Hanno Detto di…Josh T. Pearson – Last Of The Country Gentlemen

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Josh T. Pearson – Last Of The Country Gentlemen – Mute/Self Dist. 15-03-2011

Come chi frequenta questo Blog (anche saltuariamente, vi perdono!) avrà notato, al sottoscritto piace scrivere di musica ma anche ascoltarla, gustarla, scoprirla. Quando posso cerco di essere tra i primi a parlarne (vedi Otis Gibbs e Sean Rowe) ma non mi formalizzo se altri mi indirizzano verso artisti che mi sembrano meritevoli di essere approfonditi.

Questo Josh T. Pearson (e già le immagini sono indicative del personaggio) mi sembra un talento totale: già leader dei Lift To Experience autori di un unico album, The Texas-Jerusalem Crossroads, ad inizio millennio, circondato da un ondata di critiche entusiaste e poi scomparso nell’anonimato per un’intera decade di “lavoro e vita comune” nel nativo Texas, tenta la strada del Second Coming con questo Last Of The Country Gentlemen e a giudicare dal putiferio critico che ha scatenato mi sembra ci stia riuscendo perfettamente. Il disco esce il 15 marzo ma essendo affetto dalla sindrome del San Tommaso, ovvero “Provare per credere”, che più prosaicamente era anche il motto del mobilificio Aiazzone (pubblicità gratuita), dicevo che essendo affetto da quella curiosità insanabile mi sono procurato una copia del disco e non posso che confermare tutto quello di bello che è stato detto su questo disco. Già, ma giustamente vi chiederete cosa diavolo hanno detto di questo disco?

Partiamo da Uncut, 5 stellette e Disco del mese che chiosa: Uomo dei Lift To Experience diventa solista. Desolantemente brillante. Più “nudo e crudo” del compagno di etichetta Nick Cave (di cui utilizza in un paio di brani il violinista Warren Ellis con effetti devastanti, aggiungo io) la sua musica raggiunge livelli di intimità e auto-rivelazione quasi dolorosi con una semplice chitarra accarezzata e dei testi intensissimi quasi borbottati.

Aggiunge il Buscadero (“solo” 3 stellette e mezzo): “Solo sette canzoni, quattro di esse superiori ai dieci minuti di durata, per un disco, lo diciamo subito, di una bellezza e di un’intensità strazianti”. E aggiunge “Immaginatevi lo Springsteen verboso degli esordi e sovrapponetelo a quello dimesso e melanconico di The Ghost Of Tom Joad e potrete iniziare a farvi un’idea.”

Altri (Onda Rock) ribadiscono: “Una confessione solitaria, forse inaudita dai capolavori di Cohen,Songs Of Love And Hate” in particolare, o da “Pink Moon“, smussata solo dal violino di Warren Ellis, unico orpello che Pearson si concede, venendo a patti col proprio ascetismo in nome di un’amicizia cresciuta sul palco, avendo Josh accompagnato i Dirty Three nei loro ultimi tour”.

Mojo, 4 stellette, rincara la dose “Ascoltare e assorbire Last Of The Country Gentlemen è come leggere le note sfrenate di un diario o ascoltare una confessione sul letto di morte tale è il crudo, combattuto sentimento palbabile in ogni sommessa singola nota e in ogni morbido accordo di chitarra.” Mi sentirei di aggiungere che ogni brano è come un lungo flusso di coscienza (stream of consciousness) che mi ricorda la musica dei due Buckley, padre e figlio, Tim e Jeff.

Q, 4 stellette o 8 se preferite, dice che la Musa di Pearsons ha preso fuoco nuovamente mentre l’Evening Standard (sempre 10) così parlò:”Josh T. Pearson è il John Grant di questo anno: un americano barbuto di ritorno dai “margini” della vita con un malinconico capolavoro!”. Drowned in Sound concisamente dichiara, “Veramente un disco magnifico!”, sempre 10 o 5 stellette il voto.

Tenete conto che il voto medio è 8.5 e l’unico che gli ha dato solo 3 stellette ( o 6) è stato il Guardian, con un giudizio comunque positivo che ricorda il già citato comun sentire vocale del Jeff Buckley meno pirotecnico.

Senza andare alla ricerca di tutte le recensioni (anche perché non avrei il tempo di leggerle tutte) mi pare che il consiglio che mi sento di darvi è di presentarvi martedì nel vostro negozio preferito (anche virtuale) e procedere all’acquisto. Le tre canzoni dei Video potrebbero essere le più rappresentative ma in fondo sono tutte e sette molto belle.

Bruno Conti

Con Leggero Anticipo 3. Uscite Da Confermare, Ma Anche No! Emmylou Harris, Kd Lang, Fleet Foxes, Brandi Carlile, The Cars,Steve Miller Band, Stevie Nicks Eccetera

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Dopo i primi due post di gennaio torniamo a questa rubrica di anticipazioni a lunga gittata (aprile-maggio, le altre uscite marzo le lascio per rubriche di novità “normali): confermate per aprile le uscite di Paul Simon, Foo Fighters e Robbie Robertson vediamo quali sono le altre novità “sicure” di prossima programmazione, al di là dei fastidiosissimi TBA e Tbc che denotano dischi che non hanno nè titoli ne date certe, quindi niente Box di Joni Mitchell, niente ristampe presunte di Van Morrison, niente dischi nuovi di Chris Barber con ospiti a go-go (esce ai primi di settembre).

Iniziano con un terzetto (anzi 4) delle migliori voci femminili in circolazione: K.d. Lang pubblica il nuovo album il 12 aprile per la Nonesuch, è il primo con una band fissa dai tempi dei Reclines, il gruppo si chiama Siss Boom Bang e l’album è intitolato Sing It Loud. Come al solito per i perversi meccanismi del mercato discografico in pre-order sul sito della Lang o della Nonesuch si può trovare una versione speciale con 4 brani in più.

Sempre il 12 aprile ma per la Decca/Rounder esce il nuovo album di Alison Krauss & Union Station Paper Airplane. Fallito il progetto di dare un seguito al disco con Robert Plant Raising Sand vincitore di sei Grammy nel 2007, inclusi quelli pincipali non si è mai capito se perché ci sono stati dei dissapori o semplicemente Plant si era rotto di aspettare T-Bone Burnett (del quale, notizie fra poco), la Krauss è ritornata con il suo gruppo gli Union Station con cui aveva registrato Lonely Runs Both Ways. Pochi sanno che Alison Krauss è l’artista femminile che ha vinto più premi nella storia della musica, ben 26!

Il 26 aprile per la Nonesuch esce il nuovo CD di Emmylou Harris Hard Bargain. Anche in questo caso esiste(rà) una versione Deluxe doppia con DVD allegato con 6 brani filmati e interviste varie. Contiene un brano dedicato a Kate McGarrigle e uno a Gram Parsons (dopo tanti anni evidentemente non dimenticato)!

Della quarta, Brandi Carlile, secondo me la migliore delle “nuove” cantautrici in circolazione e che lo scorso anno mi ha dato un bidone concertistico causa vulcano in aprile e poi di nuovo a novembre per mancanza fondi. Per consolarci il 26 aprile o 3 maggio esce un CD Live At Benaroya Hall (la stessa del live dei Pearl Jam, bravi! D’altronde è a Seattle). Accompagnata da una orchestra sinfonica ci delizierà con i suoi migliori brani e qualche cover gustosa. Etichetta Sony. Se non la conoscete è l’occasione buona.

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Per la serie “a volte ritornano”: Mike & The Mechanics il gruppo dell’ex (?) Genesis Mike Rutherford torna con il nuovo album The Road il 12 aprile su etichetta CMG. E’ il primo del nuovo secolo, non ci sono più i vecchi cantanti Paul Carrack e Paul Young (quello dei Sad Café) sostituiti da Andrew Roachford ( è proprio lui) e dal canadese Tim Howar dei “famosissimi” Vantramp. Apperò!

Nel caso dei Cars dobbiamo risalire addirittura al 1988 ma anche loro riappaiono con un nuovo disco Move Like This di cui non so assolutamente nulla se non il titolo, Move Like This, l’etichetta Hear Music/Concord e la data di uscita, 10 maggio. Speriamo bene.

Chi è già alla fase 2 del ritorno è la Steve Miller Band che con il bluesato Bingo dello scorso anno ci aveva regalato un buon disco (meglio delle recenti penose ristampe). L’etichetta è sempre la Roadrunner/Warner, la copertina è sempre di Storm Thorgerson, la data è il 10 maggio. Viene annunciato come l’ultimo disco dove compare l’armonica di Norton Buffalo, scomparso nel 2009, ma l’avevano già detto per l’album dello scorso anno. Non manca neppure la cattiva abitudine di fare due versioni diverse, quella “Special” con 4 brani in più curiosamente più costosa, strano!

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Su questi tre nutro maggiori speranze. Steve Earle pubblica il nuovo album sempre su etichetta New West il 26 aprile prossimo, si chiama I’ll Never Get Ouf Of This World Alive. Naturalmente non manca la versione Deluxe con DVD del Making Of. Produce…indovinato, T-Bone Burnett e c‘è un duetto con la “sora” Earle, Allison Moorer.

Il 3 maggio esce per la Reprise (lei è una fedelissima) il nuovo di Stevie Nicks In Your Dreams. Anche qui nulla saccio.

Sempre il 3 maggio esce il nuovo dei Fleet Foxes Helplessness Blues.

Quando avrò ulteriori notizie aggiornamenti tempestivi.

Bruno Conti

Una “Voce” Straordinaria! Il Disco Un Po’ Meno. Dana Fuchs – Love To beg

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Dana Fuchs – Love To Beg – Ruf Records

Ma è comunque un ottimo album, il Love To beg di cui andiamo a parlare. Certo, con quella voce, uno si aspetta sfracelli incredibili e quindi il disco in studio è uno strumento meno efficace dell’album dal vivo. Ma da quel lato Dana Fuchs ha già dato e il CD (o meglio ancora) il DVD di Live In New York City sono documentazioni, quelle sì straordinarie delle sue capacità di stare un palco, e della sua voce. E che voce!

Se riuscite a trovarli, perchè la distribuzione solo a livello autogestito (o via concerti) sicuramente non giova alla diffusione del Verbo. Il primo album, Lonely For A Lifetime, addirittura è una sorta di chimera, uscito nel lontano 2003 e, credo, non più disponibile neppure nel suo sito, ma vale assolutamente la pena di effettuare una ricerca, anche se è il Live quello da avere assolutamente. Meglio sarebbe tutti e tre, e anche la colonna sonora del film Across The Universe dove Dana Fuchs interpretava (Sexy) Sadie e la sua voce, e anche il resto, non saranno passati inosservati ai più.

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Dal vivo è una vera forza della natura, una macchina da guerra per fare rock, oliata da centinaia di esibizioni, prima nei locali di New York, dove con il suo fedele accompagnatore, amico, chitarrista, produttore e co-autore Jon Diamond, si è fatta un nome come una delle più incredibili performer in circolazione tanto da attirare l’attenzione dei responsabili del musical Love, Janis, che seduta stante l’hanno voluta nella parte della leggendaria cantante texana e come conseguenza anche nella pellicola della Taymor.

Il punto dolente è sempre rimasto quello della distribuzione dei suoi dischi e anche se il recente contratto europeo con la Ruf Records farebbe presupporre una maggiore reperibiltà vi assicuro che per trovare il disco che è già uscito da un mesetto ho dovuto sudare le proverbiali sette camicie (per non parlare degli States dove uscirà solo ad aprile).

Comunque bando alle ciance e parliamo del disco. Assodato che dal vivo è meglio, anche questo Love To Beg non è niente male. In fondo deve ampliare il suo repertorio anche per i concerti dal vivo, non dimenticando che molti dei brani del nuovo disco venivano già eseguiti Live.

La voce e le movenze sono una via di mezzo tra Janis Joplin e Robert Plant (come la collega Beth Hart che le è comunque inferiore) con tocchi di R&B, una spruzzata della Lucinda Williams più rock, un amore sconfinato per Bob Dylan e il soul della Stax, per Ray Charles e il rock dei Led Zeppelin, per il country e il blues più veemente. Quello che si ottiene shakerando il tutto è una cantante che si inserisce nella grande tradizione delle rockers in gonnella (poche per la verità) aiutata anche da una forza di volontà indomita: l’ultima di sei fratelli che l’hanno sempre spronata a perseguire il suo talento, ha subito la perdita della sorella Donna, una delle sue fans più sfegatate, morta suicida e, recentemente ha saputo che il fratello Don è affetto da un tumore al cervello, terminale. Quindi gioie (il disco) e dolori nel passato recente. Se volete approndire la sua conoscenza il suo sito è molto ben tenuto e ricco di contenuti http://danafuchs.com/

Il disco nuovo comprende dodici brani nuovi firmati con Jon Diamond e una super cover di I’ve Been Loving You Too Long di mastro Otis Redding che già da sola vale il prezzo di ammissione. Partiamo propria da questa: chiudete gli occhi e pensate che una macchina del tempo vi ha depositato negli studi dove Janis Joplin sta registrando una versione di questo brano, stessa grinta, stessa voce potente e rauca (forse un po’ meno vissuta), ma una grande capacità interpretativa, calore che sprizza da tutti i pori e un trattamento del brano che dal sound della Stax eredita la sezione di fiati e un organo avvolgente, dal suono della Joplin il vigore del rock e le chitarre spiegate di Diamond, e qui direi che ci siamo.

Fast forward all’inizio: una chitarra slide insinuante, una ritmica soul-rock e la voce stupenda della Fuchs ci introducono alla title-track Love To beg. L’attacco è misurato ma già caldo dall’inizio, si percepisce subito il talento interpretativo e, se mi posso permettere un consiglio, Play Loud, lasciate perdere i vicini. Una armonica aggiunge pepe all’arrangiamento e anche le voci femminili di supporto sono calde e avvolgenti. Il Boogie Blues travolgente di Nothing’s What I Cry For con le chitarre di Jon Diamond e la voce urgente della Fuchs a incanalare il meglio del rock-blues vigoroso e raffinato al tempo stesso. Lo stesso Diamond ha un timbro e delle sonorità delle sue chitarre sempre diverse in ogni brano, per Golden Eyes, tirata e coinvolgente, estrae dal manico un effetto molto zeppeliniano con strati di chitarre ad attizzare il ruggito della brava Dana. Keepsake è la prima oasi di quiete; chitarre acustiche e una doppietta piano-organo per una ballata classica che ancora mette in risalto la bellissima voce della Fuchs. Set It On Fire è un brano rock classico, alla Stones se volete, molto anni ’70 ma non per questo derivativo, solo del sano rock and roll che è la ricetta con cui è stato costruito questo CD, ricetta semplice se disponete di una delle migliori voci in circolazione e di un chitarrista con le palle ( a differenza della bella Dana non ha il Physique du Role ma compensa con il talento), è un vero piacere sentire una cantante a voce spiegata e senza bisogno di trucchi di registrazione, tutta roba naturale.

Faster Than Than We Can accelera i tempi e aggiunge un pizzico di country ma molto energico mentre Keep On Rollin’ è un’altra bella ballata questa volta di chiara derivazione soul con le solite voci femminili di supporto (tra cui la stessa Dana che spesso si raddoppia anche alle armonie). Vai col funky-rock assai mosso della ritmatissima Drive già nel suo repertorio live da tempo e qui potete apprezzare appunto l’ottimo “drive” della band.

Summersong è ancora una ballata, ma questa volta siamo nel “deep soul” con fiati e voci in libertà che spalleggiano il cantato sensuale di Dana Fuchs, proprio bella musica che scalda il cuore e le gambe. Pretty Girl è un altro pezzo rock di quelli con chitarre fiammeggianti e voci senza timore che vengono dal profondo. Della cover di Redding abbiamo detto, rimane il delirio rock, tra Zeppelin e Black Sabbath, della tiratissima What You See che sicuramente consentirà a Dana incursioni in territori vocali alla Robert Plant: la Dana Fuchs band mette in piedi una versione da concerto di Whole Lotta Love in medley con Helter Skelter e Goin’ Down che è da sentire per credere, devastante e di una potenza incredibile e che voce!

Superman è un blues con uso di armonica, classico che di più non si potrebbe e permette di apprezzare anche le affinità con le classiche dodici battute di questa cantante tra le più complete ed eclettiche in circolazione.Se ce ne fosse stato bisogno, mi sono convinto da solo intanto che scrivevo questo Post, sentire per credere, adesso è in tour nel Nord Europa ma ogni tanto capita anche sui nostri palcoscenici, da non mancare.

Bruno Conti

Ma Se Ne Sentiva La Mancanza? Steve Miller Band – Abracadabra & Circle Of Love Special Editions

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Steve Miller Band – Abracadabra & Circle Of Love – Ristampe Edsel CD Digipack senza bonus.

Due dischi veramente brutti. Ai tempi lo chiamavano Disco Rock!

Alla larga!

Bruno Conti

R.E.M. Collapse Into Now – Il Migliore Degli Ultimi 20 Anni?

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R.E.M. – Collapse Into Now – Warner Bros

Questo è il titolo di molte riviste e quotidiani “all over the world” in relazione all’ultimo disco dei R.e.m. Collapse Into Now. Ma se è vero, gli ultimi 20 anni comprenderebbero anche Out of time, Automatic for the people, Monster e New Adventures in Hi-fi. E poi l’avevano detto per tutti i dischi dei R.E.M. degli ultimi 10 anni salvo poi, scusate il termine crudo, rimanere inchiappettati (e non c’è piaciuto), con l’eccezione di Accelerate che rimane un album breve, conciso e gagliardamente rock, anche se non straordinario. In effetti la versione three-legged dog (ovvero il cane con tre gambe) come li aveva definiti Michael Stipe ai tempi non ha mai tenuto botta alla loro fama e alla qualità della formazione originale con Bill Berry. Ma questa volta pare che ci siamo: come ha dichiarato Peter Buck (e da qui è partito l’equivoco) “nessun disco dei R.E.M. negli ultimi 20 anni ha mai avuto 12 canzoni così buone”. Ma non è la stessa roba? Boh.

Comunque la si metta questo è sicuramente un bel disco, uno dei migliori in assoluto, molto vario e complesso come nelle loro opere più riuscite e quindi nell’attesa dell’arrivo domani 8 marzo, come si usa dire, “nei migliori negozi” del CD in versione limited digipack facciamoci una bella Track by Track!

Si parte con Discoverer, la chitarra di Buck che disegna una serie di power chords che ci riportano ai tempi di Document e Finest Worksong, mentre il coretto con il suo nah-nah-nah insistito ricorda la vecchia Hush (Joe South, ma la facevano anche i Deep Purple), un buon inizio.

All The Best mantiene questa ritrovata energia (già presente in Accelerate), con la seconda chitarra di Scott McCaughey e le tastiere di Mike Mills che sostengono la voce di un Mike Stipe che ritrova la sua proverbiale cripticità. Cosa è un “Quasimodo heart”? E cosa vuol dire con “Rang The Church Bell/’Til my ears bled red blood cells”? Un gorno ce lo spiegherà!

In Uberlin tornano le chitarre acustiche di Out of time e atmosfere vagamente folkeggianti ma anche un terzetto di tastiere Korg che nella parte centrale del brano avevo scambiato per degli uccellini che cinquettavano. Comunque tutto molto bello e elegiaco, registrato in quel di New Orleans e poi completato a Nashville, in questo giro del mondo per studi di registrazione che avrebbe dovuto portarli anche a Roma oltre che a Berlino. Uno dei tanti singoli radiofonici tratti dall’album e tra le cose più quintessenzialmente R.e.m. del disco.

Anche Oh My heart è stata registrata a New Orleans, introdotta da un brevissimo intervento di ottoni funebri delle marching bands della città, poi si sviluppa in una bellissima ballata con il mandolino (ma allora Buck è capace di suonarlo ancora?), l’acustica e una fisarmonica che accompagnano la voce in gran spolvero di Stipe (con il controcanto di Mills) e potrà affiancare nel tempo i loro classici perchè ne ha la statura e la qualità.

It Happened Today, con le sue sonorità che ricordano il jingle-jangle dei Byrds rivisitati come ai vecchi tempi, era stato il primo brano ad arrivare alle nostre orecchie. Nobilitato da un corposo lavoro alle armonie vocali di Eddie Vedder e Joe Gibb dei canadesi Hidden Cameras, si trasforma in un glorioso crescendo con la voce di Stipe in primo piano (ma come al solito non si capisce cosa dice, se no che brano dei R.E.M. sarebbe) e di nuovo acustiche e mandolino che contendono spazio all’elettrica e alle tastiere per un brano dal suono pieno e soddisfacente come non succedeva da tempo.

Every day is yours to win conferma la ritrovata vena melodica e a tempo di valzerone si inserisce in quella sequenza di brani che da Everybody Hurts in avanti ha sempre caratterizzato i REM più maliconici ma anche positivi. La voce leggermente filtrata e carica di eco di Stipe, in una botta di ottimismo, ci incita a “I cannot tell a lie, It’s not all cherry pie, But it’s all there waiting you”. Anche l’ “Hey Yeah” più volte ripetuto aspetta solo un pubblico per venire cantato a gran voce in concerto. Anche se sembra che, per il momento, non ci sarà un tour.

Tornano le chitarre spiegate e jingle jangle in Mine Smells Like Honey ( e cosa sarebbe esattamente che profuma di miele?) e siamo di nuovo negli anni ’80 dei loro classici esordi. Qualcuno ha detto Murmur o Reckoning? No. Mi era parso!

Altra bellissima ballatona, questa volta pianistica, Walk it back, registrata ancora in quel di New Orleans (ma allora la vecchia magia della Crescent City funziona ancora) conferma che questa volta è proprio vero? Ma cosa? E’ proprio bello questo disco, se non degli ultimi venti anni, il migliore degli ultimi 15.

La voce di Peaches svolge il ruolo che era di Kate Pierson dei B-52’s in Me in honey in una tosta e trascinante Alligator Aviator Autopilot Antimatter che con i suoi slogan e il ritmo incalzante potrebbe ricordare It’s The End Of The World…C’è spazio anche per un breve e ficcante assolo della chitarra di Buck. Il muro di chitarre è incrementato dalla presenza del grande Lenny Kaye della Patti Smith Band e “inventore” di Nuggets (e anche per questo gliene saremo per sempre grati)!

That Someone Is You guadagna il record di brano più corto nella storia dei R.em. (credo), con il suo minuto e 43 di irresistibile energia garage li avvicina quasi ai Ramones più “melodici”.

Altra piccola gemma acustica Me, Marlon Brando, Marlon Brando And I, ancora con mandolino e chitarra acustica e una spruzzata di organo e percussioni rivisita un altro dei “miti” americani, dopo il Montgomery Clift di Monty Got A Raw Deal (si trovava su Automatic For The people) e l’Andy Kaufman di Man On The Moon (sempre su Automatic con cui questo Collapse Into Now ha più di un punto di contatto).

Ma l’annunciata presenza di Patti Smith? Come sapete il meglio si tiene per ultimo. Nella tradizione di E Bow The Letter questa volta Michael Stipe declama dei versi indecifrabili mentre sulla chitarra distorta e in overdrive di Buck, la voce della Smith intona “cinderella boy, you lost your shoes” e altre enigmatichi e languidi nonsense. Tutto questo coacervo di emozioni si chiama Blue e ci riporta ai R.e.m. più sperimentali ma anche più efficaci. Grande conclusione!

Come sapete questa volta non ci sono versioni Deluxe se vogliamo escludere quella in digipack solo per il formato che troverete nei negozi nei primi giorni. O meglio, non ci sarebbe…perché la versione Deluxe, purtroppo, si trova solo iTunes per il download e contiene tre versioni Live In the Studio: energica e tirata Discoverer, intensa e bellissima quella di Oh My heart, con la fisarmonica in primissimo piano, mi sembra quasi più bella di quella ufficiale che pure è notevolissima. Quasi uscisse dal Nuggets ricordato prima Alligator Aviator Autopilot Antimatter diventa un brano garage-psichedelico con la chitarra di Buck in piena libertà e in vena di citazioni sixties.

Che altro? Produce Jacknife Lee che questa volta ha fatto un gran lavoro, vario ed elaborato. Tutti e dodici i brani avranno il loro bel video inserito in rete nel giro di un paio di mesi (e giuro che se poi fanno una “vera” versione Deluxe mi incazzo come l’automoblista di Gioele Dix).

In due parole: sono tornati! Facciamo tre. Finalmente!

Bruno Conti

Una Riuscita Miscela di “Black Ad White”! Band Of Heathens – Top Hat Crown & The Clapmaster’s Son

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The Band Of Heathens – Top Hat Crown & The Clapmaster’s Son – Blue Rose Records

Non mi riferisco al whisky nel titolo, ovviamente, ma al riuscito cocktail tra musica “nera” e “bianca”, tra rock e soul, funky e country&pop, New Orleans e Austin, Texas la loro città. Musica delle radici e gusto per il ritornello pop, slide e soliste infervorate ma anche tastiere a profusione (di quelle giuste). Non guasta il fatto di avere nella propria formazione tre vocalist che sono anche autori (tutti e tre hanno le spalle una carriera come cantautori con due album ciascuno, pubblicati prima di unire le forze nei Band Of Heathens). Dal 2007 a oggi hanno pubblicato quattro album, due in studio e due dal vivo, ma mi sembra che il loro raggio d’azione, rimanendo in quell’ambito sonoro che per comodità si definisce Americana, abbia aggiunto nuove frecce al loro arco. Il country-rock energico e variato e tendente al southern nei dischi live ha aggiunto una abbondante dose di musica nera, sia soul o errebi o blues che unito allo spirito profondamente rock del disco fa sì che questo Top Hat Crown & The Clapmaster’s Son ricordi molto gruppi come i Black Crowes (e di conseguenza i loro modelli iniziali, Stones e Faces), ma anche il sound universale della Band e quello dei Little Feat, tutti gruppi che hanno sempre avuto uno spettro sonoro assai ampio e variegato. Sicuramente aiuta anche il fatto che il produttore sia George Reiff che ha avuto tra i suoi clienti precedenti Chris Robinson (Black Crowes) e le  Court Yard Hounds.

Ma il resto lo fa la crescita esponenziale della qualità e della varietà delle canzoni: dal’iniziale Medicine man che al battito di una diavoleria elettronica sostituisce immediatamente il calore di una batteria percossa in modo funky da un essere umano, Gordy Quist l’autore del brano si è avvalso dell’aiuto di due ottimi corregionali, Adam Carroll e Owen Temple, per creare un brano che tra piano elettrico, slide e chitarre varie, si avvale anche dell’intreccio sonoro delle voci degli altri componenti per un ibrido sonoro che oscilla tra rock e black music. Should Have Known firmata anche da Colin Brooks e Ed Jurdi, in bilico tra chitarre e piano acustico, un’aria da sagra paesana e quel carattere ribaldo delle canzoni dei Faces di Rod Stewart dell’epoca d’oro ha anche tocchi blues (l’armonica e la slide) e un finale gospel con un bel crescendo vocale nel finale (nel gruppo cantano tutti, anche il bassista Seth Whitney e il batterista John Chipman).

Il terzo brano se non si chiamasse già Enough, potrebbe intitolarsi, a mò di film, Everybody Got Funky, con il piano elettrico e le chitarre choppate a evocare profumi di Little Feat e Sly & the Family Stone, con la voce piena di negritudine di Colin Brooks che domina le operazioni.

Polaroid è una bella canzone scritta in omaggio della macchina fotografica che da poco ci ha lasciato, come la Kodachrome dei tempi di Paul Simon, unisce accenti pop alla Beatles a un flavour country accentuato dal banjo di Jurdi che le regala quell’aria scanzonata tipica dei tempi che furono. Nothing To See Here unisce ancora questo amore per il pop d’autore ( il post-Beatles di Big Star e Badfinger) con chiare e limpide armonie vocali che ricordano i migliori Jayhawks. The other broadway con il cantato pieno di “anima” di Jurdi e l’andatura molto ritmata, il call and response del gospel che si unisce al piano e organo Gumbo di New Orleans, una bella spruzzata di fiati e una bella melodia che non guasta, rievoca i fasti della Band, forse il brano migliore di tutto il lotto in offerta. Ancora Funky anzi super-funky nella irresistibile I Ain’t Running, con Jurdi che attizza gli altri a estrarre dal cilindrone della copertina un falsetto micidiale in puro stile seventies, anche se non manca una breve citazione Beatlesiana nei coretti centrali prima di un assolo di chitarra acidissimo e distorto e un finale in overdrive ritmico. Gravity espande ulteriormente il fronte sonoro verso territori cari ai Little Feat, con intrecci raffinati di chitarre e tastiere nella migliore tradizione della band di Lowell George, con quei “bianchi e neri” tipici dei Feat, percussioni in libertà e un sound denso e raffinato.

Free Again, firmata dal solo Jurdi, con le sue citazioni del Golfo del Messico e la sua andatura tipicamente texana si riallaccia agli album precedenti dei Band Of Heathens ed è comunque un brano che era già presente da tempo nel repertorio Live del gruppo, divertente e scanzonata. Hurricane (non è quella di Young perché manca un Like e neppure quella di Dylan, perché manca un violino) è invece proprio il brano scritto da Keith Stegall con Stewart Harris e Thom Schuyler che Levon Helm cantava divinamente nel suo American Son e che gli Heathens ci restituiscono in una versione possente e sofferta, con armonie vocali da leccarsi i baffi, chitarre slide insinuanti e un piglio sudista che nemmemo i Black Crowes (i migliori forse sì, ma i migliori però), altro brano straordinario.

Gris Gris Satchel nonostante il titolo non è una incursione nei territori della Louisiana (almeno musicalmente, perchè nel testo cita il Lago Pontchartrain già presente nei versi della precedente Hurricane): si tratta di una bella ballata country-folk acustica, tipica del repertorio del gruppo, con le solite armonie vocali eccellenti e un arrangiamento scarno e raffinato al tempo stesso. Conclude Motherland un brano che inizia coralmente in un modo non dissimile da certe canzoni di Stills con i CSN e poi diventa una bella cavalcata blues-rock tra Blind Faith e i furori slide di Little Feat e Black Crowes.

Che vi devo dire, so’ bravi sti ragazzi! (Lo so sembro Boldi quando fa i romani). Comunque il disco è bello a prescindere.

Bruno Conti

Un “Trovatello” Tira L’altro. Mary Gauthier – The Foundling Alone

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Mary Gauthier – The Foundling Alone – Self Produced

Se, come me, avete trovato il disco di Mary Gauthier The Foundling uno dei più belli del 2010 da poco trascorso sicuramente potreste essere interessati a questa pubblicazione collaterale. Praticamente la cantante americana ha deciso di rendere disponibili i demos, le prime versioni dei brani che poi avrebbero trovato posto nell’album inciso lo scorso anno con i Cowboy Junkies.

Si tratta di versioni solo voce e chitarra registrate nello studio-garage di Michael Timmins, brani che poi, in alcuni casi, si sarebbero anche trasformati, quindi se siete interessati al work in progress di questo disco la Gauthier ha deciso di rendere disponibili queste versioni “scarne” in solitaria sul suo sito per il download e ne ha anche stampate 500 copie in CD per gli irriducibili interessati al “prodotto fisico” (vedo molte mani alzate, oltre alla mia).

L’indirizzo del sito è questo http://www.marygauthier.com/2011/01/the-foundling-alone/ e buona fortuna. Qualche copia girando anche per siti di vendita “normali” l’ho comunque vista, quindi affrettarsi e per chi non ha ancora l’originale questo è un promemoria per redimersi.

Bruno Conti

Novità Di Marzo Parte II. Billy Joel, Keith Emerson Band, R.e.m., Noah and The Whale, Band Of Heathens Eccetera

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Questa settimana visto che il piatto di uscite è ricco (nuove uscite per l’8 marzo, titoli già usciti e conferme) anticipo di un giorno la lista e cercherò di limitare i commenti al minimo (ma sarà dura)!

Partiamo con il nuovo triplo dal vivo di Billy Joel Live At Shea Stadium, 2CD + 1DVD Sony Music/Legacy. Per essere precisi esce l’8 marzo negli States e in Europa ma da noi la data è il 15 marzo, quindi pazientate. Si tratta della registrazione del concerto tenuto da Joel in occasione della chiusura dello storico stadio di New York (nel frattempo il concerto allo stadio che lo ha sostituito, il Citi Field, Good Evening New York City di Paul McCartney è uscito già da un paio d’anni). Il cofanetto contiene 25 brani sia nella versione CD che DVD e tra gli ospiti speciali ci sono: Paul McCartney, immancabile, Steven Tyler, Roger Daltrey, John Mellencamp, Garth Brooks, Tony Bennett e John Mayer). Classici a profusione e questa Captain Jack che è troppo bella watch?v=IhHfJ2BfsEY, Piano Man è un disco fantastico!

Il doppio Cd (o DVD) dal vivo Moscow della Keith Emerson Band esce l’8 marzo per la ear/Edel e comprende un misto di brani nuovi e classici degli E L & P rivisitati con Marc Bonilla alla chitarra. Registrato al Moscow Theatre nel 2008 in Dolby Digital Surround 5.1 ci sono rivisitazioni di Karn Evil 9, Lucky Man, The Barbarian, Tarkus e la suite dello Schiaccianoci.

Dei R.E.M. Collapse Into Now detto più volte, confermo l’uscita su Warner Bros l’8 marzo. La prima tiratura è una Special Edition Digipack limitata (ma con gli stessi brani). Niente Deluxe stavolta. C’è anche una versione in vinile, singola.

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Queste sono tre novità della Blue Rose, già disponibili da inizio settimana per i tipi dell’Ird. In effetti la data ufficiale dei Band Of Heathens, l’eccellente Top Hat Crown & The Clapmaster’s Son avrebbe dovuto essere il 25 marzo. Ma visto che ci siamo era in ballottaggio per il post odierno, entro la fine della settimana prometto recensione completa per la band di Austin.

The Baseball Project è il progetto alternativo di Steve Wynn, Peter Buck, Scott McCaughey e Linda Pitmon. In tutto e per tutto un progetto roots and rock anche se incentrato, nel contenuto dei testi, sul mondo del baseball. Questa volta ospiti a go-go: Craig Finn (Hold Steady),Ben Gibbard (Death Cab For Cutie), Steve Berlin (Los Lobos), Ira Kaplan degli Yo La Tengo e 2 dei Decemberists. Accipicchia!

Markus Rill è un cantautore tedesco (ebbene sì) ma canta in inglese, tra ufficiali e autoprodotti questo dovrebbe essere il suo nono CD, il terzo per la Blue Rose, registrato come i due precedenti in quel di Nashville, Tennessee con il fior fiore dei musicisti del country alternativo della città e con il cantante dei Not So farmer John e un paio di donzelle scandinave a duettare. Country, Roots e Americana, titolo Wild, Blue & True. Potrebbe sorprendervi, gran bella voce, profonda e vissuta, belle canzoni, consigliato, fidatevi!

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Triplete di alternative rock in uscita l’8 marzo. I primi due del gruppo Universal. Noah And The Whale che giungono al terzo album con Last Night On Earth farebbero parte di quel filone del nu-folk britannico con Mumford and Sons, Johnny Flynn e Laura Marling. Anzi, il leader Charlie Fink ( e qui entra il Corriere della Serva, un po’ di sano gossip) era il boyfriend della Marling prima di Marcus Mumford. Essendo stati loro tra i predecessori di questo filone, in questo nuovo album c’è uno spostamento verso sonorità 70’s (per ripicca?) alla Lou Reed con venature vagamente elettroniche mantenendo però molte delle basi del loro sound. Etichetta Mercury. Data italiana non conosciuta (di uscita).

Gli Elbow sono uno dei gruppi storici del rock alternativo inglese. Build a Rocket boys! è il loro quinto album. Disponibile anche in versione digipack (identica nei contenuti musicali, ma più cara).

Il nuovo Buffalo Tom si chiama Skins esce per la loro Scrawny Records (distr. Audioglobe), c’è in versione singola e doppia, è il loro ottavo album di studio, il secondo dopo il ritorno, vede la partecipazione di Tanya Donnelly in un brano e conferma lo spostamento verso sonorità più country-roots, blue collar americana, ma quando c’è da pestare la band di Bill Janowitz non si tira indietro. Non male comunque!

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Un trio di voci femminili per concludere questo giro. Heidi Talbot (che non è quella della capretta, ho fatto la battuta!) è la ex-leader del trio anglo-americano Cherish The Ladies, questo The Last Star è il suo terzo album da solista, già uscito in UK da qualche mese ora ha una distribuzione più sostenibile con l’etichetta americana Compass. Produce, come al solito, il compagno John McCusker, violinista, chitarrista e cantautore folk (non nu) sopraffino anche in proprio, tra gli altri partecipanti Boo Hewerdine, Eddi Reader, Karin Polwart e Kris Drever. Se amate il folk britannico di qualità. in conclusione c’è anche una cover di At The End of The Day di Sandy Denny. Devo aggiungere altro?

Avril Lavigne, sempre l’8 marzo pubblica il suo nuovo, quarto album Goodbye Lullaby per la Sony Music. C’è anche una versione Deluxe con il DVD che contiene il making of del disco.

Sara Evans una volta faceva country, ma proprio quello classico di Nashville. Come altre colleghe ormai si è spostata verso un country-pop che la indica come rivale della Avril di cui sopra. Questo Stronger è il suo sesto album, sempre Sony Music, il primo dopo sei anni di pausa. Brani scritti da Kara DioGuardi, Marty Frederiksen e Hilary Scott dei Lady Antebellum. Produce Simon Climie, esatto quello dei Climie Fisher che ha cercato di massacrare Clapton & Cale e Michael McDonald prima di dedicarsi, giustamente, al vincitore di American Idol del 2009. Anche in questo caso ho detto tutto.

Ce ne sarebbero molti altri ma per oggi basta così.

Alla prossima.

Bruno Conti

Ma Che Fine Aveva Fatto? Bob Seger Torna Questa Estate Con Un Nuovo Album!

E a giudicare da questa piccola anteprima sembra in gran forma 4760. E’ proprio il brano di Tom Waits che ai tempi, sembra, Rod Stewart avesse scippato a Bob Seger, battendolo sul tempo.

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Se il buongiorno si vede dal mattino possiamo sperare in un degno successore di Face The Promise del 2006 (magari anche meglio)!

Bruno Conti

Spendi Spandi Effendi 2011. Derek & The Dominos – Layla and Other Assorted Love Songs – Varie Edizioni

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Derek And The Dominos – Layla and Other Assorted Love Songs (40th Anniversary) – Polydor/Universal – Super Deluxe Box Set 4CD – 2 LP – Dvd Audio 5.1 – Libro – Memorabilia vari / Deluxe 2CD / CD / Doppio Vinile.

Ne vedete effigiate 3 perché la versione singola remastered del CD ha la stessa copertina del doppio vinile. Data di uscita in UK ed Europa, Italia inclusa, 22 marzo, uscita negli States il 29 marzo.

Ho rispolverato il titolo di alcuni vecchi Post (aggiornando solo l’anno) perché state per essere spennati ancora una volta (a me non mi ciulano più, ho già dato con il Box Triplo del 20° anniversario!). Il Megabox naturalmente supererà i 100 euro, ma vediamo se, collezionisti e masochisti a parte, ne vale pena. E come? Vai con le Tracklists:

TRACK LISTINGS OF ALL FORMATS
DISC ONE: Layla and Other Assorted Love Songs (ALL NEWLY REMASTERED)
I LOOKED AWAY (3:06)
BELL BOTTOM BLUES (5:05)
KEEP ON GROWING (6:23)
NOBODY KNOWS YOU WHEN YOU’RE DOWN AND OUT (4:58)
I AM YOURS (3:35)
ANYDAY (6:36)
KEY TO THE HIGHWAY (9:38)
TELL THE TRUTH (6:40)
WHY DOES LOVE GOT TO BE SO SAD? (4:43)
HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN (6:54)
LITTLE WING (5:33)
IT’S TOO LATE (3:51)
LAYLA (7:05)
THORN TREE IN THE GARDEN (2:51)

DISC TWO: Layla and Other Assorted Love Songs (bonus CD)
MEAN OLD WORLD (3:52) Layla session out-take
ROLL IT OVER (4.31) Phil Spector produced single b-side
TELL THE TRUTH (3.23) Phil Spector produced single a-side
IT’S TOO LATE (4.11) Live on The Johnny Cash Show, 5 November, 1970 * PREVIOUSLY UNRELEASED
GOT TO GET BETTER IN A LITTLE WHILE (6.34) Live on The Johnny Cash Show, 5 November, 1970 * PREVIOUSLY UNRELEASED
MATCHBOX (with Johnny Cash & Carl Perkins) (3:56) Live on The Johnny Cash Show, 5 November, 1970 * PREVIOUSLY UNRELEASED
BLUES POWER (6.31) Live on The Johnny Cash Show, 5 November, 1970 ** PREVIOUSLY UNRELEASED
SNAKE LAKE BLUES (3.34) From April/May 1971 sessions for the Dominos second album ** PREVIOUSLY UNRELEASED NEW MIX
EVIL (4.34) From April/May 1971 sessions for the Dominos second album ** PREVIOUSLY UNRELEASED NEW MIX
MEAN OLD FRISCO (4.04) From April/May 1971 sessions for the Dominos second album ** PREVIOUSLY UNRELEASED NEW MIX
ONE MORE CHANCE (3.15) From April/May 1971 sessions for the Dominos second album ** PREVIOUSLY UNRELEASED NEW MIX
GOT TO GET BETTER IN A LITTLE WHILE JAM (3.45) From April/May 1971 sessions for the Dominos second album * PREVIOUSLY UNRELEASED
GOT TO GET BETTER IN A LITTLE WHILE (6:05) From April/May 1971 sessions for the Dominos second album ** PREVIOUSLY UNRELEASED NEW MIX WITH NEW VOCALS AND HAMMOND BY BOBBY WHITLOCK

* previously unreleased recording ** newly remixed recording

DISC THREE (audio only DVD): Layla and Other Assorted Love Songs
5.1 SURROUND SOUND DVD (DTS 5.1 and DOLBY SURROUND 5.1) by Elliot Scheiner (PREVIOUSLY UNRELEASED 5.1 MIXES)
1. I LOOKED AWAY (3:06)
2. BELL BOTTOM BLUES (5:05)
3. KEEP ON GROWING (6:23)
4. NOBODY KNOWS YOU WHEN YOU’RE DOWN AND OUT (4:58)
5. I AM YOURS (3:35)
6. ANYDAY (6:36)
7. KEY TO THE HIGHWAY (9:38)
8. TELL THE TRUTH (6:40)
9. WHY DOES LOVE GOT TO BE SO SAD? (4:43)
10. HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN (6:54)
11. LITTLE WING (5:33)
12. IT’S TOO LATE (3:51)
13. LAYLA (7:05)
14. THORN TREE IN THE GARDEN (2:51)
bonus track:
15. MEAN OLD WORLD (3.50)

DISC FOUR: IN CONCERT (CD 1) – ALL NEWLY REMASTERED
1. WHY DOES LOVE GOT TO BE SO SAD? (9:30)
2. GOT TO GET BETTER IN A LITTLE WHILE (13:50)
3. LET IT RAIN (17.47)
4. PRESENCE OF THE LORD (6:10)
bonus material:
5. KEY TO THE HIGHWAY (6:26)
6. NOBODY KNOWS YOU WHEN YOU’RE DOWN AND OUT (5:51)

DISC FIVE: IN CONCERT (CD 2) – ALL NEWLY REMASTERED
1. TELL THE TRUTH (11:21)
2. BOTTLE OF RED WINE (5:35)
3. ROLL IT OVER (6:44)
4. BLUES POWER (10:30)
5. HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN (8:14)
bonus material:
6. LITTLE WING (6:11)
7. CROSSROADS (8:17)

2-LP SET (ALL NEWLY REMASTERED FROM ORIGINAL ANALOGUE 1970 U.K. MASTERS)

SIDE 1
I LOOKED AWAY (3:06)
BELL BOTTOM BLUES (5:05)
KEEP ON GROWING (6:23)
NOBODY KNOWS YOU WHEN YOU’RE DOWN AND OUT (4:58)

SIDE 2
I AM YOURS (3:35)
ANYDAY (6:36)
KEY TO THE HIGHWAY (9:38)

SIDE 3
TELL THE TRUTH (6:40)
WHY DOES LOVE GOT TO BE SO SAD? (4:43)
HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN (6:54)

SIDE 4
LITTLE WING (5:33)
IT’S TOO LATE (3.51)
LAYLA (7:05)
THORN TREE IN THE GARDEN (2.51)

Il materiale contenuto abbisogna di qualche chiarimento. Appurato che mi prenderò la versione doppia Deluxe, i CD 4 & 5 contengono pari pari (anche se alcune notizie stampa farebbero pensare il contrario) il Derek & The Dominos In Concert versione doppia espansa uscita nel 1994 ma, astutatamente, hanno cambiato l’ordine della scaletta dei brani. In pratica ci sono gli stessi 13 brani ma messi in una sequenza diversa. Il resto mi sembra chiaro. A chi non avesse questo disco fondamentale della storia del rock (e il più bello di Clapton) consiglio di acquistare la versione Deluxe perché gli inediti sembrano veramente interessanti (anche se a volere essere pignoli una buona parte sono già usciti sparsi qui e là tra cofanetti e DVD), se però i piccioli scarseggiano anche la versione singola che comprende il doppio vinile dell’epoca è un acquisto intelligente, considerando che esce in versione economica sui 10 euro o anche meno.

Il 12 aprile, il Record Store Day, uscirà una versione in vinile 7 pollici di Got To Get Better In A Little While con lato B Layla, ma questa è un’altra storia, uscirà anche un Box di 45 quarantacinque giri dei Rolling Stones, e altre chicche che poi vi dirò man mano a tempo dovuto.

Per il momento, chi vuole sentire Eric Clapton (e Duane Allman) agli apici della loro creatività sa dove rivolgersi.

Bruno Conti