Una Delle Più Affascinanti Voci In Circolazione! Kelley Hunt – Gravity Loves You

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Kelley Hunt – Gravity Loves You – 88 Records

All’incirca un anno fa vi parlavo in termini entusiastici della “scoperta” di questa nuova cantante Kelley Huntkelley+hunt e vi magnificavo le sue doti vocali contenute in due dischi come Mercy e New Shade of Blue paragonandola in termini più che lusinghieri a Susan Tedeschi e Bonnie Raitt, ma anche a Bonnie Bramlett e Maggie Bell, spingendomi financo ad Aretha Franklin.

Orbene, alla resa dei conti di questo nuovo Gravity Loves You non posso che confermare tutto e questo è veramente ammirevole considerando che il nuovo album è tutto farina del suo sacco (nel senso che ha scritto tutti i 12 brani contenuti nel CD, con l’aiuto di tale Caryn Mirriam-Goldberg che ne firma otto con lei). Quindi in questo caso nessuna cover e tutto materiale originale, si è anche autoprodotta utilizzando alcuni ottimi musicisti provenienti dall’area di Nashville, con la presenza dell’organo Hammond B3 di Mark Jordan,l’unico legame con il disco precedente.

La musica è rimasta quella deliziosa amalgama di funky soul, jazz alla Donald Fagen e blues. Le cose sono chiare fin dall’iniziale Too Much History, con il basso a 5 corde di Tim Marks che impone un ritmo funky e il piano elettrico della stessa Hunt e l’organo di Jordan che si contendono con la chitarra dell’ottimo James Pennebaker le linee sonore del brano, Bryan Owings con la sua batteria disegna grooves precisi ed inventivi mentre la nostra amica canta con quella sua voce calda e naturale senza forzature ma ricca di sfumature, come si suole dire una “gran bella voce”, non saprei dire in altro modo. Forse tra le “nuove” voci attualmente in circolazione l’unica che potrei paragonare alla Hunt per phrasing e bravura è quella di Janiva Magness, ma qui, secondo me, a livello vocale, siamo addirittura un gradino sopra, andatevi a sentire (è una esortazione all’acquisto? Sì!) come modula la voce nella bluesata Gravity Loves You che dà il titolo a questo album.

Quando entra anche il gospel nelle corde della sua musica, come nella delicata ballata These are the days non posso fare a meno di pensare nuovamente alla “Queen of soul”, la grande Aretha! Le sue canzoni suonano sempre “familiari” perché ti ricordano un qualcosa che sfugge ma che in fondo è solo buona musica con il meglio di quello che il passato ha saputo offrire rivisto attraverso un nuovo approccio, Music Was The Thread potrebbe essere un esempio di quanto appena detto, uno splendido esempio, gli inglesi direbbero gorgeous!

Deep old love è un’altra di queste canzoni che galleggiano tra soul, funky e vaghi sentori jazz alla Steely Dan o alla Phoebe Snow con questa voce sinuosa che galleggia tra le note con classe sopraffina. Non mancano le ballate deep soul come la stupenda This Love o le escursioni in uno scatenato rock’n’roll con tanto di slap bass come nella divertente I’m Ready. Quando i tempi sterzano verso un rock-soul energico come nell’eccellente The House Of Love Kelley Hunt non si tira certo indietro e sostenuta da un paio di voci femminili porta a casa il risultato ancora una volta. Anche quando i tempi rallentano e si entra nella canzone “adulta” come in When The Deal Came Down pur se meno convincente la sua voce piace sempre. Poi si rientra nel puro errebì godurioso di The Land Of Milk Honey e si tocca perfino il boogie in Shake It Off Right Away. La conclusione, giustamente, è affidata a In The End ( lo dice anche il titolo) un bellissimo brano solo piano e voce, cantato con grande intensità e che conferma tutto quanto affermato fin qui.

Vogliamo fare un appunto? Forse non ci sono brani di punta, ma la qualità è comunque medio-alta. Se non la avete considerata al primo giro siete sempre in tempo a ripensarci, sarete ricompensati da 45 minuti (circa) di ottima musica e da una delle migliori voci in circolazione attualmente. La qualità delle immagini dei video inseriti non è fantastica ma è compensata abbondantemente da quella della musica. Pensate che quando ho scritto l’articolo precedente si trovavano solo un paio di suoi video in YouTube, ora, fortunatamente è spuntano come i funghi!

Bruno Conti

Un Altro “Reverendo” Bluesman! Rev. Cadillac Johnson & The Revelators

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Rev. Cadillac Johnson & the Revelators – Kneebone Station – Range Records

Un altro Reverendo Blues? Evidentemente capitano tutti a me ! Questo è veramente bravo, ma proprio bravo devo dire. Quando ho visto la sua foto all’interno della confezione del CD ho capito perché il Rev. Cadillac Johnson ha preferito mettere in copertina un paio di stivali, una Bibbia, un basso elettrico e una foto incorniciata. Come dicono sinceramente le note di copertina, anni di dipendenza dalla droga, una vita distruttiva e molte malattie “quasi” fatali hanno lasciato il segno e si vede (come dicevo nella recensione del DVD di Graham Parker, sembra mio nonno), ma lo spirito di questo musicista ha superato tutte le avversità e a quasi 60 anni approda a questo Kneebone Station e ci regala un signor disco, non solo Blues ma anche tanto soul e gospel oltre alla giusta misura di rock.

Texano di Houston ma residente a Ft.Worth la sua carriera inizia alla fine degli anni ’60 quando per un breve periodo fu il bassista degli ZZTop prima dell’arrivo di Dusty Hill, poi nel corso degli anni ha suonato con Sonny Landreth, Lightnin’ Hopkins, con Uncle John Turner e una miriade di artisti texani conosciuti e oscuri, questo giusto per un piccolo CV.

Dopo anni di bagordi evidentemente queste ritrovate fede e serenità gli hanno consentito di realizzare questo piccolo gioiellino che mi sento di consigliarvi spassionamente. Il nostro amico tra l’altro padroneggia le nuove tecnologie con assoluta nonchalance: se volete approfondire ha il suo bravo MySpace cadillacjohnsonbass e lo trovate anche su Facebook, il problema più che altro sarà la reperibilità di questo ottimo CD. Si circonda di un manipolo di validi musicisti, con organo, piano e una sezione fiati che rendono più corposi gli interventi delle chitarre affidate all’ex Bluesbreakers Buddy Whittington (l’unico nome noto), James Pennebaker, Rusty Burns e Dave Millsap, tutti concisi e pertinenti senza inutili virtuosismi, con l’occasionale aggiunta di una armonica quando occorre.

Cadillac Johnson scrive testi e musica con l’aiuto di qualche amico in alcuni brani, suona il basso, produce e canta con passione e grande partecipazione e ha pure una bella voce, calda ed espressiva, quasi sorprendente considerando quello che ha passato. Occasionalmente si fa sostenere da qualche coretto femminile che aggiunge quel sapore gospel e soul alle canzoni (e qui vi dovete fidare sulla parola, non ci sono video a testimoniarlo, ma qui lo potete vedere in azione mentre pigia con gusto sulle corde del suo basso)!

Giusto per completezza (ma sono tutte belle) vi ricordo la bluesata Rolled The Stone Away, il funky soul fiatistico dell’iniziale Mercy me, la sapida Hip To Be Saved tra Little Feat e Radiators. I temi gospel conditi da una pungente slide nella vivace One Word. L’errebì di Gave his Life e la briosa Point of View (tutti i brani sono ritmati e coinvolgenti, fanno venire voglia di muovere il piedino). Forse la migliore di tutte è l’incalzante Stay in the power con armonica, chitarra, organo e sezione ritmica inesorabile che attizzano il reverendo a regalarci una notevole interpretazione vocale. L’unica eccezione è la bella gospel ballad Forgiveness, dove i tempi rallentano e tutto finisce veramente “in gloria” .

E il bello di tutto ciò è che è veramente un reverendo, come il padre che era ministro della chiesa episcopale presbiteriana. SSQA Sono Strani Questi Americani!

Bruno Conti

Chitarristi, Questi Sconosciuti! Neal Black & The Healers – Sometimes The Truth

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Neal Black & The Healers – Sometimes The Truth – Dixiefrog/Ird

Mi sono già occupato di Neal Black in passato (nulla di minaccioso, semplicemente ho recensito alcuni suoi dischi). Texano di San Antonio ha registrato sei dischi (tutti per la DixieFrog), questo dovrebbe essere il settimo: i primi due (a inizio anni ’90) furono trattati particolarmente bene da Rolling Stone con resoconti da 4 stellette e la sua candidatura alla poltrona lasciata vacante da Stevie Ray Vaughan, come tanti prima, durante e dopo. La sua musica è un misto di Texas Blues-rock, atmosfere vagamente roots e intrise di swamp rock e voodoo, la voce roca e vissuta, sempre più segnata dalle intemperie della vita e una notevole abilità alla chitarre, acustiche, elettriche e resonator oltre che che a SRV lo avvicina al compianto John Campbell (un musicista poco noto al grande pubblico ma assai considerato dai colleghi musicisti e da noi appassionati).

Questo album, registrato tra New York e la Francia, è un ulteriore capitolo della sua saga musicale: si apre sulle atmosfere minacciose dell’iniziale New York City Blues, appunto un blues elettroacustico e con la partecipazione di Popa Chubby che duetta alla voce con lui e si occupa della chitarra acustica, un altro compagno di etichetta Nico Wayne Toussaint aggiunge il suono della sua armonica mentre Black si destreggia da par suo alla slide. Già da Lie To Be Loved (firmata come tutto l’album dallo stesso Black) il suono si fa più pressante e chitarristico con la solista di Black che disegna notevoli assoli e la ritmica che si destreggia abilmente tra ritmi boogie e passaggi più jazzati, sottolineati anche dalle tastiere di Mike Lattrell.

Nei brani registrati a New York, Black utilizza la sezione ritmica di Popa Chubby, il bassista AJ Pappas e il batterista Steve Holley, mentre lo stesso Popa è anche l’ingegnere del suono (non il produttore). Negli altri brani sono con lui i soliti Healers, Kim Yarbrough al basso e Vincent Daune alla batteria. Gustate la loro abilità nell’ottima Mississippi Doctor un altro di quei brani più vicini al suono voodoo di New Orleans che al suono texano, con la chitarra anche wah-wah di Black che si misura ancora con l’armonica di Nico Wayne Toussaint. Holiday Inn In Heaven sempre tra cimiteri e altre amenità del genere, è un altro brano lento di atmosfera con acustiche e slide sugli scudi mentre Chicken Shack Cognac è uno spiritato strumentale un po’ alla Albert Lee (tra country e rock) con la solista di Neal Black che duetta con un altro compagno di etichetta, l’ottimo Fred Chapellier, epigono del grande Roy Buchanan.

Yesterday’s Promises Tomorrow è il classico slow blues che non può mancare e la successiva Love And Money, il primo di una serie di duetti vocali e strumentali con Popa Chubby (che mi sembra tornato pimpante dopo una serie di dischi appannati e svogliati) che scalda la sua chitarra come ai tempi migliori ben coadiuvando il solismo brillante e variegato di Black. Gringo Bring Me Your Guns, con tanto di accordion è una bella border song ricca di pathos e buoni sentimenti. Buda, Texas Boogie come da titolo è un’altra scatenata sarabanda strumentale di chitarre tra la slide di Black e la solista di Popa Chubby, come viaggiano ragazzi! Left her in Dallas è un’altra bella slow blues ballad ancora con la presenza “massiccia” del buon Popa. Sometimes The Truth inizia come un brano di Tom Waits (anche la voce bassa e “spezzata” di Black contribuisce alla suggestione) e poi si evolve in una nuova e sinuosa visita alle paludi della Lousiana con l’armonica di Toussaint pronta alla bisogna.

Gli ultimi due brani vedono la presenza di un altro compagno di etichetta, Mason Casey che si disimpegna all’armonica e anche alla voce nel classico Goodbye Baby dal repertorio di Elmore James e l’unica cover presente, occasione immancabile per duettare ancora con Chapellier. Si conclude con lo strumentale Justified Suspicion, dove Casey e Popa Chubby hanno ancora ampio spazio a fianco della chitarra slide del titolare e al piano di Lattrell, per un finale raffinato e particolare che conferma la versatilità di questo ottimo musicista!

Bruno Conti

Come Se Gli Anni ’70 Non Fossero Mai Passati! Blindside Blues Band – Doppia Razione.

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Blindside Blues Band – Rare Tracks – Grooveyard Records

Blindside Blues Band – Smokehouse Sessions Volume Two – The Blues Is Evil – Grooveyard Records

Ascoltando questi due nuovi dischi (usciti in contemporanea) della Blindside Blues Band del chitarrista e cantante Mike Onesko sembra di avere preso una macchina del tempo con fermata anni ’70 quando il rock-blues e il power-trio imperavano e la chitarra elettrica era lo strumento principe del rock. Non lo dico in una accezione negativa del fenomeno, ogni tanto non mi dispiace ascoltare dischi come questi, solo del sano rock(blues) come Dio comanda, senza tanti fronzoli e elucubrazioni sonore, un buon “manico” che ti riporta ai grandi chitarristi del passato.

Senza neanche tirare fuori dalle loro belle custodie i vecchi dischi della vostra collezione (ci sono, ci sono, li vedo lì, un po’ nascosti ma, tutto sommato neanche troppo polverosi): e allora nel Rare Tracks che raccoglie brani registrati nel corso di varie BBC Sessions tra il 2004 e il 2008, scorrono canzoni più o meno “gloriose” come Freedom di Jimi Hendrix, I Can’t Wait Much Longer della coppia Frankie Miller-Robin Trower (forse il musicista che accosterei di più a Onesko), I’m Your Captain dei “mitici” (come direbbe il Galeazzi/Savino) Grand Funk Railroad degli esordi che andrebbero rivalutati perché erano veramente bravi. Ma anche Black Betty che è un brano firmato Ledbetter ma che tutti conoscono nella versione super riffatissima dei Ram Jam, tamarra quanto volete ma sempre trascinante.

E che dire della You Don’t Love me di Bo Diddley ma che tutti conoscono nella versione dell’Allman Brothers Band? Poteva mancare un brano dei Led Zeppelin in questo festival dell’hard rock? Certo che no e quindi vai con una tiratissima No Quarter. Mi aspettavo anche qualcosa di Black Sabbath e Deep Purple viste le atmosfere evocate ma anche se non appaiono direttamente nei brani “originali” di Onesko due o tre(cento) riff copiati (pardon, ispirati da…) non si negano a nessuno.

La chitarra di Onesko è addirittura torrenziale, un assolo tira l’altro, la voce è satura di eco e la sezione ritmica è rocciosa come poche, nelle Smokehouse Sessions ogni tanto fa capolino anche un timido organo e nel materiale contenuto in questo secondo disco spiccano un paio di brani firmati da Willie Dixon, travolti da un’orgia chitarristica di devastante potenza si intuiscono una classica Evil dal repertorio di Howlin’ Wolf e sempre del “Lupo Ululante” una Ain’t Superstitious che quasi tutti i non puristi del Blues ricordano nella versione di Jeff Beck. C’è anche un’altra cover Hendrixiana, l’immancabile Hear My Train A Comin’. Non male la cavalcata slide in Mojo Highway!

In definitiva due dischi indicati per chi ama il suo blues molto (ma molto) rock ma non disprezzabili, da maneggiare con cura ma quando siete in vena di spararvi un’oretta di riff e assoli di chitarra come piovesse potrebbe capitarvi di peggio. E poi questo Mike Onesko non sarà raffinatissimo ma la sua tecnica chitarristica, brutale e diretta, potrebbe regalare delle gioie agli amanti dell’hard blues rock che ancora non lo conoscono, e sì che dischi con la sua band non ne ha fatti mica pochi!  Aggiungiamone due!

Bruno Conti

Nonostante Tutte Le Difficoltà… Marshall Chapman – Big Lonesome

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Marshall Chapman – Big Lonesome – Tallgirl Records

Quando questa “ragazzona” (Tallgirl è il nome della sua etichetta ma si riferisce anche alla sua altezza, 6 ft 1 inch, circa 1 m e 85) inizia la sua carriera musicale intorno alla prima metà degli anni ’70, in quel di Nashville, Tennessee (The Music City) dove si era trasferita dalla natia Spartanburg, South Carolina il CD non era ancora stato inventato e in quella città nasceva il fenomeno della “Outlaw Country music”, per intenderci Kris Kristofferson, Waylon Jennings, Billy Joe Shaver che sono fra i primi compagni di avventura di Marshall Chapman.

Ma il suo esordio avviene con una major, la Epic Records nel 1977 con Me I’m Feelin’ Free e ancora di più con l’eccellente Jaded Virgin del 1978, un album prodotto da Al Kooper (che era il T-Bone Burnett dei tempi) dove rock e country vanno a braccetto con la bellissima voce della brava Marshall e il disco entra nelle liste dei migliori dischi dell’anno e rimane a tutt’oggi uno dei migliori della sua discografia. Discografia che si arricchisce di altri due ottimi album Dirty Linen del 1987 e Inside Job del 1991 mentre la sua carriera, per qualche anno, si intreccia con quella di Jimmy Buffett con cui suona dal vivo e compone Last Mango In Paris, una delle sue canzoni più famose.

Per farla breve in oltre 35 anni di carriera Marshall Chapman ha registrato solo 12 album, compreso questo Big Lonesome, però le sue canzoni sono state interpretate da almeno una cinquantina di musicisti provenienti dai generi più disparati (nel suo sito http://www.tallgirl.com/content/ trovate la lista completa). Tra coloro che hanno cantato i suoi brani c’è anche Tim Krekel, un ottimo musicista che ha spesso lavorato ai margini del big business e con il quale questo album doveva diventare un disco di duetti. Poi la vita ha deciso di prendere un’altra strada e Krekel è morto per una violenta forma di tumore che nel giugno del 2009, dopo una breve malattia, se lo è portato via. Alcuni dei brani erano già stati registrati e formano “il cuore” del CD, poi la Chapman ci ha costruito un album intorno, con l’aiuto di alcuni musicisti di valore e del collaboratore storico di Buffett, Michael Utley, che oltre a curare la produzione ha suonato anche le tastiere.

Il risultato è il suo miglior disco dai gloriosi giorni degli esordi. Il genere è sicuramente rimasto quel country poco ortodosso che si citava agli inizi, intriso di blues e con qualche leggera spruzzata di rock e un filo di jazz, costruito intorno alla voce di Marshall Chapman, calda ed avvolgente e che non ha perso un briciolo del fascino originale: si parte con la prima collaborazione scritta con Krekel, quella Big Lonesome che dà il titolo all’album, dove una chitarra molto twangy, dobro e pedal steel pigramente si dispongono attorno alle voci dei due protagonisti. Down In Mexico è il primo brano dove le cose si fanno “serie”, una ballata dalle atmosfere sospese (alla Lucinda Williams se volete, ma la Chapman faceva già questa musica da prima) con la slide dell’ottimo Will Kimbrough in bella evidenza, come peraltro in tutto il disco. Going Away Party è un vecchio brano scritto da Cindy Walker, dalle atmosfere vagamente jazzate e old time, con la voce di Marshall che mi ha ricordato moltissimo quella della Carly Simon più ispirata mentre Falling Through The Trees è un’altra bellissima e intensa ballata, genere nel quale la nostra amica eccelle, quando i tempi rallentano e le atmosfere si fanno malinconiche, le sue capacità interpretative risaltano, aiutate in questo brano da un notevole lavoro all’organo da parte di Michael Utley e da un altro bel assolo di chitarra di Kimbrough.

Sick of Myself è una delle ultime collaborazioni tra la Chapman e Krekel, un bel duetto country con una sezione di fiati che ravviva il procedere delle operazioni e dona quella patina vagamente country got soul. Tim Revisited è un sentito omaggio alla memoria del suo amico, una dolce ballata cullata dalle note di una pedal steel (Jim Hoke) che rievoca tanti anni di musica insieme e vuole essere un viatico per il futuro. I Can Stop Thinking About You è un altro brano che esalta la voce vissuta della Chapman seguita da una Mississippi man In Mexico che percorre territori decisamente country-Blues con grande vigore e passione. I’m So Lonesome I Could Cry è una bellissima cover del celeberrimo brano di Hank Williams, eseguita con rigore e partecipazione. Riding with Willie, rivela già dal titolo le sue intenzioni ma poi diventa efficace nella esecuzione, uno dei brani migliori di questo album. Ma il pezzo migliore è proprio la conclusiva I Love Everybody, l’ultima collaborazione con Tim Krekel, un travolgente brano registrato dal vivo dove country e rock si esaltano ancora una volta in un continuo crescendo che esplode in una inarrestabile coda strumentale. Ottima musica!

Bruno Conti

P.S. Se vi chiedevate dove fosse finito ieri il Blog, il titolo di questo Post fa riferimento anche alle difficoltà tecniche. Pare ci sia stato un attacco degli hackers!

Notizie Utili. Drive-By Truckers Go-Go Boots

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Drive-By Truckers – Sometimes Late At Night EP

In quella che sta diventando una ormai ineludibile, seppur lodabile, tradizione, l’uscita del nuovo album dei Drive-By Truckers Go-Go Boots per i fortunati che abitano nelle zone “civilizzate” della discografia indipendente mondiale (ovvero Inghilterra e Stati Uniti) verrà accompagnata dalla distribuzione gratuita di questo sostanzioso EP con ben sei brani, uno in studio e cinque dal vivo. Se partite con la vostra ricerca sappiate che così parlò il gruppo dal loro sito…

“In our continuing effort to support independent record stores we are happy to announce a FREE bonus EP that will be available for a limited time at Indie Record stores in the USA and at Rough Trade Records in the UK with purchase of our new album Go-Go Boots. The EP will feature the studio version of the Vic Chesnutt song “When I Ran Off And Left Her” as well as live versions of songs off of Go-Go Boots and The Big To-Do and a few other special surprises.

This free EP will be available in the UK at Rough Trade records starting this Friday leading into the Patterson Hood and Mike Cooley acoustic in store performance (Friday at 7pm) and is also available to fans who pre-order the album on their website.

The EP will be available at indie record stores around the USA starting Tuesday February 15 as a limited edition free gift for fans who purchase Go-Go Boots at their local independent record store. – drivebytruckers.com”

Per cui, popolazioni italiche, se sprovviste di emissari esteri, metteteci una croce sopra, oppure…

La Tracklist completa è questa:

1. When I Ran Off and Left Her (Vic Chesnutt cover from ‘Go Go Boots’ Sessions)
2. Used to Be a Cop (recorded Live in Atlanta, GA)
3. Everybody Needs Love (recorded Live in Madison, WI)
4. Get Downtown (recorded Live in Atlanta, GA)
5. Mercy Buckets (recorded Live in Atlanta, GA)
6. Buttholeville / State Trooper (recorded Live in Atlanta, GA)

Bruno Conti

Grammy Awards Domenica 13 Febbraio 2011 Los Angeles

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Non so e non voglio sapere chi vincerà i Grammy di quest’anno, vi basti sapere che ci sono 109 categorie da premiare! Ma almeno i 5 in gara per l’album dell’anno ve li dico: The Suburbs Arcade Fire, Recovery Eminem, Need You Now Lady Antebellum, The Fame Monster Lady Gaga e Teenage Dream Katy Perry. Mmmhh, però! Credo siano in ordine alfabetico (anche se partecipano i dischi e non gli artisti, come agli Oscar). 53rd-grammy-awards-album-of-the-year-nominees#ooid=Q3YTV2MTpKvkezRY9JVK28Zofc8Yig_h

Notizia dell’ultim’ora: poi qualcuno, all’ultimo minuto, il 10 febbraio si deve essere accorto che Bob Dylan quest’anno compie 70 anni e in fretta e furia hanno aggiunto uno “Special Salute to Acoustic Music” dove il vecchio Bob salirà sul palco con i Mumford and Sons e gli Avett Brothers per celebrare questo inatteso ritorno della musica acustica (country e folk) nei gusti del pubblico americano.

Una ottima occasione per proporvi due “suggestive collaborazioni virtuali” in Video con Bob Dylan, in attesa di quella vera.

Bruno Conti

Chi Va E Chi Viene. Auguri (In Ritardo) A Carole King!

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Meglio tardi che mai. Ieri, 9 febbraio 2011, Carole King ha compiuto 69 anni (lo so, l’età delle signore non si dovrebbe dire mai) e per festeggiarla, ma non solo, la Hear Music/Universal pubblicherà il 1° marzo un DVD (con cd bonus) intitolato Carole King & James Taylor Troubadours The Rise Of The Singer-Songwriter.

Il Bonus Cd contiene questi brani:

Disc 2: Bonus CD
1. James Taylor – Sweet Baby James
2. Linda Ronstadt – Desperado
3. Little Feat – Dixie Chicken
4. Elton John – Take Me to the Pilot
5. Tom Waits – Ol 55
6. Bonnie Raitt – Love Has No Pride
7. Randy Newman – Sail Away
8. Warren Zevon – Poor, Poor Pitiful Me
9. Kris Kristofferson – Why Me
10. Carole King – It’s Too Late

Ancora Auguri, “It’s Never Too Late”!

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte III. PJ Harvey, Hayes Carll, Lia Ices, Mogwai, Arboretum, Eccetera

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In considerazione del fatto che le uscite si susseguono a getto continuo intensifico la rubrica sulle uscite settimanali integrandola con eventuali sviluppi su date cambiate e nuove aggiunte anche perché dovendo sentire pure il materiale per le recensioni che poi faccio per il Buscadero (e che sul Blog potete leggere in anteprima e gratis) non ho il tempo materiale per inserire nuove recensioni. Confermato che il nuovo Bright Eyes The People’s Key più lo sento più mi piace (uscita confermata il 15 febbraio), vi segnalo anche che la settimana prossima usciranno per l’ennesima volta, questa volta per la Sony Music, i vecchi album di Emerson, Lake & Palmer rimasterizzati (e tra poco, a marzo, la Universal provvederà a ristampare la discografia dei Queen, quantomeno in versione doppio CD con Bonus tracks mentre gli E L & P sono uguali agli album originali) e martedì 15 febbraio è anche il giorno fissato per il nuovo Drive-By Truckers Go-Go Boots.

Veniamo alle altre uscite del 15. E’ in uscita in due versioni (una normale e una digipack deluxe, ma con gli stessi brani) il nuovo PJ Harvey Let England Shake di cui si parla molto bene ( e da quello che sono riuscito a sentire mi pare di poter confermare e comunque bella la confezione digipack che si apre a tre ante), etichetta Island/Universal.

Hayes Carll è uno dei cantautori emergenti più interessanti del panorama roots-rock/Americana, KMAG YO-YO (& Other American Stories), più una scioglilingua che un titolo, è il secondo CD che pubblica per la Lost Highway e il quarto in assoluto per il musicista texano.

Torna anche uno dei gruppi principali della scena alternative, i Mogwai con un nuovo doppio album ( e doppio vinile) Hardcore Will Never Die But You Will che aldilà del titolo inquietante contiene anche, nel secondo CD, quello Bonus, un brano di 23 minuti The Singing Mountain che accompagna una installazione di due artisti visivi Douglas Gordon e Olaf Nicolai che non conosco (ma saranno sicuramente bravissimi, sono io che sono ignorante in materia). Etichetta pias/Self.

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Saltellando da un genere all’altro con assoluta noncuranza vi segnalo anche il nuovo album degli Arboretum The Gathering etichetta Thrill Jockey/Self. Terzo album per un gruppo molto interessante che vi consiglio se cercate sonorità inconsuete ma anche tradizionali in un giusto mix.

I Twilight Singers sono, ormai da cinque anni e cinque album, il nuovo collettivo dell’ex Afghan Whigs Greg Dulli che continua ad esplorare questa sua miscela tra rock alternativo e soul futuribile. Il disco si chiama Dynamite Steps esce per la “mitica” Sub Pop e vede la partecipazione di Mark Lanegan e Ani DiFranco.

Gruff Rhys è il cantante dei Super Furry Animals ma ogni tanto si dedica anche alla carriera da solista, questo è il terzo disco che esce a nome suo, il più vicino allo stile del gruppo, si intitola Hotel Shampoo (pare che anche lui abbia il vizietto di prelevare qualche “ricordino”)!

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Lia Ices è un’altra di quelle nuove cantautrici che stanno spuntando come i funghi nella scena indie americana, brava però. Questo Grown Unknown è il suo secondo disco, esce per la JagJaguwar/Goodfellas, l’etcichetta degli Okkervil River (e qualche decina di altri nomi molto validi). Se vi piacciono Cat Power, Tori Amos, Joan as Police Woman potrebbe piacervi. Ospite Justin Vernon aka Bon Iver in un bellissimo duetto chiamato Daphne.

Un paio di recuperi dalle scorse uscite. Vi avevo parlato delle Wailin’ Jennys ma esce anche un “nuovo” Waylon Jennings. Ma non era morto? In effetti si tratta del primo volume di una serie di tre The Music Inside A Collaboration Dedicated to Waylon Jennings Vol.1: di cosa si tratta? Vi elenco qualche nome degli artisti presenti in questo tributo, Jamey Johnson, gli Alabama riuniti per l’occasione, Randy Houser, il figlio Shooter Jennings, la vedova Jessi Colter in duetto con Sunny Sweeney, Kris Kristofferson & Patty Griffin, nonchè un brano di John Hiatt con Waylon Jennings stesso. Etichetta Scatter Records, quindi buona caccia. E’ già uscito ieri negli States.

In Inghilterra, sempre ieri, è uscito anche questo doppio CD di Robin Trower At The BBC 1973-1975 quindi l’epoca d’oro di uno dei grandi epigoni Hendrixiani. Etichetta Emi Catalogue/Chrysalis.

Bruno Conti

Un Altro Che Non C’è Più! Gary Moore 1952-2011

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Robert William Gary Moore Belfast 4 aprile 1952 – Estepona 6 febbraio 2011

Arrivo in ritardo ma mi sembrava giusto ricordarlo in un Blog che si occupa di musica. Come ormai saprete Gary Moore se ne è andato nella notte del 6 febbraio in un hotel di lusso di Estepona in Spagna dove era in vacanza, per quello che pare essere stato un infarto.

In un’altra occasione, passata la buriana, magari gli dedicherò un ricordo più approndito: non sarà stato uno dei grandi della musica ma sicuramente un chitarrista di grande valore, quelli che si definiscono un po’ pomposamente Guitar heroes.

In ogni caso grazie per tutto quello che ci ha regalato e RIP.

Questo è stato il suo maestro e mentore, Peter Green.

Bruno Conti