Ancora Ottima Musica Dal Canada. Trevor Alguire – Now Before Us

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Trevor Alguire – Now Before Us – Socan Records

Ci eravamo lasciati un paio di anni fa (in relazione a Trevor Alguire ovviamente e, soprattutto per chi mi legge anche sul Buscadero, di cui questa è la solita anteprima gratuita) con l’ottimo dischetto Thirty Year Run che vi consigliavo caldamente e appassionatamente. Ci ritroviamo a fine 2010 a parlare di questo Now before us il suo terzo album da solista, che mi sembra molto buono ma leggermente inferiore al suo predecessore del 2008. C’è un nuovo produttore al posto di Keith Glass dei Prairie Oyster, si tratta del bassista Jason Jaknunas titolare dei Metropolitan Studios di Ottawa e qualche musicista diverso dal precedente album, anche se il fido Gilles Leclerc, mandolinista e chitarrista molto eclettico è sempre presente.
La voce è quella solita, calda e leggermente baritonale nei brani più country-folk, vicina allo stile di Steve Earle e Buddy Miller, più simile al primo Jackson Browne quando si vira verso un country-rock  classico ma anche con echi dei connazionali Blue Rodeo come nei CD precedenti.

Il brano d’apertura Are You Ready, con mandolino, dobro e pedal steel in grande evidenza ha il classico sound dell’insurgent country, lo vogliamo definire alternativo (ma a che cosa?), sicuramente molto piacevole e di qualità medio-alta. Anche Hold on rimane in territori sonori similari, forse leggermente più mossa e con delle piacevoli armonie vocali. Ma Alguire è capace di quel cambio di passo dei musicisti di talento e quindi in Back Roads il suono si fa più elettrico, gli arrangiamenti più complessi e ariosi, da grandi spazi, una voce femminile di supporto, delle chitarre elettriche avvolgenti che impreziosiscono il tessuto sonoro del brano e richiamano i Blue Rodeo già citati. North Wind mossa e vivace è una classica radio song da FM californiana anni ’70 quella dove si potevano ascoltare Eagles e Jackson Browne dei tempi d’oro e poi la voce è proprio bella, ti regala delle piacevoli emozioni.
Beautiful Night è un’altra bella acoustic ballad di sapore roots-americana, con una doppia voce femminile in evidenza, tranquilla e scorrevole ma non si eleva sopra la media di tanti altri suoi colleghi già citati, comunque di quelli bravi! Pen a man down è un brano bluegrass veloce e divertente con ottimi interventi di mandolino e chitarre acustiche. Anche Weeping Willow è un bel duetto, credo con Kelly Prescott, ottima cantautrice canadese emergente, qui l’energia e l’elettricità del suono sono vive e palpabili. What Lies lenta e malinconica ci riporta alle atmosfere care a Miller o Tom Russell, ma anche il classico Willie Nelson, quindi country con la sua bella pedal steel sugli scudi e una acustica appena accarezzata.

Hands Full Of Flowers è una ulteriore immersione in un suono country d’annata con tanto di pianino honky-tonk, divertente anche se non memorabile non sarebbe dispiaciuta a Dwight Yoakam, però diversifica ulteriormente il sound dell’album. Drift away magnifico brano dalle atmosfere cinematografiche, non l’avrei visto male nella colonna sonora di Crazy Heart, è un altro esempio delle notevoli capacità di scrittura di questo canadese anomalo ma di grande talento, ribadisco.
Anche Ditch By Road è un brano decisamente sopra la media qualitativa dell’album, una bella ballatona elettrica sospesa con le chitarre elettriche che ricordano il suono dei Blue Rodeo e quindi indirettamente del loro mentore Neil Young, la voce potente di Kelly Prescott dà valore aggiunto alla canzone con una interpretazione sentita ma mai sopra le righe, veramente bella che altro dire.
La conclusione è affidata a un altro ottimo brano, anche questo un duetto delizioso, Please Don’t Leave Us Now che conferma il talento di autore di Trevor Alguire. Segnatevi il nome perché ne vale pena!

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2010 – La Stampa Estera: Mojo

Proseguiamo nella nostra disamina del meglio del 2010 in musica man mano che si presenta. Questi sono i risultati di Mojo.

The Best of 2010 – Album Of The Year

 

1) John Grant – Queen Of Denmark – Bella Union

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2) Arcade Fire – The Suburbs – Mercury anche Band Of The Year

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3) MGMT – Congratulations – Columbia

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4) Edwyn Collins – Losing Sleep – Heavenly

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5) The Black Keys – Brothers – V2 Coop

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6) Paul Weller – Wake Up The Nation – Island

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7) Midlake – The Courage Of Others – Bella Union

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8) Phosphorescent – Here’s To Taking It Easy – Dead Oceans

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9) The Coral – Butterfly House – Deltasonic

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10) Doug Paisley – Constant Companion – No Quarter

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Gli altri fino al 50 se volete saperli vi comprate la rivista. Però vi segnalo i primi di alcuni generi specifici.

Blues

Various Artists – Things About Comin’ My Way – A Tribute To The Music Of The Mississippi Sheiks – Black Hen

E qui mi scappa! Molto bello ci mancherebbe altro, a parte il fatto che non è solo Blues ma se vogliamo una “String Band” è pure uscito nell’ottobre 2009. Va bene che sono quelli che hanno scritto e portato al successo in origine Sittin’ On Top Of The World nel 1930. OK, ritiro!

Folk

Eliza Carthy & Norma Waterson – Gift – Topic

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Electronica

Walls – Walls – Kompakt

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Americana

Willie Nelson – Country Music – Decca

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World Music

AfroCubism – AfroCubism – World Circuit/Nonesuch

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Underground (?!?)

Endless Boogie – Full House Head – No Quarter

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Reissue Of The Year

Bruce Springsteen – The Promise – The Darkness On The Edge Of Town Story – Columbia

Nella rivista c’è la foto del doppio The promise ma poi parlano del cofanetto, stiamo attenti!

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Per Jazz, Reggae Reissues (ma che categoria è?) e Soundtracks ve lo leggete da soli, aggiungerei…

DVD Of The Year

It Might Get Loud! Sony Pictures Classic (con Jimmy Page, Jack White & The Edge)

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In Italia neppure pubblicato. Concluderei con una curiosità…

Track Of The Year

Janelle Monae – Tightrope – Bad Boy/Atlantic (dall’album The Archandroid). watch?v=pwnefUaKCbc

Ai prossimi giorni con altre classifiche.

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2010 – Parte II (Ripensamenti E Aggiunte)!

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La statua si chiama “Uomo che pensa”. Quando arrivi a fine anno e devi fare la tua lista dei migliori dell’anno (dopo averci pensato a lungo), quando l’hai pubblicata cominci ad avere i primi ripensamenti dovuti a clamorose dimenticanze o più semplicemente 10 titoli sono pochi e allora qual’è il vantaggio di avere un Blog personale se non per fregarsene delle convenzioni? Quindi vaffa alla lista dei dieci (che rimane valida) e pensa che ti ripensa, quando sono arrivato ad avere altri 30 titoli da aggiungere alla lista mi sono detto: meglio fermarsi qui ma anche che è stato un anno non male per la musica. Giudizi ovviamente personali (quelli della stampa estera ed italiana dai prossimi giorni, visto che sto lavorando alle nuove recensioni del Buscadero per gennaio e non ho tempo per scrivere altre recensioni userò quelle, le potrete leggere in anteprima e “a gratis” nei prossimi giorni): dicevo giudizi personali ma serve anche per ricordare e ricordarvi dischi sfuggiti al primo giro e anche come consigli per acquisti e regali natalizi. Visto che sono tanti dischi, in questo post ne ho inseriti una ventina (sempre in ordine sparso) e una decina (gli outsiders) in un altro post nei prossimi giorni (se volete approfondire li trovate tutti nel Blog).

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Elton John & Leon Russell – The Union

Robert Plant – Band Of Joy

Arcade Fire – The Suburbs

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John Grant – Queen Of Denmark

Tom Petty & The Heartbreakers – Damn The Torpedoes Deluxe Edition

Peter Wolf – Midnight Souvenirs

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Ray Charles – Rare genius

Los Lobos – Tin Can Trust

Duke And The King – Long Live The King

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Avett Brothers – Live, Volume 3 (CD o DVD)

Who – Live At Leeds Box Set

Delaney & Bonnie – On Tour With Eric Clapton Box 4 CD

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Huey Lewis and the News – Soulsville

Southside Johnny and The Asbury Jukes – Pills and ammo

Gaslight Anthem – American Slang

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Sandy Denny – Box Set 19 CD

Mavis Staples – You Are Not Alone

Ray LaMontagne and The Pariah Gods – God WIllin’ and The Creek Don’t Rise

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Ryan Adams – III/IV

Eric Clapton – Eric Clapton

John Mellencamp – No better Than This

Me ne stanno già venendo in mente altri “duecento” meglio che mi fermo. Nei prossimi giorni gli outsiders e una appendice sui DVD. Oltre alle “classifiche” degli “altri” a partire con quella di Mojo che è già uscita, magari domani (i primi 2 ci sono anche nella mia lista di oggi)!

Bruno Conti



Il Miglior DVD Musicale Dell’Anno (E C’è Pure In CD) -The 25th Anniversary Rock and Roll Hall Of Fame Concerts

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Rock And Roll Hall Of Fame Concerts – The 25th Anniversary – Time Life 3 DVD – 2 Blu-ray – 4 CD

Ovviamente arrivano importati dagli States ma in giro si vedono e si trovano. Se, come vi ho detto qualche giorno fa è stato sicuramente il più bel concerto degli anni che vanno dal 2000 al 2009, questo uscito ora è altrettanto certamente il miglior DVD ( o Blu-ray o cofanetto di CD) relativo ad un concerto (anzi due) pubblicato in questo 2010.

D’altronde dove trovate in un DVD (o in altri formati) tutti insieme sullo stesso palco: CROSBY, STILLS & NASH, Bonnie Raitt, Jackson Browne, James Taylor, STEVIE WONDER, Smokey Robinson, John Legend, B.B. King, Jeff Beck, PAUL SIMON, David Crosby & Graham Nash, Dion Dimucci, SIMON & GARFUNKEL, ARETHA FRANKLIN, Annie Lennox, METALLICA, Lou Reed, Ozzy Osbourne, Ray Davies, U2, Bruce Springsteen, Patti Smith & Roy Bittan, Mick Jagger, Fergie & will.i.am, JEFF BECK, Sting, Buddy Guy, Billy Gibbons/ZZTop, BRUCE SPRINGSTEEN & THE E STREET BAND, Sam Moore, Tom Morello, John Fogerty, Darlene Love, Billy Joel. Ho dimenticato qualcuno? Little Anthony & The Imperials, Jerry Lee Lewis, Black Eyed Peas.

Ma manco a Woodstock si era vista una tale concentrazione di artisti, insieme, da soli o nelle combinazioni più laocoontiche. 51 brani tratti dallo special televisivo della HBO vincitore dell’Emmy Award, più 16 brani non mandati in onda dalla HBO sul DVD o sul Blu-ray per un totale di 5 ore e 30 minuti. “Solo” 54 brani nella versione CD.

E’ veramente Natale! (La fascetta del DVD riporta anche un’offerta che non so se vale anche fuori dagli Stati Uniti, comunque acquistandolo ti regalano 12 numeri della rivista Rolling Stone). Sciambola!

Imperdibile.

Bruno Conti

Buona Musica Dall’Italia – I Luf – Live & Luf

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I Luf – Live & Luf – Libro + DVD + CD – Psp Per Spartito Preso

Da oggi, ancora fresco di stampa (un buon odore!), è disponibile il nuovo progetto dei Luf. Si tratta di un libro di 120 pagine formato Lp che contiene un DVD dal vivo con la registrazione del concerto tenuto il 30 maggio 2010 a Maresso (ma c’è anche Davide Van de Sfroos? Certo cosa chiedete per fare? In due pezzi!). Nella confezione c’è anche un Cd dal vivo con lo stesso concerto, ma in più come bonus c’è anche un brano inedito Malnat. Però il DVD ha anche molti extra (5 per la precisione) tra cui un video che illustra il progetto Sololo a cui saranno devoluti parte dei proventi ricavati dalla vendita del libro (e del resto). Sono 17 brani in concerto + l’inedito nel CD e gli extra nel DVD.

Il libro è sontuoso con molte fotografie e la storia di 30 anni di Musica&Vita come recita la copertina.

Il tutto dovrebbe costare intorno ai 25.00 euro, prezzo indicativo (anche meno forse, dipende, magari anche di più, guardatevi intorno).

Un piccolo assaggino: ovviamente, anche se il concerto è quello, Il DVD ufficiale si vede e si sente cento volte meglio. Basta comprarlo, ottima musica e una nobile iniziativa, siamo pure vicini al Natale, cosa volete di più!

Dischi Di Fine Stagione: Belli Ma Dimenticati! (1) – David Ford – Let The Hard Times Roll

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David Ford – Let The Hard Times Roll – Magnolia/Original Signal Records

“Non è mai troppo tardi” recitava una vecchia trasmissione del maestro Manzi nella televisione italiana degli anni ’60. Quel detto si applica a meraviglia ad una serie di dischi, belli ma dimenticati, dico nel titolo di questo post: ma non nel senso di negletti o boicottati, no proprio nel senso letterale, dischi usciti nel corso di questo anno che per un motivo o per l’altro mi sono proprio dimenticato di recensire. Questo del disco di David Ford Let The Hard Times Roll è un caso addirittura eclatante (per esagerare): nel mese di maggio ne annunciavo l’uscita fisica nel mese di luglio e dicevo che non sapevo se avrei resistito fino a quella data prima di parlarne, poi il silenzio. Devo dire che c’è stata una catena di avvenimenti che ha fatto sì che questo avvenisse, l’etichetta che doveva pubblicarlo è fallita pochi giorni prima dell’uscita, il CD veniva annunciato nei grandi siti che vendono musica ma non era mai disponibile e poi, lo ammetto, arrivata l’estate me ne sono dimenticato. In questa fine anno di classifiche e ripensamenti me lo sono ritrovato davanti e il disco, un po’ a fatica, si riesce ad ordinare in internet. Ho rinnovato la conoscenza con l’album e a distanza di qualche mese non ha perso un briciolo del suo fascino.

E’ il terzo album di questo bravissimo cantautore inglese di nascita ma americano fino al midollo nella musica che ci regala ( o almeno così sembra al sottoscritto); già il precedente album Songs For The Road aveva fatto gridare, giustamente, al miracolo (esageriamo di nuovo!) molti recensori ed era stato pubblicato dall’etichetta Independendiente con la distribuzione di una major, entrambe lo hanno mollato quasi subito dopo un tour in America nella primavera del 2008. David Ford evidentemente non se l’è presa più di tanto ed applicando la famosa tecnica del DIY (per chi se lo chiede spesso sta per “Do It Yourself”, Fattelo da Solo, quei termini un po’ mitici tipo AKA, Also Known As, ovvero conosciuto con un altro nome o PD, Public Dominion, Dominio Pubblico, quindi non becchi più una lira, un recensore didascalico nei “5 secondi della cultura”) e registrando con pazienza certosina tutti gli strumenti nell’arco di alcuni mesi ha partorito all’inizio del 2010 questo po’ po’ di disco. Qualcuno ha visto delle analogie anche con l’altro David, Gray per il lato non americano della sua ispirazione e per la voce e in parte ci sta.

Ma sin dall’iniziale, epica Panic la musica citata è universale, dall’ambiente del brano che mi ha ricordato nei suoi crescendi drammatici la vecchia Seasons in the sun di Terry Jacks, che era già un riadattamento della vecchia Le Moribond di Jacques Brel, ma ci ha aggiunto citazioni di Start dei Jam, per i più giovani, e in questa catena di citazioni Taxman dei Beatles con il suo riff inconfondibile. E il bello è che il risultato finale risulta un brano originale bellissimo, epico, drammatico, trascinante ma anche orecchiabile. Cè anche qualcosa dei Decemberists in questo melting pot sonoro in continua evoluzione e cantato con grande partecipazione, che è un po’ la caratteristica di tutto il disco e della sua produzione in generale.

Se qualcuno rileva influenze springsteeniane anni ’70 nella successiva Making Up For Lost Time, l’evidente impegno e l’ardore più un’armonica sbarazzina non può fare a meno di notare anche evidenti analogie con il primo Billy Joel quello che univa all’amore per la melodia un drive rock a sua volta derivato dal primo Elton John, con il Tom Waits degli anni ’70 aggiunto per buona misura,  sulla carta suona come una copiatura unica o un pasticcio inestricabile ma vi assicuro che ascoltandolo sembra solo “buona musica”, anzi ottima, quegli incroci tra piano, organo e chitarre sono sempre affascinanti. Waiting For The Storm rallenta i tempi e diventa una bellissima ballata, ancora con l’armonica e le chitarre acustiche che si sovrappongono alle tastiere per creare un background sonoro ideale per il cantato nuovamente appassionato di David Ford che ti fa desiderare di ascoltarlo nuovamente e poi ancora.

Surfin’ Guantanamo Bay segnala un improvviso e drammatico cambio di sonorità, si piomba in un plumbeo blues alla Tom Waits, con la voce più sottile di Ford che lotta per emergere vittoriosa in questo ritmato e scandito blues caratterizzato da una chitarra arrotata mentre To Hell With The World è un’altra drammatica ballata pianistica, intensa e avvolgente con un testo molto interessante.

Stephen raccolta la tragica storia, con omicidio incluso, di un episodio vero avvenuto nella martoriata Irlanda del Nord, lo fa con gusto e misura sia a livello di testi che di musica, meno maestosa che in altri brani, più contenuta ma sempre soddisfacente. Nothin’ at all coniuga ancora Tom Waits questa volta con singalong da pub irlandese (o scozzese o inglese, dove preferite) in un breve quadretto sonoro che parte cattivo e si apre a delle belle melodie che sono il marchio di fabbrica di David Ford.

Sylvia è una deliziosa canzoncina vagamente vaudeville, leggera ma delicata mentre Meet Me In The Middle è un altro brano Waitsiano ma questa volta è una ballata fumosa e vagamente country, non dico tipo gli Eagles di Ol’ 55 ma un violino e l’armonica nuovamente aggiungono un’aria “paesana” e demodé. Missouri è un breve intermezzo, un’intramuscolo di meno di un minuto e mezzo, uno spiritual corale affascinante che sparisce prima che tu te ne accorga. She’s Not The One For me con la sua apertura quasi comica “Holy Cow, I Need To Get My Shit Together, ‘cause She’s not the one for me” ha un ritmo più brillante e ondulato ma non brilla (piaciuto?), scanzonata e leggerina ma poco incisiva, d’altronde tutte belle sarebbe impossibile.

Hurricane peraltro è il brano migliore di questa raccolta, un altro brano epico e pianistico (alla Billy Joel di Piano man) cita frammenti di famose canzone di protesta dei tempi che furono, da This land is your land a God Save The Queen passando per The Times The’re A Changin’ ad altre che passano in un baleno il tutto inserito in un testo complesso ed immaginifico come la musica che accompagna, veramente un piccolo capolavoro. Conclude le operazioni una bellissima love song, Call To Arms, dolce e tenera ma ancora con quelle improvvise aperture melodiche epiche, splendida conclusione per un album che ci segnala ancora una volta un piccolo grande talento che vive ai margini della declinante industria discografica e cerca di insinuarsi nella vostra vita di fruitori di buona musica. Qui ce n’è parecchia!

Potevo lasciarvi senza la versione originale di studio di Panic. Certo che no, quindi…

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2010! E’ Tempo Di Classifiche.

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Quando arriva la fine dell’anno è il momento delle classifiche. Qualche giorno fa, a bruciapelo come sempre, mi hanno chiesto la lista dei 10 migliori dell’anno per il Buscadero. “Ma subito Bruno mi raccomando perchè poi vanno assemblate in tempo per andare in stampa”. E tu cominci a pensare e i primi che ti vengono in mente sono quelli usciti più recentemente ma ce n’erano altri belli usciti all’inizio dell’anno. Allora che fai, ne mandi 10, meditati ma non troppo e non in rigoroso ordine di preferenza (più o meno) poi cominci a pentirti. Io, la mia l’ho mandata e ora la pubblico anche sul mio Blog poi aggiungerò nei prossimi giorni altri titoli che nel frattempo mi sono venuti in mente.

Se avete tempo e voglia mandate anche la vostra nei commenti, 10, 5, 50, quelli che volete, e senza fretta, meditate, gente, meditate! (Occhio che Bruce vi guarda). Lo scorso anno il Blog esisteva da poco e quindi non ho chiesto nulla adesso che sono arrivato oltre i 400 post, e resisto, non vi preoccupate, uno al giorno leva il medico di torno ed è tutta farina del mio sacco, niente copia e incolla, comunicati stampa camuffati, ricicli da altri siti, poi magari non sarete d’accordo con quello che scrivo ma io ci provo. I contatti e le pagine visitate sono comunque in continua crescita se volete ditelo anche ai vostri amici o a chi condivide la musica di cui si parla in questo Blog, cioé tutta ma quella buona, spero! Comunque ecco la lista.

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Bruce Springsteen – The Promise: The Darkness On The Edge Of Town Story

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Jimi Hendrix – West Coast Seattle Boy Box Set

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Richard Thompson – Dream Attic

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Natalie Merchant – Leave Your Sleep

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Mary Gauthier – The Foundling

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John Hiatt – The Open Road

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Tom Petty & The Heartbreakers – Mojo

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Rolling Stones – Exile On Main Street versione 2CD

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Alejandro Escovedo – Street Songs Of Love

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Otis Gibbs – Joe Hill’s Ashes

Questi sono quelli ufficiali, i 10 comunicati poi ce ne sono altri che mi prudono sulla punta del polpastrello e che come vi dicevo, nei prossimi giorni, mi premurerò di comunicarvi, dal Box dell’opera omnia di Sandy Denny (che non ho ancora preso perché costa troppo) a molti nomi oscuri e famosi di cui ho trattato nei mesi scorsi e che andrò a rinfrescarvi in un ipotetico “Consigli per gli acquisti o per i regali” di fine anno.

Questo video lo avevo messo proprio alla fine dello scorso anno (il 30 dicembre) e allora il DVD o il CD del 25th Anniversary della Rock And Roll Hall of Fame non esistevano. Nel frattempo è stato pubblicato (non da molto) e quindi, tratto dal più bel concerto dei Noughties. E’ sempre “lui”…


Bruce Springsteen & Tom Morello -Ghost Of Tom Joad 2009
Caricato da Bitusa. – Guarda altri video musicali in HD!

Bruno Conti

Guarda Chi Si Rivede! Ryan Adams -III&IV

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Ryan Adams & The Cardinals – III&IV – Pax Am Records 13-12-2010

Questo giovane uomo di 36 anni è uno dei musicisti di massimo talento attualmente in circolazione tra le ultime generazioni ma come tutti gli artisti “geniali” è un “po’ matto” ( o “matto come un cavallo”, a seconda dei punti di vista) e molto, molto prolifico. Tutto questo, improvvisamente, si era interrotto nel febbraio del 2009, quando aveva annunciato il suo momentaneo ritiro dalle scene (deluso dai cattivi giudizi della stampa e non soddisfatto dei rapporti con la sua casa discografica) per un periodo di ripensamento, o così si usa dire. Nel mese di marzo sempre del 2009 si era pure sposato con l’attrice e cantante Mandy Moore, e quindi vissero tutti felici e contenti? Ma figuriamoci, uno che ha pubblicato 10 album solisti (o con i Cardinals) tra il 2000 e il 2008, oltre ad una serie di progetti collaterali e collaborazioni varie poteva rimanersene con le mani in mano così a lungo? Certo che no e quindi la prima mossa è quella di fondare una propria etichetta dove pubblicare tutto il materiale di archivio a disposizione ed eventuali nuovi progetti.

La prima mossa non mi ha entusiasmato (ma magari sbaglio io): l’idea di pubblicare un album di heavy metal, disponibile solo per il download e in vinile sul sito dell’etichetta, con il titolo di Orion e dedicato alla memoria del chitarrista dei Voivod Denis D’Amour recentemente scomparso per un tumore al colon, avrà fatto sicuramente la gioia degli appassionati di metal (anche se non credo sia il suo pubblico di riferimento) ma non dei suoi fan, ma, ripeto, magari mi sbaglio.

L’album era stato registrato nel 2006 nel corso delle registrazioni per Easy Tiger con il produttore Jamie Candiloro. Nel corso di quelle sessions che hanno fruttato in totale una sessantina di brani, qualche mese dopo, ad inizio 2007 sono stati registrati anche i 21 brani (22 se contiamo una breve traccia nascosta alla fine dell’ultimo brano Kill The Lights) che compongono questo doppio CD III/IV. Il disco è stato registrato con i Cardinals, ovvero: la bassista Catherine Popper nella sua ultima apparizione con la band (recentemente è entrata a far parte di Grace Potter & The Nocturnals), il chitarrista Neal Casal nella sua prima apparizione nel gruppo (anche se per questo effetto Back To The Future le sue registrazioni successive sono già state pubblicate), il batterista Brad Pemperton, Jon Graboff a steel guitar e chitarre varie, oltre a Jamie Candiloro che oltre a produrre ha suonato le tastiere.

Ma la domanda che si leva è una sola? Ma è bello questo album?

Capperi! Ottimo direi, uno dei suoi migliori, secondo un Ryan Adams finalmente soddisfatto, addirittura il migliore della sua carriera. Questo non so se è vero, perché dischi come Heatrbreaker e Gold sono veramente belli. Ma se possiamo cavarcela con un escamotage diciamo che questo è il disco “rock” più bello della sua carriera. Perché, ragazzi, il disco rocca e pure rolla alla grande, pezzi brevi, veloci e tirati, proprio in uno stile rock classico (non il punk newyorkese vagamente deludente di Rock’n’Roll) ma rock chitarristico che prende ispirazione dagli anni ’80, secondo loro i Cars, ma secondo il sottoscritto ( e mi è ronzato molto in testa in questi giorni mentre lo ascoltavo ma non riuscivo ad afferrarlo) il suono degli U2 quelli del periodo migliore da War a Joshua Tree (ma anche i pezzi più rock dell’ultimo periodo). Il pezzo di apertura di questo doppio Breakdown Into Resolve sembra uscire da un vinile (o Cd) d’epoca del gruppo irlandese, quando erano uno dei migliori gruppi del pianeta anche a livello qualitativo, energico e antemico, rivisto nell’ottica di Adams che è uno dei migliori autori in circolazione, quando vuole e in questo disco vuole. Se aggiungiamo che questo signore guidava uno dei migliori gruppi di quegli anni, i Cardinals con l’atout di avere un chitarrista come Neal Casal che è anche uno dei migliori cantautori rock in circolazione.

Ma è Ryan Adams che suona appassionato e convinto dei suoi mezzi e delle sue canzoni in questo disco. Piccola avvertenza, il disco è doppio ma dura circa 67 minuti, però in questo caso non c’è trucco e non c’è inganno, intanto perché costa come uno e poi perché il progetto vede la luce anche come doppio vinile (le classifiche 4 facciate) come concept album sugli anni ’80, quindi non solo la musica ma anche i testi si rifanno a quegli anni, si parla di alcol, ragazze, sesso, pizze e sigarette (lo dice lui). Alcol e droghe che non fanno più parte della sua vita da quel periodo e quindi questo sarebbe il primo disco fatto a mente serena.

Gli americani usano il termine chuggy-rock per descrivere questo sound molto riffato con le chitarre e la ritmica in evidenza: dopo Dear Candy più vicino musicalmente a quei Cars citati prima (ma la band di Rick Ocasek nel suo sound più rock), la successiva Wasteland condivide l’attacco iniziale di chitarra con Sunday Bloody Sunday e parte del modo di cantare con il Bono dell’innamoramento con il rock classico americano, amore condiviso da Ryan Adams, una bella canzone semplicemente, ma come tutte quelle comprese in questo disco, non ce n’è una che non ti prende.

Non ve le sto a citare tutte ma nei brani più lenti, un altro riferimento che mi verrebbe da fare è quello con gli Smiths, Ultraviolet Lights è una bellissima ballata mid-tempo che qualcosa deve al gruppo di Morrissey, ma anche in questo caso è filtrato attraverso l’ottica di Adams, quei tocchi di pedal steel che ricordano i suoi vecchi Whiskeytown, anche se nel disco non c’è traccia di country o folk.

Volete altri riferimenti, pensate al rock classico americano del periodo in questione, Mellencamp e Petty (magari con Stevie Nicks rappresentata dai cori della Popper) come nelle ariose melodie di Stop Playing With My Heart. Secondo Adams c’è anche l’influenza dei Kiss in questi brani. Io non l’ho sentita ma probabilmente ha ragione lui, visto il bel disco che ha fatto.

Adesso i casi sono due: potrebbe inondarci di dischi come piovesse e speriamo che la qualità non scada oppure diventare una personcina più “ragionevole”. Voi che pensate?

Per il momento affrettarsi nei negozi alla ricerca anche perché nel suo sito il Cd è “sold out”. Dovrebbe uscire il 14 dicembre ma in giro si trova già!

Uno dei migliori dell’anno, in zona Cesarini.

Bruno Conti

Una “Semina” Fruttuosa Dal Passato. Emtidi – Saat

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Emtidi – Saat – Pilz 1972

Un tutto nel passato! Questo è sempre stato un disco che mi è piaciuto moltissimo, sin dalla sua prima edizione in vinile con copertina apribile su etichetta Kosmische Kourier distribuzione Pilz/Basf (ebbene sì la Basf in quegli anni faceva anche dischi oltre a nastri a go-go). E uno che ho cercato in Cd per parecchio tempo senza trovarlo poi quando avevo rinunciato (da un po’ di anni) improvvisamente l’ho visto in alcune liste tedesche e ho rinnovato la conoscenza.

Devo dire che risentito oggi mi sembra meno entusiasmante di quanto lo ricordavo ma comunque sempre un bel disco. Si tratta dell’opera seconda di un gruppo formato dal tedesco Maik Hirschfeldt e dalla canadese Dolly Holmes, inutile vi dica chi è la “più brava dei due”.

Genere Musicale? Bella domanda: vista l’epoca, l’etichetta, la provenienza viene quasi sempre catalogato nel kraut-rock o al limite nel progressive, sezione musica elettronica ed indubbiamente degli elementi ci sono ma io lo definirei kraut-folk (si può?) o folk progressivo ma con ampie iniezioni di quel rock spaziale e visionario che in quegli anni Grace Slick e Paul Kantner “esploravano” con i primi Jefferson Starship in dischi straordinari come Blows Against The Empire e Sunfighter e, più in sordina, sulla loro etichetta Grunt un gruppo come gli “1! con un disco Come che univa episodi pastorali a rock vigoroso il tutto con la voce di Reality D. Blipcrotch (un nome, un programma) in grande evidenza, ma questa è un’altra storia.

Torniamo a questo Saat (che non sapendo il tedesco avevo verificato voler dire Semina, mentre Emtidi non ho mai scoperto cosa voglia dire):il disco consta di sei brani di lunghezza variabile, una quarantina di minuti di musica che unisce le chitarre acustiche 6 & 12 corde di Hirschfeldt, che suona anche dei primitivi Synth, il basso e occasionalmente la chitarra elettrica, con le tastiere multiple della Holmes, piano, piano acustico, organi vari, mellotron, perfino una spinetta elettrica dal suono che ricorda il clavicembalo.

Sul tutto si libra la voce angelica di questa brava musicista canadese dall’impostazione folk (molto presente nel primo album) ma capace di vocalizzi particolari che richiamano Annie Haslam dei Renaissance e voci folk come Jacqui McShee e Maddy Prior, cristallina e “particolare”allo stesso tempo, una antesignana delle Loreena McKennitt a venire (sono entrambe canadesi).

Il brano d’apertura, Walkin’ In The Park dopo una breve introduzione di chitarre acustiche (con un piccolo phasing) e piano elettrico si incentra subito sull’affascinante voce di Dolly Holmes che, con un leggero vibrato, declama versi che sentiti oggi suonano anche ridicoli con la loro enfasi semi-hippy “Don’t Sit On The Grass, It’s Too Cold For Your Ass”, bella rima! Ma la musica e l’intreccio delle voci (nel frattempo si è unito anche il buon Maik, che più che cantare declama un po’ alla Kantner) è affascinante. Nella seconda parte, strumentale, dove si sente la mancanza di una batteria, i due, nondimeno, improvvisano un bel passaggio quasi psichedelico, con la chitarra ingenua di Hirschfeldt passata attraverso un phasing molto d’epoca, le tastiere, un basso marcato, un tamburello e le acustiche di sottofondo. Piacevole e pastorale.

La successiva Traume è basata su un arrangiamento di sintetizzatori e tastiere varie con qualche effetto speciale e la voce della Holmes che gorgheggia deliziosamente a livello corale senza un testo definito, solo improvvisazioni vocali. Suggestiva

Touch The Sun con i suoi 12 minuti è il capolavoro dell’album (se vogliamo definirlo così): un brano dove la fusione tra folk ed elettronica raggiunge i risultati migliori. Su un tema ricorrente di synth (o è un mellotron?)che sale e scende (alla Tangerine Dream primo periodo) si innestano, man mano, vari altri strumenti, prima quella sorta di spinetta che dà un idea sonora quasi spaziale, poi la chitarra elettrica con un leggero wah-wah e la voce lontana ed evocativa della Holmes, poi entrano le chitarre acustiche che ricordano i brani a guida Lake degli EL&P, e la voce sale in crescendo a creare una melodia di chiara derivazione folk molto efficace e coinvolgente. La parte centrale, quasi classicheggiante segna un ulteriore cambio di tempo, rallenta e riaccelera sulla spinta di quella sorta di spinetta, del basso elettrico e di divagazioni quasi tzigane dei vari strumenti per poi tornare al tema acustico iniziale con grande spazio sia per la voce che per le tastiere elettroniche. Molto bello e quasi unico.

Love Time Rain è proprio un brano folk, breve, di chiara derivazione celtica, molto vivace con piano e chitarre acustiche a sottolineare la bella interpretazione vocale. Saat è un altro brano molto bello, ancora di stampo folk, con richiami agli Incredible String Band e agli Amazing Blondel, Hirschfeldt canta quasi bene supportato dalla voce della Holmes, siamo a cavallo tra Medio Evo e Oriente (non in Medio Oriente, così vi risparmio la battuta). Ottimo ed abbondante il lavoro delle chitarre acustiche che crea sonorità affascinanti e ricercate.

Conclude Die Reise, anche questa oltre i 10 minuti, l’unico brano in tedesco, più che cantato declamato con piglio marziale da Maik Hirschfeldt, poi fortunamente entrano i vocalizzi della Holmes che arricchiscono il brano e alle chitarre acustiche, si aggiungono un piano elettrico, il mellotron e poi i sintetizzatori e l’organo, che improvvisano una lunga sezione strumentale. Meno valido di Touch The Sun ma sempre interessante e vario.

Se volete un consiglio, un pensierino ce lo farei, potrebbe essere una bella sorpresa, resa più piacevole dalla ricerca.

Bruno Conti