Still “Simon” After All These Years. Paul Simon – So Beautiful Or So What

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Paul Simon – So Beautiful Or So What – Hear Music/Concord/Universal CD+DVD 12-04-2011

Siamo in dirittura d’arrivo, martedì prossimo esce ufficialmente (ma non nel Regno Unito, dove evidentemente valgono delle regole diverse ed uscirà a meta giugno) il nuovo album di Paul Simon So Beautiful Or So What, il primo dopo il non riuscitissimo accoppiamento con Brian Eno per il precedente Surprise del 2006, tra folk ed elettronica ma che alla fine aveva troppo sommerso di sonorità le canzoni del disco rendendole opache e non troppo fruibili, e poi, detto fra noi, non c’erano molti brani particolarmente memorabili.

Paul Simon è un “gusto” ben definito ma con mille sfumature e il ricongiungimento con il vecchio amico Phil Ramone, che già aveva co-prodotto con lui quello Still Crazy After All These Years che ho parafrasato nel titolo del Post, ha favorito questo ritorno alla semplicità complessa che è la migliore caratteristica di questo signore che è uno dei pochi “geni” della musica contemporanea come ha giustamente sottolineato Elvis Costello recensendo questo album.

Album che non è un capolavoro assoluto, meglio dirlo subito, sono dieci canzoni per circa 38 minuti (quindi la “cosiddetta” durata perfetta), ma secondo il sottoscritto non ci sono brani memorabili anche se la qualità di ogni singola canzone è medio-alta, con qualche eccezione. Se volete sapere (ma anche se non volete, tanto ve lo dico lo stesso) per me il suo disco più bello, tra tanti bellissimi, rimane uno dei suoi più sottovalutati ovvero Hearts And Bones.

Ad esempio l’iniziale Getting Ready For Christmas Day sentita in anteprima nel video che circolava in YouTube da qualche mese mi era sembrata più bella e ficcante. Ora mi sembra una canzoncina ritmata costruita attorno ad un campionamento della voce del Reverendo JM Gates al quale Simon ha aggiunto la chitarrina ficcante di Vincent Nguini, la batteria scarna e minimale del Grizzly Bear Chris Bear, la sua acustica ritmica e niente basso ma il risultato finale è un po’ fiacco.

Molto meglio il soca della successiva The Afterlife dove i ritmi si mescolano con la melodia e la chitarra elettrica ricorda certe sonorità tipiche di Ali Farka Touré mentre il testo cita vecchi classici del R&R da Be Bop A Lula a Ooh Papa Doo con assoluta nonchalance e senza sforzo apparente in questa fusione tra il rock e la world music (per semplificare molto) che è sempre stato tra le qualità dell’innovatore Simon che già nell’album omonimo del 1972 con Mother Child Reunion (che era reggae prima del tempo, per un occidentale e bianco) e prima ancora con El Condor Pasa fu uno dei primissimi a fondere musica pop occidentale e poliritmi afro-americani.

Anche la successiva, dolcissima Dazzling Blue, riscrive appunto il suo amore per il folk più puro e genuino con percussioni quasi alla Nanà Vasconcelos , armonie vocali fantastiche (che provengono dal gruppo bluegrass di Doyle Lawson & Quicksilver) e chitarre acustiche ed elettriche che accompagnano improvvisi quasi scat vocali e vaghe nenie orientali, tutto molto bello.

Rewrite, con tanto di allegra fischiettata nel finale, unisce percussioni e ritmi minimali a fioriture di strumenti acustici a corda (guitaron?) su cui si adagia la voce pacata e matura del nostro amico per un brano che senza essere memorabile è comunque molto piacevole e racconta i ricordi di un veterano del Vietnam.

La raffinata ballata pianistica (Mick Rossi alla tastiera ma secondo me Phil Ramone a ordire nelle retrovie) Love And Hard Times ma con archi e chitarre acustiche che ampliano lo spettro sonoro è Paul Simon classico, l’avrebbe potuta donare all’amico/nemico Art che probabilmente ne avrebbe fatto buon uso, Questo non vuol dire che la versione sia scarsa era solo una suggestione.

Love Is Eternal Sacred Light è uno dei brani più complessi e ritmati, quasi rock, con una chitarra elettrica aggressiva, l’armonica a bocca, un flauto sullo sfondo, la batteria scarnificata di Bear ma manca forse allo spettro sonoro il pulsare di un basso tipo quello di Armand Sabal-Lecco che colorava i ritmi del “suo” live al Central Park che riepilogava Graceland e Rhythm Of The Saints.

Amulet è un breve strumentale acustico che ci ricorda i suoi trascorsi folk nella Londra degli anni ’60 dove agivano Bert Jansch, John Renbourn e il grande Davy Graham.

Questions For The Angels è una bellissima canzone tipica del canone del miglior Paul Simon e si respirano le arie newyorkesi tanto care al nostro amico che cita nel testo anche Jay-Z (ma lo cita solo per fortuna). Brano dolce, acustico, come al solito fintamente semplice ma molto raffinato.

Love and Blessings riprende certe tematiche di Graceland, dove gospel, blues e doo-wop si mescolano ai ritmi (anche musicali) della Savana per quelle fusioni ritmiche irresistibili tipiche del miglior Simon.

Per finire So beautiful or so what la title-track che racconta vividamente la storia dell’omicidio di Martin Luther King con tanti piccoli particolari nel testo che solo un grande poeta può profondere a piene mani. La musica è complessa e incalzante con una chitarra elettrica dal riff ricorrente sul quale si inseriscono sullo sfondo campionamenti di voci medio-orientali, battiti ritmici sia dell’acustica di Simon che della batteria di Bear e un clima sonoro molto acceso e vario che giunge fino alla citazione del gospel Saviour Pass Me Not.

A fine anno (il 13 ottobre) ne compie 70 ma non si direbbe. Well done Mister Simon!

P.S. Il DVD contiene un documentario con il Making of e relativa intervista, il video clip di Christmas Day, due tracce audio bonus e due esibizioni dal vivo create appositamente per il DVD. Quindi piatto ricco mi ci ficco!

Bruno Conti

Still “Simon” After All These Years. Paul Simon – So Beautiful Or So Whatultima modifica: 2011-04-10T19:40:00+02:00da bruno_conti
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