci che si intecciano in armonie vocali a cavallo tra Mumford and Sons e classiche armonie beatlesiane, sono solo sensazioni ma il brano è comunque una bellissima ballata pianistica molto romantica.

Per Shame pensate se i Beatles dei primi anni avessero fatto country (e ogni tanto lo facevano), con le voci alla Lennon/McCartney dei fratelli Avett, alternate e all’unisono per creare un country-pop raffinato ma di grande semplicità e fruizione. Le riprese del pubblico, almeno nelle prime file, evidenziano che tutti conoscono i testi a memoria. When I Drink, solo 2 voci e 2 chitarre acustiche ancora caratterizzata da armonie vocali deliziose con Scott che si avventura anche in un divertente falsetto.

Murder In The City è un altro brano acustico di stampo folk cantata dal solo Scott, uno dei loro brani migliori, malinconico con testo dedicato ai rapporti familiari e all’amore in generale (anche qui neanche l’ombra del pianoforte evocato nella recensione di cui vi parlavo). I Killed Sally’s Lover è una murder song velocissima di stampo country-folk, pensate ai Pogues se fossero nati in America.

Head Full Of Doubt/Road Full Of Promise è un pezzo di chiaro impianto rock, bellissimo con Scott al piano e Seth alla chitarra elettrica. Un brano dal grande impatto emotivo, la vogliamo definire una mid-tempo ballad in crescendo? Vogliamo! Molto bella in ogni caso. The Perfect Space percorre gli stessi territori sonori, ma volendo è anche più bella, con la viola di Kwon in grande evidenza e con un finale prima in crescendo fantastico e poi a sfumare, gran bella musica.

Paranoia in B Flat Major mi ha ricordato ancora idealmente i Mumford and Sons (ma gli Avett Brothers c’erano già prima, facevano questo tipo di musica da parecchi anni): folk acustico e pop miscelati, intrecci vocali raffinati, crescendi e rallentamenti improvvisi. Distraction #74 con Kwon che imbraccia la viola a mo’ di chitarra è ancora quell’interessante intreccio tra country, bluegrass e pop a grandi velocità e con impasti vocali sempre assai raffinati.

Ci avviciniamo al finale e Scott si sposta anche alla batteria, con Seth al piano, per un divertente e trascinante brano di classico pop-rock intitotolato Kick Drum Heart, un nome, un programma. Salvation Song ci regala un finale inconsueto di concerto (anche se è uno dei loro brani migliori), un brano, quasi lento, ho detto quasi, molto cadenzato ma dalla melodia malinconica, pensosa, sempre bellissima canzone che conclude alla grande un concerto e DVD e CD tra i più intriganti di questo 2010. Se trovate il DVD è meglio ma anche il compact va benone e se siete per il download digitale non fatevi problemi, è ottimo in tutti i formati! (I video inseriti non sono quelli del DVD, non ci sono in rete, se volete vederli ve lo dovete comprare).

Bruno Conti

The Avett Brothers – Live, Volume 3 DVD. Anteprima

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The Avett Brothers – Live, Volume 3 – American Recordings DVD

E’ il “Disco del Mese” del Buscadero, ma visto che volevo parlarne da un po’, mi forzo da solo e prometto un Post per domani sull’argomento.

Quindi questa è una breve anteprima: vi confermo che il CD è fantastico ma il DVD (non facilissimo da reperire) è anche meglio!

Bruno Conti

Vecchie Glorie 4. Neil Diamond – Dreams

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Neil Diamond – Dreams – Columbia

Se avessi dovuto cedere all’impulso del primo ascolto questo album non avrebbe fatto una bella fine, ovviamente in modo figurato e verbale, ma devo dire peraltro, ad essere sincero che, dopo vari ascolti, non mi sembra quel capolavoro che mi/ci vogliono far credere. Sì, sicuramente è un disco di buona qualità ma per dirla con le parole di qualcuno, parafrasando il titolo, “E’ il disco dei Suoi Sogni” non dei nostri, questa raccolta di 14 canzoni tra le sue preferite, scelte tra i brani dell’era Rock ( ma perché è finita e quando inizia?).

Contrariamente alle prime voci il disco non è prodotto da Rick Rubin, che aveva fatto un ottimo lavoro nei precedenti Home Before Dark e 12 Songs applicando quel principio del “meno è meglio” già utilizzato per l’ultima fase della carriera di Johnny Cash. In mezzo è uscito il disco dal vivo Hot August Night NYC dove Neil Diamond si era riimpossessato dei suoi successi vecchi e nuovi eseguiti con il “suono” del vecchio Neil, melodrammatico, volutamente “eccessivo” come piace a parte del suoi vecchi fans ma sempre efficace nelle riletture dei suoi classici. L’ulteriore passo è questo omaggio ad alcuni dei brani e degli autori che Diamond ha più amato nel corso degli anni.

Il suono è comunque caratterizzato da piano e tastiere (Benmont Tench), molte chitarre acustiche, percussioni, archi qui e là ma non scarno e raccolto come si potrebbe pensare, una sorta di sofferta mediazione tra l’ultimo corso e il Neil Diamond dei vecchi tempi, lontano comunque dagli eccessi sonori degli anni ’80 e ’90, tipo l’altro album di cover, quel As Time Goes By – The Movie Album che non mi aveva proprio fatto impazzire, anzi!

Ain’t No Sunshine di Bill Withers perde quel ritmo irresistibile della versione originale ma mantiene il suo fascino grazie all’interpretazione di Diamond che a dispetto dei 70 anni suonati ha sempre una gran voce, il doppio uso di piano e organo è notevole, ma una chitarra acustica intrigante che apriva il brano viene sommersa da una sezione archi troppo invadente che rovina parzialmente l’atmosfera raccolta della canzone.

Per Blackbird dei Beatles, Neil Diamond si è inventato un arrangiamento più complesso dove alla chitarra acustica originale viene aggiunto un violino country-folk che non convince del tutto, fa perdere al brano quella sua aria bucolica unica. Alone Again Naturally di Gilbert O’Sullivan, notevolmente rallentata, perde quella sua aria scanzonata e allegra ma acquista un nuovo fascino in questa veste più raccolta e rallentata con due sole chitarre acustiche a creare il tessuto del brano. Feels Like Home di Randy Newman è una bellissima canzone e questa versione quasi alla Simon & Garfunkel con una seconda voce a rispondere a quella di Diamond ricorda vagamente Bridge Over Troubled Water. Midnight Train to Georgia era uno dei classici della soul music di Gladys Knight & The Pips, e in questa versione rallentata, diamondizzata, con molti archi non mi fa impazzire anche se devo ammettere che l’inserimento di una armonica a bocca per sottolineare la melodia è un piccolo tocco di genio ma non porta a casa il risultato, preferisco di gran lunga l’originale anche se il buon Neil canta con grande impegno come peraltro in tutto il disco.

Anche la versione di I’m a believer con tanto di vibrafono e tempi rallentati snatura l’aria allegra e scanzonata della canzone scritta all’origine per i Monkees e famosa anche in Italia come Sono Bugiarda della Caterina Caselli, ma qui sembra proprio un’altra canzone, non so sospendo il giudizio magari sentendola ancora mi piacerà di più, mi sembra moscia. Love Song è uno dei brani meno noti, scritto da Lesley Duncan appariva su Tumbleweed Connection di Elton John (non credo Diamond conosca la versione originale dell’autrice per-associazione-di-idee-lesley-duncan-sing-children-sing.html) e rimane una canzone affascinante anche in questa versione arricchita dalle percussioni di King Errison che aggiungono un tocco esotico al tappeto di chitarre acustiche e al piano molto misurato che caratterizzano il sound globale.

Losing You è il secondo brano firmato da Randy Newman (che come Diamond ha iniziato la carriera come autore di canzoni per altri nella seconda metà degli anni ’60), anche in questo caso in una versione acustica molto raccolta senza il piano della versione originale. Hallelujah è proprio quella di Leonard Cohen, solo una chitarra elettrica arpeggiata e la voce sofferta di Neil Diamond, nulla a che vedere con le versioni melodrammatiche dei vari concorrenti degli X-Factor inglesi che l’hanno ripresa, questa volta lo spirito originale della canzone di Cohen è colto in pieno, gran bella versione. A Song For You del redidivo Leon Russell mantiene lo spirito dell’originale con un sax ricorrente che gli conferisce quel tocco alla Billy Joel dei tempi d’oro. Lo stesso non si può dire della versione di Yesterday che non avevo assolutamente riconosciuto in una lunga intro pianistica che, secondo me, c’entra come i cavoli a merenda, anche l’aggiunta dei fiati(c’è anche un corno inglese?) che sostituiscono gli archi originali snatura il suono e non mi piace neppure il cantato troppo carico di Diamond, a qualcuno piacerà, al sottoscritto no. Let it be me è il brano più vecchio, fu un successo per gli Everly Brothers nel 1960, ma risale alla metà degli anni ’50 nella sua versione originale in francese Je T’appartiens cantata da Gilbert Becaud, alla cui versione mi sembra si sia rifatto Diamond per quella che compare in questo Dreams.

Desperado comunque la metti e la canti rimane una bellissima canzone e questa versione abbastanza fedele all’originale mi sembra particolarmente indovinata. La conclusione è affidata a un brano poco noto di Harry Nilsson, Don’t Forget Me che risulta comunque uno dei brani migliori di questa raccolta e in questo caso l’arrangiamento con i fiati è particolarmente azzeccato.

Luci e ombre ma nel complesso un giudizio positivo anche se non mi sembra quel capolavoro che molti dipingeranno.

Bruno Conti

Tutto Vero Quello Che Si Dice Su Di Lei. Chris Pureka – How I Learned To See In The Dark

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Chris Pureka – How I Learned To See In The Dark – Sad Rabbit Records

Una delle nuove voci femminili più interessanti in circolazione, questo è il suo terzo album più due EP. Assolutamente da conoscere!

Bruno Conti